PRECARI E CONTENTI ALLA ZANZARA
Due segnalazioni permettetemele. Sul Foglio di Giuliano Ferrara è uscito oggi un bell'articolo sul libro e anche su di me, che incautamente dico "il mio cognome mi perseguita"...saranno contenti i mei familiari ! D'altra parte si sa come sono i giornalisti (e ci metto anche me stessa): appena dici una leggerezza loro ci si aggrappano come se fosse la cosa più importante di tutto il discorso. Comunque l'articolo è molto bello.
L'altra segnalazione è per stasera. Se vi capita di sentire la radio, Cruciani giornalista di Radio 24, mi farà parlare un po' del tema giovani e lavoro. Appuntamento alle 20-20,15 su Radio 24.
10 commenti:
Cara Angela,
mi pare lei dimentichi un dettaglio: quanti contratti atipici nascondono rapporti di lavoro subordinato?
Glielo chiedo perché sono un precario che per due anni ha lavorato (suo malgrado mai assunto) con turni anche notturni, festivi, superfestivi, ha fatto straordinati eppure mai gli è stato riconosciuto un euro, grazie all'uso fraudolento della formula del contratto a progetto.
Forse cambierò lavoro: non ho accumulato un euro di Tfr, non ho mai avuto una tredicesima, non ho un euro di contributi pagati dal datore di lavoro (alias zero pensione, giacché per carità patria evito di definire una crisalide di pensione i contributi prelevati dalle mie tasche dalla gestione separata).
Dimenticavo: faccio il suo stesso mestiere.
Saluti
Giampiero, come racconto nel libro, nel giornalismo (e in tanti altri lavori) il "nero" è sempre esistito. Quando io arrivai al Messaggero lasciavo un posto sicuro per fare invece il lavoro che amavo, ma nel giornale c'erano tantissimi collaboratori occasionali, ai quali da anni (anche da 10 anni gli stessi) era vietato sedersi alla scrivania. Negli anni '70 invece si lavorava tranquillamente gratis e in nero, e tutti gli abusivi stavano in redazione. Purtroppo alla fine solo alcuni ce la fanno e oggi nei giornali è più difficile di prima. Perciò dico sempre che questo è un lavoro che si può intraprendere solo se non farlo ti fa stare molto peggio di quanto starai male facendolo. Credo che tu possa capirmi. Quanto al resto hai perfettamente ragione e infatti nel libro parlo di questi problemi. Purtroppo sono sottovalutati da coloro che in modo altisonante chiedono l'abolizione del precariato, che è come chiedere l'abolizione delle nuvole. Ne possiamo riparlare se vuoi
Ho inserito l'articolo, bellissimo, nel mio blog: http://www.censurarossa.splinder.com.
Saluti
NC
Ciao Angela,
leggo in giro che raccogli consensi.
Mi fa piacere. In questa epoca di qualunquismo c'è anche chi ha voglia di ragionare e confrontarsi. - Arnald
Grazie Arnald, so che quello che dici ti costa un po'...e lo apprezzo molto. E' chiaro che quando si ragiona sulla propria pelle le cose sono sempre un po' più dure...
X censura rossa (certo che questo titolo...fa un po' impressione) grazie nel tuo blog bisogna essere iscritti, è un po' complicato. link?
Ho sentito adesso l'intervista a Radio24. Grazie, grazie e ancora grazie per il libro che hai scritto. Come dico da tempi non sospetti, non esiste la precarietà, esiste solo l'opportunità, per chi ha coraggio e volontà. Il problema vero è semmai la sicurezza sul lavoro. La mancanza di sicurezza è una delle poche vere forme di sfruttamento dei lavoratori presenti in Italia. E' sotto gli occhi di tutti, ma se ne parla ancora troppo poco. Tutti invece a riempersi la bocca con questa parolaccia, precarietà.
Gianluca, grazie per questo commento. La sicurezza è fondamentale, non ci deve essere un lavoro non sicuro, anche se ci sono lavori più a rischio. Ma non è la precarietà che favorisce l'insicurezza, perché i precari sono tutelati dalla legge. E' il lavoro nero che mette a rischio il lavoratore, che se si fa male viene buttato per la strada, per non far scoprire che era irregolare! Altro che Caruso.
Cara Angela,
grazie per la risposta. Ben felice di proseguire la conversazione: se vuoi mandarmi un tuo contatto a raffaello11(et)ilbranco.com sarò lieto di scriverti.
Resto perplesso. La tutela dei contratti a progetto è effimera, non riesco a scorgere questa gran differenza rispetto al nero.
Ma soprattutto: quanta parte dei co.pro cela un rapporto di subordinazione non riconosciuto e non tutelato? E quale responsabilità va individuata in chi ha concepito una normativa che non può non aver messo in conto quanto la regolarizzazione di rapporti 'atipici' avrebbe creato il fenomeno dei falsi collaboratori?
Saluti
Ciao Angela, sono Nicoletta di Glamour. Volevo segnalarti che anche su Glamour in edicola da ieri c'è la tua intervista e la segnalazione del tuo libro.
Ma volevo anche dirti che sul sito www.style.it (che riunisce le testate Glamour, Vanity Fair e Vogue) c'è un forum dedicato al lavoro e alla felicità (anche lì ho citato il tuo libro). perché non partecipi e non dici la tua sul tema?
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