sabato 29 settembre 2007

... E OLTRE LA PENSIONE


Per una volta riprendiamo il discorso della pensione e andiamo ancora oltre. [Questo non interessa ai più giovani? Sbagliato, perché il mercato del lavoro è un filo unico che non può essere torto o tagliato da qualche parte senza che tutto il gomitolo ne risenta. Perciò dovremo parlare anche dei famosi "insider" oltre che dei soliti "outsider", e di anziani]. Tutti noi un giorno saremo anziani, ma siccome la vita media si è allungata e si protende ormai verso i 100 anni, dovremo prepararci da giovani a vivere bene anche oltre il traguardo dei 60-65 anni. ! ;-D

Il Censis oggi teneva un convegno sulla longevità come risorsa, nel quale illustrava l'esperienza di una organizzazione onlus, che ha messo in atto dei corsi- pilota dedicati agli anziani, con la filosofia della "longevità attiva". Chi aveva partecipato ai corsi alla fine aveva più amici (anche nuovi) , si sentiva meglio, più utile agli altri, e con un migliore rapporto con le nuove tecnologie (che aiutano tanto noi, figuriamoci chi è anziano!). Non è poco. Il Censis ci ricorda che "se gli anziani disponibili fossero messi in condizione di impegnarsi in attività di economia sociale si potrebbe generare nel Paese un valore di 128 miliardi di euro, pari all'8,7% del Pil". Se poi gli anziani facessero una vita "migliore", uscendo dal circolo vizioso della solitudine-depressione-uso e abuso di farmaci il Censis calcola che si potrebbero risparmiare 700 milioni di euro di farmaci. Come minimo. A me il tema sembra molto interessante e apre orizzonti amplissimi. Ne riparleremo.

giovedì 27 settembre 2007

PARLIAMO DI DONNE (e pensioni)



Domani a Radio Radicale parleremo di pensioni, e di donne. Emma Bonino da un bel po' di tempo si batte per l'equiparazione dell'età pensionaibile di uomini e donne a 65 anni. Sembra paradossale: una storica paladina dei diritti delle donne chiede una cosa che sembra aggravare un po' le donne, ora "privilegiate" (almeno in questo, dicono tante) dall'età della pensione di anzianità a 60 anni, rispetto ai 65 degli uomini. Ma è proprio così? E' un vantaggio per le donne andare in pensione a 60 anni ?






I radicali hanno presentato una mozione alla Camera nella quale sotto la dicitura "Equiparazione dell'età pensionabile..." sono indicati 18 punti che riguardano quello che oggi va di moda chiamare welfare, e che sono politiche sociali. L'aumento dell'età pensionabile per le donne è solo uno di questi punti. Cerco di riassumere gli altri: aumentare la spesa per il welfare fino al 2,3% del Pil entro il 2010; incentivare la creazione di asili nido; promuovere gli asili nido aziendali; riduzione delle rette degli asili; incentivare il lavoro femminile attraverso riduzioni fiscali; attivare il lavoro occasionale per la cura di casa, bambini e anziani con dei voucher; incentivi alle imprese family friendly (orario flessibile, telelavoro, asili nido aziendali, ecc); liberalizzare gli orari di apertura di esercizi commerciali e banche; promuovere i congedi di paternità; orari flessibili e part time sul lavoro per entrambi i sessi; telelavoro; formazione per il reingresso nel mercato del lavoro soprattutto per le donne in maternità; rilancio dell'imprenditorialità femminile.






La domanda di fondo è: voi donne, che andate in pensione prima (e forse di questo siete contente, ma chissà) ma di solito con una pensione bassa (perché avete versato pochi contributi in confronto a un uomo), non scambiereste quei 5 anni per tutte queste altre cose, che migliorerebbero tutta la vostra vita? Non pensiamo infine che queste linee guida migliorerebbero la vita non solo delle donne, ma anche quella degli uomini? Insomma io credo che tutto ciò sia piuttosto interessante. Anzi, direi meravigliosamente rivoluzionario per la nostra società ingessata. Anche se qualche piccolo dubbio lo vorrei introdurre...ma stasera ne discuteremo a Radio Radicale. La trasmissione andrà in onda domani venerdì 28 intorno alle 15 (replica alle 23)

mercoledì 26 settembre 2007

CONTRATTO UNICO, QUESTO SCONOSCIUTO


Sempre più spesso si parla di "contratto unico". Sarà perché anche in Francia Sarkozy sembra che voglia riformare il mercato del lavoro con questo strumento. Cosa esattamente voglia dire contratto unico non è facile da chiarire, anche perché probabilmente ci sono parecchi tipi di contratto unico nella testa di chi ne parla. La voce.info pubblica un articolo di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, nel quale si fa riferimento alla proposta avanzata da Tiziano Treu e caldeggiata anche da Veltroni, e chiarisce quello che intendono loro (che ne parlano e lo propongono da circa due anni).

"Nella nostra proposta - dicono Boeri e Garibaldi - il contratto ha tre fasi: la prova, l'inserimento e la stabilità". Dopo il periodo di prova di sei mesi e fino al terzo anno, "il lavoratore è coinvolto in un periodo di inserimento in cui viene tutelato dalla protezione indennitaria (da due a sei mesi di salario) nel caso di licenziamento economico....Al termine del terzo anno, l'obbligo di reintegrazione viene esteso anche ai licenziamenti economici senza giusta causa." Gli altri tipi di contratti, aggiungono gli autori, "rimangono, ma devono essere compatibili con gli standard minimi...in termini di salario minimo orario e contributi previdenziali obbligatori".


Credo che sia una base di discussione importante, anche se mi piacerebbe un confronto con Michele Tiraboschi che in suo articolo di pochi giorni fa scriveva: "...Sul piano progettuale riscuote oggi un discreto successo la proposta del contratto unico in tre tempi: prova, inserimento, stabilità. A noi pare che questa forma di lavoro già esista sulla carta, anche se poco e male applicata dalle norme regionali e dai contratti collettivi. È il nuovo apprendistato della Legge Biagi, che è infatti un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma senza articolo 18, che prevede una prova, un inserimento in modalità formativa e infine, al termine del periodo di apprendimento, la possibilità di stabilizzazione senza soluzione di continuità".

Ci sono però altri due passaggi dell'articolo di Tiraboschi che mi hanno colpito. Il primo riguarda la sovrabbondanza di norme che alla fine non fanno contento nessuno:

"...Anche dopo le recenti innovazioni apportate dalle Leggi Treu e Biagi è palese, e non solo nei settori maggiormente esposti alla competizione internazionale, l’insofferenza verso un corpo normativo sovrabbondante ed ostile che, pur senza dare vere sicurezze a chi lavora, intralcia inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e l’organizzazione del lavoro. Così, se per un verso i lavoratori chiedono maggiori e più incisive tutele, le imprese reclamano a loro volta maggiore flessibilità e un quadro di regole meno invasivo".

Il secondo mette in guardia da imposizioni di legge formali che poi il mercato si incarica puntualmente di eludere, senza quindi portare grandi vantaggi:

"La verità è che lavoratori e imprese hanno oggi bisogno di un quadro di regole semplici, sostanziali più che formali, accettate e rispettate in quanto contribuiscano a cementare rapporti di fiducia e un clima di fattiva collaborazione nei luoghi di lavoro. Una economia competitiva fondata sulla conoscenza - scrive Tiraboschi - deve cioè poter contare su lavoratori il cui potere contrattuale poggi sulla loro qualità professionale e capacità di adattamento piuttosto che su di un sistema di garanzie ingessate. Questa è la vera stabilità del lavoro. Una stabilità basata su un sistema di convenienze reciproche piuttosto che su formalistiche imposizioni di legge, che vengono poi largamente superate nei processi normativi reali, se è vero che l’articolo 18 trova applicazione per una cerchia sempre più ristretta di lavoratori e, comunque, nulla può quando una impresa chiude o delocalizza".


In biologia e anche in cibernetica esiste il concetto di omeostasi che io trovo affascinante: è la capacità dell'organismo ( o di un sistema complesso) di conservare una stabilità al suo interno, data da alcuni processi regolativi e controregolativi che si attivano a ogni variazione delle condizioni esterne.

Che vuol dire? Vuol dire che in un sistema organico (e in senso lato un sistema sociale ed economico certamente si può definire "organico") le parti cercheranno sempre un sistema per rimanere più o meno come erano, anche se qualcosa dall'esterno (in questo caso una legislazione astuta) cerca di modificarlo. Il rischio che l'eccesso di regolazione spinga alcune fasce di lavoratori e di aziende verso il lavoro nero, l'elusione più o meno ampia, l'utilizzo di escamotage, o che semplicemente ne impedisca i movimenti, credo che sia sempre in agguato. Comunque meno male che si comincia a discutere su qualcosa di nuovo.

martedì 25 settembre 2007

TEST TRUCCATI, COLPO BASSO O COLPO DI GRAZIA?


La vignetta di Arnald è bella e amara. Io credo che nella vita conti l'impegno e la competenza sono veramente triste per quello che si è scoperto in alcuni casi sui test di ammissione all'università. Magari la maggior parte saranno stati corretti, ma scorrettezze ed errori rischiano di macchiare tutto. Così si dà ragione a chi è scettico, sfiduciato e magari cerca di combattere a colpi di imbrogli. L'università italiana è in bilico tra ricerca di un nuovo rilancio e la paura dell'affossamento, sia nel confronto con il privato che nel confronto internazionale. Sappiamo che ci sono dei casi di eccellenza, purtroppo sono spesso oscurati da queste vicende avvilenti.

lunedì 24 settembre 2007

INTERVISTA SU ROMA UNO

All'interno della trasmissione Iceberg dalle 21 alle 23 di stasera su Roma Uno potete seguire un dibattito sul lavoro e la legge Biagi e un'intervista a me sul libro "Precari e contenti". Aprire qui

domenica 23 settembre 2007

PRECARI E CONTENTI A "VIVA VOCE"



Per quelli che la mattina amano ascoltare la radio e magari anche intervenire in diretta: domani, lunedì 24, tra le 9 e le 10 potrete sentire anche la sottoscritta a "VIVA VOCE", la trasmissione di attualità di Radio 24, condotta da Alessandro Milan. Ci saranno ovviamente anche altri ospiti, che non spetta a me svelare, ma credo che la discussione sarà frizzante.

sabato 22 settembre 2007

"E SE SI ABOLISSE LA LEGGE BIAGI?"


Alcune segnalazioni per il weekend.
Sul sito della fondazione Marco Biagi troverete il bollettino settimanale n. 31, con parecchie cose interessanti. La prima è un articolo di Michele Tiraboschi, uscito ieri anche sul Sole 24 ore il quale notando come si comincia a discutere di contratto di lavoro unico senza distinzioni tra tempo determinato e indeterminato, come vuole fare Sarkozy in Francia, dice che questa tipologia già esiste nella legge Biagi, ed è il nuovo apprendistato. Leggetelo.
L'altro è un pezzo, direi provocatorio fin dal titolo: "L'abolizione della legge Biagi come strumento di cambiamento del mercato del lavoro". L'autore, Dennis Calabrese, che si capisce assolutamente a favore della legge Biagi, parter da una constatazione sulla quale credo che siamo tutti d'accrdo: il mercato del lavoro italiano è un malato "gravissimo e cronico". Da tempo immemore, direi io. Si prosegue constatando come oggi la discussione si sia isterilita intorno al dilemma sì alla legge Biagi-no alla legge Biagi. Ognuno corre dietro alla propria bandiera, senza ragionare. E conclude: "ritengo che paradossalmente, proprio l'abolizione della legge Biagi potrebbe essere lo strumento attraverso il quale scardinare il sistema, facendo emergere le contraddizioni intrinseche dello stesso". Forte, eh ?! "Ma cosa accadrebbe se domani la legge Biagi non esistesse più?- contonua Calabrese. - Milioni di disoccupati? L'economia italiana che crolla? Non credo. Con buona probabilità soltanto migliaia di lavoratori che continuerebbero a fare ciò che fanno oggi, ma senza dichiararlo al fisco." La conclusione è che le contraddizioni dei detrattori della legge emergerebbero proprio dall'abolizione della legge. Aggiungerei: non saprebbero più con chi prendersela. E' vero. Ma Marco Biagi non merita neanche questo, quindi io sono nonostante tutto contraria. Anche se devo dire che l'ide a è perfetta.
Sul bollettino, poi troverete anche due ampi stralci del mio libro, "Precari e contenti", Marsilio. Per chi volesse farsi un'idea prima di sborsare la ciclopica cifra di 14 euro. ;-D

giovedì 20 settembre 2007

FRATELLI PRECARI IN SPAGNA E FRANCIA




Guardiamo cosa fanno i nostri vicini per i giovani. In Spagna Zapatero, governo di centro sinistra, annuncia aiuti per pagare l'affitto di casa ai giovani fino a 30 anni che guadagnino meno di 22 mila euro l'anno. E' una bella spesa per le casse dello Stato: si calcola che questo "aiutino" di 210 euro al mese costerà al bilancio pubblico spagnolo 435 milioni di euro. Troppo? Ma per abolire il famoso "scalone" per i 58 enni da noi si devono sborsare svariati miliardi (tra 7 e 10 secondo le stime). In Spagna i precari sono circa il 33% dei lavoratori, ma nessuno dice "aboliamo il precariato" , piuttosto si pensa a sostegni sociali.



In Francia invece Sarkozy (centro destra) vuole spingere i francesi a lavorare di più: riduce le pensioni privilegiate, allunga il periodo dei contributi e spinge perché i contratti vadano oltre le famigerate 35 ore . Lo slogan è meno tempo libero in cambio di soldi. La Francia ha più disoccupati di noi, quindi bisognava fare qualcosa. Mi risulta che Sarkozy voglia anche riformare le protezioni dei lavoratori, introducendo un contratto unico (al posto di tempo determinato o indeterminato), con protezioni crescenti con il passare degli anni. Finirebbe così la distinzione precari-non precari. In Italia questo dibattito è agli albori, anche se Veltroni ha fatto quelle che si chiamano "aperture" proprio su questo, e appoggia un progetto di legge Treu-Boeri.
Come si vede sia a destra che a sinistra qualcosa per i giovani precari in altri paesi si fa, ma non è quello che si chiede in Italia: non è "l'abolizione del precariato", che sarebbe perfino un danno per i giovani che cercano un lavoro: sono politiche di sostegno e di incentivazione, per dare dinamismo a un mercato del lavoro che da noi è fin tropo stagnante.

mercoledì 19 settembre 2007

PRECARI E CONTENTI ALLA ZANZARA


AGGIORNATO

Due segnalazioni permettetemele. Sul Foglio di Giuliano Ferrara è uscito oggi un bell'articolo sul libro e anche su di me, che incautamente dico "il mio cognome mi perseguita"...saranno contenti i mei familiari ! D'altra parte si sa come sono i giornalisti (e ci metto anche me stessa): appena dici una leggerezza loro ci si aggrappano come se fosse la cosa più importante di tutto il discorso. Comunque l'articolo è molto bello.


L'altra segnalazione è per stasera. Se vi capita di sentire la radio, Cruciani giornalista di Radio 24, mi farà parlare un po' del tema giovani e lavoro. Appuntamento alle 20-20,15 su Radio 24.

martedì 18 settembre 2007

SCUOLA O SQUOLA, L' OCSE CI BOCCIA




La scuola in questi giorni mi angustia. E angustia non solo me. La Voce dedica al tema ben due articoli questa settimana. Uno, "Scuola, voti e competenze", a favore di un sistema di valutazione omogeneo dei risultati scolastici a livello nazionale. Il succo è: ma che senso ha dare a uno studente bravino del Sud la media del 7, lo stesso che a uno studente bravo del Nord? Cioè lo stesso voto per competenze diverse? E' come dire: visto che gli altri sono più ignoranti di te, ti premio. E' come quando si dice: per essere una donna, sei brava. Non va bene. Anche perché culla i meno preparati in una dolce illusione, dalla quale provvederà a svegliarli bruscamente il mercato del lavoro.


L'altro articolo è "Il buon maestro è severo" scritto con un occhio al mercato del lavoro, dove è vero che non sempre il merito viene automaticamente premiato ma, insomma, ...aiuta.


In ogni caso, per ora ci guadagniamo la bacchettata sulle dita dell'Ocse: è vero che il numero dei laureati in Italia è cresciuto, ma non abbastanza. E quanto alle spese per l'istruzione siamo come al solito dietro a tutti i paesi occidentali (e anche dietro al Messico). In Italia si spende meno del 5% del Pil per l'istruzione, mentre la media Ocse è del 6,2% del Pil. E quanto all'istruzione universitaria, perfino negli Stati Uniti (dove a pagare sono soprattutto i privati), lo Stato investe il triplo di noi.

E poi dite che noi genitori non dobbiamo stare in ansia...

lunedì 17 settembre 2007

I LIBRI, LA SCUOLA E GRILLO





AGGIORNATO
Lo so che sono assente. Ma sono giornate dure....è uscito il libro (Precari e contenti), lo devo vendere porta a porta... ;-D poi c'è il lavoro (12-13 ore al giorno che volete che sia) e poi...è iniziata la scuola!

Allora, intanto il libro: si perde tempo ad andare a vedere nelle librerie se il libro c'é e come è messo! Scherzo ovviamente, ma vi garantisco che l'altra sera in una libreria di Roma mi sono messa a cercarlo invano. Poi l'ho chiesto, e tre (dico 3!) lavoratori della libreria si sono messi a rovistare di buona lena. L'hanno trovato un quarto d'ora dopo, in uno scaffale dove non l'avrebbe dissotterratto neanche un archeologo. Ovvio che così un libro non si vende. Però c'è poco che io posso fare. Voi, sì.

L'altra cosa che mi sta assorbendo è la scuola. Mia figlia va in prima media, per la prima volta in una scuola italiana. Bè, per la prima volta nella sua vita mia figlia vuole dormire con me la notte, la mattina dice "che noia, mi tocca andare a scuola". E pensare che lei è una che aveva coniato la frase: "Disprezzo l'estate", perché le mancava la scuola. La "sua" vecchia scuola, dove si divertiva. Purtroppo troppo spesso la scuola italiana non entusiasma. E non potrebbe fare errore peggiore.

Poi c'è Grillo. Quando apro internet cerco Grillo o i "contro Grillo" e perdo molto tempo perché si legge di tutto. D'altra parte sono "affascinata" da questo fenomeno, da questo contagio di massa, come in passato già è successo e non è che sia mai finita molto bene. Comunque in Italia e sui mass media tutto stufa molto rapidamente: stufano anche le guerre e i bombardamenti, figuratevi Grillo!

In alto il banner "contro grillo", trovato sul vecchio blog di francesco costa, sorprendente giovane blogger, che già un anno fa aveva capito la situazione

venerdì 14 settembre 2007

SI' IL LIBERISMO PUO' ESSERE DI SINISTRA





Le strofe migliori, e tutt'ora insuperate, le cantava Giorgio Gaber: "Che cos'è la destra, cos'è la sinistra?!..." La doccia è di sinistra, il bagno un po' di destra.....chi se le ricorda tutte? E chi non ha mai mentalmente approvato o dibattuto su cosa è di sinistra e cosa di destra nella nostra vita quotidiana? Oggi però ci troviamo sempre di più con le idee confuse. L'esempio dei lavavetri è sotto gli occhi di tutti; certo, fa impressione sentire intellettuali di sinistra, che amano vivere tranquilli in campagna senza che nulla di plebeo li disturbi, che ci invitano a tollerare il lavavetri che loro non incontrano mai.
Comunque l'argomento è più serio. Oggi molti di noi parlano di una sinistra conservatrice (esempio: la difesa dei pensionati contro il famigerato scalone). E tempo fa mi entusiasmai per un articolo di Luca Ricolfi sulla "dialettica dell'egualitarismo", che diceva: c'è un punto di non ritorno oltre il quale l'ugualitarismo si rovescia in generatore di ingiustizia...... nonché per un pezzo altrettanto illuminante sull'innovazione, il merito troppo trascurato e la sinistra conservatrice, di Nicola Rossi.
Ho letto il libro appena uscito di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, economisti piuttosto attivi nei commenti e nella discussione pubblica. Il titolo è molto ben scelto: "Il liberismo è di sinistra". Senza punti interrogativi. E hanno ragione perché il punto interrogativo avrebbe reso tutto molto facile e "palatabile". Invece la questione non può essere liquidata con un po' di possibilismo, ma va tagliata impietosamente. "Concorrenza, riforme, merito dovrebbero essere le bandiere della sinistra", si legge nel libro. E perché? Perché la loro mancanza genera ingiustizia, lascia invariati privilegi e diritti ereditari, ecco molto semplicemente perché. Perché quando si liberalizza i prezzi scendono, i posti di lavoro aumentano, le opportunità si aprono. Nel caso del mondo del lavoro la loro analisi è che la pura e semplice stabilizzazione degli attuali precari "ope legis" (questa è sinistra?!) farebbe subito schizzare di nuovo in alto la disoccupazione, riportandola oltre il 10% (ora è sotto il 7%). Gli esempi nel libro abbondano, il linguaggio è da non specialisti, vengono riportate situazioni che molti hanno vissuto e sperimentato in Italia e all'estero. Insomma il libro è bello.L'unica cosa che non condivido è il riferimento ai prepensionamenti e alla rottamazione dei cinquantenni...l'età media si alza, non si può mandare la gente in pensione prima, a meno che...a meno che non si applichi la flessibilità anche in uscita dal mercato del lavoro. Perché no? Io penso che sarebbe interessante. Comunque questo è un altro discorso.
Alesina a Giavazzi potranno essere criticati o ignorati dalla sinistra, insultati da chi vive di slogan e luoghi comuni ma hanno centrato il problema al 90%.
Un'ultima considerazione: leggendo commenti e post a questo blog o in altri mi sono accorta che a volte si può essere d'accordo con opinioni che abbiamo sempre considerato un po' "di destra", ma quando il quadro si allarga alla visione della società, dell'etica, del mondo, la differenza tra destra e sinistra mi appare subito non trattabile. Tutti noi, che ci siamo sempre considerati di sinistra, ma che ultimamente inorridiamo di fronte a certi luoghi comuni della "sinistra conservatrice", leggendo questo libro possiamo spiegare meglio perché: in fondo è una logica simile a quella che ha spinto me a scrivere "Precari e contenti". E lasciate pure che qualcuno inorridisca.

mercoledì 12 settembre 2007

TRA LA FIOM E GRILLO...SI PERDE LA RAGIONE



La Fiom ha bocciato l'accordo sul welfare...di per sé non vorrebbe dire, perché la Cgil invece l'aveva approvato, anche se turandosi il naso. Però, come dice Giuliano Cazzola sul sito, le fabbriche più blasonate, la sinistra "reazionaria" ne trarranno nuovi spunti. Si sta creando una contrapposizione che non so come possa reggere all'interno del governo, che si divide e si agita a ogni nuovo tema. Si approfondiscono le differenze tra una sinistra"liberista", che pensa, attraverso nuove strade, di raggiungere una maggiore giustizia sociale (che tuteli tutti come cittadini e non solo come iscritti al sindacato, o operai, o lavoratori), e una sinistra appunto "conservatrice" che si muove su slogan e parole d'ordine non sempre applicabili alla realtà, quando non proprio controproducenti (come la lotta contro la legge Biagi, che se abolita potrebbe far ricrescere la disoccupazione).
In tutto ciò trovo veramente deprimente tutto il parlare di Beppe Grillo, anche se capisco che su Internet è impopolare dirlo. Non sempre internet, mezzo democratico, si dimostra adatto alla riflessione e all'approfondimento. Io però credo che dobbiamo provarci, senza snobismi. Segnalo comunque l'articolo di Scalfari di Repubblica di oggi che a parte il titolo (quasi lusinghiero per Grillo) espone i vizi nazionali di individualismo anarchico che all'Italia non hanno mai portato molta fortuna. Su una cosa non sono del tutto d'accordo con lui: quando dice che l'anarco-individualismo è nemico dell'autorità... In realtà questo atteggiamento tutto italiano è di chi ha spesso fin troppo paura dell'autorità: davanti la ossequia e la teme, e dietro la sbeffeggia. Perché non la sente propria, perché non capisce che in democrazia l'autorità origina da lui stesso e non solo nel voto, ma anche nei comportamenti quotidiani. Bella la citazione di Grossman e del principio di responsabilità, che chi legge questo blog sa è uno dei miei temi ricorrenti. Ricordo anche che qualche giorno fa Mario Ajello sul Messaggero raccontava come già D'Annunzio, prima del Fascismo, amasse rovesciare pitali (veri o metaforici poco importa) sul Parlamento. (Nella foto D'Annunzio con Mussolini). Sappiamo com'è andata all'allora fragilissima e sgangherata democrazia.
Prima Grillo mi faceva anche ridere, poi ho cominciato a pensare che stesse esagerando e ogni tanto la facesse un po' fuori, ora credo che stia facendo del male a quelli che ingenuamente lo seguono.
Spero che sia chiaro il collegamento tra le sempre più gravi contrapposizioni nella maggioranza e il tema grillo. Se non è chiaro, riflettete.




martedì 11 settembre 2007

SU RAI DUE PRECARI INSONNI


Confesso che io non sono riuscita a sentire Isoradio...boh, ho trovato le radio più strane, mi sono beccata discussioni sul calcio, ma Isoradio non l'ho beccata. Se qualcuno per caso l'ha sentita magari mi può informare.
In compenso stasera dovrebbe essere più semplice sentire "Insonnia" programma di chiacchiere su Radio Due (nella foto Stefania Orlando, sarà lei a condurre?). L'argomento è la vita precaria, si parlerà anche del mio libro che proprio domani dovrebbe cominciare ad arrivare nelle librerie. L'ora da insonni è ovviamente dopo mezzanotte, forse dopo mezzanotte e mezza. Io sto alzata, nonostante che la sveglia mi aspetti domani mattina alle sette, non so voi. In collegamento , oltre me, ci dovrebbero essere anche il sociologo De Masi e i due autori di Generazione mille euro, Alessandro Rimassa e Antonio Incorvaia, nonché una giovane autrice che parlerà di amore precario, argomento però su cui casca male ( o bene) perché è come il calcio: siamo esperti tutti!

lunedì 10 settembre 2007

PRECARI E CONTENTI SU ISORADIO


Ho tentato di spiegare cosa c'è dietro a questo libro in un'intervista a Isoradio, in onda domani martedì 11 settembre alle 14,10. Sono tre minuti con Carlo Bravetti, nei quali parlo di ammortizzatori sociali, di scuola, di call center e, soprattutto, di passione. ;-) Sembra strano ma senza passione credo che non si possa fare assolutamente niente.
Mi dicono che a Roma Isoradio si sente in Fm su 103.450 - 103.500

"LARGO AI GIOVANI".... FA VERAMENTE RIDERE




Non vorrei parlare di Grillo: leggendo i giornali di ieri e oggi...sono contenta di avere scritto quello che c'era da dire il giorno prima.


Insisto che Grillo è lo specchio di noi italiani: incarniamo proprio i vizi che critichiamo, come Grillo. Poi, come ho detto, non credo che lui ora fondi un partito: il suo partito funziona benissimo così, non rischierà di sottoporsi a regole che lo penalizzerebbero. Quindi, basta con Grillo per ora.




Sono stata invece colpita da un articolo sul Sole 24 Ore di ieri a cui purtroppo non ho il link perché ieri il mio computer era fuori uso...Allora, Elsa Fornero, docente di Economia a Torino ed esperta di pensioni e previdenza, firma sul Sole: "Noi vecchi di 59 anni non ci sentiamo da rottamare". Il ragionamento è quello che avevo fatto in un mio post di qualche tempo fa sul Patto generazionale: tutti invocano l'"eliminazione" dalla scena politica e dai posti di responsabilità dei sessantenni, per fare largo ai giovani, poco rappresentati, costretti ancora a fare anticamera a 40 anni. Poiché in Italia si procede per slogan e con sprezzo del ridicolo, va di moda (anche tra i settantenni) dire "largo ai giovani". Attenti, perché questi atteggiamenti rischiano di finire in una sorta di razzismo, per non dire di peggio. L'argomento è di quelli che mi appassionano, anche se per fortuna sono ancora abbastanza lontana dal traguardo della rottamazione (ma il tempo corre , nn so se ve ne siete accorti!) e ci ho dedicato parecchi post. Tra questi vi segnalo quello su Coalizione generazionale, che invece mi trova del tutto d'accordo ed è un'iniziativa di giovani che si danno da fare per conquistarsi spazio.

Allora, scrive Elsa Fornero (che se aprite la sua pagina web vi guarda con aria quasi da ragazzina, altro che vecchia): "Non posso nascondere il mio sconforto: con 59 anni faccio parte della fascia d'età incriminata, sono donna e ho dedicato la mia vita professionale (universitaria) all'insegnamento dell'economia (ricavandone grandi soddisfazioni), e allo studio dei sistemi previdenziali (ricavandone talvolta l'impressione di fare qualcosa di socialmente utile e non di predicare soltanto). Dovrei lasciare? Ne avrebbe qualche vantaggio la società?" Giustamente prosegue: il merito e la capacità non si dividono per categorie", cioè, non è che i giovani sono sempre ok e i vecchi sempre un peso. Per di più una donna già ha vissuto su di sè varie forme di discriminazione: "Le donne della generazione di mezzo - scrive Fornero - sono state vittime di gravi esclusioni: dal mercato del lavoro perché era naturale che stessero a casa a fare e allevare figli; dalle progressioni di carriera, perché c'era sempre un maschio più meritevole; dal potere economico e dalla politica perché questa era, ancora per definizione, una faccenda da uomini. Ora che la sensibilità sta cambiando e qualche porta si apre anche per queste donne, bisognerebbe chiuderla subito per fare largo ai giovani". Assurdo. Folle, direi criminale. L'ultima considerazione è la più ovvia ma non si sa perché nessuno la considera: ma come, si discute di alzare l'età pensionabile, si auspica un allungamento della vita lavorativa, si prevede un ulteriore allungamento della vita media, (oggi Veronesi prevede per le bambine degli anni 2000 103 anni di aspettativa di vita) e poi si vogliono rottamare persone di 60 perfettamente sane e vitali, forti del loro carico di conoscenze ed esperienza! ?




Queste considerazioni sono talmente evidenti che avvilisce doverle fare. Eppure, anche qui, come nel caso di Grillo, lo slogan, la frase fatta funziona meglio di un piccolo ragionamento. Avanti ai giovani, e via. Credo invece credo che se in Italia i giovani non trovano spazio è colpa di un sistema troppo rigido e poco meritocratico. E' per questo che i giovani dovrebbero battersi: più flessibilità a tutti i livelli e più meritocrazia, altro che posti garantiti a scapito dei sessantenni. Facciamo ridere il mondo. Ah, dimenticavo: quella è la nostra specialità (vedasi vignetta di Arnald)

venerdì 7 settembre 2007

"SVENTURATO IL PAESE CHE HA BISOGNO DI UN COMICO COSI'"



Non so se Walter Veltroni aderisca veramente al V-day, come si dice sul sito di Beppe Grillo: nel video si vede un Veltroni imbarazzato che dice di essere d'accordo con la proposta di legge di non ammettere più in parlamento i politici condannati in via definitiva. E chi non è d'accordo? Walter non dice di più. Ma il V-day è certamente di più: è la prova generale della forza politica di Grillo, l'ex strepitoso-comico ora tribuno-del-popolo che predica bene e razzola male. Domani ha convocato il suo popolo nelle piazze per mandare "affanculo" i politici e quant'altro. Sicuramente sarà un successo e si dice che poi probabilmente Grillo si candiderà al Parlamento Europeo nel 2009. Vista la sua attuale popolarità io credo che non gli convenga, e lui lo sa. Io ho già detto che Grillo mischia di tutto nel suo calderone: giuste denunce (casi Parmalat e Telecom) e demagogia da quattro soldi. Purtroppo la politica italiana è talmente mal ridotta da avere lasciato tutti questi spazi vuoti... e gli italiani che lo seguono non vedono l'ora di lasciarsi andare a sfoghi ribellistici, un po' come lo sciopero fiscale di Bossi che fa leva sulla stanchezza di tutti noi che paghiamo le tasse anche per gli evasori e per chi spende e spande i soldi pubblici. Masaniello è sempre nel nostro dna: ci comportiamo sempre come il popolo oppresso dall'invasore e mai come artefici del nostro destino. Se qualcno accenna a ragionamenti un po' più complessi o analisi che vanno in direzione opposta ai luoghi comuni nel migliore dei casi lo ignoriamo.
D'altra parte, come scrive Emilio Marrese sul Venerdì di oggi, "gli italiani non aspettano altro che essere trattati come povere vittime del sistema".
Pazienza poi, come si legge nello stesso articolo, che la società di Grillo Gestimar abbia usufruito del "condono tombale" di Tremonti per chi aveva evaso le tasse...pazienza che Grillo (prosegue l'articolo) sia stato condannato a un anno e tre mesi per omicidio colposo per un disgraziato incidente d'auto nel quale morirono tre persone, pazienza che Grillo sia stato accusato da un suo ex collaboratore, Piero Ricca, di averlo sfruttato in nero e poi cacciato, nonostante la battaglia di Grillo per i poveri precari.... "Sventurato il Paese che ha bisogno di un comico così", dice il settimanale tedesco Spiegel, citato sempre dal Venerdì.
Sui precari tra l'altro, due giuristi di alto livello come Michele Tiraboschi e Pietro Ichino, hanno criticato duramente il libro fatto di testimonianze "Schiavi moderni". Tiraboschi, come già raccontato qui, si è indignato per una prefazione "alla Caruso", nella quale si dice che la legge Biagi ha introdotto in Italia la "peste bubbonica del precariato"; ha anche contestato che le storie raccontate siano pertinenti. Ichino invece ha perfino sfidato Grillo a un confronto pubblico, sostenendo che neanche una storia di quelle contenute nel libro fosse addebitabile alla legge Biagi. Ma non mi risulta che il comico abbia raccolto nessuna delle due critiche, né la sfida a un pubblico confronto. Molto più facile invitare gli italiani al tipico sfogo del "vaffanculo-day". Ma ricordiamo che se ci sono politici condannati in Parlamento la colpa è di chi li ha eletti (oltre che dei partiti che li hanno candidati).
E visto che agli italiani piace dire "vaffanculo" e poi tornare a casa soddisfatti e tenersi tutti i vizi nazionali, Grillo li accontenta.

giovedì 6 settembre 2007

AVREI BISOGNO DI UNA ...MOGLIE?!


Spesso ho parlato di donne e lavoro, di quanto le donne finiscano per lavorare più degli uomini, se sono costrette ad occuparsi del proprio lavoro e anche dell'accudimento di una famiglia. Su un sito molto ben fatto, humanitech, che si occupa appunto di lavoro, è cominciato un discorso sulla paternità. Inevitabilmente credo che verrà allargato al confronto tra uomini e donne, ma anche (forse inaspettatamente) a quello con i nonni, tornati ad essere figure centrali di una famiglia spossata dagli impegni. Mi piacerebbe rilanciare il tema anche qui, e vediamo che succede... Tra l'altro, cercando una foto per questo post (ma poi ne ho trovata una che mi sembra meglio..;-) mi sono imbattuta nel sito e nel libro "Casalingo e contento" di Diolaiuti (nomen....) & Tironi, che chi frequenta la tv più di me sicuramente conosce (non so con quale giudizio, ma...) e che mi sembra in tema.
Aggiungo, come provocazione ma non troppo, che essendo io una mamma-single, credo di conoscere un po' tutti i risvolti della faccenda (come tentare di fare la madre, come tentare di fare il padre, e quanto contano i nonni)....ma soprattutto sappiate che molto spesso, sopraffatta dalla quantità di cose a cui pensare, mi sono trovata a gridare: "Quanto vorrei una moglie!" Leggete anche quello che scrive Livio Martucci...

mercoledì 5 settembre 2007

GUARDIAMO COSA SUCCEDE IN FRANCIA, STANNO PEGGIO DI NOI


Vorrei partire da quello che scrive Pier, mio lettore che saluto e ringrazio caldamente, nel suo commento al precedente post. Concorda sul fatto che un mercato del lavoro più flessibile dà comunque "qualcosa" (mentre in passato era facile incontrare il "nulla"), ma giustamente si lamenta perché ha l'impressione che i suoi stage si susseguano senza che ne nasca né vera formazione né passi avanti verso una maggiore competenza sul lavoro. Questo è un problema di cui si sente parlare molto, però i casi andrebbero analizzati uno per uno.
In linea generale, uno stagista che sa fare poco e che impara poco ad un'azienda non serve (o serve molto poco, ammesso che gli faccia fare che so, le fotocopie - ma ormai se le fanno da soli anche i capi). Uno stagista bravo e che impara molto invece gli serve parecchio e l'azienda avrebbe tutto l'interesse di tenerselo. Tra questi due estremi, ovviamente, c'è l'esperienza quotidiana e più varia delle aziende e dei giovani, che si lamentano per motivi opposti gli uni degli altri. Purtroppo la capacità di un sistema di offrire, come si dice ora, "occupabilità", dipende da molti fattori: il sistema di istruzione e formazione, i collegamenti tra scuola e mondo del lavoro, la rigidità del sistema economico e del lavoro.
Su quest'ultimo punto vi segnalo un articolo interessante di un collaboratore della voce.info sulla situazione in Francia. A volte studiare gli altri aiuta a capire meglio se stessi. Intanto, va detto che l'autore dell'articolo, Olivier Blanchard, è un economista francese che ha studiato e lavorato in prestigiose università degli Stati Uniti. Dichiara di aver sempre votato per i socialisti, ma stavolta ha puntato su Sarkozy. E uno dei motivi per cui lo ha preferito alla candidata Segoléne Royal, è appunto la dichiarata volontà di Sarkozy di riformare il mercato del lavoro.
La Francia ha, per certi versi, gli stessi problemi dell'Italia. Uno dei problemi più gravi è la disoccupazione e la sottocupazione di molti giovani. Ora, i giovani francesi hanno rifiutato un paio di anni fa il contratto di primo impiego (foto di una manifestazione in Francia), e ne sono molto orgogliosi, ma questo non ha fatto altro che aumentare la rigidità del mercato e il rischio di disoccupazione. Anche in Francia, come in Italia, c'è una forte frattura tra chi è super-protetto con il contratto a tempo indeterminato e chi lo è poco, con il contratto a termine. Blanchard propone il contratto unico, con un'indennità crescente a seconda dell'anzianità del lavoratore che venga licenziato. E propone di rendere più facili i licenziamenti per tutti. Sarkozy sembra avviato proprio su questa strada. Vedremo se riuscirà a realizzare qualcosa. Leggete comunque tutto l'articolo di Blanchard, ha anche altri aspetti e proposte molto interessanti.

lunedì 3 settembre 2007

MI RICORDO.... IL LAVORO NEGLI ANNI '80



Piccola esperienza personale...(oggi mi rifiuto di affrontare teorie)...

Quando avevo 20 anni, negli anni '80, nei cortei e ai dibattiti si gridava "No alla disoccupazione, no al lavoro nero". Oggi questi slogan sono caduti in disuso, vorrei che qualcuno dicesse un po' perché o ci riflettesse su. E' sparita la disoccupazione, è sparito il lavoro nero?
Quando mi laureai (sempre in quei "favolosi" anni '80) rimasi disoccupata per un po' e cominciai a fare un lavoro volontario, gratuito, all'università: un contrattino, uno stage, una borsa di studio? No, non esisteva niente di tutto ciò, o meglio era già un miraggio poter trovare qualcosa del genere.

Conobbi delle persone che lavoravano alla Rai: quasi mai avevano il contratto da giornalista, bensì da programmista. Quasi mai avevano un contratto a tempo indeterminato: spesso erano contratti di tre o sei mesi, dopo i quali dovevano stare senza lavorare per qualche mese e poi se erano fortunate, venivano richiamate. Ma anche quello per me era un miraggio. Non esistevano mica i concorsi per quelle cose! Solo le conoscenze. Era il 1985..... e la parola precariato, le leggi Treu e Biagi non se le sognava nessuno.

Un anno, in vacanza, mi trovai a discutere con un ragazzo americano: da noi è difficile trovare lavoro, anche solo per un periodo, gli spiegavo. Chi ce l'ha se lo tiene stretto, e chi non ce l'ha peggio per lui. Lui faceva delle facce sgomente, strabuzzava gli occhi. Ma come, un lavoro, un lavoretto, un lavoro temporaneo, anche questo è difficile? Sì, gli rispondevo, perchè se qualcuno ti vuole prendere per sei mesi, poi ti deve tenere tutta la vita... non ti può più mandare via. Lui era sempre più sgomento. Siete pazzi, diceva, siete pazzi. E io intanto ero disoccupata.

Nella foto vedete un'immagine di manifestazioni a favore del referendum per il punto unico di scala mobile, 1984. Per fortuna, i sindacati che vollero il referendum persero, il punto unico di scala mobile non tornò, l'inflazione calò, e i lavoratori invece "vinsero", almeno un po'.
Ciò detto, e senza voler trarre nulla di particolare da questi frammenti di ricordi, vi lascio per un paio di giorni. A mercoledì.

sabato 1 settembre 2007

QUANTO CI COSTANO I FANNULLONI...




Tutti si lamentano delle tasse e in questi giorni si sentono "grida" antifisco, dalla Lega alla sinistra "sotterranea" (quella che non se la sente di venire alla luce). La notizia (i calcoli sono della Cgia) che siamo il Paese dove è più alta la spesa pro-capite per la pubblica amministrazione va ad aggiungere dolore a dolore: 5.564 euro l'anno a testa. Quando siete utenti e avete la sensazione che gli uffici pubblici rispondano male e con lentezza alle vostre richieste, certo non vi fa felici sapere che per questa amministrazione spendete più dei tedeschi e degli inglesi. Ancora meno vi deve dare soddisfazione il pensiero che solo la Francia ha una spesa pro capite per l'amministrazione pubblica superiore alla nostra...la Francia, terra di grandi scuole di Stato, dell'Ena (Ecole Nationale d'Administration Publique) dove il "pubblico" è spesso un modello. Confrontiamolo con il nostro... disastro!


Ma quando si tratta di lavoro, ecco che ancora molti sognano di entrare in questa pubblica amministrazione, dove si lavora poco, si guadagna altrettanto, si sonnecchia, si resiste alle novità, mi spiace dirlo ma parlo per esperienza personale... e l'organizzazione, soprattutto, è pessima. Certo non tutto è così ecc. ecc. Insomma ci hanno provato in tanti ma "pubblico" in Italia significa "non mio", quindi viene lasciato andare in malora.

Ma se quello è ancora lo standard di lavoro che molti sognano per sistemarsi, siamo messi veramente male. L'immagine dei "Fannulloni", anzi "Nullafacenti" di Ichino è sempre lì in agguato, perché purtroppo è vera. Sogno un mondo nel quale la PA non troverà persone che vogliono andarci a lavorare e quindi dovrà per forza alzare standard e stipendi... E' solo primo settembre, lasciatemi il mio sogno di fine estate!

Ecco tutto il testo del "lancio" Ansa, con le cifre:


VENEZIA - La Pubblica Amministrazione costa in media a ciascun cittadino italiano, compresi gli interessi sul debito, 5.564 euro l'anno, una cifra che colloca la nostra burocrazia fra le più 'care' d'Europa dietro solo alla Francia. E' quanto emerge da una ricerca dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha messo a confronto lo 'score' delle principali Pubbliche Amministrazioni europee. In Italia sul totale del costo incide molto la spesa per interessi sul debito pubblico e, in particolare, quella relativa al funzionamento della macchina pubblica (ovvero l'amministrazione e la gestione). Tra i principali competitori economici europei solo la Francia con 5.765 euro per ogni cittadino registra una spesa superiore alla nostra, anche se in termini di efficienza e di performance - osserva la Cgia - il pubblico impiego transalpino "é nettamente migliore" rispetto a quello italiano. La spesa di funzionamento totale - sottolinea la Cgia - è data dalla sommatoria dei costi per il personale, dai costi per l'amministrazione e la gestione e quelli per gli interessi da pagare sul debito pubblico. Dietro Francia e Italia si piazza il Regno Unito con 5.182 euro, poi la Germania (4.115) e, all'ultimo posto tra i principali paesi dell'Europa dei 15, la Spagna con soli 3.247 euro pro capite. "Di fronte a questi risultati - commentano alla Cgia di Mestre - ciò che balza subito agli occhi non è tanto il costo del personale italiano che con 2.660 euro pro capite è ben al di sotto dei dati riferiti al Regno Unito o alla Francia, bensì i costi per il funzionamento della macchina pubblica, che è la più costosa tra i principali paesi Ue nostri competitori". Infatti - precisano - se in Italia il costo si attesta sui 1.763 euro pro capite, in Francia è pari a 1.389 euro, mentre tutti gli altri Paesi sono ben al di sotto di questo importo. Infine, paghiamo ben 1.141 euro pro capite di interessi sul debito pubblico, contro i 752 della Germania, i 739 della Francia, i 638 del Regno Unito e i 379 della Spagna.

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