giovedì 28 giugno 2007

IL LAVORO, L'INNOVAZIONE E I VERI CONSERVATORI


Approfitto della tregua sullo sciagurato tema dello scalone per segnalare tre articoli interessanti. Il tema, per come lo vedo io, è un appello alla politica perchè abbandoni il suo volto più conservatore, e sposi una vera filosofia di cambiamento e innovazione. L'occasione la offre la nascita del partito democratico e l'investitura del suo leader in pectore, Walter Veltroni.
1. Il lavoro
Voglio segnalare una sorta di appello di Michele Tiraboschi, direttore del centro studi Marco Biagi, al partito democratico che si autodefinisce partito del lavoro. Quello che Tiraboschi sottolinea in una newsletter speciale proprio sul nuovo partito, è come "la sinistra italiana sia ancora lontana dalla elaborazione di un pensiero nuovo sui temi cruciali del lavoro". Le proposte sul versante della modernizzazione del diritto al lavoro, nota Tiraboschi, sono ancora incerte e nebulose. Finora, aggiunge, si sono sprecate molte occasioni. Finora, aggiungerei io, la sinistra al governo ha avuto paura di sottrarsi a certe parole d'ordine, a certi automatismi ideologici, che sono veramente conservatori e non aiutano affatto i giovani, le donne, e tutto il mercato del lavoro a risollevarsi dalla sua depressione. Quindi, questo è un terreno su cui Veltroni e il partito democratico, dovrà misurare la sua capacità di concretezza e innovazione. E di riprendere, dice Tiraboschi (che però sembra pessimista) anche il cammino interrotto di Marco Biagi.
2. Il merito e l'innovazione
In uno splendido commento sul Corriere della Sera, "Una società immobile che punisce i migliori", l'economista Nicola Rossi si chiede perché la nostra società preferisca soffermarsi sui fallimenti piuttosto che sui successi, perché a volte si manifesti una vera avversione per il merito e per chi si dà da fare. Fa un esempio: "Sono molti gli impiegati pubblici che rendono ai cittadini il servizio che questi si aspettano, e che spesso rendono anche il servizio che dovrebbe essere reso dal loro collega "temporaneamente fuori stanza". Eppure - continua - non riusciamo a rendere loro giustizia trattando come meritano i "nullafacenti", gli assenti, i raccomandati. La spiegazione di Nicola Rossi? "Riconoscere e difendere il merito, indicare il valore ad esempio, proporre il caso di successo come punto di riferimento è possibile solo se non solo non si teme ma anzi si cerca l'innovazione e si desidera il cambiamento, perché nel cambiamento si intravede la possibilità della crescita e del progresso". E Rossi se la prende con la cultura "tanto di destra che di sinistra", che rifiuta spesso e volentieri e in maniera esplicita l'idea del movimento. La logica di questo atteggiamento - spiega, "è intrinsecamente conservatrice, nel senso più autentico della parola".
3. I giovani, di destra e di sinistra
Ci racconta Antonio Signorini sul Giornale che, mentre governo e sindacati si scannano per decidere sullo scalone, i giovani di destra e di sinistra si ritrovano uniti in una protesta "bipartisan". "Ci rubano il futuro", dicono i giovani di Forza Italia riferendosi alle trattative governo-sindacati. Fanno "scelte sopra le nostre teste" dicono i juniores del novello Partito Democratico, e aggiungono: in futuro saremo costretti a versare il 40 - 50 % dei nostri miseri stipendi per garantire una patto di solidarietà tra generazioni sempre più iniquo e insostenibile. Mentre gli azzurrini affermano, non a torto, che le pensioni sembrano essere un diritto di tutti fuorché delle giovani generazioni. L'ipotesi, nemmeno tanto remota, rilevata da Signorini, è di arrivare a manifestare (magari separatamente) "il loro "no" a un accordo che penalizzi le generazioni future per favorire qualche migliaio di 57enni".
Adesso la discussione sullo scalone è rinviata, ma la speranza nei giovani deve restare. Anche se devo dire che a volte, nel sentire certe lamentazioni invece che sogni e progetti, alcuni mi sembrano più conservatori di tanti cinquantenni.

1 commento:

Anonimo ha detto...

assolutamente d'accordo con Nicola Rossi. Il mio ragionamento è un po' meno politico e sociologico ma più quitidiano. Anche io sono più per evidenziare le cose positive in mezzo a tante cose negative.. (Come ad esempio il mio blog). Mi viene anche da pensare ad una commessa qualsiasi, sola in turno che corre come una matta e una fila lunghissima di gente che urla e inveisce sulla poverina che più che darsi da fare come già sta facendo, altro non può certo prevedere. E cosa fa la gente? Urla e si lamenta. Tendiamo ad isolarci ad enfatizzarci e a non andare al di là del nostro mondo. Io ho fretta, tu non mi stai accontentando. Poco importa se ci sono dei motivi oggettivi. Non mi interessa.
Sono particolarmente attenta a queste vicende, forse per attitudine personale, forse perchè arrivo da un'esperienza lavorativa dove mi hanno insegnato ad ottimizzare le attività e gli stati d'animo, non saprei.. Ti confesso che a volte mi sento proprio spaesata rispetto a questi atteggiamenti

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