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giovedì 20 settembre 2007

FRATELLI PRECARI IN SPAGNA E FRANCIA




Guardiamo cosa fanno i nostri vicini per i giovani. In Spagna Zapatero, governo di centro sinistra, annuncia aiuti per pagare l'affitto di casa ai giovani fino a 30 anni che guadagnino meno di 22 mila euro l'anno. E' una bella spesa per le casse dello Stato: si calcola che questo "aiutino" di 210 euro al mese costerà al bilancio pubblico spagnolo 435 milioni di euro. Troppo? Ma per abolire il famoso "scalone" per i 58 enni da noi si devono sborsare svariati miliardi (tra 7 e 10 secondo le stime). In Spagna i precari sono circa il 33% dei lavoratori, ma nessuno dice "aboliamo il precariato" , piuttosto si pensa a sostegni sociali.



In Francia invece Sarkozy (centro destra) vuole spingere i francesi a lavorare di più: riduce le pensioni privilegiate, allunga il periodo dei contributi e spinge perché i contratti vadano oltre le famigerate 35 ore . Lo slogan è meno tempo libero in cambio di soldi. La Francia ha più disoccupati di noi, quindi bisognava fare qualcosa. Mi risulta che Sarkozy voglia anche riformare le protezioni dei lavoratori, introducendo un contratto unico (al posto di tempo determinato o indeterminato), con protezioni crescenti con il passare degli anni. Finirebbe così la distinzione precari-non precari. In Italia questo dibattito è agli albori, anche se Veltroni ha fatto quelle che si chiamano "aperture" proprio su questo, e appoggia un progetto di legge Treu-Boeri.
Come si vede sia a destra che a sinistra qualcosa per i giovani precari in altri paesi si fa, ma non è quello che si chiede in Italia: non è "l'abolizione del precariato", che sarebbe perfino un danno per i giovani che cercano un lavoro: sono politiche di sostegno e di incentivazione, per dare dinamismo a un mercato del lavoro che da noi è fin tropo stagnante.

mercoledì 5 settembre 2007

GUARDIAMO COSA SUCCEDE IN FRANCIA, STANNO PEGGIO DI NOI


Vorrei partire da quello che scrive Pier, mio lettore che saluto e ringrazio caldamente, nel suo commento al precedente post. Concorda sul fatto che un mercato del lavoro più flessibile dà comunque "qualcosa" (mentre in passato era facile incontrare il "nulla"), ma giustamente si lamenta perché ha l'impressione che i suoi stage si susseguano senza che ne nasca né vera formazione né passi avanti verso una maggiore competenza sul lavoro. Questo è un problema di cui si sente parlare molto, però i casi andrebbero analizzati uno per uno.
In linea generale, uno stagista che sa fare poco e che impara poco ad un'azienda non serve (o serve molto poco, ammesso che gli faccia fare che so, le fotocopie - ma ormai se le fanno da soli anche i capi). Uno stagista bravo e che impara molto invece gli serve parecchio e l'azienda avrebbe tutto l'interesse di tenerselo. Tra questi due estremi, ovviamente, c'è l'esperienza quotidiana e più varia delle aziende e dei giovani, che si lamentano per motivi opposti gli uni degli altri. Purtroppo la capacità di un sistema di offrire, come si dice ora, "occupabilità", dipende da molti fattori: il sistema di istruzione e formazione, i collegamenti tra scuola e mondo del lavoro, la rigidità del sistema economico e del lavoro.
Su quest'ultimo punto vi segnalo un articolo interessante di un collaboratore della voce.info sulla situazione in Francia. A volte studiare gli altri aiuta a capire meglio se stessi. Intanto, va detto che l'autore dell'articolo, Olivier Blanchard, è un economista francese che ha studiato e lavorato in prestigiose università degli Stati Uniti. Dichiara di aver sempre votato per i socialisti, ma stavolta ha puntato su Sarkozy. E uno dei motivi per cui lo ha preferito alla candidata Segoléne Royal, è appunto la dichiarata volontà di Sarkozy di riformare il mercato del lavoro.
La Francia ha, per certi versi, gli stessi problemi dell'Italia. Uno dei problemi più gravi è la disoccupazione e la sottocupazione di molti giovani. Ora, i giovani francesi hanno rifiutato un paio di anni fa il contratto di primo impiego (foto di una manifestazione in Francia), e ne sono molto orgogliosi, ma questo non ha fatto altro che aumentare la rigidità del mercato e il rischio di disoccupazione. Anche in Francia, come in Italia, c'è una forte frattura tra chi è super-protetto con il contratto a tempo indeterminato e chi lo è poco, con il contratto a termine. Blanchard propone il contratto unico, con un'indennità crescente a seconda dell'anzianità del lavoratore che venga licenziato. E propone di rendere più facili i licenziamenti per tutti. Sarkozy sembra avviato proprio su questa strada. Vedremo se riuscirà a realizzare qualcosa. Leggete comunque tutto l'articolo di Blanchard, ha anche altri aspetti e proposte molto interessanti.

sabato 1 settembre 2007

QUANTO CI COSTANO I FANNULLONI...




Tutti si lamentano delle tasse e in questi giorni si sentono "grida" antifisco, dalla Lega alla sinistra "sotterranea" (quella che non se la sente di venire alla luce). La notizia (i calcoli sono della Cgia) che siamo il Paese dove è più alta la spesa pro-capite per la pubblica amministrazione va ad aggiungere dolore a dolore: 5.564 euro l'anno a testa. Quando siete utenti e avete la sensazione che gli uffici pubblici rispondano male e con lentezza alle vostre richieste, certo non vi fa felici sapere che per questa amministrazione spendete più dei tedeschi e degli inglesi. Ancora meno vi deve dare soddisfazione il pensiero che solo la Francia ha una spesa pro capite per l'amministrazione pubblica superiore alla nostra...la Francia, terra di grandi scuole di Stato, dell'Ena (Ecole Nationale d'Administration Publique) dove il "pubblico" è spesso un modello. Confrontiamolo con il nostro... disastro!


Ma quando si tratta di lavoro, ecco che ancora molti sognano di entrare in questa pubblica amministrazione, dove si lavora poco, si guadagna altrettanto, si sonnecchia, si resiste alle novità, mi spiace dirlo ma parlo per esperienza personale... e l'organizzazione, soprattutto, è pessima. Certo non tutto è così ecc. ecc. Insomma ci hanno provato in tanti ma "pubblico" in Italia significa "non mio", quindi viene lasciato andare in malora.

Ma se quello è ancora lo standard di lavoro che molti sognano per sistemarsi, siamo messi veramente male. L'immagine dei "Fannulloni", anzi "Nullafacenti" di Ichino è sempre lì in agguato, perché purtroppo è vera. Sogno un mondo nel quale la PA non troverà persone che vogliono andarci a lavorare e quindi dovrà per forza alzare standard e stipendi... E' solo primo settembre, lasciatemi il mio sogno di fine estate!

Ecco tutto il testo del "lancio" Ansa, con le cifre:


VENEZIA - La Pubblica Amministrazione costa in media a ciascun cittadino italiano, compresi gli interessi sul debito, 5.564 euro l'anno, una cifra che colloca la nostra burocrazia fra le più 'care' d'Europa dietro solo alla Francia. E' quanto emerge da una ricerca dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha messo a confronto lo 'score' delle principali Pubbliche Amministrazioni europee. In Italia sul totale del costo incide molto la spesa per interessi sul debito pubblico e, in particolare, quella relativa al funzionamento della macchina pubblica (ovvero l'amministrazione e la gestione). Tra i principali competitori economici europei solo la Francia con 5.765 euro per ogni cittadino registra una spesa superiore alla nostra, anche se in termini di efficienza e di performance - osserva la Cgia - il pubblico impiego transalpino "é nettamente migliore" rispetto a quello italiano. La spesa di funzionamento totale - sottolinea la Cgia - è data dalla sommatoria dei costi per il personale, dai costi per l'amministrazione e la gestione e quelli per gli interessi da pagare sul debito pubblico. Dietro Francia e Italia si piazza il Regno Unito con 5.182 euro, poi la Germania (4.115) e, all'ultimo posto tra i principali paesi dell'Europa dei 15, la Spagna con soli 3.247 euro pro capite. "Di fronte a questi risultati - commentano alla Cgia di Mestre - ciò che balza subito agli occhi non è tanto il costo del personale italiano che con 2.660 euro pro capite è ben al di sotto dei dati riferiti al Regno Unito o alla Francia, bensì i costi per il funzionamento della macchina pubblica, che è la più costosa tra i principali paesi Ue nostri competitori". Infatti - precisano - se in Italia il costo si attesta sui 1.763 euro pro capite, in Francia è pari a 1.389 euro, mentre tutti gli altri Paesi sono ben al di sotto di questo importo. Infine, paghiamo ben 1.141 euro pro capite di interessi sul debito pubblico, contro i 752 della Germania, i 739 della Francia, i 638 del Regno Unito e i 379 della Spagna.

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