INVESTIRE NELLA CONOSCENZA O SPROFONDARE
«Forse è esagerato parlare di declino dell'Europa della conoscenza; ma è certo che il mondo corre e che la Ue fatica a tenergli dietro». Lo dice il ministro Mussi. E se la Ue fa fatica, purtroppo l'Italia arranca.
Oggi c'è stato il convegno di cui dicevo ieri su 'Il ruolo delle università nello spazio europeo dell'istruzione e la ricerca" nell'aula magna del rettorato dell'Università di Roma "Sapienza". Mussi ricorda che «la Ue spende poco per la sua ricerca e per le sue università: investimenti in ricerca scientifica e in sviluppo tecnologico sono inferiori al 2% del Pil contro il 2,7 degli Usa e il 3,2 del Giappone. Inoltre, la spesa complessiva per l'alta formazione in Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna non supera l'1,1% del Pil. E e in Italia, udite udite, è perfino inferiore allo 0,9% contro il 3,6% degli Stati Uniti».
Tra ricerca e istruzione, quello che viene definito "pacchetto conoscenza", i dati dell'Italia sono un pianto. Secondo i dati Ocse, in Italia non raggiungono il 2,5%. In Francia, Gran Bretagna e Germania sono vicini al 4% del Pil mentre in Giappone assommano al 5,0% e negli Usa toccano addirittura il 6,6% del Pil.
Tutto ciò, ammette il ministro, si traduce in un imperativo per l'Italia e per l'intera Europa: «Non possiamo pensare di poter vincere come singoli paesi la sfida della conoscenza: o vinciamo insieme, e possiamo vincere, o perdiamo tutti». E non è bello sapere che, anche nella squadra perdente, l'Italia è guardata storto.
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