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lunedì 16 luglio 2007

"E VAI, SI COMINCIA..." STORIA DI ANNA, ORMAI EX PRECARIA


Questa è la storia di Anna, una che non è mai stata una precaria, neanche quando lavorava a progetto...il bello è che lei si è resa conto di quanto sia stata "brava" solo recentemente. Lei vorrebbe difendere quelli che, diversamente da lei, sul lavoro non ce la fanno, quelli che si ritrovano sempre precari. Ma credo che il miglior aiuto venga dalla sua esperienza e dalla sua capacità di non arrendersi mai.
Scrivetevi su un post-it il suo proverbio cinese...

" E' sempre difficile parlare di se stessi, delle proprie esperienze.... Allora, mi chiamo Anna, ho 38 anni, d'origine pugliese (prov. di Brindisi) e abito a Roma e lavoro da 11 anni. Mi sono laureata nel 1994 a Lecce in Scienze Biologiche e dopo l'anno di tirocinio mi sono iscritta all'albo dei Biologi.
Nel 1997 mi sono trasferita a Roma (per ragioni di cuore) e così è cominciata la mia avventura lavorativa romana.
Il mio primo lavoro? Operatrice telemarketing (all'epoca si cominciava appena a parlare di call-center). alla 3 F.
Premetto che, nonostante la laurea, non ho mai avuto problemi di accettare i vari lavori (tutti sono dignitosi e costruttivi), non me lo potevo neanche permettere, avevo appena comprato casa con relativo mutuo!!
(Dico questo perché conosco persone, soprattutto al Sud che preferiscono rimanere disoccupati piuttosto che fare un lavoro non consono ai propri studi!! Diciamo disoccupati e contenti, a questo punto). Lavoravo tre ore al giorno dalle 18 alle 21. Vendevo corsi per computer via telefono !!!! Incredibile ma ci riuscivo veramente!!!!! Contratto di Collaborazione Occasionale, paga L.400.000 netti. Nel frattempo mi guardavo intorno e mandavo curricula a destra e sinistra. Ho lavorato per circa due mesi, poi mi sono licenziata in quanto ho trovato un primo impiego da biologo.
E vai si comincia, mi sono detta. Primo laboratorio di Analisi Cliniche sull'Appia Nuova. Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa. Paga L. 800.000 per 4 ore al giorno. Mi interessavo della patologia clinica!!! Ci sono stata un anno, il direttore è stato per me un padre, ma proprio per questo prima poi da casa bisogna andar via. Mi stava stretto nonostante mi aumentasse lo stipendio decisi di cambiare. Avevo voglia di conoscere altre realtà e guadagnare maledettamente di più.

Passo a lavorare per un centro medico più grande, una grossa realtà romana zona Parioli. Ci sono stata quasi 3 anni. Sono veramente cresciuta professionalmente e come persona qui, bellissimi ricordi. Avevamo messo su, insieme con altri colleghi una nuova sezione:Analisi e Qualità degli Alimenti. Contratto inizialmente Co.Co.Co. poi Partita Iva professionisti.Tutto sommato mi andava bene, però c'era qualcosa, forse che la biologa in realtà non mi piaceva farlo? Mi sono venute le crisi del periodo universitario, della serie, ma io che centro con biologia? La ricercatrice non mi piaceva farlo, ai tempi dell'Università andavo a seguire con una mia amica (che studiava economia) le lezioni di marketing. Mi piacevano tantissimo.
Una mattina decido che avrei cambiato lavoro. Mi licenzio; tutti i conoscenti mi dicono che ero matta perché la paga era buona e che andavo a fare un lavoro esasperante, che non centrava niente con quello che avevo studiato.Alla fine sono assunta da una multinazionale americana di Assicurazione con CFL nel ruolo d'impiegata commerciale. In sostanza mi trovavo io i clienti a cui dovevo vendere assicurazioni sulla vita. Ci riuscivo anche bene!!!!Credo che sia stato il lavoro che mi ha completamente cambiato, sia dal punto di vista umano (ho conosciuto tantissime situazioni e persone incredibili, amici che ancora frequento) che professionale. Ci sono stata 1 anno. L'azienda poi, era in odore di ristrutturazione, mi ha offerto dei soldi per andar via e subito ho accettato e dato le dimissioni.

Nuovamente in cerca di lavoro, dopo una settimana di riflessione ho deciso di rientrare nel mondo scientifico, per lo meno nella materia per cui avevo studiato. Mi hanno offerto un posto di biologa presso una Casa di Cura privata sulla Cassia. Via si ricomincia con le provette, ma ormai non mi soddisfaceva più, ero abituata a parlare di quote di mercato, ecc. Che fare?? Qualcuno dei miei conoscenti mi suggerisce il mercato farmaceutico. Mi licenzio e decido di entrare nel mondo dell'Informazione Scientifica del Farmaco (ISF). Dopo alcuni colloqui ricomincio a lavorare.Ho subito lavorato per una piccola Azienda italiana, poca formazione da parte loro ma tantissima esperienza personale sul campo. Della serie: questi sono i farmaci, questi i tuoi clienti, buon lavoro!!! Contratto iniziale per sei mesi Co.Co.Co. con la promessa di una trasformazione ad un contratto tipico di legge dei chimici.Prima della scadenza avevo trovato già un'altra Azienda, Italiana sì ma multinazionale (Gruppo SIGMA-TAU).
Contratto a tempo indeterminato, e questa volta ho dettato io le condizioni!!!! Finalmente. Ora è più di 5 anni che ci lavoro. Mi piace, sono contenta della mia Azienda, massimo rispetto per il personale e in più guadagno anche bene.

Mi sono fermata un attimo, dice il mio compagno di vita. Già, perché nel frattempo ho avuto anche una bambina, la bellissima Federica, che mi prende tanto quando torno a casa da "lavoro mamma" come dice lei.
Ho in mente però un progetto, mi piacerebbe mettere su un'attività in proprio. Comincio a pensarla, a plasmarla, ancora sulla carta... D'altronde le opportunità bisogna crearle, non aspettarle chissà da chi. Bisogna avere bene in mente quello che si vuole fare e poi agire, non farsi schiavizzare!!!
Ognuno di noi ha dentro di sé le risorse e le capacità giuste per risolvere e creare, mai accettare compromessi perché pensiamo di non valere niente!!! Non è vero!!! Quando sono giù io mi avvalgo sempre di un proverbio cinese che mi ha lasciato il segno nel cuore quando l'ho letto: scava dove ti trovi e troverai un tesoro.
Cordialmente Anna alias ladypiterpan"

venerdì 15 giugno 2007

VI PRESENTO I PRECARI DI 20 ANNI FA

AGGIORNATO

Si allunga l'elenco degli argomenti da trattare e che rinvio: c'erano i lavoratori dei beni culturali, ora vorrei affrontare l'ampio tema degli ingegneri, magari anche un po' con il vostro aiuto (so che ho alcuni lettori ingegneri...). Poi mi devo studiare un enorme rapporto mondiale sui call center. Ora che vi ho detto un po' dei miei compiti a casa, ancora non fatti, devo però tornare sul tema dei precari, spinta anche da un'intervista al mio amico Max Cosmico al sito diversamente occupati. Un sito che ha un punto di vista ben diverso da questo, quello della "generazione più sfigata della storia".


Ora, voglio dire che è anche giusto che ogni generazione si senta così, perché questo serve a spingere chi ha più forza e spirito di innovazione, a cambiare la società. Purtroppo, però, la mia impressione (vi stupirà quello che dico) è che il discorso solito sul precariato sia profondamente "conservatore". Mi aspetterei che voleste scuotere questa società immobilista, rigida, divisa in caste, nella quale il merito e il talento contano ancora troppo poco, che non vi valorizza. Invece, e qui vi arrabbierete, sento parlare di mutui! Sappiate che non c' è stata nessuna generazione di italiani che sia stata in grado di comprarsi la prima casa senza l'aiuto dei genitori. E comunque adesso fanno i mutui anche per i precari. Tutti i giovani stranieri che conosco (e parlo di francesi, americani, norvegesi) vivono in affitto insieme con altri ragazzi. Dividono la camera e le spese. Anche in Italia. Vi fa schifo?

Piccolo racconto dal vivo: 20 anni fa, quando misi piede al Messaggero con uno dei primi stage esistenti (altrimenti non ci sarei mai arrivata, perché non avevo neanche uno straccio di raccomandazione e neanche mi sarebbe piaciuto averla), il giornale aveva decine di collaboratori non assunti. Giornalisti, di fatto, che sgobbavano dalla mattina alla notte, che scrivevano articoli, che però non potevano usare né i computer né i telefoni del giornale, e che ogni tre- sei mesi venivano pagati un tot ad articolo. Ne ho visti alcuni andare avanti così anche 10 (dieci) anni e alla fine non (dico non) essere assunti. Alcuni di loro adesso lavorano per il Messaggero, altri sono riusciti ad andare in altri giornali, altri ancora si sono dati all'agriturismo. Allora non esisteva la legge Biagi, né nessun'altra forma di precariato "per legge". Prima di loro, negli anni Settanta, i giornalisti che volevano cominciare neanche venivano pagati ad articolo: semplicemente lavoravano gratis , e in nero. Ed erano felici di farlo. Poi, dopo anni di gavetta, speravano che qualcuno li assumesse. Ma naturalmente non a tutti andava bene.

Quello che sto cercando di dire è che ora ci sono , anche se insufficienti, delle tutele. Il contratto a progetto sarà meglio di niente, del lavoro in nero? Nel peggiore dei casi sarà uguale. Gli stage, che oggi vi escono dagli occhi, 30 anni fa non esistevano. Se non avevate una "conoscenza" in un giornale non ci mettevate piede. E come nei giornali, in tante altre realtà. Credo che dovreste chiedere più flessibilità, non meno. Per esempio, rimproverare a noi "super garantiti", se non sarebbe giusto avere anche noi la nostra flessibilità, perché no?

domenica 29 aprile 2007

IL 1° MAGGIO, TERMINE DELLA SANATORIA PER LA STABILIZZAZIONE DEI COLLABORATORI A PROGETTO FITTIZI


Se il lavoro "a collaborazione" è solo un travestimento, dal primo maggio dovrà essere trasformato in lavoro dipendente. Lo prevede l'ultima legge finanziaria, che aveva dato quattro mesi di tempo ai datori di lavoro per mettersi in regola. Ad avviare la battaglia contro le collaborazioni fittizie era stata, già nell'estate 2006, la circolare del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, dedicata al lavoro nei call center. La manovra per il 2007, poi, ha previsto un vero e proprio "condono" per tutti i datori e la possibilità, per i lavoratori, di vedere trasformato un rapporto parasubordinato in assunzione. Per beneficiare della sanatoria, i datori dovevano stipulare un accordo sindacale aziendale o territoriale, che stabilisse la trasformazione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro subordinato della durata di almeno due anni. L'accordo fa scattare, poi, gli atti di conciliazione individuale, sottoscritti dai lavoratori, dai quali scaturiscono i diritti retributivi, contributivi e risarcitori e al tempo stesso si precludono eventuali accertamenti fiscali per il periodo trascorso come "finti" collaboratori. Al datore spetta, però, l'obbligo di versare all'Inps anche un contributo straordinario integrativo pari alla metà della quota di contributi a proprio carico nel periodo della collaborazione "regolarizzata". Scaduto il termine del 30 aprile, non ci saranno più deroghe. I datori che hanno simulato un rapporto dipendente formalizzandolo con un contratto di collaborazione, e che non avranno aderito alla "sanatoria", incorreranno nelle sanzioni previste dalla legge. Gli ispettori del lavoro, potranno verificare l'eventuale carattere di autonomia dell'attività svolta (e la sussistenza di un reale progetto) o, al contrario, la sostanziale natura di lavoro dipendente. In quest'ultimo caso, procedendo al disconoscimento del contratto "fittizio" e alla ricostruzione del rapporto in forma subordinata. Oltre ad assumere il lavoratore, il datore dovrà pagare le sanzioni e le eventuali differenze retributive e contributive. Ma a rischiare sanzioni è anche il lavoratore, se si dimostra che ha concorso a simulare il rapporto fittizio. A fare da "apripista" sono stati gli accordi stipulati dai call center Atesia, nei quali sono previste, e in parte sono già state realizzate, assunzioni di 16 mila lavoratori che prima figuravano come co.co.pro.. Non tutte sono a tempo indeterminato: anzi, la maggior parte sono part time e a termine. Rappresentano però una stabilizzazione, auspicata probabilmente dalla maggior parte dei lavoratori.

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