venerdì 29 giugno 2007

PENSIONI, RAGAZZI SE NON VI ARRABBIATE ORA...

AGGIORNATO

Domani, 30 giugno, è l'ultimo giorno per scegliere se lasciare il proprio Tfr come "liquidazione" oppure metterlo in un fondo pensione, per avere una pensione integrativa. Sono tanti quelli che non hanno scelto e, a seconda dell'azienda in cui lavorano, il loro Tfr finirà in un fondo oppure all'Inps. Ma non scegliere è la cosa peggiore. Io ho scelto il fondo per la pensione integrativa...
Lo so, questo è un blog per giovani che alla pensione, spesso, ancora non ci possono neppure pensare. Eppure, proprio chi è agli inizi può farsi una pensione integrativa decente, che lo salverà da una vecchiaia indigente. E chi ancora ha un lavoro precario dovrebbe veramente scendere in piazza, occupare il ministero del Lavoro o qualche altra cosa...altro che abolizione della legge 30 (che invece vi tutela). Dovete incazzarvi perché si parla di abolire lo scalone per chi oggi ha 57 anni e sta per andare in pensione con un assegno vicino all'80 per cento dello stipendio. Voi quante tasse dovrete pagare per chi va in pensione ora e prenderà la pensione altri 25- 30 anni? E voi quando mai potrete andare in pensione? Verso i 70 anni. E quanto varrà la vostra pensione? Diciamo il 40-45% del vostro ultimo stipendio? Io non parlo per me che prenderò una pensione intorno al 50% dello stipendio e cercherò di integrarla con una pensione integrativa e non potrò andare in pensione prima dei 65...ormai a questo sono rassegnata. Ma voi, che vi incazzate tanto per il precariato. Sbagliate obiettivo.
Leggetevi un bel libro dell'attuale ministro dell'Interno, Giuliano Amato, e di un professore di Scienza delle Finanze, Mauro Marè. Il libro si intitola "Il gioco delle pensioni: rien ne va plus". Il primo e l'ultimo capitolo spiegano perché è urgente riformare le pensioni, per salvare le giovani generazioni, e gli altri spiegano perché è vitale farsi una pensione integrativa. E' pieno di cifre interessanti e paurose. Ma la più paurosa di tutte è questa: in questo momento l'elettore "mediano" ha 46 anni. Il che significa che ancora pensa al futuro incerto, e ancora si sente un po' giovane, e ancora governi e sindacati devono rispondere anche ai giovani per avere i voti. Ma l'età dell'elettore mediano sta salendo rapidamente, in Italia più che in qualunque altro paese europeo. Fra 30 anni questo elettore "chiave" avrà 58 anni. E i governi e i sindacati non potranno più pensare ai giovani, perché saranno troppo pochi. Quindi, se voi non vi svegliate e non protestate perché si pensa solo alle pensioni degli anziani e non a quelle dei giovani, dopo non vi ascolterà più nessuno.Comunque leggete il libro, che vi apre la testa: Il gioco delle pensioni, Amato - Marè, Il Mulino.
Per Max Cosmico: puoi anche descrivere la tua possibile riforma: secondo me è interessante!

giovedì 28 giugno 2007

IL LAVORO, L'INNOVAZIONE E I VERI CONSERVATORI


Approfitto della tregua sullo sciagurato tema dello scalone per segnalare tre articoli interessanti. Il tema, per come lo vedo io, è un appello alla politica perchè abbandoni il suo volto più conservatore, e sposi una vera filosofia di cambiamento e innovazione. L'occasione la offre la nascita del partito democratico e l'investitura del suo leader in pectore, Walter Veltroni.
1. Il lavoro
Voglio segnalare una sorta di appello di Michele Tiraboschi, direttore del centro studi Marco Biagi, al partito democratico che si autodefinisce partito del lavoro. Quello che Tiraboschi sottolinea in una newsletter speciale proprio sul nuovo partito, è come "la sinistra italiana sia ancora lontana dalla elaborazione di un pensiero nuovo sui temi cruciali del lavoro". Le proposte sul versante della modernizzazione del diritto al lavoro, nota Tiraboschi, sono ancora incerte e nebulose. Finora, aggiunge, si sono sprecate molte occasioni. Finora, aggiungerei io, la sinistra al governo ha avuto paura di sottrarsi a certe parole d'ordine, a certi automatismi ideologici, che sono veramente conservatori e non aiutano affatto i giovani, le donne, e tutto il mercato del lavoro a risollevarsi dalla sua depressione. Quindi, questo è un terreno su cui Veltroni e il partito democratico, dovrà misurare la sua capacità di concretezza e innovazione. E di riprendere, dice Tiraboschi (che però sembra pessimista) anche il cammino interrotto di Marco Biagi.
2. Il merito e l'innovazione
In uno splendido commento sul Corriere della Sera, "Una società immobile che punisce i migliori", l'economista Nicola Rossi si chiede perché la nostra società preferisca soffermarsi sui fallimenti piuttosto che sui successi, perché a volte si manifesti una vera avversione per il merito e per chi si dà da fare. Fa un esempio: "Sono molti gli impiegati pubblici che rendono ai cittadini il servizio che questi si aspettano, e che spesso rendono anche il servizio che dovrebbe essere reso dal loro collega "temporaneamente fuori stanza". Eppure - continua - non riusciamo a rendere loro giustizia trattando come meritano i "nullafacenti", gli assenti, i raccomandati. La spiegazione di Nicola Rossi? "Riconoscere e difendere il merito, indicare il valore ad esempio, proporre il caso di successo come punto di riferimento è possibile solo se non solo non si teme ma anzi si cerca l'innovazione e si desidera il cambiamento, perché nel cambiamento si intravede la possibilità della crescita e del progresso". E Rossi se la prende con la cultura "tanto di destra che di sinistra", che rifiuta spesso e volentieri e in maniera esplicita l'idea del movimento. La logica di questo atteggiamento - spiega, "è intrinsecamente conservatrice, nel senso più autentico della parola".
3. I giovani, di destra e di sinistra
Ci racconta Antonio Signorini sul Giornale che, mentre governo e sindacati si scannano per decidere sullo scalone, i giovani di destra e di sinistra si ritrovano uniti in una protesta "bipartisan". "Ci rubano il futuro", dicono i giovani di Forza Italia riferendosi alle trattative governo-sindacati. Fanno "scelte sopra le nostre teste" dicono i juniores del novello Partito Democratico, e aggiungono: in futuro saremo costretti a versare il 40 - 50 % dei nostri miseri stipendi per garantire una patto di solidarietà tra generazioni sempre più iniquo e insostenibile. Mentre gli azzurrini affermano, non a torto, che le pensioni sembrano essere un diritto di tutti fuorché delle giovani generazioni. L'ipotesi, nemmeno tanto remota, rilevata da Signorini, è di arrivare a manifestare (magari separatamente) "il loro "no" a un accordo che penalizzi le generazioni future per favorire qualche migliaio di 57enni".
Adesso la discussione sullo scalone è rinviata, ma la speranza nei giovani deve restare. Anche se devo dire che a volte, nel sentire certe lamentazioni invece che sogni e progetti, alcuni mi sembrano più conservatori di tanti cinquantenni.

mercoledì 27 giugno 2007

NON FATE PROGRAMMI PER IL FUTURO, A 70 ANNI SARETE OCCUPATI


Basta con lo scalone per oggi. Un giorno di tregua: domani riprendono le trattative frenetiche. Intanto la Corte dei Conti ci richiama al rischio di esplosione della spesa previdenziale, ammonisce che l'abolizione dello scalone è un problema per le finanze pubbliche e suggerisce una revisione automatica dei coefficienti. Ci richiama anche la Ue. Il senso è sempre lo stesso: non sperperate il tesoretto, usatelo per ridurre questo maledetto debito che schiaccerà le generazioni più giovani. I problemi più grossi sono quelli dei coefficienti per le pensioni future, e dell'indicizzazioni per quelle passate. Invece non si dà gran pensiero al fatto che, chi oggi ha meno di 50 anni, non può proprio fare nessun programma sulla propria pensione. I giovani, poi... Per loro la speranza più rosea è di riuscire a mettere insieme qualcosa, tra i 65 e i 70 anni. Non dimentichiamo che già oggi, per chi non ha i contributi sufficienti, c'è il traguardo dei 65 anni per la pensione di vecchiaia. Sarebbe interessante dividere la popolazione per fasce, a seconda del tipo di pensione a cui sono interessate.
Per rallegrarci e consolarci un po', oggi mi limito alla vignetta di Arnaldo, del quale, appena il tormentone pensioni- dpef sarà passato, racconterò la storia di lotta per il lavoro.

martedì 26 giugno 2007

DALLO SCALONE PRECIPITANO LE DONNE



Siccome era urgente abolire lo scalone, e il tesoretto è esiguo, si dovranno rinviare altri problemi. Lo sintetizza egregiamente Tito Boeri sulla Stampa di oggi: "Taglio delle tasse addio". Boeri scrive anche : "Si rassegnino i più giovani, la montagna del debito pubblico non si abbassa". E io direi che si può specificare meglio che il danno è, in generale, per i più giovani e per tutti i contribuenti. Ma, in particolare, vengono ignorate due categorie di problemi: gli aiuti alle donne con figli e gli aiuti ai vecchi non autosufficienti. Anzi, a ben vedere, questi due problemi si concentrano su un unico soggetto: la donna del Sud. E' lei che fa più fatica a trovare lavoro, è lei che ha meno aiuti per i figli, è lei che ha più bastoni tra le ruote (se ha un marito che ha "piacere" che lei si "occupi della famiglia"), è lei che bada agli anziani non autosufficienti. Questo è il soggetto che dovrebbe essere aiutato, incentivato, sgravato dalle tasse, fornito di servizi pubblici e privati, liberando enormi energie per tutta la società. Le donne, e le donne del Sud in particolare, in questo paese non riescono a lavorare e a fare figli. Portano sulle spalle un fardello enorme. Se studiano, sono più brave dei maschi. E se lavorassero farebbero schizzare in alto il reddito del Paese, come hanno dimostrato alcune ricerche già da me citate. (Confrontate in particolare il post del 23 aprile, ma anche quello del 15 aprile, del 4 e del 20 maggio.) Ma anche loro sono scivolate sullo scalone. Purtroppo.

(2./segue)

lunedì 25 giugno 2007

GIOVANI, TREMATE: SPARISCE LO SCALONE




C'è un accordo sulle pensioni. Lo scalone sarà eliminato. Ma a voi ventenni e trentenni questo interessa poco, no? Vi interesserà di più l'ultimo rapporto Excelsior che prevede un'annata di minori assunzioni nelle piccole imprese, che spiega quali sono le professioni preferite, che molto sarà ancora il lavoro a termine.
Eppure la faccenda delle pensioni vi dovrebbe interessare, e molto. Vi dovrebbe preoccupare. Vi dovrebbe fare arrabbiare. Perché, per chi comincia a lavorare oggi, quello scalone, che si trasforma in scalini o in un più comodo piano inclinato, può diventare un burrone.
Gli avvertimenti arrivano da tutte le parti. Qui ne segnalerò due, gli altri in una prossima puntata.
PIU' GIOVANI PENSIONATI, MENO AIUTI A BAMBINI E NON AUTOSUFFICIENTI
Sul Corriere della Sera di oggi c'è l'appello accorato di 4 esponenti del centrosinistra, molto diversi tra di loro (Lamberto Dini, Enrico Morando, Antonio Polito e Nicola Rossi). Ecco uno stralcio dell'appello: "In Italia il numero delle famiglie con bambini al di sotto della soglia di povertà cresce da molti anni. Al tempo stesso, un numero crescente di famiglie deve farsi carico della cura di anziani non autosufficienti. In entrambi i casi lo Stato non è in grado di fornire un aiuto perché la spesa sociale italiana è gravemente squilibrata a favore della componente previdenziale". Il che significa: scusate, non ci possiamo occupare di famiglie con bambini e anziani non autosufficienti, perché dobbiamo pensare ai 58-60 enni.
GLI ULTRASESSANTENNI AUMENTANO SEMPRE DI PIU'
La Repubblica di oggi dà conto di un convegno svoltosi a Monaco su l'Europa e la sfida demografica, , l'allarme è semplice: l'invecchiamento della popolazione è una bomba che sta esplodendo. Ma, guarda un po', l'Italia è il paese dell'Europa con il tasso d'invecchiamento più veloce (nel mondo siamo in compagnia del Giappone). Entro la fine del decennio, si apprende, per la prima volta nella storia dell'umanità la proporzione di abitanti dell'Occidente di età superiore ai 60 anni sarà maggiore di quella delle persone di età inferiore ai 5 anni. E l'Italia, inutile dirlo, ci arriva per prima. E chi finanzierà le pensioni per tutti questi ultrasessantenni? Voi, cari ventenni, cari trentenni di oggi, anche se sarà un'impresa ciclopica, e dovrete pagare una montagna di tasse per poter mantenere tutti questi pensionati... Altro che scalone ci vorrebbe.






...E I RAPPRESENTANTI DEI GIOVANI DOVE SONO?






Ultima notazione per oggi: ma non si era detto che al tavolo con governo e sindacati dovevano sedere anche rappresentanti dei giovani? Mi è sfuggito qualcosa, o non c'erano, questi giovani a difendere i propri interessi? (1./segue)

venerdì 22 giugno 2007

INVESTIRE NELLA CONOSCENZA O SPROFONDARE

AGGIORNATO

«Forse è esagerato parlare di declino dell'Europa della conoscenza; ma è certo che il mondo corre e che la Ue fatica a tenergli dietro». Lo dice il ministro Mussi. E se la Ue fa fatica, purtroppo l'Italia arranca.


Oggi c'è stato il convegno di cui dicevo ieri su 'Il ruolo delle università nello spazio europeo dell'istruzione e la ricerca" nell'aula magna del rettorato dell'Università di Roma "Sapienza". Mussi ricorda che «la Ue spende poco per la sua ricerca e per le sue università: investimenti in ricerca scientifica e in sviluppo tecnologico sono inferiori al 2% del Pil contro il 2,7 degli Usa e il 3,2 del Giappone. Inoltre, la spesa complessiva per l'alta formazione in Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna non supera l'1,1% del Pil. E e in Italia, udite udite, è perfino inferiore allo 0,9% contro il 3,6% degli Stati Uniti».
Tra ricerca e istruzione, quello che viene definito "pacchetto conoscenza", i dati dell'Italia sono un pianto. Secondo i dati Ocse, in Italia non raggiungono il 2,5%. In Francia, Gran Bretagna e Germania sono vicini al 4% del Pil mentre in Giappone assommano al 5,0% e negli Usa toccano addirittura il 6,6% del Pil.
Tutto ciò, ammette il ministro, si traduce in un imperativo per l'Italia e per l'intera Europa: «Non possiamo pensare di poter vincere come singoli paesi la sfida della conoscenza: o vinciamo insieme, e possiamo vincere, o perdiamo tutti». E non è bello sapere che, anche nella squadra perdente, l'Italia è guardata storto.

giovedì 21 giugno 2007

LA MATURITA' SENZA MERITO E IL CAOS DELL'UNIVERSITA'



Negli esami di maturità cominciati ieri a Roma si è verificato un piccolo incidente: a oltre 300 privatisti, all'ultimo momento e senza preavviso, è stato impedito di fare la prima prova scritta. Forse si riuscirà a farli recuperare, chissà. Io ho scritto un commento su "Osservatore politicamente scorretto" e tra le risposte queste due mi hanno colpito:
1- "E' meglio che si abituino perché all'università le cose non cambieranno. Attese, file, esami spostati, ritardati....ah scusate, i ritardati sono quelli che gestiscono l'universo scolastico!"IlCrea
2- "Se lo spirito della legge è quello di evitare la corsa alla maturità facile non la trovo sbagliata...Insomma non capisco il nesso tra il sostenere un esame da privatista e la meritocrazia!" Ilcretinoinsintesi
Bene, io credo che un appuntamento importante come un esame di Stato, non possa e non debba essere soggetto agli improvvisi soprassalti della addormentata burocrazia. Che questo avvenga , è esattamente il contrario di quello che un paese fondato su un minimo di certezze, trasparenza e, quindi anche merito, dovrebbe essere. I privatisti sono aspiranti raccomandati e quindi devono "morire"? Mi dispiace, ma sono contraria ai pregiudizi. Fino a prova contraria ognuno ha diritto a un trattamento equo, tutti hanno diritto a uguali opportunità, e i migliori, quelli che hanno impiegato meglio le loro energie, devono essere premiati. Se questa filosofia è sistematicamente calpestata e, peggio ancora, ignorata, non c'è speranza.
Per chi fosse interessato all'università, comunque, domani nell'Aula Magna della Sapienza di Roma (ore 16) ci sarà un convegno sul "Ruolo dell'università nello spazio europeo dell'istruzione e della ricerca". Ci sarà Mussi, il rettore Guarini e vari rappresentanti di istituzioni universitarie europee. Per chi si vuole divertire (si fa per dire)...



mercoledì 20 giugno 2007

GIOVANI E DISOCCUPATI, NON RIMPIANGETE IL '92





Disoccupazione mai così bassa dal '92. E' al 6,4%. Questa frase è interessante e a moltissimi giovani avrà fatto scattare il riflesso condizionato: "vedete, prima del '92 sì che stavate bene, pieni di posti di lavoro, peraltro sicuri, non precari come i nostri". La vignetta di Arnald qui accanto dimostra quanto sia forte il pregiudizio di chi pensa : nessuno stava peggio di noi.


Giornalisti sbadati, senza memoria, senza la voglia di spiegare. E chi non ha la voglia di spiegare (e di capire, prima), forse dovrebbe darsi all'ippica. Ma attenzione, perché anche lì ci vuole memoria.


Prima del '92, secondo i precisini dell'Istat (ma loro hanno delle ragioni, fanno gli statistici, non i giornalisti), non si possono fare paragoni, perché non ci sono le serie storiche. Non è che non ci siano, ma allora erano un po' diverse, perché a un certo punto l'Istat cambiò i metodi di calcolo. Bisognerebbe farsi spiegare, con un po' di buona volontà, cosa è cambiato e come. Ma intanto, chi era già nato e cresciuto sa benissimo cosa accadeva prima del '92. Non è che la disoccupazione fosse al 6% come oggi! Piuttosto era intorno all'11%, anche oltre, e come nel seguito degli anni '90. Tra i giovani i disoccupati erano uno su tre, più di adesso. E la disoccupazione intellettuale, cioè di quei laureati che si ritrovavano col pezzo di carta a non sapere che fare, è stata inventata negli anni '70.


Allora godiamocelo questo tasso di disoccupazione al 6%, perché è il più basso in almeno 35 anni!
E non si dica che adesso le cose per il lavoro temporaneo miglioreranno perché aboliranno lo staff leasing e il lavoro a chiamata. Perché sono forme di lavoro sempre esistite, che servono per i lavori stagionali (cameriere in un albergo al mare, per esempio) o classicamente per brevi periodi (hostess nei congressi). Non si faranno più perché il nome non piace? Leggete qui il pezzo di Marco Crippa sul bollettino della Fondazione Biagi.
Piuttosto è preoccupante l'enorme numero di persone che in Italia non cercano lavoro. Abbiamo uno dei tassi di occupazione più bassi d'Europa. E si tratta soprattutto di donne al Sud.
Su questo, e su una proposta degna di un grande dibattito si veda invece quello che scrivono gli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi della Voce (peraltro non solo loro, l'ho sentita fare anche da altri giuristi ed economisti, ma sempre quasi chiedendo scusa): il lavoro, che all'inizio è giusto che sia sempre "temporaneo", acquisti una progressiva tutela, con il passare del tempo e la permanenza in un'azienda o posto di lavoro.
Io non so se è l'uovo di Colombo, ma varrebbe la pena scatenare un enorme dibattito su questo, perché è assurdo che il mercato del lavoro mantenga la forma di uno di quei dolci impossibili da affettare: fuori una crosta durissima (i supergarantiti che anche se si danno per finti malati o sputano al loro capo non li tocca nessuno) e dentro la frutta troppo soffice, che va raccolta con il cucchiaio (i precari per sempre, diciamo per brevità).

lunedì 18 giugno 2007

LEGGENDARI PRECARI


Semplice semplice, l'articolo di Pietro Ichino sul Corriere della Sera di oggi lunedì 18. Occhiello introduttivo "Il lavoro precario è fermo dal 2001". Semplice, ma da ritagliare e tenere sul comodino.
Ma...se in Italia c'è meno precariato che in altri paesi, se la legge Biagi con il precariato c'entra poco o nulla (e caso mai nel senso di una maggiore tutela), se il precariato c'è oggi come 20 anni fa (e forse meno), cos' è un'allucinazione collettiva questa dei poveri giovani, precari, schiavi, sfruttati, vilipesi, umiliati, traditi.....? Potremmo fare un concorso tra i lettori sugli attributi di questa povera generazione di giovani. Per oggi non dico altro, certe volte mancano le energie. Per favore, leggetevi questo articolo: Le leggende sulla Biagi

UN LAVORO NEI BENI CULTURALI? SVEGLIA!



E' bello avere una cultura, è bello lavorare nel settore della cultura e dell'arte....però preparatevi a soffrire. E poi non dite: ma allora che cosa ho studiato a fare!? Perché per chi affronta lo studio di materie umanistiche e artistiche, trovare un lavoro nel suo campo sarà ancora più difficile che per gli altri. Quasi impossibile. E ciò nonostante la grande fioritura di corsi di laurea e master "specialistici" in gestione dei beni culturali e simili.
Per chi poi un lavoro lo trova, si prospettano stipendi bassi (eufemismo) e contratti mooolto temporanei. A volte volontariato.
Lo dice la stessa associazione di settore Civita, che ha steso un rapporto dal titolo ottimistico "La formazione vale un Patrimonio".
Ogni anno in Italia si laureano in beni culturali tra i 2.800 ed i 3.200 giovani. Ma «solo 16 su 100 troveranno in un futuro prossimo un lavoro nel loro specifico settore», avverte Civita. Ancora meno, quelli che possono sperare in una occupazione nel comparto pubblico del settore.
Situazione confermata dai dati Istat, secondo i quali in confronto alla media i dottori in conservazione dei beni culturali, hanno più difficoltà a trovare lavoro dopo la laurea e presentano un più alto tasso di disoccupazione. Oltre al fatto che l'occupazione nel settore dei beni culturali si caratterizza per una maggiore incidenza del lavoro volontario e di quello atipico, part-time e stagionale. Non bastasse, le retribuzioni sono in media più basse del 13,5%, con una media di 1.087 euro nel 2004 contro i 1.257 euro di un laureato generico.
Malgrado queste difficoltà, pare che laureati in beni culturali si scoraggiano meno degli altri, tanto che la percentuale di coloro che si ritirano dal mercato del lavoro in questo settore è dell'11,1% contro il 13,4% del totale dei laureati.
Parecchi problemi emergono anche nel campo della formazione, dove il moltiplicarsi delle offerte ha fatto in qualche caso scendere il livello della qualità. Nella seconda sezione del rapporto - dedicata alle opinioni degli esperti dei principali settori professionali - traspare ad un sguardo complessivo , sottolinea Civita, «un certo pessimismo riguardo alla qualità della formazione fornita dalla Università Italiana, complici la recente riforma e il moltiplicarsi delle classi di laurea attinenti al settore dei beni culturali, che impediscono in molti casi l'approfondimento e la specializzazione adeguate». Tra i punti dolenti, la distanza e la mancanza di rapporti tra Università, Scuole di Alta Formazione e mondo del lavoro."L'università non ha mai ritenuto necessaria la collaborazione del'associazione" lamenta il presidente di Civita, Gianfranco Imperatori. Quindi, anche le università dovrebbero svegliarsi!

sabato 16 giugno 2007

SAPETE L'INGLESE? ESERCITATEVI

Per trovare lavoro è essenziale conoscere bene le lingue,l'inglese in particolare. Questo è uno sketch di Russell Peters, comico canadese di origine indiana, che prende bonariamente in giro le differenze culturali e le nostre reciproche incomprensioni. Questa presa in giro degli italiani è deliziosa: godetevela, se potete...;)

venerdì 15 giugno 2007

VI PRESENTO I PRECARI DI 20 ANNI FA

AGGIORNATO

Si allunga l'elenco degli argomenti da trattare e che rinvio: c'erano i lavoratori dei beni culturali, ora vorrei affrontare l'ampio tema degli ingegneri, magari anche un po' con il vostro aiuto (so che ho alcuni lettori ingegneri...). Poi mi devo studiare un enorme rapporto mondiale sui call center. Ora che vi ho detto un po' dei miei compiti a casa, ancora non fatti, devo però tornare sul tema dei precari, spinta anche da un'intervista al mio amico Max Cosmico al sito diversamente occupati. Un sito che ha un punto di vista ben diverso da questo, quello della "generazione più sfigata della storia".


Ora, voglio dire che è anche giusto che ogni generazione si senta così, perché questo serve a spingere chi ha più forza e spirito di innovazione, a cambiare la società. Purtroppo, però, la mia impressione (vi stupirà quello che dico) è che il discorso solito sul precariato sia profondamente "conservatore". Mi aspetterei che voleste scuotere questa società immobilista, rigida, divisa in caste, nella quale il merito e il talento contano ancora troppo poco, che non vi valorizza. Invece, e qui vi arrabbierete, sento parlare di mutui! Sappiate che non c' è stata nessuna generazione di italiani che sia stata in grado di comprarsi la prima casa senza l'aiuto dei genitori. E comunque adesso fanno i mutui anche per i precari. Tutti i giovani stranieri che conosco (e parlo di francesi, americani, norvegesi) vivono in affitto insieme con altri ragazzi. Dividono la camera e le spese. Anche in Italia. Vi fa schifo?

Piccolo racconto dal vivo: 20 anni fa, quando misi piede al Messaggero con uno dei primi stage esistenti (altrimenti non ci sarei mai arrivata, perché non avevo neanche uno straccio di raccomandazione e neanche mi sarebbe piaciuto averla), il giornale aveva decine di collaboratori non assunti. Giornalisti, di fatto, che sgobbavano dalla mattina alla notte, che scrivevano articoli, che però non potevano usare né i computer né i telefoni del giornale, e che ogni tre- sei mesi venivano pagati un tot ad articolo. Ne ho visti alcuni andare avanti così anche 10 (dieci) anni e alla fine non (dico non) essere assunti. Alcuni di loro adesso lavorano per il Messaggero, altri sono riusciti ad andare in altri giornali, altri ancora si sono dati all'agriturismo. Allora non esisteva la legge Biagi, né nessun'altra forma di precariato "per legge". Prima di loro, negli anni Settanta, i giornalisti che volevano cominciare neanche venivano pagati ad articolo: semplicemente lavoravano gratis , e in nero. Ed erano felici di farlo. Poi, dopo anni di gavetta, speravano che qualcuno li assumesse. Ma naturalmente non a tutti andava bene.

Quello che sto cercando di dire è che ora ci sono , anche se insufficienti, delle tutele. Il contratto a progetto sarà meglio di niente, del lavoro in nero? Nel peggiore dei casi sarà uguale. Gli stage, che oggi vi escono dagli occhi, 30 anni fa non esistevano. Se non avevate una "conoscenza" in un giornale non ci mettevate piede. E come nei giornali, in tante altre realtà. Credo che dovreste chiedere più flessibilità, non meno. Per esempio, rimproverare a noi "super garantiti", se non sarebbe giusto avere anche noi la nostra flessibilità, perché no?

martedì 12 giugno 2007

GRILLO, BIAGI E L'ETERNO RITORNO DELLA COLONNA INFAME








Dagli all'untore, dagli alla legge Biagi...Dopo aver parlato di Grillo e della legge Biagi sono andata a ricercare "Storia della colonna infame" di Alessandro Manzoni. Chi vuole, tramite il link la può leggere tutta. Oppure leggere una sintesi qui.
Tutti conoscono il fine del racconto: dimostrare come il sospetto, il pregiudizio e l'ignoranza, per propria colpa, possano uccidere, assolvendo il resto della società. La stessa storia che si è ripetuta con gli ebrei, le streghe, gli omosessuali, i girolimoni vari. La gente ha sempre avuto bisogno di credere che ci fosse qualcuno, un singolo o una categoria di "diversi", responsabile delle proprie disgrazie. Di solito per potersi più comodamente autoassolvere e non perdere tempo ed energie nell' analisi, spesso complicata, dei problemi. E si è sempre fatto avanti qualche zelante per eseguire le sentenze di condanna, dare soddisfazione al popolo e raccogliere gli applausi.
Più recentemente, la figura del capro espiatorio (cfr "capro espiatorio" in Wikipedia) è stata sfruttata in modo esilarante da un celebre scrittore francese, Daniel Pennac, nel suo libro "Il paradiso degli orchi" e nei suoi seguiti. Il supermercato, immaginato da Pennac, assume una persona (Malausséne) per svolgere il ruolo di capro espiatorio di fronte ai clienti che chiedono risarcimenti per qualche acquisto rivelatosi difettoso. Così Malaussène si prende tutta la colpa e il supermercato si salva.
Non dico niente di nuovo, ma a volte rileggere è benefico. Anche perché queste cose uno come Grillo le sa benissimo. E dire "dagli all'untore" su Internet è molto peggio di come si faceva nel Seicento.








venerdì 8 giugno 2007

BEPPE GRILLO, FURBETTO DEI PRECARI



Stavolta Grillo ha esagerato. Il tribuno del popolo sfrutta senza delicatezza un argomento sensibile, le difficoltà dei giovani sul mercato del lavoro. Attacca la legge Biagi a colpi bassi, e utilizza le stesse parole d'ordine di chi infanga la memoria di un professore (che aveva a cuore la difesa dei giovani), ucciso in modo non solo barbaro, ma soprattutto inconcepibile.

Michele Tiraboschi, allievo di Biagi e suo continuatore, dopo avere letto la prefazione al libro di Grillo "Schiavi moderni" (fatto semplicemente mettendo insieme lo sfogo di tante persone sul blog di Grillo, e premettendo una smilza e frettolosa introduzione) ha deciso di fargli le pulci. Nel bollettino della fondazione Biagi n. 23 , questa settimana scrive:


"Come prova lampante dei misfatti della legge Biagi - quella legge che per Grillo ha inventato il precariato, e cioè quella "moderna peste bubbonica che colpisce i lavoratori (che) prima non c'era adesso c'è" (sic) - si riporta la testimonianza di un ragazzo che però, se leggiamo con attenzione, ha iniziato le sue peripezie nel mercato del lavoro nel lontano 1994. Ebbene a noi risulta che la legge Biagi sia entrata in vigore nel 2003. Qualcuno allora non sa contare o, se sa contare, è chiaramente in malafede. Ma c'è di più. Questo ragazzo cita anche il caso, più recente, della fidanzata che "lavora gratis, da più di un anno" nella Pubblica Amministrazione "con una promessa di avere un contratto Biagi!" Forse il ragazzo non lo sa, ma il Tribuno del popolo dovrebbe saperlo: la Biagi non trova applicazione nella Pubblica Amministrazione!" Continua Tiraboschi esasperato: "Certo avremmo potuto fare finta finta di niente anche questa volta e stare zitti, consapevoli che sfidare i Tribuni del popolo è sempre difficile se non impossibile. Si tratta pur sempre di potenti, e Beppe Grillo è sicuramente un uomo non solo influente ma anche molto potente (la multinazionale dei furbastri, direbbe in questo caso una nostra cara amica). E così abbiamo fatto in questi giorni , cercando di consolarci con il recente rapporto Ocse (vedi post e link del 4 giugno su questo blog) sull'Italia, dove si legge a chiare lettere che le riforme del lavoro degli ultimi anni hanno contribuito "in modo impressionante" (non da sole, ovviamente) a creare oltre due milioni e mezzo di posti di lavoro. (...) Tutti sono liberi di pensare quello che credono della legge Biagi e ovviamente anche di contestarla e disprezzarla. Sarebbe però importante intervenire su questo tema così complesso e delicato solo quando si ha qualcosa di valido e serio da sostenere. Messaggi deresponsabilizzanti e mistificatori, che esasperano gli animi, non solo non aiutano a risolvere i problemi, ma possono anche convincere qualcuno, come di fatto è avvenuto, che tutto sommato la morte di Biagi era qualcosa di scontato e comprensibile."

Tiraboschi aggiunge una testimonianza che fa venire lo scoramento: qualcuno gli ha mandato pochi giorni fa il libro di Biagi con questo messaggio: "Grazie Marco, sarai sempre in tutti i cuori dei disoccupati" Ora, se c'è una legge che può avere tutti le colpe del mondo ma non quella di aver creato disoccupati, è la legge Biagi. Però attenzione: quando in una società si individua un capro espiatorio, si può superare qualsiasi limite. Ebrei, musulmani, streghe, untori, e chi ne più ne ha più ne metta. In questo caso il limite si è già superato, perché Biagi è morto, ma al peggio non c'è mai fine, soprattutto se chi ha potere rilancia certe falsità, da vero furbetto del quartierino.


Aggiungo che nel bollettino Adapt troverete anche la testimonianza di un collaboratore di Grillo, Piero Ricca,( di cui ho parlato anch'io in un post dell'11 aprile), precario sfruttato e poi scaricato da Grillo. Della serie: quando il tribuno predica bene e razzola male...

mercoledì 6 giugno 2007

PRECARI E CONTENTI, IL CALL CENTER E' IL MIO REGNO

AGGIORNATO

Se credete di sapere tutto sui call center, definiti da tante parti moderne miniere di carbone, luoghi di schiavismo contemporaneo, fucine di precariato senza speranza, leggete l'esperienza di Dory.

" Ciao Angela,
sai, la mia storia è del tutto simile a quella di chiunque può dire di aver fatto un minimo passo avanti nei call center. Io ne conosco tanti come me. Mi sono laureata a 23 anni in Scienze Naturali. Ho avuto subito la fortuna di essere accolta sotto l'ala protettrice del mio correlatore di tesi, tanto che mi è stata data l'opportunità di lavorare nel Museo della mia città a contrattini intermittenti di poche lire al mese. E' andata così per tre anni, non c'è stata continuità, di certo, dato che lavoravo tre mesi sì, due no ecc. senza poter pretendere nulla.Nel frattempo ho trovato lavoro in questo call center. Sono entrata come operatrice telefonica. E' stata la mia prima esperienza lavorativa vera e propria, in ritenuta d'acconto (non sapevo nemmeno che fosse...). Mi sono barcamenata tra i due lavori per un annetto e mezzo circa, perchè non volevo perdere nessuna delle due opportunità: in museo aspettavo che arrivasse finalmente il mio turno (un concorso), in call center speravo di togliermi quanto prima "dai telefoni". Ti dico subito che però ho sempre fatto in modo di essere la persona più disponibile, di esserci sempre per entrambi i lavori. Ci sono stati mesi in cui entravo da una parte alle 8 del mattino e uscivo dall'altra alle 10 di sera, lavorando anche al sabato! Io penso che la costanza e la serietà siano sempre premiate. Se dipende solo da te. Pertanto al museo l'opportunità è volata: al museo il concorso è arrivato, ma l'ha vinto un'altra persona (che non ci aveva mai lavorato...). Quella è stata una cosa che mi ha fatto male, mi ha delusa, tanto che pian pianino, senza rendermene conto, ho cominciato ad accantonare i sogni da studente e ad alimentare quelli da lavoratrice vera.

Suona strano, lo so, ma è stato come crescere, maturare. Come niente vedevo che qui in call center i responsabili mi davano sempre più lavori da fare. C'è stato l'ultimo periodo come operatrice in cui rispondevo contemporaneamente a 9 numeri verdi diversi! e col tempo arrivavano responsabilità in più e il telefono si allontanava sempre più :-) Dopo due anni da operatrice sono diventata "supervisore" della sala e l'anno successivo "responsabile di progetto". Ora coordino (per dirla in "damianese") una sala intera, pianifico le attività e mi relaziono con i committenti. Credo di essere arrivata al punto d'arrivo, perchè come dicevo puoi essere lavoratrice indefessa quanto vuoi, ma ad un certo punto le dinamiche di carriera diventano altre. E quando il futuro non dipende più da te è più difficile pianificarlo, anche se diventa una sfida più bella.




In questi anni ne ho viste di delusioni, raccomandazioni, discriminazioni e ingiustizie. Ma è esattamente quello che accade in ogni ufficio d'Italia. Il call center è un'azienda normale, forse ancora più bella, perchè tra una chiamata e l'altra abbiamo il tempo di conoscerci e di stringere amicizie. Non è la schiavitù di cui parlano. Non è il lavoro insostenibile di cui dicono. Poi dipende dall'azienda per cui lavori, non parlo di altre realtà. Comunque in tutta questa storia concludo che ho iniziato qui all'inizio del 2000, nel 2001 ho avuto un contratto co.co.co, nel gennaio 2004 sono stata assunta. Tutto è sempre stato chiaro e trasparente. Mai illusioni né promesse non mantenute. Ma cambia poco, perchè come scrivo nel blog, lo stato precario resta, è insito ormai in noi giovani, nel nostro modo di vivere, non riesco ad immaginarmela diversamente. Anzi, c'è chi come me, ci sguazza. Per avere meno pensieri, no? Credo di essere stata anche troppo prolissa :-), pertanto ti saluto Dory. "



Qui aprite il blog di dory

lunedì 4 giugno 2007

LAVORO, RISULTATI IMPRESSIONANTI


In Italia «il mercato del lavoro ha registrato una performance impressionante», con «una creazione di posti di lavoro notevole che ha portato il tasso di disoccupazione al di sotto dei livelli dei vicini europei». A dirlo è l'Ocse, nel suo Rapporto economico sull'Italia del 2007 . Il merito, dice l'Ocse, è nella moderazione salariale, nella diffusione dei contratti part-time e a termine, nell'impiego di immigrati in posizioni di lavoro spesso rifiutate da italiani.


Lo so che tra il popolo del web questa notizia sarà sommersa da un coro di boo e di fischi, lo so che i precari si sentono traditi e strapazzati...ma mai in Italia si era scesi a un tasso di disoccupazione di circa il 6,6%, più basso di alcuni nostri vicini europei.


E' vero, e sarebbe assurdo non dirlo, che il nostro mercato del lavoro è poco trasparente, è a bassa produttività, investe poco in tecnologia, in ricerca, nella ricerca di talenti e assume pochi laureati. E' tutto vero. Ma purtroppo questo è propio il retaggio del passato. E' ancora l'incapacità di cambiare.


Ma volete dire che è meglio non avere nessun lavoro, piuttosto che averlo a termine? Preferite il lavoro nero? La precarietà è sempre esistita, ma ancora di più esisteva la disoccupazione! Oggi ci sono comunque delle opportunità: di cominciare, di conoscere, di imparare, di muoversi. Di guadagnare qualcosa, invece di niente. Bisogna coglierle. E in tutto ciò la legge Biagi entra poco, sia nel bene che nel male: quello che questa legge doveva fare era "regolare" un mercato altrimenti ingessato, o selvaggio. E purtroppo c'è riuscita solo in parte.







sabato 2 giugno 2007

MILLE EURO BLUES SUL MESSAGGERO



Evviva il precariato, dovrebbe dire Max. Grazie alle sue presunte difficoltà sul lavoro e alla sua vera passione per la musica, Massimiliano Colosimo, in arte Max Cosmico, di cui ho già parlato qui, sta spopolando con il suo "Mille euro blues". E non è solo per l'argomento, perché sono sicura che se il video e la musica fossero brutti, non se lo sarebbe filato nessuno. Oggi lo trovate in un articolo a pagina 23 del Messaggero . Pochi giorni fa ha avuto anche un passaggio su Radio Uno. E sono convinta che non finisca qui. Perché passione, talento e duro lavoro spesso pagano.
Dai, Max, ammettilo, devi ringraziare la tanto vituperata Legge Biagi (anche se non c'entra nulla)!
A proposito, ora Max sta lavorando a una nuova canzone, stavolta sul sesso, la masturbazione e l'amore "precario". Aspettiamo tutti ansiosamente di saperne di più!

venerdì 1 giugno 2007

IL PATTO GENERAZIONALE? UNA SCIOCCHEZZA







Sapete cosè il patto generazionale? Per chi lo sa, dirò subito che mi sembra una patetica dichiarazione di impotenza e soprattutto una colossale ipocrisia.






Per chi non lo sa, dirò che il primo firmatario è Luca Josi, ex giovane socialista e ora imprenditore tv. Il patto generazionale è stato lanciato ormai alcuni mesi fa e consiste, brevemente, nella constatazione che l'Italia è governata da una cosiddetta gerontocrazia, i cui rappresentanti non hanno nessuna intenzione di mollare il potere. Nel testo si fa riferimento con una certa invidia a paesi che hanno leader quarantenni o cinquantenni (Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti). E infine, visto che non si può, e non si vuole, obbligare nessuno a scendere dal trono con le cattive maniere, un gruppo di "giovani" (si fa per dire visto che l'età media credo sia più vicina ai 50 che ai 40) fa una proposta per il futuro: chi firma si impegna a lasciare cariche di responsabilità allo scoccare dei 60 anni.

Avendo sentito Luca Josi alla radio stamattina, sono andata sul sito pattogenerazionale.it , ho letto l'appello, ho scorso un po' i nomi degli aderenti. A parte che è esilarante, perché ci sono anche dei sessantenni... Primo firmatario è Luca Josi, secondo (ed è sorprendente) Alessandro Profumo (nella foto), classe 1957, presidente della Superbanca nata dalle nozze tra Unicredit e Capitalia. Dispiace solo che nel testo Josi dichiari democratico interesse per le opinioni di chi legge, mentre poi si scopre che l'unico modo per interagire con il sito stesso è...aderire! Non sono previsti spazi per dissentire o, semplicemente, comunicare le proprie considerazioni. Bella prova, cari futuri sessantenni democratici.

Il patto generazionale, veramente, ha dei lati positivi oltre che dei lati negativi. Dividerò gli uni e gli altri in due gruppi.

A favore del patto:

  1. Mette in discussione chi è al potere. Questa è sempre un'opera meritoria e non facile. Fare gli esami a chi comanda dà fastidio. Domandargli se si sente ancora titolato a fare quello che fa, attira perfino disprezzo. Per questo il patto merita un bel 10.

  2. Affronta il tema dell'invecchiamento e dell'età. Credo che sia uno dei temi fondamentali della nostra società. Nessuna delle stagioni della vita è rimasta uguale a 20-30 anni fa. E' bene parlarne, anche se non è proprio l'obiettivo del patto. Comunque un 6+ di incoraggiamento.

  3. Dà visibilità a chi lo sottoscrive. Visto che l'obiettivo è scalzare chi governa e prendere il suo posto, uno dei modi è farsi conoscere. Per questo si è tentati di firmare comunque. Voto 5 e 1/2.
Contro il patto:
  1. E' ipocrita. Nessuno può credere sul serio che la maggioranza dei firmatari, se raggiungesse posizioni di potere, le lascerebbe di propria volontà a 60 anni. Ma come, dopo che ci sono arrivati così tardi! Voto 5

  2. L'età media si alza in tutti i paesi del mondo. L'Italia è il paese (insieme al Giappone) con la più alta aspettativa di vita. La percentuale degli anziani è in tumultuosa crescita. L'età media dell'elettore è 46 anni e nel giro di pochi anni supererà i 50. Perciò si parla, con ragione, di alzare l'età della pensione. A 60 anni di solito si è in buona salute, ancora si crede nel sesso, e si spera di vivere all'incirca altri 30 anni. Voto 3

  3. Il potere bisogna conquistarlo. I giovani hanno sempre fatto le rivoluzioni, almeno ci hanno provato. Hanno inventato dei nuovi modelli di vita da raggiungere. Niente di tutto ciò si vede in Italia. Non c'è nessun nuovo modello che i giovani vogliano imporre. Anzi, a volte si lamentano di volere più sicurezze. Il patto generazionale suona come l'ennesima lamentazione di una generazione che non ha saputo lasciare la propria impronta. Voto 1
3.bis E le donne? Loro sono discriminate sempre: dai 70 enni e dai 40enni. Eppure scommetto che la maggior parte dei firmatari è contrario alle quote rosa..... Voto 0

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