martedì 28 agosto 2007

LAVORO, CHI E' TROPPO PROTETTO E CHI TROPPO POCO


Nella rubrica delle Lettere di Repubblica di oggi, leggo: "Sono un neolaureato in Economia del Lavoro all'università di Torino....Il lavoro si è così tanto trasformato nel corso del Novecento che per affrontarne i relativi problemi sarebbe necessario innanzitutto che si facesse piena pulizia delle banalità. In alcuni casi infatti il lavoro si è trasformato in rendita, esattamente come l'acquisto di un immobile o di obbligazioni: in altri in inferno senza regole peggiore che agli inizi dell'industrializzazione d'inizio secolo scorso. A questo si aggiunga il nuovo esercito industriale formato da battaglioni freschi provenienti da Cina, India, Indonesia, Brasile, Russia...composto da centinaia di milioni di nuove braccia pronte a tutto. E' possibile chiedere alla politica di affrontare con serietà il problema più serio che ha di fronte?" Gianni Venuto-Torino

A questa lettera vorrei affiancare il contenuto dell'articolo di Pietro Ichino sul Corriere, sempre di oggi: il quale, sostanzialmente, dice che il basso livello medio dei redditi da lavoro in Italia è proporzionale all'alto livello di sicurezza e uniformità di trattamento dei lavoratori stessi. Per aumentare il reddito forse bisognerebbe scommettere di più su competenza e produttività individuale. Ovviamente in questo caso parliamo dei lavori a tempo indeterminato. Aggiungerei, per chiarezza, che è facile capire come questa sicurezza viene spesso scontata da chi invece non ha ancora un trattamento a tempo indeterminato.

Si delinea quindi sempre più chiaramente una insopportabile dualità del mercato del lavoro, un fossato che si va allargando tra flessibilità e rigidità. Forse dovremmo cominciare a discutere di questo, di chi è troppo "protetto" e di chi lo è troppo poco.

lunedì 27 agosto 2007

OCCUPATI: PIU' 2. 600. 000 DISOCCUPATI: MENO 900. 000



Un milione e 700 mila donne in più hanno trovato lavoro negli ultimi 10 anni. Questo è il fatto più clamoroso degli ultimi dati Istat sulla forza lavoro in Italia. Siamo uno dei paesi dove l'occupazione femminile partiva da più indietro, e ancora è molto al di sotto della media europea (noi siamo al 45%, l'Ue vicina al 60%) ma indubbiamente un milione e 700 mila posti di lavoro in più cominciano a fare una bella differenza . Le donne hanno ancora molta strada da percorrere. Comunque in questi anni non siamo state ferme e questo è un grande risultato per tutti. .... E questa è la prima considerazione sui dati Istat.
La seconda è per chi sostiene che in Italia il lavoro va sempre peggio. Non è vero: in dieci anni gli occupati sono cresciuti complessivamente di 2,6 milioni, e gli occupati sono diminuiti di circa 900.000 unità.
L'Ansa parla di vero e proprio "boom". Ma, senza voler esagerare, mi sembra un buon risultato. Soprattutto per chi, come me, ricorda quanto fosse alta la disoccupazione negli anni '80 e '90, soprattutto tra i giovani. Per chi ama i numeri, nel 2006 il numero di occupati è stato pari a 22.988.000, in crescita di 2.660.000 rispetto ai 20.384.000 del 1997 (anno in cui è entrato in vigore il pacchetto Treu, ndr). Se per le donne c'è stato un grande balzo avanti, per gli uomini l'aumento dell'occupazione nel decennio è stata pari a 1.022.000 persone. I disoccupati sono diminuiti dai 2.584.000 del 1997 ai 1.673.000 del 2006, sempre in media d'anno, grazie a un calo di 479.000 disoccupati tra le donne e 431.000 tra gli uomini. In crescita anche le forze di lavoro in generale (la somma tra gli occupati e coloro che sono alla ricerca di un impiego) passati complessivamente da 22.968 del 1997 a 24.662 nella media 2006.
I problemi di cui ci si lamenta sempre non sono improvvisamente spariti ma, per un giorno, parliamo dei risultati positivi.

Ultima considerazione: qualcuno dice che questi posti di lavoro sono di cattiva qualità, perché ci sarebbe stata la diffusione di lavoro a termine. Il lavoro a termine è certamente cresciuto, anche se sembra che sia cresciuto di più prima della legge Biagi, e non dopo. Io sono tra quanti sono convinti (vedi anche Comitato legge Biagi) che, proprio grazie alle riforme di Treu e Biagi, tante persone in più abbiano trovato un lavoro. La disoccupazione oggi è scesa al 6%, il che è un dato record. Se i lavori a termine improvvisamente sparissero è possibile che si tornerebbe a livelli di disoccupazione ben più alti.
Ripeto, rimangono tanti nodi. Ma questi sono dati positivi.

venerdì 24 agosto 2007

LAVORO A CHIAMATA, TUTTI NE PARLANO...



Nell'accordo sul welfare siglato tra governo e sindacati c'è l'abolizione del lavoro a chiamata, bestia nera di coloro che mettono la flessibilità tout court sotto l'etichetta del precariato. Ora, di tutti i tipi di lavoro temporaneo, il lavoro a chiamata risulta essere poco utilizzato, quindi la sua abolizione non inciderà un granché sulla vita della maggioranza dei precari italiani. Su di esso si dispone di pochissimi dati, ma lavoce.info tenta un primo bilancio, analizzando le cifre che riguardano una regione-campione, il Veneto. Risulta che questo tipo di contratto viene usato soprattutto nel settore alberghiero, nella ristorazione e nei servizi turistici e culturali, dove tradizionalmente si creano esigenze di lavoro temporaneo, stagionale, a volte anche per periodi brevissimi, e per supplire a improvvise carenze di personale. Dalle cifre risulta che i lavoratori chiamati in questo modo sono soprattutto giovani sotto i 25 anni e donne, oltre il 60%, in massima parte senza precedenti esperienze. La domanda, dal punto di vista delle aziende è: se questo contratto risponde a delle esigenze particolari, di attività non continuative, è davvero giusto abolirlo? La domanda dal punto di vista del lavoratore, invece, è sostanzialmente: queste persone, che comunque hanno potuto trovare una attività saltuaria, saranno ora assunte con contratti diversi, più vantaggiosi? o non rischiano piuttosto di ricadere nel vecchio sistema del lavoro nero (o nella disoccupazione)? Per ora una risposta con forti dati di fatto sembra che nessuno sia in grado o voglia darla.

martedì 21 agosto 2007

IL COMITATO LEGGE BIAGI


E' nato il sito del Comitato per la difesa della legge Biagi . Su questa legge, sventolata come vessillo negativo di tutti i problemi del lavoro in questi anni, si è scatenata una guerra ideologica assolutamente sconcertante e vergognosa, che non tiene conto della realtà. Mi consola quindi vedere che le adesioni al Comitato sono di personalità di tutti gli schieramenti politici. Per una volta, forse, c'è la possibilità di uscire da una logica "partitica" nel senso peggiore. Forse si può parlare di contenuti.


Quando mi sono messa a studiare direttamente le condizioni nelle quali i giovani si arrabbattano per trovare un lavoro, il "loro" lavoro, mi sono accorta di quanto i luoghi comuni che circolano fossero deleteri e in gran parte sbagliati. Per chi ha memoria delle condizioni dell'economia e del lavoro negli ultimi 30 anni (e non solo degli ultimi 5), molte polemiche hanno il tono di chi sbaglia completamente mira. La maggior parte dei problemi del mercato del lavoro in Italia sono il risultato di vecchie incrostazioni e inadeguatezze piuttosto che dei tentativi di adeguamento, modernizzazione e tutela degli ultimi anni. Ma è più facile trovare un capro espiatorio e arringare le masse: secondo questa linea chi ha delle difficoltà sul lavoro non ha che da prendersela con la legge Biagi, no?.
Poi è ovvio che qualunque legge è perfettibile. In questo caso bisognerebbe dire qualunque "corpo" di leggi, visto che il mercato del lavoro non è certo regolato da un'unica legge. Più ancora contano i comportamenti diffusi, la cultura, le strutture, l'economia, e gli uomini. Se si dovesse vedere tutto ciò che di buono, e di non applicato, c'è in questa come in altre norme regolatorie, non si finirebbe più. Sarebbe bello che su questo tema si smettesse di fare il tifo, si smettesse di parlare per luoghi comuni e per ideologie, dividendosi in buoni e cattivi. E fregandosene, molto spesso, dei problemi reali di chi entra nel mercato del lavoro o ci vive male, per motivi spesso opposti.

Un tema solo voglio qui sottolineare, a mo' di esempio: la mancanza di trasparenza del mercato, che peggiora le possibilità di lavoro dei più svantaggiati, e crea difficoltà anche a chi ha capacità e competenze di alto livello. Resta così campo libero per il malcostume del familismo, del nepotismo, della raccomandazione. La legge Biagi aveva affrontato questo problema, ma è poco applicata. Perché?
Per questo seguirò qui il sito del Comitato, e il dibattito che dovrebbe nascerne. In questo credo, più ancora che nella contromanifestazione del 20 ottobre. Spero solo che tutto ciò serva ad informare e non ad arroventare ancora di più gli animi.

lunedì 20 agosto 2007

IL CALL CENTER DI FEDORA? UN SACCO DI RISATE

Il call center è tante cose, è un luogo della nostra realtà, non certo solo quell'intrico di luoghi comuni che spesso si legge. Può essere anche uno spunto per sorridere. E Fedora in questo è insuperabile. Leggete il suo blog Ilcallcenter e divertitevi. Questa invece è la storia di Fedora. Mi ha colpita e commossa. In più Fedora è nata nel mio stesso giorno: il 19 giugno. Bello, no?


"Fedora è il nome di mia nonna scomparsa tanti anni fa, e l’ho adottato per ovvie ragioni di precauzione nel lavoro che attualmente svolgo. Da bimba volevo fare la ballerina, ma non essendo filiforme ed eterea come una farfalla mi convinsi a lasciar perdere e mi indirizzai verso il mio secondo desiderio: girare il mondo e parlare le lingue straniere.
A soli 7 anni mi muovevo con i mezzi pubblici e andavo a prendere mia madre che lavorava in un albergo. Mentre aspettavo che la mamma finisse il suo turno, me ne stavo seduta ad ascoltare i fotomodelli americani che bivaccavano nella hall.Imparai così bene a pronunciare correttamente i fonemi (cosa che non saprei più riprodurre) che a scuola mi spacciai per “inglese” allo scopo di attirare l’attenzione dei miei compagni.
Buzzurra e maschiaccia non sopportavo di giocare con le femminucce perchè le consideravo delle pappamolle, e i maschi li picchiavo tutti i santi giorni. Finché, devo dire finalmente, qualcuno me le diede di santa ragione. Mi braccarono in tre sulla strada di ritorno da scuola e da quel giorno ritenni opportuno iniziare a giocare con le femmine a un due tre stella, all'elastico e alla corda. Le “bambine” per permettermi di giocare, mi facevano pagare pegno chiedendomi di parlare “in inglese” e a me non pareva vero di poter fare sfoggio di qualcosa che gli altri non conoscevano.
Ma si sa che le bugie hanno le gambe corte, e un giorno una bimba più intelligente di me, all’uscita da scuola, chiese a mio padre “Ma sua figlia è inglese?” e lui rispose “No, è cinese!”Volevo sprofondare dalla vergogna.E da quel giorno decisi che avrei studiato lingue ma non avrei detto più bugie. E così fu.
L'AMORE PER LE LINGUE E IL TURISMO
Ai tempi dei miei studi non esistevano le facoltà di comunicazione e scienze turistiche che ancora oggi sento come un tassello mancante per la mia formazione completa. Frequentai l'istituto Tecnico per il turismo e dopo la maturità mi iscrissi di nascosto alla famiglia agli esami di selezione per la scuola interpreti Silvio Pellico di Milano. Li superai brillantemente con inserimento direttamente al secondo anno, ma la scuola era privata e il costo annuale decisamente eccessivo per la mia famiglia.Con grande rammarico fui costretta a rinunciare ma non mi perdetti d’animo e cominciai a scrivere a tutte le agenzie di incentives trovando subito lavoro in una nota Agenzia di Incentive di Milano, tutt'ora operativa.Diventai un'esperta di viaggi, incentives, comunicazione, business travel, eventi, conventions e congressi. Ebbi l’opportunità di girare il mondo anche con residenze all'estero per mesi.Ho vissuto tre anni in Grecia, dove credo di aver trovato le mie vere origini. Lì mi sono sentita a casa come in nessun altro posto. Un giorno vi ritornerò, forse da vecchia, chissà.
Per molti anni mi sono dedicata alla libera professione lavorando come capo area per diverse agenzie, selezionando gli staff che poi ho gestito in Egitto, Grecia ecc. Mi sono dedicata anche all'organizzazione di viaggi accessibili per persone disabili. Quest’ultimo aspetto del mio lavoro è stato fonte di grande soddisfazione sia professionale che morale. Leggere la felicità che sprizza dagli occhi di un ragazzo, bloccato su una carrozzina, che può esaudire il sogno impensabile di partire per un safari in sud africa, mi ha ripagato abbondantemente delle fatiche organizzative.
LE RAGIONI, E LE DISFATTE, DEL CUORE
Ma la vita personale, quella intima dei sentimenti, non mi è stata benigna.Una scelta sbagliata, un uomo insensibile, forse le mie fragilità a lungo represse, mi hanno fatto cadere in un vortice di depressione che a fatica ho superato dopo 3 anni, ma che ancora oggi devo tenere sotto controllo senza mai abbassare la guardia.
In questo periodo tetro sono uscita dal giro del lavoro. Rientrata dopo qualche tempo, ho faticato a restarci. Troppo faticoso, troppe apparenze senza sostanza. Mi sono fatta forza e ho imparato a gestirli. Il bisogno di lavorare, per guadagnare, per dimostrare a me stessa che sono in gamba mi ha dato sempre dato la spinta a non mollare mai. Così, travestita di sorrisi, ho continuato. Ma non dura. Forse sono cambiata io o forse i tempi, fatto sta che non riesco ad adattarmi all’ambiente che ruota intorno a questo lavoro. Mi sembra tutto falso, abbagliante, luccicante di lustrini ma pieno di nulla.
Ho un grande amore. Il mio gatto.Un amore che dura da 23 anni. Non me la sento più di lasciarlo da solo, è stanco e pieno di acciacchi.Pensare di lasciarlo due giorni da solo per me è insopportabile.
Ed ecco la decisione: rispondo ad alcune inserzioni, solo quelle che indicano la sede di lavoro, abbastanza vicina a casa e mi rispondono quasi immediatamente.
UN CONTRATTO DI DUE MESI
Un test attitudinale, un colloquio, una presentazione all'azienda, un altro test attitudinale in sede, un colloquio con la psicologa e un altro test psicologico sulla personalità.L'iscrizione al corso interno di 15 giorni, un esame finale e finalmente il primo giorno di lavoro con un contratto a tempo di 2 mesi.
Alla fine dei due mesi, penultimo giorno di lavoro, ormai convinta che non avrebbero rinnovato il contratto, ricevo una chiamata che mi informa che mi avrebbero fatto una proposta per lavorare direttamente con l'azienda (e non più con l'interinale). Vengo assunta a tempo determinato per 6 mesi e, alla scadenza, per un altro anno che scadrà il prossimo 18 febbraio 2008.Quella è la data definitiva, come la chiamiamo noi, del “dentro o fuori” e visto e considerato la mia tenera età (39 compiuti il 19 giugno), e considerato il fatto che non assumono più, probabilmente resterò a casa e dovrò pensare di partire per qualche paese straniero come capo centro (sebbene non penso che potrà essere fattibile perchè dovrei abbandonare il mio vecchio gatto che ha bisogno di me in questi suoi ultimi anni, lustri, decenni di vita).
Attualmente gestisco anche i flussi di chiamate dei clienti Alto Valore. Credo che su questo incarico abbia inciso la mia esperienza di lavoro a contatto con personaggi e manager capricciosi, inclusi i loro budget miliardari, con operazioni ad altissimo rischio commerciale, che si sa, alterano il valore delle cose decuplicandolo.Ogni tanto, seduta alla mia postazione, mi sento un pesce fuor d'acqua, ma sono testarda e non mollo.Certo non è il massimo, considerato che mi sembra di aver fatto un salto all’indietro, ma attualmente mi sta bene e preferisco guardare gli aspetti positivi che questo lavoro mi offre piuttosto che fare recriminazioni sterili e inutili.
IL LAVORO NEL CALL CENTER
Il mio luogo di lavoro è confortevole anche se si potrebbe sempre migliorare.Ci sono molte regole che trovo necessarie per la buona convivenza e un rendimento maggiore. E' vero che la severità e la mancanza di flessibilità negli orari ai quali siamo tenuti potrebbe essere fastidiosa, ma ritengo che sia un ottimo modo per garantire l'ordine. Siamo in tanti e non è possibile fare deroghe su deroghe. I giovani imparano così a essere puntuali e precisi, allenamento dovuto e non una schiavitù come qualcuno pensa. I miei colleghi non sono tutti italiani e provengono dai luoghi più disparati: Egitto, Marocco, Spagna, Sud America… Alcuni dei miei capi potrebbero anche essere miei figli e alcuni colleghi sono già nonni. La selezione è ferrea. Siamo controllati scrupolosamente in tutto quello che facciamo allo scopo di migliorare la qualità del servizio. Cosa che condivido avendo gestito per un anno e mezzo un piccolo call center di recupero crediti.Spesso chi telefona crede che tra una chiamata e l'altra ci siano stereo, balli sui tavoli mentre i telefoni squillano all'impazzata. In realtà sono le solite dicerie di gente poco informata o in malafede. Restiamo sempre in postazione e in cuffia. Non sono ammesse riviste, non si mangia in postazione, ci si deve vestire in modo decoroso. Le pause sono preventivamente stabilite e ogni variazione deve essere segnalata ai coordinatori. E' umano che tra una chiamata e l'altra tra colleghi ci scappi una chiacchierata ma mai a scapito del cliente che telefona e che ha la precedenza assoluta su tutto. Periodicamente si frequentano dei corsi di aggiornamento obbligatori in orario di lavoro che permettono di essere in linea con le direttive aziendali ma soprattutto per darci un feed back di come stanno andando le cose. Il tutto con test finale e generalità di chi lo compila.Tutti noi dobbiamo essere preparati e non possiamo permetterci di non restare al passo con gli altri.
Un lavoro serio e per molti versi divertente.Io mi diverto tra i numerosi applicativi, più scopro cose che non conosco e più imparo. Quando a freddo ripenso alle mille domande tutte diverse che mi pongono i clienti mi stupisco del fatto che a tutte riesco a trovare una risposta e una risoluzione a volte con l'aiuto di un coordinatore.
PRONTO, CHI PARLA?
Le chiamate che arrivano sono le più variegate. Confesso che essendo abituata a trattare con un certo tipo di persone, preferisco comunque il capriccioso ma signore, rispetto al cafone arrogante. Almeno nel primo caso posso sperare di cogliere un velo di intelligenza, nell’altro invece devo essere particolarmente carica e reattiva per sfondare il muro della stupidità.L'impegno a trattare con certi clienti mi porta spesso ad avere mal di testa, ma il più delle volte riesco a gestirli senza “sforare” in comportamenti poco professionali. Fortunatamente i maleducati non sono molti. Il più delle volte i clienti sono persone per bene che ringraziano e con qualcuno ci scappa pure la risata.Ecco, è proprio questo il lato più bello del mio lavoro. Sentire magari che una persona è angosciata da qualcosa o magari ha poco credito (e chissà quando può fare una ricarica perchè non se la può permettere in quel momento) e spiegare che invece non è come crede risolvendogli un problema piccolo ma allo stesso tempo enorme per lui, per me è come dare un pezzetto di paradiso a chi ne ha bisogno.Non sarà nulla in questo mondo consumistico, ma per me è moltissimo.

Nel tempo libero mi dedico al mio gatto Mas e alla mia cricetina Polpetta, che ho dovuto far operare per un tumore maligno che me l'avrebbe portata via in quindici giorni, mi diverto a creare template e a sognare la mia futura azienda di cui fatico a vedere una possibilità di realizzazioneMa si sa, i sogni son duri a morire e per fortuna non mi abbandonano. Guai se non ne avessi."

giovedì 16 agosto 2007

GRILLO ACCETTERA' LA SFIDA DI ICHINO?




Vedremo se Grillo raccoglierà la sfida del professor Ichino a discutere pubblicamente di precariato e di legge 30...ho visto che anche sul sito di Grillo molti lo incitano ad accettare. Però poi ho continuato a leggere...e devo dire che il blog di Grillo sembra l'arena degli antichi romani. Apparentemente mancano i leoni, ma è un posto da bestie feroci. Adesso si è inventato il V...day, che sarebbe il vaffanculo day. Ma vi sembra tanto trasgressivo? Vi sembra tanto furbo fare numero per mandare a...chi poi ? chi governa? Purtroppo è come mandare a quel paese...se stessi. E l'impressione che ricavo leggendo i post di molti sul blog di Grillo è esattamente questa: di persone che mandano a quel paese se stessi, che giocano al tanto peggio tanto meglio e che non hanno mai avuto la sensazione che il mondo in cui vivono dipende anche da loro. Si invocano grandi riforme, palingenesi, dirigismo stile sovietico, tutto e il contrario di tutto. E sempre questa necessità di trovare "un" colpevole che liberi tutti gli altri dalle colpe. Sempre la ricerca della vittima sacrificale, del capro espiatorio. Eppure parliamo di tanti giovani che si vantano di avere studiato, che forse hanno viaggiato, ma che sentono per lo più l'esigenza di vomitare sul prossimo, su stessi, su tutto. Soprattutto che non si sentono parte di una comunità, che non si sentono responsabili in prima persona di ciò che accade a loro stessi e al loro paese. Grillo sfrutta tutto ciò con una maestria quasi ipnotizzante, a un altro verrebbe il capogiro. Adesso sarà contento perché porterà una bella folla a gridare "vaff..." Complimenti. E poi? Tutte queste persone si ritroverano più tristi e incattivite di prima,...e che avranno ottenuto? Già, ma che gliene importa a Grillo? Scusate lo sfogo.

martedì 14 agosto 2007

ECCO LA COPERTINA...FINALMENTE


Finalmente ce l'ho. Ho la copertina del mio libro! A voi sembra niente, ma io ho sofferto per mesi come un cane... quindi scusate se per un po' parlerò di questo ;-o
Già, quanto mi sono arrovellata su questa benedetta copertina :-(
All'inizio ne era stata scelta una che era già il frutto di lunghe e defatiganti ricerche...ma non mi piaceva (se la cercate su internet la troverete). Interrogati su questo, tutti i mei amici e ispiratori nel migliore dei casi storcevano la bocca. Figuratevi il mio stato d'animo. Ho cominciato a rompere l'anima a tutti...ho scocciato i miei colleghi del Messaggero per serate intere, ho asfissiato mia figlia, sottoponendo a lei, poveretta innocente, foto su foto. :-(
Una delle mie fisse, non so perché, erano i piedi. I piedi mi davano l'idea della precarietà, ma allo stesso tempo anche della libertà, di possibilità infinite di crescita, di spostamento. I piedi mi fanno pensare al viaggio. Ho cominciato io stessa a scattare le foto più improbabili. Ero soggetta a improvvisi e lunghi stati di "daydreaming", perché cercavo di immaginarmi un soggetto adatto. Poi, un giorno, girando su Flickr, ho visto le foto di un piede di donna, nudo, con le unghie laccate di rosso, appoggiato davanti a un computer. E' stata un'illuminazione :-o
Quell'immagine mi parlava di tutti quei ragazzi che avevo incontrato, mai troppo lontani da un computer, del loro desiderio di libertà e del modo in cui ognuno di loro viveva la precarietà..... Al tempo stesso l'immagine doveva essere ambigua e ambivalente, come è un po' tutto ormai nella nostra vita.
Sappiate però che non basta trovare una foto bella, per trasformarla in una copertina. Bisogna vedere di chi è quella foto, se il proprietario è disposto a vendertela, e quanto costa. Insomma, un inferno.
Per fortuna, tra i miei amici e colleghi del Messaggero, c'è un fotografo bravo e simpatico. Francesco Toiati. Ho rotto le scatole anche a lui e l'ho chiamato. "Ci vuole una modella", mi ha risposto. Altri costi, mi sono detta. Va bé, pensiamoci..."Caso mai avessi un'amica ...?!"
Una domenica mattina, tanto per fare delle prove, mi metto in ciabatte davanti al computer ....E fotografo i miei piedi, per avere qualche idea da mandare a Francesco. Lui, carinamente, viste le foto mi prende un po' in giro: "Ma sai che hai dei bei piedini?!" Io giustamente all'inizio non l'ho preso sul serio....per farla breve alla fine ho messo insieme scarpe calzini, calzettoni, ho comprato anche uno smalto che non mi sarei mai messa, e sono andata nello studio di Francesco, dove abbiamo fatto le prove.. le foto sono venute fuori. Una di queste è diventata la mia copertina. E' piaciuta a tutti. A tutti dà l'idea di quello che cerco di dire nel libro, dove convive precarietà e voglia di rimettersi in piedi. Se guardate bene, nella seconda immagine "dentro" il computer i piedi sono nudi. Come siamo tutti nei momenti più belli e più difficili. Comunque, il libro esce tra un mese e questa è la mia copertina, che mi piace proprio un sacco. Grazie Francesco :-D

sabato 11 agosto 2007

MAX COSMICO "Sono caduto dallo scalone"

Il mood è un po' ombroso, ma lo scalone effettivamente ha colpito duro. Complimenti Max preparati all'autunno, ne vedremo delle belle!

giovedì 9 agosto 2007

CARUSO, GRILLO E IL BENE DEI LAVORATORI


Le morti sul lavoro, come molti esperti hanno sottolineato, nascono dall'illegalità, dal lavoro nero e dalla mancanza di misure di sicurezza (previste nelle leggi), sulle quali ci sono troppo pochi controlli. Come in molti altri casi italiani, le leggi ci sono, il guaio è che troppa gente le calpesta, chi deve controllare a volte non lo fa, o non viene messo nelle condizioni di farlo. Su questo è difficile dissentire. Per combattere i rischi sul lavoro bisogna che il lavoro non sia illegale, si svolga in sicurezza, tuteli il lavoratore.
Cosa c'entra tutto ciò con Marco Biagi e Tiziano Treu? Come può questo Francesco Caruso dire delle frasi di cui non riesce neanche a valutare il peso, ammesso che ne valuti il significato? Ho molto tentennato prima di scrivere, oggi. Ho sentito che Caruso ha detto che Treu e Biagi sono degli "assassini" e che è colpa loro se avvengono incidenti mortali sui luoghi di lavoro. Ero molto incerta se scrivere, per vari motivi.
Primo: quella frase, quel concetto è una tale enormità, rivolta a due persone delle quali una è morta, uccisa, e ancora spesso tirata in ballo indebitamente per i problemi del mercato del lavoro che aveva cercato e voluto contribuire a risolvere o quanto meno migliorare; è una tale enormità pronunciare una frase del genere che verrebbe voglia di tacere, chiudere gli occhi e sperare che la gente dimentichi. Ma non sarebbe giusto.
Secondo: le leggi sul lavoro di Tiziano Treu e di Marco Biagi hanno tentato, e solo in parte sono riuscite, a "regolamentare" il lavoro, a far emergere il lavoro nero, a dare tutele ai lavoratori più deboli e una cornice di legge a nuove figure lavorative emerse in tutto il mondo . Il loro intento, in modi e misure diverse, era proprio dare garanzie, aiutare il lavoratore. Se ci sono realtà illegali nelle quali la legge non viene rispettata, la colpa non è certo di chi ha fatto la legge, al contrario.
Terzo: purtroppo gli incidenti sul lavoro avvengono in tutto il mondo, occidentale e non. In Italia sono in leggera diminuzione, grazie alle leggi e alle campagne anche di stampa, degli ultimi anni. E' stata ora varata una nuova legge (anche se credo che nulla valga i controlli). Perché non ci si concentra sulle cause di queste terribili vicende, invece che parlare a vanvera? Si crede di fare un favore a qualche lavoratore? Temo di no.
Ultimo punto: il presidente Napolitano è intervenuto per dire che è indignato per le parole di Caruso. Meno male. Avrebbe forse dovuto anche leggere, prima di far scrivere un bigliettino di ringraziamenti formale al suo ufficio pubbliche relazioni, il libro di Beppe Grillo "Schiavi moderni", nel quale si scrive che la legge Biagi è la "moderna peste bubbonica che ha introdotto il precariato in Italia". Questa frase non è molto diversa da quella di Caruso. E non aiuta neanche un solo lavoratore. E' solo demagogica, tende a consolare chi ha delle difficoltà, senza porsi il problema di come si può migliorare. A me, che negli anni non ho mai smesso di prendere a cuore le vicende di tanti giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro, dà una tristezza infinita.

martedì 7 agosto 2007

DIFENDIAMO I DIRITTI DEGLI UOMINI, IN NORVEGIA


Più di dieci anni fa, scrissi sul Messaggero un pezzo dal titolo «Noi, poveri uomini discriminati». Era un articolo scritto quasi per scommessa, in un periodo in cui mi sembrava che le donne dovessero smetterla di lamentarsi e cominciare a considerarsi abbastanza forti da difendere anche i diritti degli uomini, quando ce n’è bisogno. Molti miei colleghi erano scettici, ma si inchinarono alla riuscita della scommessa. Allora i padri erano discriminati ancora rispetto ai congedi parentali, più di oggi lo erano nell’affidamento dei figli, e anche in altri settori. A distanza di tempo ammetto che la scommessa, sul lungo periodo, si è rivelata fallace. Non basta smettere di lagnarsi e lavorare come dannate, quando di fronte hai il network (oggi si chiama così, no?) dei maschi che semplicemente detengono il potere. Oggi credo perfino nelle quote rosa, che mai e poi mai nella mia vita avrei pensato di appoggiare.


Ma una buona notizia c’é: in Norvegia i maschi hanno bisogno di essere difesi. Vanno peggio a scuola, stanno peggio in salute, sono sfavoriti in vari settori. Perfino in politica sono diventati minoritari. Ma le potenti donne norvegesi hanno deciso di correre ai ripari: la ministra per le pari opportunità, Karita Bekkemellem, ha creato una commissione di saggi (32, tutti maschi) che avranno il compito di elaborare delle proposte e sollevare una discussione nell’opinione pubblica sui diritti e le pari opportunità degli uomini. Ah, le donne, sono sempre troppo buone, ma fanno bene: ci mancherebbe altro che, prendendo il potere, non dimostrassimo che la differenza c'è, ed è importante.

lunedì 6 agosto 2007

L'ALTO APPRENDISTATO PER IL LAVORO: E' ORA DI PRESENTARE LE DOMANDE


Specializzarsi e trovare un lavoro già all'università. E' uno dei percorsi privilegiati, previsti dalla legge Biagi e poco applicati. L'idea è che la scuola, l'università, dovrebbero essere i canali migliori per l'inserimento dei giovani nel mercato. Le tradizionali roccaforti del sapere "puro" dovrebbero "imparare" che tipo di profili professionali cercano le imprese, e riuscire a formare giovani che rispondano a queste richieste. E' quello che la legge chiama "alto apprendistato". Ne ho già parlato, in uno dei primi post di questo blog, intitolato "Pamela, Stefano, Sergio e la legge Biagi", e in un articolo uscito sul Messaggero il 22 marzo 2007 "Iscritti al master e già assunti grazie alla legge Biagi".

Quando ho incontrato quei ragazzi che facevano un master di alta formazione all'università di Modena e che avevano cominciato a fare esperienza di lavoro nei bar, nei self service delle aziende che poi li avrebbero assunti, li ho quasi invidiati. I loro lavoretti estivi, il loro periodo a lavare i piatti non era solo "una esperienza", come quella che molti di noi hanno fatto nella propria vita (durante una vacanza dopo la scuola io spennavo tacchini e impacchettavo carne surgelata in una fabbrica nel Nord dell'Inghilterra). Ma era "l'esperienza" necessaria al loro futuro lavoro. E tanto peggio per chi non lo aveva capito e aveva rifiutato quel posto, credendo che fosse troppo poco per un laureato.

Ora l'Università di Modena e il centro Marco Biagi fanno una nuova selezione, per reclutare giovani laureati, da inserire poi nella direzione del personale di aziende di livello nazionale e internazionale, attraverso percorsi di "alta formazione in alternanza", come prevede la legge. Le candidature vanno inviate, da quello che mi risulta, entro il 28 agosto all'indirizzo mail: csmb@unimore.it. Le selezioni dovrebbero tenersi il prossimo 3 settembre a Modena. Allo stesso indirizzo si può scrivere per avere informazioni su questo e altri master e sui programmi per altri corsi di alta formazione dell'università. Certo, non tutti riusciranno ad entrare, ma conoscere questo tipo di master e cercarli nelle università di tutte le regioni italiane può fare una enorme differenza nella vita di chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro alle migliori condizioni. Per ora solo cinque regioni hanno attivato a pieno regime le iniziative di alto apprendistato (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna e provincia di Bolzano). Altre però ci stanno lavorando e, se gli studenti si informeranno e faranno pressioni, probabilmente potrebbero accelerare la creazione di inziative analoghe. A chi è interessato ad approfondire il tema (sia per iscriversi, sia per imparare qualcosa su quello che prevede la legge Biagi sull'apprendistato, come Arnaldo che ne ha parlato sul suo blog) raccomando la lettura di un intero dossier del centro Adapt (Newsletter in edizione speciale n. 20 del 4 giugno 2007, nella quale troverete anche un commento di Michele Tiraboschi, sempre particolarmente attento ai percorsi scuola-lavoro come antidoto al precariato): le sperimentazioni di alto apprendistato sono oltre 60 in tutta Italia, di cui 40 già avviate, altre in corso di realizzazione. Si parla finora solo di 650 giovani coinvolti, in una sperimentazione che ne prevedeva un migliaio. Io la mia parte l'ho già fatta, raccontando l'esperienza del gruppetto iscritto a Modena, proveniente da varie regioni, ma sarebbe bello se arrivassero anche altre testimonianze.

giovedì 2 agosto 2007

AMICI SUL LAVORO? SARA' MEGLIO, SE NO....



Amici sul lavoro? Fa bene allo spirito e aumenta la produttività: lo dice una ricerca condotta negli Stati Uniti dalla Gallup, su 5 milioni lavoratori dipendenti. Come si legge sul libro ricavato dalla ricerca, 'Vital Friends: The People You Can't Afford to Live Without' , la metà degli intervistati pensa che avere uno o più amici sul posto di lavoro aumenta il rendimento e soprattutto rende più felici. L'88% pensa che questo migliori anche il resto della propria vita. Condividere stress, tensioni, angosce, evidentemente alleggerisce quindi le giornate ed il peso delle preoccupazioni quotidiane. Il risultato? Ogni singolo dipendente svolgerà le sue mansioni con un entusiasmo fino a sette volte superiore. Ma c' chi non è d'accordo. L'amicizia tra colleghi può voler dire distrazioni e pettegolezzi. Poi, si sa, l'amicizia si può trasformare in gelosie e tradimenti. O anche in una serie di comportamenti scorretti. Un'altra ricerca, della Rasmussen, ha infatti scoperto che un terzo circa dei dipendenti Usa copre il proprio collega «furbacchione» e solo una piccola parte lo denuncia al datore di lavoro.

Per chi, comunque, in ufficio a volte si sente stressato e per niente ben disposto verso i colleghi.......guardate i video nel prossimo post

....BETTER BE FRIEND....

...SE NO, ECCO COSA SUCCEDE

mercoledì 1 agosto 2007

TRA I PRECARI TIRA UN VENTO NUOVO...NONOSTANTE TUTTO


E' un po' in anticipo...perché il libro ancora non è uscitooo
:-o

Però Walter Passerini ha fatto la copertina di Job 24 , inserto del Sole 24 Ore, sui giovani che sono, nonostante tutto, "Precari e contenti" e ha ampiamente citato il mio libro. Mi sembra interessante la chiave: forse tira un vento nuovo nel mondo del lavoro dei giovani. "Dopo anni di retorica della precarietà ci sono forti segnali di controtendenza,- scrive Passerini. - Qualcuno dice che siamo passati dalla "Generazione mille euro" alla Generazione "nonostante". Nonostante tutto ce la fanno. Lo dice anche Antonio Incorvaia, uno degli autori di generazione mille euro che ammette: "C'è un'evoluzione rispetto a prima: non c'è più disperazione, quel clima cupo che ha avvolto il lavoro; c'è voglia di darsi da fare, di arrangiarsi, di trovare la strada, una maggiore consapevolezza". Si parla anche meno di precari "condannati", e più di ammortizzatori sociali e di sacrosante tutele, in Italia troppo trascurate. Si parla anche, e su questo Passerini fa l'editoriale, di servizi all'impiego, privati e pubblici, che sono una delle chiavi di volta della trasparenza dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Perché questo è uno dei vecchi problemi di chi cerca lavoro, e ancora di strada ce n'è da fare.


Google