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martedì 27 novembre 2007

SOGNANDO DANIMARCA



C'è un paese che ormai viene costantemente portato ad esempio, sia per la condizione dei lavoratori, sia per quella delle donne. E' la Danimarca. Su La Repubblica del 26 novembre il paese è descritto come "La fabbrica dei papà perfetti". Non a caso. Perché come stiamo sottolineando da un po', è solo nel paese in cui i papà si sentono responsabili dei problemi familiari e in particolare dei figli, che le donne possono liberarsi un po' del loro insostenibile fardello. Come abbiamo raccontato nel post dedicato all'avvocato Giulia Bongiorno, se un'azienda ha gli stessi oneri di "paternità" e/o di "maternità" nei confronti dei dipendenti, non avrà nessun motivo per preferire l'assunzione di un uomo a quella di una donna.

Non a caso la Danimarca ha una percentuale di donne che lavorano del 77,4% (rispetto al 46,3% dell'Italia), e ha anche un tasso di natalità superiore a quello dell'Italia: da noi siamo a 1,3 figli per donna (già in risalita) mentre in Danimarca il numero di figli per donna è 1,7 ..... Da noi le donne ambiscono a essere mamme perfette, spesso sono costrette a stare a casa, eppure le culle sono vuote. Bel risultato!.

Ma, a sentire gli esperti danesi, (vedi l'intervista all'esperto danese nel bollettino n. 42 della fondazione Marco Biagi) la Danimarca non è così lontana: hanno una forte sindacalizzazione dei lavoratori e una grande centralità dei contratti di lavoro nazionali. Proprio due caratteristiche che sono proprie anche dell'Italia. E' vero però che in Danimarca c'è una tradizione "partecipativa" e di collaborazione lavoratori-imprenditori che da noi manca. Comunque vale la pensa diventare tutti un po' più "danesi".


Infine, anche nel numero di Newsweek della settimana scorsa la Danimarca viene additata ad esempio per le riforme nel mercato del lavoro per paesi con gravi problemi di declino e difficoltà nel settore della produttività e del mercato del lavoro. L'esempio su cui si dilunga Newsweek è quello del Giappone, ma a molte affermazioni che riguardano il Giappone basterebbe sostituire la parola "Italia" e ci si accorgerebbe che il ragionamento funziona lo stesso.

mercoledì 17 ottobre 2007

FORZA RAGAZZE, FORZA

Tornando in treno da Milano oggi ho incontrato tre ragazze interessanti: come prima impressione sembravano studentesse, però non proprio giovanissime. Poi ho sentito che parlavano di lavoro e non di cazzeggio soltanto. Infine ho sentito nominare bambini e baby sitter. E lì sono scattati i primi sguardi di solidarietà: tutte cercavamo di telefonare alle rispettive baby sitter, frustrate dalle continue gallerie che facevano cadere la linea. Per farla breve erano tre ricercatrici, assegniste per la precisione, che si occupano di ricerche statistiche legate all'economia all'università di Bologna. Una ha raccontato che quando si era dedicata a fare la mamma per un anno, una volta si beccò il rimprovero di una bambina di tre anni che voleva assolutamente sapere che lavoro facesse...alla sua risposta "faccio la mamma" si mise a gridare che non voleva essere presa in giro, perché fare la mamma non è un lavoro.




Un'altra è incinta ora e già sta preparandosi a vivere tre mesi senza assegno. La terza invece ha un figlio di due anni, lavora a due ore da casa, e in più svolge anche altre attività di impegno sociale e politico. Ovviamente abbiamo parlato di precari, di flessibilità, di lavoro a termine. Ormai non c'è posto dove non si parli di questo. Ho anche detto che in fondo loro hanno degli strumenti che non molto tempo fa all'università non c'erano. Però ci siamo guardate (me compresa, che appena scesa dal treno sono corsa a una riunione del gruppo scout di mia figlia) e non abbiamo potuto fare a meno di pensare quanto è dura. E' dura fare tutto, in una organizzazione sociale e del lavoro ancora così ibrida, così lacerata tra ciò che era e ciò che (speriamo) sarà. Intanto però, sempre di più sono quelle che ci provano e ce la fanno. E lo dice anche la voce.info che pubblica un articolo su un lieve segnale di ripresa della natalità: si cominciano a fare un po' più figli proprio in quelle regioni dove le donne lavorano di più. Per la prima volta abbiamo forse intercettato la "corrente" europea. Speriamo che tenga. ...Forza e coraggio




ps: sul Foglio di oggi c'è la ripresa di un grande servizio di Newsweek sulle donne di potere di oggi e del passato. Molto belli entrambi i servizi, sia quello di Newsweek che quello, un po' muscolare, del Foglio, intitolato, magnificamente, "Femmine di potere". Forza ragazze, forza

martedì 26 giugno 2007

DALLO SCALONE PRECIPITANO LE DONNE



Siccome era urgente abolire lo scalone, e il tesoretto è esiguo, si dovranno rinviare altri problemi. Lo sintetizza egregiamente Tito Boeri sulla Stampa di oggi: "Taglio delle tasse addio". Boeri scrive anche : "Si rassegnino i più giovani, la montagna del debito pubblico non si abbassa". E io direi che si può specificare meglio che il danno è, in generale, per i più giovani e per tutti i contribuenti. Ma, in particolare, vengono ignorate due categorie di problemi: gli aiuti alle donne con figli e gli aiuti ai vecchi non autosufficienti. Anzi, a ben vedere, questi due problemi si concentrano su un unico soggetto: la donna del Sud. E' lei che fa più fatica a trovare lavoro, è lei che ha meno aiuti per i figli, è lei che ha più bastoni tra le ruote (se ha un marito che ha "piacere" che lei si "occupi della famiglia"), è lei che bada agli anziani non autosufficienti. Questo è il soggetto che dovrebbe essere aiutato, incentivato, sgravato dalle tasse, fornito di servizi pubblici e privati, liberando enormi energie per tutta la società. Le donne, e le donne del Sud in particolare, in questo paese non riescono a lavorare e a fare figli. Portano sulle spalle un fardello enorme. Se studiano, sono più brave dei maschi. E se lavorassero farebbero schizzare in alto il reddito del Paese, come hanno dimostrato alcune ricerche già da me citate. (Confrontate in particolare il post del 23 aprile, ma anche quello del 15 aprile, del 4 e del 20 maggio.) Ma anche loro sono scivolate sullo scalone. Purtroppo.

(2./segue)

venerdì 18 maggio 2007

DONNE: COMINCIAMO BENE..., MA CONTINUIAMO MALE



Ieri sono stata ospite a un'interessante trasmissione su Rai Tre: "Cominciamo bene", condotta da Elsa Di Gati e Fabrizio Frizzi. La puntata era sulle donne e il lavoro, titolo "La parità che non arriva". Si partiva dall'esempio delle operaie della fabbrica di pantaloni vicino Napoli, di cui ho parlato in un precedente post. Si è discusso molto di discriminazioni "pesanti": operaie licenziate perché erano state in maternità, infermiere licenziate dopo una malattia, impiegate comunali licenziate perché donne. E si è parlato soprattutto di Sud, di lavoro nero, di concorrenza delle fabbriche cinesi. Temi duri per la televisione, di cui non è facile occuparsi.
Il tempo purtroppo non è bastato per approfondire anche di quella discriminazione, meno clamorosa ma ancora più diffusa, che tiene a casa oltre la metà delle donne italiane. Tante di quelle con figli. Lo sapete che alla domanda "pensate che un figlio soffra se la madre lavora?", in Italia il 77% delle risposte è "Sì"!? In Danimarca la risposta è affermativa solo nel 18% dei casi! Fossero madri degeneri queste danesi? Però fanno più figli di noi.
Ma in Italia non ci sono i nidi, non si aiutano le donne a lavorare, prima di tutto non le aiutano i loro mariti (il 77%del lavoro familiare spetta alle donne), figuriamoci lo Stato o le imprese... in Italia si fanno pochi figli, mentre nei paesi in cui le donne lavorano di più, nascono più bambini. E, ironia della sorte, sono spesso anche più educati dei nostri vezzeggiati e tutelati figli unici.
Ecco un po' dei dati che avevo preparato per la trasmissione, ma come spesso capita in tv, non c'è stato tempo per parlarne.


  • IN ITALIA LAVORA IL 45% DELLE DONNE - LA MEDIA IN EUROPA E' DEL 60%
  • AL SUD SOLO 4 DONNE SU 10 HANNO UN LAVORO
  • TRA LE DONNE DEL SUD CON BASSA ISTRUZIONE SOLO UNA SU 3 HA UN IMPIEGO
  • TRA LE DONNE CON FIGLI PICCOLI SOLO IL 53% LAVORA
  • DOPO LA NASCITA DI UN FIGLIO SOLO IL 30% DI CHI LAVORAVA RIPRENDE IL LAVORO
  • I BAMBINI CHE VANNO AL NIDO SONO IL 13,5% - AL SUD IL 5,4%
  • TRA LE DONNE DI 35-44 ANNI ACCOPPIATE E CON FIGLI LAVORA IL 68,2% AL NORD - TRA LE SINGLE IL 91%
  • AL SUD LAVORA IL 36,5% DELLE DONNE TRA I 35 E I 44 ANNI ACCOPPIATE E CON FIGLI- TRA LE SINGLE DEL SUD LA PERCENTUALE E' DEL 70,5%
  • IL TASSO DI NATALITA' IN ITALIA E' 1,2 FIGLI PER DONNA
  • IL TASSO DI NATALITA' IN FRANCIA E' DI 2 FIGLI PER DONNA
  • IL TASSO DI OCCUPAZIONE DELLE DONNE CON FIGLI MINORI DI 6 ANNI IN ITALIA E' DEL 53%
  • IL TASSO DI OCCUPAZIONE DELLE DONNE CON FIGLI MINORI DI 6 ANNI IN FRANCIA E' DEL 65%
  • IL RAPPORTO TRA POSTI NIDO E NUMERO BIMBI IN ITALIA E' DEL 10%
  • IL RAPPORTO TRA POSTI NIDO E BAMBINI IN FRANCIA E' DEL 40%

venerdì 11 maggio 2007

...E LE ITALIANE, TROPPO PERFETTE PER ESSERE MAMME IMPERFETTE

Le donne italiane lavorano troppo poco (fuori di casa) rispetto alle loro "colleghe" europee, eppure fanno molti meno figli... Si parla di agevolazioni fiscali per le donne, si parla di più servizi all'infanzia per aiutarle, poi qualcuno, come Luca Cifoni, si spinge a ipotizzare che le donne italiane siano vittima dell'etica del tempo libero, che io stessa ho lanciato, quasi a dire: non hanno poi tanta voglia di faticare.
Bè, doversi difendere è quasi offensivo. Non solo le donne lavorano mediamente più degli uomini (8 ore al giorno contro le 7 dei loro compagni), ma spesso accumulano ruoli e doveri che rendono tutto più pesante, al limite dell'impossibile. Perciò si moltiplicano gli studi e le proposte per aiutare le donne a fare un lavoro regolare e retribuito fuori di casa. Per esempio la voce.info di oggi riprende il tema: scarta la proposta di Alesina e Ichino di tasse più basse per le donne, scarta anche l'idea di tassare il reddito monofamiliare, e spinge invece sul tasto dei servizi disponibili. Quindi nidi, assistenza ai non autosufficienti, colf e badanti detraibili dal reddito. Anche perché le donne che lavorano devono anche superare l'opposizione dei loro mariti!
Ma, detto tutto ciò, mi chiedo se non ci sia anche un fattore in più nella scarsa propensione italiana delle donne a fare figli e al tempo stesso a lavorare. Lo chiamerò fattore "P" . Dunque, non è che per caso siamo vittime della sindrome della perfezione?
Avevo adombrato questa possibilità già nel post in cui raccontavo della famiglia francese con 5 figli e delle reazioni delle mamme italiane. Ma insisto: prima di lanciarci vogliamo che tutto sia sicuro. E nell'attesa della perfezione...niente. Vogliamo il lavoro "sicuro", ma anche il divano in soggiorno, la casa di livello adeguato e vicino ai "nonni", gli appuntamenti con piscina, palestra, musica, e quant'altro per i pargoli. E aspettando la perfezione, forse si rimanda un po' troppo la vita attiva. In altri Paesi vedo che ci si mette insieme, si "vive", si fanno figli, forse con un po' più di nonchalance. Magari prima ancora di sposarsi (e di spendere 20 mila euro per un matrimonio in piena regola, con festa e vestito bianco), magari con una casa un po' inadeguata. Insomma: noi italiani sogniamo sempre la vita perfetta, e ci lamentiamo. Dovremmo, tutti, essere capaci di "buttarci" un po' di più. O no?

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