martedì 31 luglio 2007

LA GLOBALIZZAZIONE E IL NOSTRO LAVORO



AGGIORNATO
Chi di noi, di fronte ai ripetuti scioperi del personale Alitalia nei mesi scorsi, non si è chiesto quale logica perversa guidasse queste agitazioni? Una compagnia sull'orlo della catastrofe, che dovrebbe solo sognare un salvatore su un cavallo bianco, perché deve affossarsi ancora di più con le proprie mani? Questo concetto, da me espresso molto rozzamente, viene sviluppato magistralmente da Pietro Ichino sul Corriere di oggi. La domanda chiave della riflessione di Ichino, in sostanza, è: perché il sindacato moderno non cerca di sfruttare i vantaggi della globalizzazione, chiedendo ai migliori imprenditori del mondo di farsi avanti, e chiedendo di discutere anche nuove e più avanzate soluzioni nell'organizzazione del lavoro, nelle relazioni industriali, nell'entità e nella struttura delle retribuzioni? Non si potrebbe in questo modo fare il bene dei lavoratori, invece di costringerli sempre ad adattarsi e a subire le novità, senza averle minimamente governate? La domanda purtroppo finisce per essere retorica .




In proposito vorrei qui raccontare un esempio illuminante: una mia amica è "quadro" in una grande banca che una volta era pubblica e ora ha visto l'ingresso di un importante gruppo francese. Molti suoi colleghi hanno prima subito il cambiamento con preoccupazione, poi con qualche svantaggio e rassegnazione. Per lei, che è brava, intelligente, flessibile e conosce varie lingue, è stata una grande occasione di crescita. Lavora più di prima ma la sento sempre molto soddisfatta. Ecco, mi sembra che questa sia la differenza tra governare i cambiamenti sul lavoro, e sfruttarli, o subirli.

lunedì 30 luglio 2007

IL DECLINO DELLA POPOLAZIONE...DI FRONTE AGLI SPAGHETTI AGLIO, OLIO E PEPERONCINO



"E' imbarazzante, ma dopo la nascita del primo figlio, il marito spesso non aiuta in casa, e questo fa sì che la moglie si preoccupi di non avere un secondo figlio". Questo è principalmente un atteggiamento culturale. I maschi sono accuditi a casa dalle loro madri e si aspettano lo stesso trattamento - niente pannolini, niente bucato - più tardi, dalle loro mogli. Inoltre al lavoro ci si aspetta che gli impiegati lavorino fino a tardi. ...Ecco perché serve una politica che incoraggi non solo più donne a lavorare, con più servizi per gli anziani, asili nido, orari flessibili e così via. Bisogna rendere la vita migliore e più facile sul lavoro anche per gli uomini".
A parte quest'ultima parte, frutto di menti abituate a guardare i problemi nella loro interezza (cosa che non ci appartiene), nessuno potrebbe dubitare che si parli dell'Italia. Invece è la citazione tratta dall'Economist di questa settimana, sull'invecchiamento e il declino della popolazione in Giappone.
Comunque Giappone e Italia, come sottolinea l'Economist nel suo editoriale, in questo si somigliano profondamente. Lo leggevo stasera mentre cucinavo a notte fonda, tornata dal giornale, un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino...purtroppo mi mancava il prezzemolo. (Ma garantisco che, se fatti come si deve, anche senza prezzemolo possono essere sublimi: l'importante è che la pasta sia al dente, e scolata con la forchetta, che l'aglio sia cotto al punto giusto né troppo ma neanche troppo poco, che alla fine nell'olio sia stato messo un bel pezzetto di peperoncino, che io coltivo sul balcone perché non mi piace tanto quello secco nei barattoli. Il segreto è salare al punto giusto la pasta ma, importantissimo, anche l'olio. ;)
Leggevo quindi l'editoriale del mio giornale-mito, intitolato How to deal with a falling population. L'ho anche schizzato un po' d'olio... Ci sono un sacco di problemi sintetizza l'Economist, e i primi paesi a provarli sono Italia e Giappone, paesi che hanno in comune una forte cultura tradizionalista, che ha come corrispettivo il crollo della fertilità all'avanzare della modernizzazione. Nelle società meno tradizionaliste, invece, nelle quali il lavoro è compatibile con la famiglia e i figli, la fertilità resiste.
I consigli per i paesi che si trovano ad affrontare l'invecchiamento e il declino della popolazione sono quattro: 1) Spingere la gente a lavorare più a lungo. 2) Salari più flessibili e non rigidamente ancorati all'anzianità. 3) Più immigrazione. 4) Incoraggiare le donne a lavorare "fuori casa" con più aiuti per i figli e congedi parentali..
In mancanza di questi correttivi, nel giro di pochi anni la disponibilità di lavoratori giovani e con un alto livello di istruzione si ridurrà in modo allarmante, prospettando un grave declino dell'economia e dell'innovazione, mentre il sistema pensionistico rischia di saltare. Ce n'era abbastanza per mandare di traverso anche i migliori spaghetti del mondo, e ho dovuto aiutarmi con una intera lattina di birra.

domenica 29 luglio 2007

IL CANDIDATO "CONFUSO" SUL MESSAGGERO



E così "Confuso" si è guadagnato anche una citazione semiseria su un grande giornale, tra i candidati "seri" del nascente Partito Democratico. Lo nomina sul Messaggero di oggi Mario Ajello, bravissimo giornalista politico, semiserio anche lui. D'altra parte è chiaro che gli italiani chinano sempre la schiena davanti ai potenti ma non li considerano propri rappresentanti. Meno che mai li stimano o li ammirano. Abbiamo sempre la sindrome dell'invasore. "Confuso" quindi potrebbe rappresentare una specie di Masaniello. Se continua così rischia di trovarsi candidato sul serio e allora saranno ....zzi suoi! Gli chiederemo conto di tutte le sue promesse.

sabato 28 luglio 2007

VIGNETTE



AGGIORNATO
Avevo chiesto ad Arnaldo di pensare ad una vignetta sulla maturità più "severa" (il doppio di bocciati rispetto all'anno scorso). Lui, dopo un attacco di ansia da prestazione, come dice lui, l'ha sfornata e ci ha aggiunto anche altre due vignette. Forse è un po' anticlericale, ma a me non dipiace. E quella su Second Life è notevole.

venerdì 27 luglio 2007

PERSONALITA' CONFUSA CANDIDATO: SGRAVI FISCALI PER I BLOGGER?


Nei giornali prendiamo tutto sul serio. Quindi la politica....e il mio post del 23 su Coalizione generazionale è serio. Però mi ha fatto veramente impazzire una candidatura-burla, che tra l'altro riguarda un protagonista molto noto nel mondo dei blog e, guarda caso, uno dei personaggi del mio libro che uscirà ai primi di settembre: Personalità Confusa, o Confuso altrimenti detto.
La sua "candidatura" per il Pd è stata lanciata dal sito giornalettismo militante e la trovo illuminante di come tanti di noi, di voi, vedono i riti della politica. Ovviamente Confuso ne ha dato notizia, a modo suo, sul suo blog, e come al solito ha fatto scatenare i suoi fans, concludendo il post con il motto "Ich bin ein Blogger".

La mia domanda a Confuso, in quanto candidato, è: ha intenzione di impegnarsi a favore di sgravi fiscali a favore dei blogger, soprattutto se donne? Se la risposta è sì, allora lo voterò.

giovedì 26 luglio 2007

Kate Mulgrew at a convention

kate mulgrew,janeway...yea..

LA SCUOLA BOCCIA. EVVIVA...O NO?


E' raddoppiato il numero dei bocciati agli esami di maturità. Vedo in redazione facce quasi soddisfatte, altri sono preoccupati per i loro rampolli che magari la affronteranno l'anno prossimo. Poi magari arrivano notizie di ragazzi "ingiustamente" bocciati. Prima si parla di meritocrazia, poi i genitori si arrabbiano, Mi è difficile orientarmi in questo bailamme. Sono a favore del merito. Ma l'aumento delle bocciature è un segno di maggiore severità e serietà? O è perché gli alunni sono così poco interessati alla scuola che vanno proprio male? O magari sono gli insegnanti che non valgono un gran che e quindi, quando i loro alunni vengono interrogati dai famosi commissari esterni, vanno male? Il ministro dice: "Ora l'esame è più serio". Ma devo confessare che io, che ho una figlia che sta per cominciare la prima media, tremo: ho paura che la scuola non le insegni molto, non le dia entusiasmo e competenza, non pretenda abbastanza nel modo giusto. A giugno ho raccontato QUI e su OPS dei pasticci fatti in alcuni istituti romani agli esami di maturità con i privatisti....insomma, vorrei essere rassicurata da questa scuola, ma alla fine di luglio non so neanche in che sezione andrà mia figlia e con quali orari. E per ora sono solo preoccupata.

mercoledì 25 luglio 2007

COALIZIONE GENERAZIONALE, GLI UNDER 35 SI ORGANIZZANO



"Qui non si fa politica", era una delle frasi dell'Italietta, che tanti di noi vorrebbero dimenticare. Eppure è ancora uno dei principi che molti si vantano di seguire...e per i giovani sembra diventato normale non darsi obiettivi politici. Ovviamente perché la politica tradizionale è fuori dai loro schermi radar, dalle loro ambizioni e sogni. Giustamente. Invece no, voglio dire: qui si fa politica. Per forza, perché non c'è quasi nulla nella nostra vita , tanto più se pubblica, che non rappresenti un fare politico. Al mio esame di maturità c'era la versione scritta di greco: un brano di Aristotele che mi piacerebbe trascrivere qui in greco, ma purtroppo la tastiera non mi "supporta" (forse neanche mi sopporta!). Comunque il testo cominciava così: l'uomo è un animale politico... Altro ovviamente è essere faziosi o, peggio, ideologici, il che vorrei che, qui, fosse bandito.
Finite le giustificazioni, vi voglio parlare di un movimento di under 35. Chi ha letto il mio post contro il patto generazionale sa che certe volte non sono per niente tenera. Con diffidenza, quindi, mi sono studiata il sito di "COALIZIONE GENERAZIONALE" , mi sono informata un po', ho letto il loro programma. E mi sono convinta che non è niente male e che se un gruppo del genere avesse avuto più peso, la vicenda dello "scalone" non sarebbe mai andata come è andata.
Si tratta dell'iniziativa di un gruppo di under 35 di varie provenienze. Tra loro ci sono professionisti, scrittori e anche giovani "impegnati". Il portavoce è Luca Bolognini, 27 anni, laureato in Legge, fondatore di Gullivertown, ora consulente d'impresa. Mi scrive: "Siamo tutti "incollocabili da una parte o dall'altra, come la maggioranza degli under 35 italiani, e paradossalmente anche dei giovani che comunque aderiscono a un partito. Non ci riconosciamo nelle divisioni storico-ideologiche dei nostri padri e nonni, cerchiamo altri contenuti su cui unirci/dividerci e ci interessano altre battaglie. Abbiamo importanti comuni denominatori che, mentre fanno litigare i vecchi, ci mettono tutti d'accordo . Non è un caso che tra i primi firmatari ci siano gli autori di Generazione 1000euro che "coabitano" con iscritti e dirigenti delle giovanili di Udc, del nascente Pd, dell'Idv, dei referendari o addirittura dei monarchici. Una mezza magia! Siamo ben consci che si tratta di una sfida un po' folle..." Tra i firmatari ci sono anche: Guglielmo Forgeschi, coordinatore di Dyalogue, 26 anni, medico di Firenze, specializzando in igiene. Tommaso Bonetti, 28 anni, avvocato e dottorando amministrativista a Bologna. Giuliano Gennaio, 27, vive a Roma ed è laureato in Scienze Politiche, organizza eventi e anni fa fondò Liberalcafè, creando così una grande community politica online oggi seguitissima. Antonio Picasso, 30 anni, si occupa di studi sulle relazioni internazionali nel Cesi di Margelletti. Lorenzo Lo Basso ha 26 anni, laurea in scienze politiche, lavora a Roma come autore televisivo. Tommaso Visone ha 22 anni, una passione per il futuro PD e studia la specialistica di giurisprudenza. Antonio Incorvaia, co-autore di G1000, vive a Milano, è architetto ma fa il giornalista a Smemoranda. Alessandro Rimassa, altro co-autore, ha 33 anni, fa il giornalista per Mtv e Affari Italiani. Vittorio Sepe, commissario naz giovani Udc, ha 31 anni ed è avvocato in Campania. Marco Maria Mattei è un ricercatore di 28 anni di economia, a Bologna. Massimiliano Colosimo, in arte Max Cosmico, vive a Rimini, è laureato in economia e ha creato il 1000euroblues. Daniela D'amico è la coordinatrice di Società Aperta Giovani, ha 28 anni e lavora per CortinaIncontra con Cisnetto. Carlo Salizzoni ha 32 anni, vive a Londra dove fa l'ingegnere gestionale, in pratica resuscita le aziende in crisi. Alvise Bragadin è un avvocato di 32 anni e lavora in Confindustria a Bologna. Alberto Fossari è un giovane medico di Padova, specializzando in ortopedia. Alessandro Rapisarda ha 33 anni e fa il consulente del lavoro in Romagna.
Nell'appello di "COALIZIONE GENERAZIONALE" tra l'altro si legge: "Il declino economico e istituzionale del nostro Paese rischia di colpire drammaticamente le nuove generazioni nei prossimi decenni: è quindi assoluto interesse di chi oggi ha meno di 35 anni quello di attivarsi per promuovere le grandi riforme, per modernizzare lo stato e rilanciare uno sviluppo non più rinviabile".
Le idee attorno alle quali è partita questa iniziativa si possono leggere sul sito e sono articolate in undici grandi temi di riforma. Ognuno di questi andrebbe analizzato e discusso, e lo potremmo fare in successivi interventi, nei quali anche i suddetti promotori potrebbero dire la loro. Per ora mi accontento dell'elenco:
1. Partiti e nuova classe dirigente 2. Sistema elettorale 3. Sviluppo italiano 4. Precarietà del lavoro e welfare 5. Pensioni 6. Riforma delle professioni 7. Università e ricerca 8. Unione Europea 9.Integralismi e integrazione 10. Costituente 11. Impostazione critica

martedì 24 luglio 2007

CONOSCERE LA LEGGE BIAGI


Si parla nuovamente di modifiche alla legge Biagi. Nell'ultimo incontro tra governo e sindacati si sono messi sul tavolo due interventi: 1)un limite al rinnovo dei contratti a termine (per un massimo di 36 mesi) e 2) l'abolizione del lavoro a chiamata, unanimemente riconosciuta forma di lavoro marginale. Per capirci, questo non cambia quasi nulla nel mercato del lavoro o nella vita dei cosiddetti "precari". Si rischia solo di fare aumentare il lavoro nero, dice Michele Tiraboschi, in un intervista sul Messaggero di oggi: ""Si crede che la precarietà derivi dal mercato del lavoro che offre poche opportunità. - dice Tiraboschi - Invece il problema è che l'Italia dovrebbe fare in modo che la scuola produca figure professionali più vicine alle esigenze del mercato. Se il rapporto tra scuola e lavoro è debole, è inevitabile che una volta usciti dal momento della formazione con basi diverse da quelle richieste dal mondo del lavoro vengano a crearsi schiere di precari. La precarietà si batte con percorsi certi di ingresso nel mondo del lavoro""




Voglio segnalare però un'iniziativa meritoria di due amici "ladypiterpan" e "precario a vita?", che sul sito somministrato, hanno iniziato a pubblicare e spiegare la legge Biagi, sempre citata, spesso denigrata, ma pochissimo conosciuta. Un'impresa non da poco, perché le leggi italiane si presentano sempre come un dedalo di oscurità, avvolto in un alone di mistero. Però vale la pena leggerla, questa legge, perché alcune parole sono sorprendentemente chiare, e forse lasceranno a bocca aperta chi la critica senza conoscerla!

Segnalo e raccomando però, per loro e per chiunque fosse interessato, che ciò che viene chiamato "legge Biagi", oltre alla legge 30, comprende anche altre norme, tra le quali un decreto di attuazione. Si può trovare tutto sul sito della fondazione Marco Biagi, a questo link

lunedì 23 luglio 2007

COLLOQUIO DI LAVORO (Woody Allen)

Osservare, imparare e "non" imitare...!

domenica 22 luglio 2007

PRECARI E CONTENTI: UN DANDY A TOKYO

Questa è la testimonianza di un dandy dei nostri giorni. Un giovane rappresentante della vita liquida, condizione nella quale qualcuno si trova a proprio agio, mentre altri soffrono. Anche lui, "Il Crea"(lo trovate tra l'altro su OPS ) dice di aspirare a un placido posto fisso, ma in realtà mi sembra che si trovi abbastanza bene a vivere come fa, lontano dai nostri luoghi comuni. Per ora la sua massima urgenza è trovare un editore: se qualcuno è interessato, si faccia vivo.

Ecco il racconto del Crea:

"24 luglio 2003. Mi sono appena laureato al Dams e il pensiero del lavoro ancora non mi tange. Aspirando a vivere come Lord Byron (nella foto), sperando comunque in qualche anno in più, mi do alla lettura e allo studio dell'inglese, conscio che un annetto sabbatico me lo possa prendere. Mi sono laureato in fretta a 24 anni appena compiuti, così l'idea di lavorare non mi ispira più di tanto. Agguanto qualche certificazione e imparo bene inglese e francese, così mi sento pronto, verso la metà del 2005, a concorrere per un qualche posto. Dedico così le mie attenzioni a un concorso che serviva solo a integrare i precari di una grossa azienda, non lo sapevo, e perdo circa 11 mesi. Ne trovo un altro alla Regione (sono di Cosenza) e mi affido al malcostume del chiedere al potente e affidarsi a lui. Il potente si finge interessato e perdo altri 6 mesi. Scopro un'opportunità nel mio comune di residenza, anche qui il potente si finge amico e via un altro semestre. Un paio di omuncoli e il loro "ci penso io, non preoccuparti" mi portano a un totale di due anni e mezzo di totale, assoluta disoccupazione. Domanda per il servizio civile, pubblicizzato come un'occasione per specializzarsi e pompare un po' il curriculum. Al colloquio il gentile, affabile responsabile mi accoglie dicendomi che non ho la minima possibilità di essere preso, perché mi manca l'esperienza. "Ma il servizio civile non serve a formare?" chiedo. Lui allora riflette, riflette e riflette ancora. Lì la proposta: "perché non fai il volontario per un anno? Dopo ti prenderò perché avrai l'esperienza necessaria." Sembra serio, magari non sta scherzando.Stavolta tocca a me riflettere. Un anno senza retribuzione per poi lavorare altri 12 mesi come servizio civile per circa 350 euro mensili, senza possibilità di impiego futuro... Eccitante! Così sarebbe come guadagnare 175 euro al mese con un contratto biennale. Non male, ma a me l'etichetta di "pollo" sulla schiena non piace, così declino con rammarico e torno a casa ridendo. Trovo finalmente un buon consiglio da uno sconosicuto: "vai all'estero, arraffa una bella specializzazione e impara un'altra lingua". Detto, fatto. Prenoto una scuola di lingue a Tokyo, coinvolgo il mio migliore amico ed eccomi ora a dividermi tra lavori, divertimenti e vita gaudente. Certo, ancora il servizio civile mancato mi rode, ma la vita è imprevedibile. Da quando vivo a Tokyo tengo un diario, la cui versione pulp è un libro ormai in fase di revisione. Se avessi il talento di Bukowski sembrerebbe uno dei suoi racconti, ma purtroppo non sono stato baciato da tanta grazia. E' volgare e blasfemo, quindi difficilmente troverò un editore in Italia: dopo i primi cinque o sei no, lo tradurrò in inglese. Per ora faccio il dandy, poi magari farò altro.
Il Crea"

venerdì 20 luglio 2007

MAX COSMICO: SONO CADUTO DALLO SCALONE


Dopo la solita sceneggiata in notturna, governo e sindacati hanno sostituito lo scalone del sistema pensionistico (per gli attuali ultra cinquantenni) con scalini e quote. A tutti noi che andremo in pensione, forse, più in là, non resta che un po' di invidia. Costo stimato: 10 miliardi. Accordo con tanti insoddisfatti e molte complicazioni in più per i calcoli. Non è sicuro che questo accordo reggerà a tutti i passaggi parlamentari e alle consultazioni sindacali, comunque la notizia per i giovani la sintetizza il nostro Max Cosmico, autore dell'ormai noto "Mille euro blues" con una nuova canzone che presenterà in concerto il 25 luglio a Montefiore Conca (Rimini): "Sono caduto dallo scalone"!!! Appena avrò il video ve lo mostrerò in anteprima.

giovedì 19 luglio 2007

LE DONNE LAVORANO TROPPO, E GUADAGNANO POCO




Sappiamo com'é in Italia: lei accompagna i bambini a scuola, lavora in ufficio come da contratto, fa la spesa, torna a casa, sistema, cucina, spesso lava e stira, e magari assiste un genitore non autosufficiente. Il dato medio è di 16 ore di lavoro in casa a settimana. I loro compagni maschi invece lavorano in casa, mediamente, appena due ore alla settimana. Complimenti all'Italia. Il Commissario Europeo per l'occupazione, Vladimir Spidla, però, si è appellato a tutti gli europei: contribuite di più ai lavori domestici. Non ha fatto discriminazioni, ma va detto che più pigri dei maschi italiani, secondo la ricerca di Bruxelles, sono solo turchi e croati.

In tutta l'Europa comunque le donne lavorano (in modo retribuito) meno degli uomini, anche se il 60% di loro è diplomata e il numero delle laureate che entra nel mercato del lavoro è superiore alla percentuale dei maschi. Gli stipendi delle donne sono mediamente più bassi di quelli degli uomini europei del 15%., e quando si arriva alla pensione le donne rischiano più degli uomini di finire povere (sono in questa condizione il 20 per cento delle pensionate, contro il 20% degli uomini). La Commissione europea definisce in sintesi "inaccettabile" questo divario di condizione sul mercato del lavoro.
Senza parole.

mercoledì 18 luglio 2007

VOTO AI SEDICENNI PER DIFENDERE I GIOVANI?


Siamo in molti a dire che gli interessi dei giovani sono poco rappresentati nella nostra vita politica e sindacale (vedesi vicenda scalone e pensioni, ancora aperta). Il peso degli over 50 e over 60 è crescente, in parte per motivi semplicemente demografici, cioè di fatto, senza che ci sia una volontà crudele di qualcuno. Si sta però cominciando a discutere se sia il caso di introdurre il voto ai sedicenni, a partire magari dalle elezioni amministrative. Questo servirebbe, senza dubbio, ad abbassare l'età media del corpo elettorale (attualmente intorno ai 46 anni). Ma è giusto?
Il nascente partito Democratico aprirà le elezioni primarie del prossimo 14 ottobre anche ai sedicenni e diciassetteni. La Voce pubblica un articolo di Alessandro Rosina (professore di demografia alla Cattolica di Milano), "Sedici anni, l'età per votare", favorevole a questa ipotesi. A favore cita, appunto, la necessità di riequilibrare il peso politico delle varie classi di età, favorire il ricambio generazionale, e premere sulle decisioni che riguardano la spesa sociale.
L'articolo di Rosina cita anche, senza condividerle, le ragioni "contro": i giovani a 16 anni non sarebbero maturi, devono concentrarsi sullo studio, e forse non sono neanche così interessati a partecipare alla vita politica.

Io non ho ancora un'opinione così netta, ma mi interrogo. Mi ricordo che quando si diede il voto ai 18enni (1978) questi ultimi si battevano come leoni per averlo; oggi vedo meno interesse, anche se i sondaggi dicono che tre ragazzi su quattro sarebero "contenti" di poter votare. Certo, se loro si battessero...forse li vedrei diversamente, ma per ora gli unici che parlano di patto generazionale, di largo ai giovani, sono dei quasi cinquantenni piuttosto interessati e ipocriti. E come ho già detto, non ne condivido la linea.
Inoltre, è vero che i 16 enni hanno oggi più competenze e fonti di informazione di un tempo, però questo non è assolutamente sinonimo di maturità: anzi, da un punto di vista strettamente antropologico, si potrebbe sostenere che nella specie umana l'adolescenza si stia prolungando: la vita media si allunga e , quindi, il tempo che serve ai "piccoli", ai cuccioli d'uomo, per raggiungere la maturità si sposta in avanti.
Da un punto di vista politico, infine, credo che anche le generazioni mature dovrebbero essere in grado di vedere qual è l'interesse complessivo della società, ma questo non avviene neanche per i veri anziani, i vecchi non autosufficienti, che in Italia non sono praticamente considerati dalla spesa pubblica (e che invece sono un vero, grande, problema della nostra società e degli stessi giovani). Quindi? Il dibattito è aperto.

martedì 17 luglio 2007

SCALONE, L'AUT AUT DELLA BONINO...E LA MIA COMMESSA PREFERITA

AGGIORNATO


Scalone. La Bonino ha preso sul serio il significato della trattativa sulle pensioni, e ha posto una specie di aut aut a Prodi: valuta tu se la mia posizione è compatibile con la trattativa che il governo vuole condurre in porto con i sindacati sullo scalone. Non si dimette, ma mette Prodi di fronte alle sue responsabilità. Alla luce di quello che ha detto anche Draghi il giorno prima, ha il suo bel peso. Finalmente le generazioni più giovani hanno trovato qualcuno che le difende sul serio. Grande Emma.



Precari e contenti. Domani Francesca Venturo, già segnalata su questo blog per la sua storia di precaria di buona volontà e autrice della Sindrome della Commessa, sarà ospite alla trasmissione di Maurizio Costanzo "Stella", su Sky alle 12,30. Complimenti e in bocca al lupo.

lunedì 16 luglio 2007

"E VAI, SI COMINCIA..." STORIA DI ANNA, ORMAI EX PRECARIA


Questa è la storia di Anna, una che non è mai stata una precaria, neanche quando lavorava a progetto...il bello è che lei si è resa conto di quanto sia stata "brava" solo recentemente. Lei vorrebbe difendere quelli che, diversamente da lei, sul lavoro non ce la fanno, quelli che si ritrovano sempre precari. Ma credo che il miglior aiuto venga dalla sua esperienza e dalla sua capacità di non arrendersi mai.
Scrivetevi su un post-it il suo proverbio cinese...

" E' sempre difficile parlare di se stessi, delle proprie esperienze.... Allora, mi chiamo Anna, ho 38 anni, d'origine pugliese (prov. di Brindisi) e abito a Roma e lavoro da 11 anni. Mi sono laureata nel 1994 a Lecce in Scienze Biologiche e dopo l'anno di tirocinio mi sono iscritta all'albo dei Biologi.
Nel 1997 mi sono trasferita a Roma (per ragioni di cuore) e così è cominciata la mia avventura lavorativa romana.
Il mio primo lavoro? Operatrice telemarketing (all'epoca si cominciava appena a parlare di call-center). alla 3 F.
Premetto che, nonostante la laurea, non ho mai avuto problemi di accettare i vari lavori (tutti sono dignitosi e costruttivi), non me lo potevo neanche permettere, avevo appena comprato casa con relativo mutuo!!
(Dico questo perché conosco persone, soprattutto al Sud che preferiscono rimanere disoccupati piuttosto che fare un lavoro non consono ai propri studi!! Diciamo disoccupati e contenti, a questo punto). Lavoravo tre ore al giorno dalle 18 alle 21. Vendevo corsi per computer via telefono !!!! Incredibile ma ci riuscivo veramente!!!!! Contratto di Collaborazione Occasionale, paga L.400.000 netti. Nel frattempo mi guardavo intorno e mandavo curricula a destra e sinistra. Ho lavorato per circa due mesi, poi mi sono licenziata in quanto ho trovato un primo impiego da biologo.
E vai si comincia, mi sono detta. Primo laboratorio di Analisi Cliniche sull'Appia Nuova. Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa. Paga L. 800.000 per 4 ore al giorno. Mi interessavo della patologia clinica!!! Ci sono stata un anno, il direttore è stato per me un padre, ma proprio per questo prima poi da casa bisogna andar via. Mi stava stretto nonostante mi aumentasse lo stipendio decisi di cambiare. Avevo voglia di conoscere altre realtà e guadagnare maledettamente di più.

Passo a lavorare per un centro medico più grande, una grossa realtà romana zona Parioli. Ci sono stata quasi 3 anni. Sono veramente cresciuta professionalmente e come persona qui, bellissimi ricordi. Avevamo messo su, insieme con altri colleghi una nuova sezione:Analisi e Qualità degli Alimenti. Contratto inizialmente Co.Co.Co. poi Partita Iva professionisti.Tutto sommato mi andava bene, però c'era qualcosa, forse che la biologa in realtà non mi piaceva farlo? Mi sono venute le crisi del periodo universitario, della serie, ma io che centro con biologia? La ricercatrice non mi piaceva farlo, ai tempi dell'Università andavo a seguire con una mia amica (che studiava economia) le lezioni di marketing. Mi piacevano tantissimo.
Una mattina decido che avrei cambiato lavoro. Mi licenzio; tutti i conoscenti mi dicono che ero matta perché la paga era buona e che andavo a fare un lavoro esasperante, che non centrava niente con quello che avevo studiato.Alla fine sono assunta da una multinazionale americana di Assicurazione con CFL nel ruolo d'impiegata commerciale. In sostanza mi trovavo io i clienti a cui dovevo vendere assicurazioni sulla vita. Ci riuscivo anche bene!!!!Credo che sia stato il lavoro che mi ha completamente cambiato, sia dal punto di vista umano (ho conosciuto tantissime situazioni e persone incredibili, amici che ancora frequento) che professionale. Ci sono stata 1 anno. L'azienda poi, era in odore di ristrutturazione, mi ha offerto dei soldi per andar via e subito ho accettato e dato le dimissioni.

Nuovamente in cerca di lavoro, dopo una settimana di riflessione ho deciso di rientrare nel mondo scientifico, per lo meno nella materia per cui avevo studiato. Mi hanno offerto un posto di biologa presso una Casa di Cura privata sulla Cassia. Via si ricomincia con le provette, ma ormai non mi soddisfaceva più, ero abituata a parlare di quote di mercato, ecc. Che fare?? Qualcuno dei miei conoscenti mi suggerisce il mercato farmaceutico. Mi licenzio e decido di entrare nel mondo dell'Informazione Scientifica del Farmaco (ISF). Dopo alcuni colloqui ricomincio a lavorare.Ho subito lavorato per una piccola Azienda italiana, poca formazione da parte loro ma tantissima esperienza personale sul campo. Della serie: questi sono i farmaci, questi i tuoi clienti, buon lavoro!!! Contratto iniziale per sei mesi Co.Co.Co. con la promessa di una trasformazione ad un contratto tipico di legge dei chimici.Prima della scadenza avevo trovato già un'altra Azienda, Italiana sì ma multinazionale (Gruppo SIGMA-TAU).
Contratto a tempo indeterminato, e questa volta ho dettato io le condizioni!!!! Finalmente. Ora è più di 5 anni che ci lavoro. Mi piace, sono contenta della mia Azienda, massimo rispetto per il personale e in più guadagno anche bene.

Mi sono fermata un attimo, dice il mio compagno di vita. Già, perché nel frattempo ho avuto anche una bambina, la bellissima Federica, che mi prende tanto quando torno a casa da "lavoro mamma" come dice lei.
Ho in mente però un progetto, mi piacerebbe mettere su un'attività in proprio. Comincio a pensarla, a plasmarla, ancora sulla carta... D'altronde le opportunità bisogna crearle, non aspettarle chissà da chi. Bisogna avere bene in mente quello che si vuole fare e poi agire, non farsi schiavizzare!!!
Ognuno di noi ha dentro di sé le risorse e le capacità giuste per risolvere e creare, mai accettare compromessi perché pensiamo di non valere niente!!! Non è vero!!! Quando sono giù io mi avvalgo sempre di un proverbio cinese che mi ha lasciato il segno nel cuore quando l'ho letto: scava dove ti trovi e troverai un tesoro.
Cordialmente Anna alias ladypiterpan"

domenica 15 luglio 2007

Europe Vs. Italy

No offence meant, but it is really funny. Merita qualche riflessione! Spesso siamo causa dei nostri mali.

PERCHE' LE DONNE NON SFONDANO IL SOFFITTO DI VETRO? COLPA DEL TENNIS



A proposito di donne e lavoro, ho trovato un interessante studio sulle diverse performance di uomini e donne messi sotto pressione sul lavoro: i risultati vengono tratti dall'analisi di partite di tennis ad alto livello. Proprio così! Se vi va di spolverare un po' il vostro inglese, leggetevelo...
La domanda di Daniele Paserman, economista, nel suo paper "Gender-linked performance differences in competitive environments: evidence from pro tennis" , pubblicato su Vox, è: visto che le donne sempre di più sono entrate nel mondo del lavoro, perché non riescono a superare il soffitto di vetro nelle posizioni e nelle professioni più prestigiose? Non è che magari, quando sono sotto pressione, reagiscono meno bene dei maschi? E quindi il gap è in qualche modo giustificato?
Lo studio analizza i risultati di campioni e campionesse di tennis in situazioni ad alto impatto emotivo. Il risultato? Quando un punto è decisivo per il match, le donne tendono a un gioco più "conservativo", cioè cercano di rischiare meno, ma sbagliano anche di più. A quanto pare, le frega l'emozione. Divertente il fatto che tra i commenti allo studio ci sia quello di uno scommettitore professionale che conferma...nel tennis è ovvio.
"Of course - dice l'autore, politely - it would be inappropriate to extrapolate from a single study of a very select group of individuals to the broader labour market.( ...) Nevertheless, - aggiunge il nostro autore, sempre politely - the finding of such a robust gender difference in performance under pressure, even in the extreme right tail of the talent distribution, is sufficiently interesting that it should stimulate further research into this possible explanation for the persistence of the gender gap".
Invito lettori e lettrici a suggerire situazioni e campi di attività nelle quali le donne hanno performance migliori degli uomini. E tuttavia il gender gap persiste. Un dubbio: forse le donne lavorano troppo e giocano troppo poco a tennis con i loro colleghi?

giovedì 12 luglio 2007

"CARO GRILLO, SONO UNO STUDENTE PRECARIO..."


Mi prendo una tregua dal tormentone-scalone per segnalare una lettera pubblicata su uno degli ultimi bollettini on line della Fondazione Marco Biagi. E' indirizzata a Beppe Grillo. E l'ha scritta uno studente precario, che non si riconosce nella visione apocalittica, ma al tempo stesso conformistica, del vostro tribuno del popolo.
"Gentile sig. Grillo,
mi permetto di scriverle dopo aver letto il Suo intervento, introduzione al libro “Schiavi Moderni”, pubblicato anche sul Bollettino ADAPT, della Fondazione Marco Biagi...
Sono uno studente di quasi 30 anni; ho lavorato (da prima della laurea) sempre con contratti di
collaborazione (alcuni dei quali, peraltro, anche ben remunerati), tuttora - dopo una scuola di
specializzazione triennale ed un dottorato - sto continuando il mio “apprendistato” in università; ed ho subito anch’io l’umiliazione di vedere respinta una richiesta di finanziamento per l’acquisto di un’auto perché “lavoratore precario”. La cosa curiosa è che ho dovuto chiedere ad un amico (insegnante presso una scuola statale) che guadagnava circa la metà del mio compenso di garantire la solvibilità, e solo con il suo intervento ho potuto accedere al finanziamento…
Ecco, da questa vicenda dell’auto emerge un punto della questione che a me sembra sottovalutato: a fronte di cambiamenti sociali ed economici del lavoro (i cambiamenti giuridici dirò poi che non sono così rilevanti) non sono corrisposti analoghi cambiamenti sociali ed economici di ogni altra branca della società: e soprattutto non è cambiata la cultura. Per cui continuano (le banche, i nostri genitori, gli intellettuali, di molti dei quali pur apprezzo il fervore, perché sono persone sincere come Lei, che si atteggiano a difensori di noi giovani) a trattare i nostri lavori come non lavoro: si è innescata una psicologica “trappola della precarietà”,
la cui unica via di uscita per ognuno di noi sembra essere il comodo “posto statale”, magari al comune, così non saremo costretti a fare troppa strada e potremo tornare a pranzo a casa.
Per anni mio padre, a fronte delle esperienze lavorative (tutte molto belle, a mio giudizio) che ho
vissuto, ha continuato a dirmi: “sì, è molto bello quello che fai... ma che ne pensi di fare qualche concorso, così il 27 del mese hai la certezza di una goccia continua?”. Solo qualche tempo fa, affrontando la questione in maniera un po’ più decisa, gli ho fatto presente che era per me umiliante questa sua continua solfa, che implicava un postulato, e cioè che possa dirmi professionalmente realizzato solo se raggiungo l’agognato “posto fisso”.
Questo solo io so: che lavorare, magari non con tutto l’apparato di tutela previsto per il lavoro
subordinato a tempo indeterminato in una grande impresa o al comune, è sicuramente meglio che non lavorare. E che anche lavorando come lavoratore a progetto o co.co.co. non mi è impedito di esprimere le mie capacità e la mia personalità.
Mi permetto poi, senza voler entrare nel merito, far notare che il lavoro parasubordinato non è stato inventato dalla riforma Biagi; che di esso c’è traccia in provvedimenti che risalgono agli anni ’60; che è dal 1995 che sono “esplose” le co.co.co; che la riforma Biagi ha sicuramente introdotto dei vincoli (poi si potrà dire che sono troppi o pochi, ma sicuramente ha introdotto dei vincoli e delle garanzie); che è quanto meno approssimativo (come Lei dice: absit iniuria verbis!) che “la Legge Biagi ha introdotto in Italia il precariato”; che la fuga dalla subordinazione è proporzionale alla rigidità del tipo (tanto più si “blinda” il rapporto di lavoro subordinato tanto più si cerca di evadere dalla onerosità - non solo o non tanto economica - che il tipo ex 2094 c.c. implica). A me sembra che appuntare l’attenzione sul precariato (parola che ultimamente con stupore ho visto comparire anche nelle leggi dello stato) in alcuni ha il solo fine di esacerbare gli animi, contribuendo a diffondere quel meccanismo della trappola della precarietà di cui
dicevo. Piuttosto, è opportuno che ci si inizi ad educare sul valore del lavoro, a percepirlo come possibilità e capacità di costruzione, ad iniziare a sentire il lavoro per quello che è, e cioè espressione della propria personalità o - come dice la nostra Costituzione - “attività o funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società”. Invece, sembra che taluni vogliano dire che questa possibilità sia condizionata solo ad alcuni modi.
Da ultimo, mi permetto di farLe notare che il vero sfruttamento di certe tipologie avviene in maniera veramente odiosa nel pubblico impiego, allo scopo di aggirare i vincoli alle assunzioni che da qualche anno son sempre inseriti in finanziaria; poi, in genere, dopo qualche anno di sfruttamento dei co.co.co. di turno, vengono banditi dei concorsi loro riservati, con ulteriore fraudolenta violazione dell’obbligo costituzionale di assumere tramite concorso. Con l’effetto poi che chi è assunto così, dopo aver superato un periodo di prova che dura anni (e non sei mesi, come direbbe la legge), si trova spesso rancoroso e già sfiduciato…
Inoltre, i lavori “non standard” sono particolarmente diffusi tra quei datori di lavoro il cui
committente è (a volte esclusivamente) l’ente pubblico, che impone come criteri per le commesse quello del minore costo: e le imprese labour intensive, per vincere le gare di appalto abbattono il costo più rilevante, ossia quello del lavoro, anche per preservarsi dalla improvvisa cessazione dell’incarico. Ed io, nella mia pur breve esperienza, non ho mai visto un capitolato d’appalto che imponga determinati standard della qualità del lavoro: evidentemente, certi contratti di lavoro convengono anche (o forse soprattutto) all’appaltante ente
pubblico.
Quindi, forse, gli strali che pur giustamente scaglia, andrebbero indirizzati altrove.
Perdoni questa mia; Le assicuro che non è mero esercizio di stile, è solo che, come dicevo dianzi,
culturalmente c’è qualcosa da cambiare nella percezione di cosa sia il lavoro, cosa sia lavorare (e Glielo dice uno che quando aveva 16 anni non ha disdegnato di fare il manovale, e durante l’università ha di continuo lavorato per mantenersi agli studi); volevo – direi quasi con pudore – esprimerLe il mo fastidio per una certa maniera di parlare del lavoro (e del lavoro degli studiosi che hanno contribuito a redigere la riforma Biagi) e suggerirLe una riflessione secondo un’altra visione prospettica.
Prenda questa mia paginetta come un (umile) tentativo di amicizia…"
…Vincenzo P.



martedì 10 luglio 2007

RAGAZZE, E' IL COLMO


Questo è proprio il colmo. Poiché qualcuno si è messo in testa che questo "scalone" va proprio abolito, l'ultima trovata che sta girando sui cosiddetti "tavoli" delle trattative e nel governo, è l'aumento dell'età per la pensione di vecchiaia per le donne. Attualmente è a 60 anni, mentre per gli uomini è a 65. Io sono sempre stata favorevole a un graduale aumento dell'età della pensione, magari su base volontaria, per le donne. Tra l'altro le donne vivono più degli uomini. Qualcuno sostiene che il motivo per il quale non si è resa uguale l'età di uscita dal lavoro per le donne sia un "riguardo": hanno già lavorato tanto, per figli, mariti, nonché per il proprio datore di lavoro...a 60 anni hanno diritto alla pensione! In realtà a quell'età molte donne che vanno in pensione continuano a supplire alle carenze del nostro welfare: si occupano ancora dei mariti, dei figli, dei nipoti e spesso dei propri genitori e suoceri, spesso non autosufficienti. Altro che meritato riposo!

Ciò detto, è scandaloso che questo discorso dell'età pensionabile delle donne si tiri fuori adesso, solo perché bisogna trovare i soldi per il famigerato scalone. Per mandare in pensione di anzianità dei 57 enni, per lo più maschi, dobbiamo mandare più tardi in pensione di vecchiaia le donne, che iniziano a lavorare mediamente più tardi e quindi hanno meno contributi?!. Non ho parole. Ragazze, soprattutto voi, ma rinnovo l'appello a tutti: fatevi sentire con Damiano, il governo, i sindacati, chi volete. Stanno facendo degli accordi corporativi sulla vostra pelle.

A proposito, segnalo su questo argomento un bell'articolo di Tito Boeri sulla Stampa di ieri: "Steccati a sinistra"

domenica 8 luglio 2007

LO SCALONE E UN LIBRO DI FANTAPOLITICA SU GIOVANI E PENSIONATI: BOOMSDAY



Il dibattito su pensioni, scalone e giovani si arroventa. Bene. Praticamente tutti i quotidiani hanno dei commenti interessanti. Segnalo sul Messaggero Casavola con "Il merito, i padri, i figli e la capacità di decidere", che dice "senza meritocrazia non si lasciano speranze ai giovani". Sottolineo l'editoriale domenicale di Eugenio Scalfari su Repubblica, particolarmente in vena, "Quando il sindacato si accordò con Maroni", nel quale oltre a parlare di una paese immobilizzato dalle diverse caste, paragona Bertinotti a Storace: l'uno non vuole che scompaia la sinistra antagonista, l'altro la destra. Dei giovani e degli anziani, aggiunge Scalfari, non gliene importa niente. Segnalo poi su vari giornali le interviste di Franceschini (Messaggero), e di Rutelli (Sole 24 Ore), che ancora cercano di difendere i giovani lavoratori dall'assalto all'arma bianca dei 57enni. Ma soprattutto non vi dovete perdere il pezzo di Chiara Saraceno, bravissima studiosa del mondo contemporaneo e delle donne in particolare, sulla Stampa. Comincia mettendo le mani avanti: "Sono tra coloro che protestarono quando venne introdotto lo scalone" dice, ma poi prosegue con chirurgica e impietosa precisione: "Il negoziato sullo scalone segna ancora una volta l'enorme distanza tra l'Italia e gli altri paesi europei sul piano culturale". Allora, mentre all'estero si parla di flessibilità lungo tutta la vita lavorativa, da noi ancora si sta a parlare dell'età minima per andare in pensione. All'estero i coefficienti di trasformazione dei contributi in pensione vengono corretti automaticamente, da noi sono soggetti a defatiganti trattative sindacali. Altrove ci si preoccupa del basso tasso di attività degli ultracinquantenni, da noi li si vuole mandare a riposo il prima possibile. La Saraceno giustamente propone che si leghi la pensione a parametri obiettivi, lasciando anche ai diretti interessati la possibilità di scelta se avere una pensione più bassa o continuare a lavorare [o cominciare anche un lavoro diverso, aggiungo io], ma senza scaricare sulle generazioni future gli oneri di certi privilegi.. Ora invece - aggiunge la Saraceno - il tesoretto se ne va inghiottito da provvedimenti sulle pensioni che riguardano una frazione non solo della popolazione, ma anche degli stessi lavoratori. Come lettura per le vacanze, sui conflitti giovani-sessantenni (non anziani, perché neanche loro vogliono essere chiamati così!) vi segnalo un libro americano: Boomsday, di Christopher Buckley, già autore di Thank you for smoking. Lo dovete trovare nelle librerie inglesi o americane o, per chi va in vacanza, se lo procuri all'estero. A Roma per esempio, io l'ho comprato all'Anglo American Bookshop di via della Vite. In America ha spopolato ed è diventato un best seller. E' divertentissimo e aiuta a tenere in esercizio il vostro arrugginito inglese (!).E' un libro di fantapolitica, ambientato in un non lontano futuro, in cui l'America è messa finanziariamente in ginocchio dal peso della spesa previdenziale. I baby boomers, nati nel dopoguerra, (la generazione più numerosa della storia anche da noi) stanno andando in pensione e caricano di tasse i giovani che sono meno di loro, ma li devono mantenere con i loro stipendi. Lo squilibrio rischia di portare gli Stati Uniti alla bancarotta...La protagonista è una giovane brillante che attraverso varie avventure e un suo blog, diventa la leader dei giovani in rivolta, e lancia un'idea paradossale: proponiamo ai baby boomers di suicidarsi all'età di 75 anni, in cambio di benefit per loro stessi (finché sono in vita) e per i loro figli. Un senatore in cerca di celebrità fa sua la proposta, e poi tutto avviene nella migliore tradizione americana. Secondo me questo libro lo ha letto anche Berlusconi (o qualche suo consigliere), visto che ha giustificato la sua parola "stronzate", pronunciata in diretta rivolta a Prodi, con la frase:." è così che parlano i giovani". A cosa mi riferisco esattamente lo scoprirete solo leggendo il libro. Chi risponde esattamente si guadagna il diritto a un post con nome e cognome qui sul blog!Buona lettura and have a wonderful time !
Rinnovo l'invito a farvi sentire con email, telefonate, a Damiano o a chi volete voi (anche al sindacato, perché no?)

venerdì 6 luglio 2007

PRECARI E CONTENTI, STORIA DI UN COPYWRITER CHE NON VOLEVA STUDIARE












"Ciao Angela,mi chiamo Arnaldo e sono nato nel 1975..."


Questa è la storia di un ragazzo, Arnaldo Funaro, che per inseguire i suoi sogni è ancora precario. Aveva un lavoro a tempo indeterminato e, giustamente, lo ha lasciato. Io non condivido alcune sue posizioni, che risentono dei luoghi comuni sul precariato. Però, lui è la dimostrazione vivente che quando si vuole qualcosa fortemente bisogna faticare molto, ma poi si riesce a ottenerla. Arnaldo è ancora precario e magari lo sarà ancora. D'altra parte ha scelto un lavoro difficile. Conosco copywriter bravissimi che sono diventati precari a 45 anni, dopo aver lavorato con successo per grandi campagne pubblicitarie. Comunque si merita un bel in bocca al lupo. Qui vedete alcune delle sue vignette. E ha anche un blog: diversamente occupati, che merita una visitina.


".....La mia storia vorrei farla iniziare dal 1993, al liceo. Ero svogliato in tutto. Dissi a mio padre che non volevo più studiare e che avrei cercato un lavoro. Lui, senza drammi e senza alzare la voce come mi sarei aspettato, mi disse: "Ok, lo capisco. Se non hai voglia di studiare mica posso legarti alla sedia. Ma visto che ci metterai un po' a trovare un'occupazione, intanto lavorerai per me. Sarò io il tuo datore di lavoro". Mi chiese di svuotare la libreria, spolverare i libri, pulire bene gli scaffali e rimettere i libri sopra.

ORA RIFALLO

Dopo un paio d'ore torno da lui e gli dico che ho finito. Mi guarda con la sua solita tranquillità e mi risponde: "Bravo. Ora rifallo". Allora ho capito tutto. Ho capito cosa significa lavorare e non poter scegliere. Lavorare e non poter dire di no. Lavorare e non fare ciò per cui ti senti nato. Lui, mio padre, me lo spiegò senza difficoltà che dovevo battermi contro la mia pigrizia e contro ciò che ti circonda per realizzarmi. Per me è stata una lezione indimenticabile.
Come indimenticabile è stato il momento in cui me lo ritrovai a casa con una racchetta da tennis quando facevo le medie. Mi disse che l'aveva trovata vicino ad un secchio dell'immondizia. A me sembrava nuova. Disse: "Se vuoi domenica andiamo a vedere come si gioca". Ho scoperto, anni dopo, che si inventò questa storia per portarmi, senza obbligarmi, lontano dal "muretto" sotto casa per evitare che frequentassi un certo giro.Insomma, quando cresci con una guida del genere, che ti instilla una serie di input come questi, entrare in una agenzia interinale e veder vanificati i propri studi, le proprie sacrosante aspirazioni e fatiche, è dura da mandare giù.

MA LA LAUREA NON ASSICURA IL LAVORO

Al quinto anno di liceo ho scoperto l’amore per lo studio. La mia curiosità è letteralmente esplosa. Il mio primo amore (tuttora intramontabile) è stato la Storia. Così all’università mi sono laureato con il massimo dei voti in Storia Medievale. Dopo è iniziato il vero calvario.
Il problema è che noi siamo cresciuti in un’epoca in cui tutti ci dicevano che una laurea ci avrebbe garantito un buon futuro lavorativo. Per questo tutti si lamentano e prendono questa bugia come alibi per non mettersi mai in gioco. Io invece, in questo gioco ci sono entrato ben prima della fine degli studi. Per sbarcare il lunario ed essere un po’ indipendente facevo il facchino, il cameriere, il musicista, il bibitaro allo stadio ecc. Lavori che consideravo dei momenti di passaggio. Tuttavia vedevo cosa accadeva nel mondo del lavoro fin dalle categorie più in basso. Vedevo l’involontaria opera d’erosione messa in atto dagli immigrati, che letteralmente si svendevano per poche lire, obbligando tutti a scendere a patti pur di continuare a lavorare. E vedevo i padroni fregarsi le mani alle nostre spalle e godere di questa situazione. Dopo la laurea ho tentato invano il dottorato, ma sapere che tutti i posti sono già ben prenotati ti toglie tutta la benzina.

PUBBLICITA', VERA PASSIONE
Allora ho cominciato a portare avanti in maniera più professionale la mia seconda passione, la pubblicità. Ho cominciato come art director per una piccola agenzia a cui devo molto da ogni punto di vista: nella preparazione professionale e nell’odio sociale. Orari degni di un cinese in fabbrica e stress senza limiti. Poi un anno in giro a cercare di meglio. Finisco dentro una tipografia (grazie a Dio). Ottime persone. Una famiglia che ancora sento mia, la certezza di un contratto a tempo indeterminato. Ebbene si, ma l’ho rifiutato. Non sono pazzo, ma, mentre lavoravo, frequentavo faticosamente un master in scrittura pubblicitaria.

BASTA LAVORO FISSO

A gennaio 2007 mollo la tipografia in ottimi rapporti con i miei vecchi capi. Mi appoggiano, mi danno inaspettatamente una liquidazione, pur lavorando in nero e per farmi respirare i primi mesi di stage. Mi pagavano per intero anche il mese di ferie. Ho trovato un posto in una piccola agenzia di Roma, una vita completamente nuova e 300 euro al mese.Anzi, a dirla tutta l'ha trovato per me uno dei miei vecchi insegnanti che (Dio lo benedica) ha creduto in me.Alla fine di ogni mese impagino un giornale per un’associazione di quartiere. Sono altri 300 euro tutti i mesi. Il lavoro d’impaginazione l’abbiamo organizzato in modo che occupi un giorno solo. Poi nel frattempo decido di sfidare di brutto i tempi bui che ci accompagnano.

IO, LEI E IL "BUCOLOCALE"

Mentre continuo a fare colloqui come copywriter, vado a vivere con la mia ragazza. Adoro la mia casetta in affitto che chiamo "bucolocale". Non ho paura di niente se non di fallire. Io ci credo in me. So che posso emergere perché sono un gran lavoratore che, invece di piangersi addosso, la mattina scende dal letto come un predatore.

Adesso sto in un’altra agenzia, altra chiamata da un vecchio insegnante: L’Armando Testa Roma, uno dei network pubblicitari più grandi d'Europa. Sempre 300 euro al mese. Forse mi tengono hanno detto. Forse no, dico io per scaramanzia. Infine, per esercitarmi, avevo iniziato a fare vignette, perché per un copy è importante scrivere sempre. Lo facevo come esercizio, poi è diventato un modo per stare nella posta dei direttori creativi con continuità. Adesso, dopo tanti mesi, è diventata una vera passione alla quale vorrei dare un seguito".



Arnaldo

mercoledì 4 luglio 2007

I PADRI DIVORANO I FIGLI



Piccola notazione personale: sono un a furia. Ce l'ho con la Telecom che mi ha attivato un abbonamento Voip tutto incluso e poi non funziona niente...e vorrebbero che io stessi a casa da brava casalinga ad aspettare un loro tecnico dalle 13 alle 17! Questo è il nostro mondo dell'innovazione!

L'altro motivo per cui sono una furia è la faccenda delle pensioni. E non parlo per motivi personali, perché io più o meno so cosa mi aspetta. Certo, non so che cosa darei per essere nelle condizioni degli attuali 57enni che vogliono andarsene in pensione subito e con quasi l'80 % dello stipendio! Io in confronto farò la fame a 70 anni. Ma quello che mi fa veramente imbestialire sono due cose: la follia di Giordano, Ferrero e compagnia bella che con grandissima faccia tosta difendono questa minoranza di privilegiati. Mi fanno pensare ai monarchici di un tempo. O ai padri che divorano i figli (nelle immagini il conte Ugolino di Fussli e Crono che sbrana uno dei figli di Rubens).


Ma ciò che mi fa impazzire è l'inerzia dei giovani: qui ne va del vostro futuro. E nessuno si scalda. Una mia amica mi ha informata che, di fronte all'appello di mandare una email di protesta a Damiano, quelli che si sono mossi di più sono i 50enni! Ma al contrario: non vogliono mica perdere i loro privilegi. E li capisco pure. Ma ce l'hanno dei figli questi 50 enni? Non ci pensano che quando loro saranno così vecchi da non essere più neanche più autosufficienti, i loro figli dovranno lavorare come pazzi fino a 70 anni (e oltre?) per stipendi falcidiati dalle tasse, grazie a un sistema previdenziale nel quale potrebbe essere saltato il banco?!


Sui giornali di oggi questo tema è ripreso da vari commentatori intelligenti. Prima di tutti vi segnalo la splendida analisi di Antonio Golini sul Messaggero "La pensione dei padri ricade sul futuro dei figli. Segnalo poi un altro commento bellissimo: "L'occasione sprecata" dell'economista Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera. Anche lui parla di padri e figli e fornisce una cifra raccapricciante: nel 2050 ogni lavoratore dovrà pagare per il mantenimento di due persone. La sua considerazione: "La verità, come ha scritto Tito Boeri sulla Stampa -e sostenuto Emma Bonino - è che sindacati e sinistra radicale non vogliono alcun innalzamento dell'età: preferiscono un gigantesco scalone - dai 57 ai 70 anni - purché non si applichi a noi ma solo ai nostri figli". Segnalo anche sul Giornale "Il prezzo della follia" di Nicola Porro, il cui titolo mi sembra il più azzeccato. Il giorno prima su Repubblica cose analoghe aveva scritto anche Massimo Giannini in "Se la politica si arrende"


Insomma, non posso che rinnovare l'appello a fare almeno qualcosa: mandate una mail a Damiano [...]




lunedì 2 luglio 2007

MANDIAMO UNA E-MAIL A DAMIANO: NON PENSATE ALLO SCALONE, PENSATE AI GIOVANI


Una cartolina, una email, una lettera, un fax. Se arrivassero migliaia di messaggi al ministero del Lavoro il governo non potrebbe ignorarlo. Ed è del tutto fattibile se tutti quelli che leggono questo blog e i siti linkati lo facessero. Gli indirizzi si trovano sulla homepage del ministero del Lavoro. L'indirizzo della posta eletronica è capo.gabinetto@lavoro.gov.it . Il numero di telefono +39 0648161638-9 . L'indirizzo postale via Veneto 56 - 00187 roma

Il punto è che, dopo quello che ho scritto nei giorni scorsi sullo scalone, che mi sembra una beffa per il suo costo e per il suo valore simbolico negativo, sarebbe un segnale veramente rivoluzionario se i giovani si muovessero per farsi sentire. I vostri problemi futuri sono gravi e hanno bisogno che qualcuno se ne occupi. Ma anche voi...fatevi sentire! Ci sono politici e sindacalisti che vi possono appoggiare, anzi che, almeno a parole, sono dalla vostra parte...aiutateli facendovi sentire. Costringeteli a mostrare le loro carte.

"I soldi per abolire lo scalone non li abbiamo - ha detto Massimo D'Alema, ministro degli Esteri - e anche se li avessimo sarebbe sbagliato mettere 7 miliardi per un'operazione di questo tipo"
"Se dovessimo scegliere - dice Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl - tra scalone e risorse per i non autosufficienti, che sono più di 3 milioni, sceglieremmo la seconda destinazione"

"Al netto dei lavori usuranti - ha detto Walter Veltroni, leader in pectore del nuovo Partito democratico - è un fatto matematico che si debba allungare l'età lavorativa"

"E' evidente che i sindacati hanno torto - dice Giuliano Cazzola, ex sindacalista, ora membro della fondazione Marco Biagi - come nell'84 [ l'anno della dura battaglia per il punto unico della scala mobile, sostenuto dalla Cgil e poi battutto con un referendum ] Non è più sostenibile né equo mandare in pensione i cinquantenni".

"Ci dobbiamo tenere lo scalone - dice Emma Bonino, ministro delle Politiche Comunitarie - non possiamo pagare più tasse"
Ovviamente tutto il centro destra vuole che lo scalone non sia toccato: l'ha fatto il governo della Cdl.
Mentre a sinistra del Pd saltano su, come Cesare Salvi: "Il governo Prodi l'aveva promesso, è nel programma!" Già, tante cose sono state promesse, intanto però si prepara una nuova stretta di tasse, per via della spesa sanitaria che sta sfondando le previsioni, e così via...
A fronte di ciò, per i giovani cosa c'è? 600 milioni di ammortizzatori sociali, che in realtà non riformano il sistema. E' giusto? In parte purtroppo "è giusto", perché il peso politico dei cinquantenni è superiore a quello dei giovani. Questo è l'unico motivo. Ma certo mettereste il governo in un bell'imbarazzo se in tanti gli scriveste per dire: invece che allo scalone pensate alle nostre, di pensioni! Pensate alle nostre tutele. Dateci dei veri ammortizzatori sociali, non delle schifezze!













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