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lunedì 14 novembre 2011

APPUNTI PER IL PROF MONTI: IL LAVORO DELLE DONNE


In Italia c’è troppa poca gente che lavora. Questo è uno dei più gravi problemi della nostra economia. E’ un dato che ci mette in fondo a tutte le classifiche dei paesi occidentali e che denuncia la nostra debolezza quando poi si tratta di crescita, di solidità, di capacità di fare fronte alle difficoltà, semplicemente di produrre reddito.
Il nostro tasso di occupazione è sotto il 60%: per la precisone, secondo i dati Eurostat del 2010, gli ultimi disponibili, siamo al 56,9%. La media Europea, a 16 o a 27 che sia, è intorno al 65%, e tale è il dato in Francia, mentre in Gran Bretagna è vicino al 70%, così come anche in Germania. Perfino la Spagna ci supera, e perfino la Grecia. Ma se in Italia lavora così poca gente va capito il perché. E la spiegazione, chiara e semplice, sta tutta in una categoria della popolazione: le donne.

Se guardiamo i tassi di occupazione dei soli uomini, infatti, siamo più o meno in linea con gli altri paesi, anche sempre un po’ più in basso. Perfino in Italia gli uomini trovano normale lavorare. E il loro tasso di occupazione nel 2010 è al 67,7%, in forte calo rispetto agli anni precedenti quando era oltre il 70%. La media europea è al 70%. Insomma anche gli uomini in Italia come sappiamo non stanno bene, ma se la cavano.
Le donne invece abbassano drasticamente la media. Infatti abbiamo il tasso più basso di occupazione femminile del mondo occidentale, inchiodato al 46%, dopo che per un paio di anni era arrivato al 47, ma ben lontano dalla media europea del 58-59% e dal tasso di tutti gli altri paesi con cui ci confrontiamo di solito. In Francia il tasso di occupazione femminile è al 59,7%. E ci superano ancora una volta sia la Spagna che la Grecia (sic). Ecco il grosso problema. Chiunque vorrà far crescere l’economia italiana, modernizzarla e dare sicurezza alle famiglie in una prospettiva di lungo termine, dovrà affrontare questo problema. (Anche perché se in una famiglia si perde un lavoro e ce n'è un altro, si soffre sì mna non si finisce sotto i ponti!)

Questo cambiamento naturalmente potrà avvenire in modo indiretto: nel momento in cui la società italiana sarà spinta a crescere e a innovare, anche la partecipazione delle donne al mercato e il loro contributo alla società italiana crescerà e si farà più qualificato. Sarà un processo auspicabile, naturale e inevitabile, ma lento.
Oppure il problema può essere affrontato in modo diretto, cercando di scatenare una reazione positiva, più ampia, concentrata, da cui poi si potranno diramare una serie di conseguenze positive. Sarà tutta l’economia a beneficiarne, ma ci saranno ricadute notevoli anche sulla società e la cultura italiane, se ne discuterà a tavola, a letto, nelle famiglie, in trattoria, negli uffici, in tv.

Il professor Mario Monti in più di un’occasione, soprattutto da quando è iniziata la crisi mondiale che sta affossando l’economia occidentale, ha detto che questa crisi poteva e doveva essere l’occasione per includere gli outsider, riequilibrare la partecipazione degli esclusi al mercato, proprio per rimettere in piedi l'economia e la crescita. Quindi forse affronterà di petto il problema delle donne. Ma perché non concentrare il dibattito pubbblico su questo tema che potrebbe investire le vite personali di tanta gente, e forse cambiarle in meglio?

Le donne in Italia devono fare lavori retribuiti. Tutte, sempre di più. Questo dovrebbe essere l’obiettivo preciso. Ma cosa significa in una famiglia quando ci sono due stipendi invece di uno? Quale enorme differenza ci può essere anche in termini di rapporti personali tra i componenti di quella famiglia? Quali cambiamenti possono avvenire nel mercato quando la domanda cresce per effetto di tante persone in più che lavorano e domandano beni e servizi?
Discutiamone, se vogliamo che qualcosa succeda. Discutiamone pubblicamente, affrontiamo anche coloro che non sono d’accordo (e ci saranno).
Naturalmente si dirà che questo lavoro, questi posti di lavoro, non ci sono, non sono disponibili. Non basta volerli. Si dirà che tutte queste donne, se volessero lavorare diventerebbero automaticamente delle disoccupate, cosa che oggi ”tecnicamente” non sono. Ma tutti gli economisti sanno che questo è solo parzialmente vero e che l’ingresso sul mercato di tante donne che cercano lavoro porterebbe a un circolo virtuoso nel quale aumenterebbero anche i posti di lavoro. E aumenterebbe il benessere delle famiglie.
Gli economisti Alesina e Giavazzi oggi sul Corriere della Sera propongono una misura semplice, che potrebbe andare proprio in questa direzione: incentivare in tutti i modi il lavoro delle donne. Loro propongono imposte ridotte sul lavoro femminile. Una manovra apparentemente semplice, ma che avrebbe conseguenze enormi. Perché non si scatena un dibattito pubblico su questo, nel momento in cui un governo tecnico, (privo si spera in ampia misura di prevenzioni ideologiche) si deve mettere al lavoro? Credo che sarebbe importante anche per il futuro capo del governo Monti, affrontare questo problema e sentirew cosa ne pensa la gente. I mass media per ora sono sordi. Il tema è di quelli che fa solo "colore". Accettiamo ancora questo atteggiamento?

venerdì 14 settembre 2007

SI' IL LIBERISMO PUO' ESSERE DI SINISTRA





Le strofe migliori, e tutt'ora insuperate, le cantava Giorgio Gaber: "Che cos'è la destra, cos'è la sinistra?!..." La doccia è di sinistra, il bagno un po' di destra.....chi se le ricorda tutte? E chi non ha mai mentalmente approvato o dibattuto su cosa è di sinistra e cosa di destra nella nostra vita quotidiana? Oggi però ci troviamo sempre di più con le idee confuse. L'esempio dei lavavetri è sotto gli occhi di tutti; certo, fa impressione sentire intellettuali di sinistra, che amano vivere tranquilli in campagna senza che nulla di plebeo li disturbi, che ci invitano a tollerare il lavavetri che loro non incontrano mai.
Comunque l'argomento è più serio. Oggi molti di noi parlano di una sinistra conservatrice (esempio: la difesa dei pensionati contro il famigerato scalone). E tempo fa mi entusiasmai per un articolo di Luca Ricolfi sulla "dialettica dell'egualitarismo", che diceva: c'è un punto di non ritorno oltre il quale l'ugualitarismo si rovescia in generatore di ingiustizia...... nonché per un pezzo altrettanto illuminante sull'innovazione, il merito troppo trascurato e la sinistra conservatrice, di Nicola Rossi.
Ho letto il libro appena uscito di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, economisti piuttosto attivi nei commenti e nella discussione pubblica. Il titolo è molto ben scelto: "Il liberismo è di sinistra". Senza punti interrogativi. E hanno ragione perché il punto interrogativo avrebbe reso tutto molto facile e "palatabile". Invece la questione non può essere liquidata con un po' di possibilismo, ma va tagliata impietosamente. "Concorrenza, riforme, merito dovrebbero essere le bandiere della sinistra", si legge nel libro. E perché? Perché la loro mancanza genera ingiustizia, lascia invariati privilegi e diritti ereditari, ecco molto semplicemente perché. Perché quando si liberalizza i prezzi scendono, i posti di lavoro aumentano, le opportunità si aprono. Nel caso del mondo del lavoro la loro analisi è che la pura e semplice stabilizzazione degli attuali precari "ope legis" (questa è sinistra?!) farebbe subito schizzare di nuovo in alto la disoccupazione, riportandola oltre il 10% (ora è sotto il 7%). Gli esempi nel libro abbondano, il linguaggio è da non specialisti, vengono riportate situazioni che molti hanno vissuto e sperimentato in Italia e all'estero. Insomma il libro è bello.L'unica cosa che non condivido è il riferimento ai prepensionamenti e alla rottamazione dei cinquantenni...l'età media si alza, non si può mandare la gente in pensione prima, a meno che...a meno che non si applichi la flessibilità anche in uscita dal mercato del lavoro. Perché no? Io penso che sarebbe interessante. Comunque questo è un altro discorso.
Alesina a Giavazzi potranno essere criticati o ignorati dalla sinistra, insultati da chi vive di slogan e luoghi comuni ma hanno centrato il problema al 90%.
Un'ultima considerazione: leggendo commenti e post a questo blog o in altri mi sono accorta che a volte si può essere d'accordo con opinioni che abbiamo sempre considerato un po' "di destra", ma quando il quadro si allarga alla visione della società, dell'etica, del mondo, la differenza tra destra e sinistra mi appare subito non trattabile. Tutti noi, che ci siamo sempre considerati di sinistra, ma che ultimamente inorridiamo di fronte a certi luoghi comuni della "sinistra conservatrice", leggendo questo libro possiamo spiegare meglio perché: in fondo è una logica simile a quella che ha spinto me a scrivere "Precari e contenti". E lasciate pure che qualcuno inorridisca.

domenica 6 maggio 2007

QUEGLI "SCONTI" CHE FANNO ARRABBIARE GLI UOMINI


Il viceministro dell'Economia, Vincenzo Visco, non è d'accordo con l'idea di Alesina e Ichino, sulle agevolazioni fiscali per il lavoro delle donne. Veramente esordisce sul Sole 24 Ore di oggi dicendo che la proposta discende da una teoria rigorosa, ma ribatte richiamandosi in gran parte alla tradizione (Visco è un uomo!). La controproposta di Visco è quella di ridurre il costo del lavoro per le imprese che favoriscono il lavoro femminile (e questo credo che sia fortemente positivo) e di aumentare i servizi e i trasferimenti a favore dei figli. Il rischio è che si favoriscano così solo le donne che fanno figli (il che è solo uno degli obiettivi). Comunque, è importante quello che dice Visco ( e che ricordo ai miei lettori maschi e femmine, in riferimento ai discorsi a tavola di cui parlavo nell'ultimo post): "Le statistiche disponibili mostrano che i Paesi con maggiore fertilità sono anche quelli in cui le donne lavorano di più".

lunedì 23 aprile 2007

SALVATI DALLE DONNE


" Gli uomini sono convinti di governare il mondo. E hanno ragione". Così comincia un articolo dell' Economist (per chi non l'avesse capito una delle mie letture preferite) che stavo leggendo distrattamente ieri sera a mezzanotte meno cinque, mentre preparavo un piatto di rigatoni al tonno (con aglio, olio, rosmarino e ventresca di tonno; mi raccomando niente pomodoro). L'articolo proseguiva raccontando come, in effetti, gli uomini abbiano la maggior parte del potere politico, siano pagati più delle donne, e detengano i posti migliori. Eppure, se le donne lavorassero di più, il mondo potrebbe essere molto più ricco. Lo dimostra lo studio di un economista di Goldman Sachs (istituzione, credo, non particolarmente femminista) Kevin Daly: se le donne avessero dei lavori retribuiti allo stesso livello degli uomini, il Pil dell'America aumenterebbe del 9%, e quello dell'Europa del 13%.
Tra un rigatone e l'altro, annaffiato da vino bianco freddo, già pensavo di riprendere l'articolo, accostandolo alla proposta di Ichino e Alesina sulla riduzione delle tasse alle donne. Ma ecco che il giornalista dell'Economist (anonimo rigorosamente, alla faccia di noi giornalisti dal mega ego) incalzava: il basso tasso di impiego delle donne non è solo una questione di scelta, ma di convenienza. Tanto che due economisti italiani, Alberto Alesina e Andrea Ichino (chi si risente) hanno suggerito di ridurre la tassazione del lavoro femminile del 32%.
L'Economist spiega che questo provvedimento, oltre a rendere la società più giusta, e ad aumentare il prodotto interno lordo, aiuterebbe a combattere gli effetti devastanti dell'invecchiamento della popolazione (che rischia di far esplodere l'equilibrio del mercato del lavoro di qui a qualche anno: vedi il sito "una vita in più" ).
Ora, il mercato spagnolo è quello che si sta muovendo di più. Italia e Giappone invece vanno al rallentatore. Forse perché, almeno da noi, le idee conservatrici sono ugualmente distribuite e super rappresentate in tutte le fasce della popolazione, giovane o anziana, a destra e a sinistra. Conclusione dell'Economist: "Men run the world's economies; but it may be up to women to rescue them". Che significa: donne salvateci voi, anche se noi cercheremo di impedirvelo in tutti i modi!
Va aggiunto, per i miei lettori che già si preoccupano che così i lavori a disposizione degli uomini diminuiscano, che se più persone lavorano, e quindi guadagnano, si creano nuovi posti di lavoro, più persone consumano e quindi spendono, nascono nuovi posti di lavoro, e così via. E tutti ne dovrebbero beneficiare.
Va aggiunto anche che, nei paesi in cui le donne lavorano di più, nascono più figli: praticamente in tutti gli altri paesi europei, visto che l'Italia ha il record negativo delle donne che lavorano e anche quello delle donne che fanno meno figli.

ps: Alberto Alesina e Andrea Ichino sono due uomini, ma hanno studiato e lavorato all'estero.

giovedì 19 aprile 2007

PRECARI IN CERCA DI QUALITA', dal Messaggero


(dalla prima pagina del Messaggero di oggi)
Si sentono cittadini di serie B, perché hanno un lavoro a termine o un contratto atipico. In effetti, se fossero nati 15-20 anni fa, molti di loro non sarebbero precari. Sarebbero disoccupati. O farebbero un lavoretto in nero. Non sarebbe peggio? Ma questa non è la generazione degli spostati, dei senza prospettive. Il lavoro a termine in tutta Europa è più alto che da noi, in Spagna tocca il top: 33%. In Italia si parla di 13% e in questi anni è aumentato pochissimo. E’ cresciuta invece l’occupazione, ed è diminuita drasticamente la disoccupazione, che tra l’inizio degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 era a due cifre, mentre ora è a un minimo storico: 6,8%. Certo, questo non è più il mondo delle certezze. La ”vita liquida” è un’immagine che non riguarda solo il lavoro, ma anche i rapporti personali, lo stile di vita, la possibilità di muoversi, di cambiare ruolo. Uno dei nostri problemi è, piuttosto, che in Italia ci si muove poco nella scala sociale, sono tornate le ”caste”. E poi sono in pochi disposti a spostarsi da una città all’altra, da una regione all’altra, anche in un altro paese, perché no. Sentiamo tante storie di giovani frustrati, delusi, che non hanno un lavoro che li soddisfi, o che li faccia sentire ”tranquilli”. Li capiamo. Tutti noi dobbiamo capirli e soprattutto dobbiamo aiutare questo Paese a sviluppare un mercato del lavoro più dinamico, più trasparente, che dia a tutti delle vere, delle grandi opportunità. In questi giorni si parla di ammortizzatori sociali: finalmente. La flessibilità crescerà, ma un sistema di ”flexicurity” la renderebbe più accettabile. Ma questo significa anche puntare sulla qualità: la qualità della formazione è la chiave della crescita dei singoli e di tutto il paese. Per alcune lauree, come ingegneria e chimica, l’offerta di lavoro supera il numero dei laureati disponibili.
E poi ricordiamoci che le più svantaggiate, ancora, sul mercato del lavoro, sono le donne. Abbiamo un livello di occupazione femminile infimo, da vergognarsi di fronte all’Europa. In questi giorni due giovani economisti (Andrea Ichino e Alberto Alesina) hanno proposto di incentivarla con agevolazioni fiscali per il lavoro femminile (e un inasprimento per quello maschile): lo so, è impopolare. Ma per essere troppo popolari a volte si sbaglia.

domenica 15 aprile 2007

TASSE PIU' LEGGERE PER LE DONNE? UNA GENIALE FOLLIA


L'Italia è spesso il paese dei record negativi. Come nel caso delle donne: sono poche quelle che lavorano (appena il 39%, ben lontano dalle medie europee oltre il 50% e dall'obiettivo di Lisbona, al 60%, ma anche dalla Spagna che a quanto pare ha fatto un balzo al 59%), poche quelle elette in Parlamento (il 14% al Senato, il 17% alla Camera, mentre in altri paesi europei, compresa la Spagna, sono al 36%) poche quelle che riescono a conquistare posti di responsabilità. Non parliamo poi del comando. Nei giornali, specchio deformato da cui molti di noi guardano la realtà, sembra di vedere tante donne. Ma appena ci si guarda intorno alle riunioni nella stanza dei bottoni, per non parlare dei vertici veri e propri, le donne come per magia scompaiono. Se qualcuna di noi faticosamente riesce a farsi avanti, può stare certa che basterà un uomo anche mediocre per rendere tutto più difficile. Io credo che ormai dobbiamo arrenderci: vanno intraprese politiche attive per rimediare a queste carenze, dal basso e dall'alto. Dall'alto, non c'è altro metodo che quello delle quote, e credo che sarà l'unica soluzione possibile per almeno un'altra generazione. Dal basso, bisogna incentivare le donne a lavorare di più e i datori di lavoro ad assumerle.
Ho letto la proposta di Andrea Ichino e Alberto Alesina sul Sole 24 Ore del 27 marzo e ho letto ieri la loro risposta a chi gli poneva delle obiezioni. La sostanza è semplice: alziamo le tasse agli uomini e abbassiamole alle donne. Trovo assoluamente celestiale che questa idea venga da due uomini, che quindi non possono essere accusati, come accadrebbe ad una donna, di ridicolo veterofemminismo. Lo svolgimento della proposta prende in considerazione l'elasticità dell'offerta di lavoro (più rigida per gli uomini e più variabile per le donne), il che significa che gli uomini continueranno a lavorare nella stessa misura anche se gli alzate un po' le tasse, mentre sull'occupazione femminile questo sarebbe un incentivo sufficiente ed efficace a cambiare le decisioni, dei singoli e delle imprese. E tutto ciò a costo zero per il bilancio dello Stato. Alesina ed Ichino nel pezzo sul Sole di ieri rispondono a tutte le obiezioni, confutandone la fondatezza. Addirittura si spingono (dimostrando un amore quasi folle per il pensiero razionale, ma sono due studiosi che si sono formati ad Harvard e al Mit negli Usa, cosa possono capire?) fino a dire che all'interno della maggior parte delle famiglie avverrebbe una compensazione delle perdite, per cui gli individui effettivamente penalizzati sarebbero pochissimi. E il guadagno per la collettività grande. Purtroppo però nessuno ha avuto il coraggio di porre loro l'obiezione principe: ma come vi permettete di alzare le tasse a me, uomo, per favorire le donne? Ma che siete matti? Che fine fa la mia dignità? Addirittura, se ne beneficia mia moglie, è ancora peggio: che figura ci faccio? Non solo lei lavorerà in casa e fuori (e me lo rinfaccerà), ma in più il mio stipendio si ridurrà. Il mio potere "contrattuale" nella famiglia sarà eroso, forse sgretolato... Insomma, l'obiezione di base è : "giù le mani dai sacrosanti privilegi degli uomini", altro che rigidità della domanda o dell'offerta, cuneo fiscale, base imponibile e aliquote. E' un'idea intollerabile per gli uomini! E a questa obiezione è molto più difficile rispondere.

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