PRECARIO E CONTENTO, UN BLUESMAN A MILLE EURO
Pubblico, senza modifiche, questa splendida lettera di un "precario e contento", Massimiliano Colosimo, 33 anni, detto Max Cosmico: grazie al lavoro insoddisfacente (dice lui) si sta dedicando anima e corpo alla sua passione, il blues. I risultati mi sembra che non siano niente male, e mi sa che può anche migliorare. Ah, se non ci fosse il precariato, che disastro: avremmo un bluesman in meno e un pantofolaio in più!
" Eccomi qui. Un 33enne del ventunesimo secolo alle prese con le sue frustrazioni e pronto a fare i conti con questa inaspettata precarietà lavorativa.
Inaspettata perché, sui banchi di scuola delle medie, del liceo, dell’università, dei vari corsi post universitari, del master, tutto mi sarei prefigurato tranne che ritrovarmi a 33 anni a fare un lavoro tutto sommato centrato rispetto alle mie ambizioni (mi occupo di consulenza in ambito marketing) ma con uno stipendio di mille (dico 1000) euro al mese. E con un “Co.Co.Pro.” eterno e rinnovato, tale e quale, di anno in anno. Uno stipendio che in senso assoluto può essere decente (diciamo al di sotto dei limiti della sopravvivenza, se si aspira ad un minimo di indipendenza economica e dunque un affitto da pagare) ma che è senz’altro ridicolo se rapportato alle mie competenze, al tempo e al denaro investito in formazione, alle responsabilità di cui il mio lavoro mi investe.
Ridicolo soprattutto guardando i miei compagni di scuola, che hanno trascurato gli studi e che ora guadagnano il doppio (se non il triplo) di me, avendo avuto la lungimiranza di buttarsi subito nella “trincea del lavoro” (inconsapevolmente, hanno fatto – ex post - la scelta giusta). Ridicolo quando mi ritrovo, nel mio lavoro, di fronte ad operai che mi guardano con invidia e sospetto, tutto bello incravattato e sbarbato, pensando che io guadagni chissà cosa, quando so per certo che costoro guadagnano tre volte tanto il mio stipendio, senza contare i fiorfiori di contributi che gli consentiranno una vecchiaia agiata, nel tepore domestico, accanto ai figli che si sono potuti permettere di procreare e persino mantenere.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere.
Questa precarietà, questo sfruttamento, questa profonda sperequazione economica mi ha aperto gli occhi. Ha risvegliato in me uno spropositato spirito di riscossa e di rivalsa. Ho incanalato questo rancore, questa insoddisfazione lavorativa in qualcosa di positivo, di artistico. Il precariato mi ha offerto lo stimolo per alzare la testa, per non subire passivamente questo schifo. Per diventare a tutti gli effetti “artefice del mio destino”.
Ho riveduto, a 33 anni, le priorità della mia vita. Basta giacca e cravatta, basta “certo, me ne occupo io”, basta “il progetto sarà pronto entro lunedì”, basta “il nostro obiettivo è la soddisfazione del cliente”, basta “creare valore aggiunto”; il mio obiettivo deve essere prioritariamente la mia soddisfazione, non accrescere il fatturato di qualcun altro.
La legge Biagi mi ha donato, paradossalmente, l’incentivo ad affrancarmi da questo orrendo sistema, mi ha fatto disinnamorare di questo modo di intendere il lavoro. Piuttosto che venir sfruttato per 1000 euro al mese, senza certezze sul futuro, preferisco dedicarmi ad inseguire i miei sogni artistici, trasformando questi nel “mio lavoro”. Quei sogni infantili che cullavo nella mia testa quando avevo 10 anni, di diventare un artista, ricco e famoso.
E così ho ripreso in mano la chitarra, mi sono messo per la prima volta a scrivere canzoni. Canzoni che parlano di sfruttamento, di ingiustizie, di frustrazioni, ma anche di spirito di riscossa. Del resto è lo stesso spirito che animava i primi bluesman.
E sono convinto, oggi, a 33 anni, che questa mia insperata determinazione mi porterà a concretizzare i miei sogni, molto più che titoli di studio e stage e contro-stage per arricchire il mio curriculum vitae (ma non il mio portafoglio).
La legge Biagi mi ha fatto del bene. Mi ha fatto riappropriare delle mie passioni, mi ha spinto a credere fortemente nei miei obiettivi personali. Non gli obiettivi del cliente e del datore di lavoro."
" Eccomi qui. Un 33enne del ventunesimo secolo alle prese con le sue frustrazioni e pronto a fare i conti con questa inaspettata precarietà lavorativa.
Inaspettata perché, sui banchi di scuola delle medie, del liceo, dell’università, dei vari corsi post universitari, del master, tutto mi sarei prefigurato tranne che ritrovarmi a 33 anni a fare un lavoro tutto sommato centrato rispetto alle mie ambizioni (mi occupo di consulenza in ambito marketing) ma con uno stipendio di mille (dico 1000) euro al mese. E con un “Co.Co.Pro.” eterno e rinnovato, tale e quale, di anno in anno. Uno stipendio che in senso assoluto può essere decente (diciamo al di sotto dei limiti della sopravvivenza, se si aspira ad un minimo di indipendenza economica e dunque un affitto da pagare) ma che è senz’altro ridicolo se rapportato alle mie competenze, al tempo e al denaro investito in formazione, alle responsabilità di cui il mio lavoro mi investe.
Ridicolo soprattutto guardando i miei compagni di scuola, che hanno trascurato gli studi e che ora guadagnano il doppio (se non il triplo) di me, avendo avuto la lungimiranza di buttarsi subito nella “trincea del lavoro” (inconsapevolmente, hanno fatto – ex post - la scelta giusta). Ridicolo quando mi ritrovo, nel mio lavoro, di fronte ad operai che mi guardano con invidia e sospetto, tutto bello incravattato e sbarbato, pensando che io guadagni chissà cosa, quando so per certo che costoro guadagnano tre volte tanto il mio stipendio, senza contare i fiorfiori di contributi che gli consentiranno una vecchiaia agiata, nel tepore domestico, accanto ai figli che si sono potuti permettere di procreare e persino mantenere.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere.
Questa precarietà, questo sfruttamento, questa profonda sperequazione economica mi ha aperto gli occhi. Ha risvegliato in me uno spropositato spirito di riscossa e di rivalsa. Ho incanalato questo rancore, questa insoddisfazione lavorativa in qualcosa di positivo, di artistico. Il precariato mi ha offerto lo stimolo per alzare la testa, per non subire passivamente questo schifo. Per diventare a tutti gli effetti “artefice del mio destino”.
Ho riveduto, a 33 anni, le priorità della mia vita. Basta giacca e cravatta, basta “certo, me ne occupo io”, basta “il progetto sarà pronto entro lunedì”, basta “il nostro obiettivo è la soddisfazione del cliente”, basta “creare valore aggiunto”; il mio obiettivo deve essere prioritariamente la mia soddisfazione, non accrescere il fatturato di qualcun altro.
La legge Biagi mi ha donato, paradossalmente, l’incentivo ad affrancarmi da questo orrendo sistema, mi ha fatto disinnamorare di questo modo di intendere il lavoro. Piuttosto che venir sfruttato per 1000 euro al mese, senza certezze sul futuro, preferisco dedicarmi ad inseguire i miei sogni artistici, trasformando questi nel “mio lavoro”. Quei sogni infantili che cullavo nella mia testa quando avevo 10 anni, di diventare un artista, ricco e famoso.
E così ho ripreso in mano la chitarra, mi sono messo per la prima volta a scrivere canzoni. Canzoni che parlano di sfruttamento, di ingiustizie, di frustrazioni, ma anche di spirito di riscossa. Del resto è lo stesso spirito che animava i primi bluesman.
E sono convinto, oggi, a 33 anni, che questa mia insperata determinazione mi porterà a concretizzare i miei sogni, molto più che titoli di studio e stage e contro-stage per arricchire il mio curriculum vitae (ma non il mio portafoglio).
La legge Biagi mi ha fatto del bene. Mi ha fatto riappropriare delle mie passioni, mi ha spinto a credere fortemente nei miei obiettivi personali. Non gli obiettivi del cliente e del datore di lavoro."
5 commenti:
Precario e contento dici?
Se suono musica "blues" non credo sia cosi contento...
Cmq anch'io sono un po bluesman ogni tanto nonostante non sia ne precario ne contento,ma semplicemente disoccupato..
Il mio Video
Impara l'arte e poi mettila da parte...
ai limiti del commovente. triste quanto vero.
A chi lo dici?!?!
La mia esperienza è esattamente sovrapponibile. L'Italia ha perso la cultura del lavoro. E purtroppo non basteranno 30 anni di governi illuminati per ricostruirla. Ho dimenticato di essere un ingegnere con un curriculum impressionante, ho abbandonato la ricerca di un lavoro "adeguato" secondo canoni preconcetti e ormai inadeguati. Ho scoperto un nuovo mondo a 34 anni. Ho gettato la spugna... e sono rinato. Ho mollato la mia compagna che non vedeva altro che mutui, acquisti a rate, cose inutili... cose cose cose e ancora cose. Ora faccio solo ed esclusivamente quello che mi piace. Lavoro non più di 5 ore al giorno. Mi sono affrancato dalla schivitù dell'usura bancaria di stato conducendo una vita semplice. Non ho la televisone e sono 2 anni che non vedo un telegiornale e che non leggo un quotidiano (mi spiace per te) eppure... sono molto più aggiornato dei miei amici. Ho sviluppato una ipersensibilità verso le false notizie. Verso i numeri in libertà che il "telescreen" ci propina quotidianamente...
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