DONNE, SERVE UNA CURA SHOCK PER LA PARITA' SUL LAVORO
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live flexible in a changing world
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Un po' di ironia in questi giorni non guasta !
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Una scuola divertente e stimolante? E’ quello che ci servirebbe, con professori preparati, motivati e interessanti. Non occorrerebbe quasi nient’altro: né regole speciali anti bullismo, né una qualche speciale cultura del merito, della fatica, della sofferenza (di cui ormai va di moda parlare). Tutto ciò seguirebbe, come naturale e civile conseguenza. Purtroppo, finché continueremo nelle scuole e nelle università ad avere troppi professori, non motivati, mal pagati e non in concorrenza l’uno con l’altro, tutto ciò non avverrà, qualunque ”invenzione” sulla scuola e l’istruzione il governo tiri fuori dal cilindro. In questo video e negli altri che potete vedere su you tube, il cui protagonista è Walter Lewin, professore di fisica ultrasettantenne del Mit di Boston, c’è tutto ciò cui ogni scuola degna di questo nome e ogni professore con si dovrebbe ispirare.
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Peccato per chi non c'era. Perché è stato un incontro molto divertente, pieno di idee e di energia. Garantisco che i partecipanti (da sinistra in alto Francesco Delzio, Federico Mello, Michel Martone e, sotto, io) erano tutti più belli di come si vedono in foto (compresa la sottoscritta, che è venuta gigantesca rispetto agli altri, ma solo per mia incompetenza tecnica)
Dunque, a Scienze Politiche, La Sapienza, c'è stato l'incontro "AAA speranza di futuro offresi", condotto brillantemente da Giuliano Gennaio di Coalizione Generazionale e aperto dal professor Giovanni Somogyi. Partirei quasi dalla fine, perché tra il pubblico c'era Daniele Buzzurro, giovane imprenditore, che ci ha raccontato il suo calvario, quando cerca qualche giovane da inserire nella sua azienda: non li trova, o comunque non trova quelli con il profilo giusto e quel minimo di umiltà che serve per entrare in un posto di lavoro. E credo che questa piccola testimonianza abbia colpito (almeno spero) molti dei giovani presenti.
A parte ciò, riassumere tutti gli interventi sarebbe lungo e, francamente, dopo una lunga pedalata in bici con il freddo, una pizza e un bicchiere di vino....
Alcune delle domande che ci hanno attanagliato:
1)questa dei giovani trentenni (e anche ventenni) è una generazione non interessata al proprio destino? Poco propensa a fare politica? Rassegnata a farsi gestire dai soliti politici, tanto criticati? Alcuni lo hanno detto, altri pensato, soprattutto constatando che il pubblico non era proprio oceanico.
2)perché per esempio i giovani sono addirittura scesi in piazza in difesa dell'abolizione dello scalone, che è una delle mosse che più li ha danneggiati negli ultimi anni, mentre con quei soldi si potevano fare sussidi pepr giovani disoccupati, (la famosa flexicurity)? Sono preda di ideologie cieche e autodistruttive? Sono poco informati? Risposta abbastanza affermativa.
3)L'Italia ha un pessimo mercato del lavoro, un'economia frammentata, bassi salari, crescita praticamente zero, produttività stagnante, ecc. su questo siamo tutti d'accordo. Di chi è la colpa? Del debito pubblico. Ma anche di tutti noi che viviamo sereni con i soldi dei genitori, siamo figli unici, erediteremo la casa dei genitori...insomma non è proprio così, ma poco ci manca.
4) Qualche autorità superiore ci restituirà certezze sul lavoro, nelle pensioni, nel welfare? No, nessuna, inutile sperare. Non resta che riboccarsi le maniche.
5) Le " quote"potrebbero servire a qualcosa ? Sì, alla fine l'ammissione è liberatoria. Dopo anni nei quali tutti noi siamo stati contrari alle quote, ormai per giovani e donne non resta altro da tentare. Non è una conclusione unanime, ma in molti oggi intorno a quel tavolo abbiamo detto che forse è una strada. Non possiamo aspettare altri mille anni. Non possono aspettare né i giovani né le donne. E' una dichiarazione d'impotenza? Forse sì, ma è l'unico modo per portare una ventata vera di novità, per sconvolgere una situazione ammuffita che rischia di andare avanti all'infinito, quando a dirigerci saranno solo anziani maschi (meritevolissimi, per carità, forse più bravi di noi, però...anche noi vorremmo provarci) E siccome l'età media dell'elettore italiano si sta alzando vertiginosamente, partiti e sindacati ormai non hanno nessuna possibilità di fare gli interessi dei giovani. E le donne? Tema rinviato.
Quanto ad altre iniziative, per parlare di giovani, donne, lavoro, flexicurity, si è pensato a un calendario con le foto di noi giovani scrittori e cantori del precario (che vuole essere) felice, oppure a una compagnia di giro che rappresenti una specie di Porta a Porta per la riscossa dei giovani e delle donne. Noi siamo candidati. Intanto ci rivediamo e risentiamo tutti domani a Radio Radicale, grazie alla brillante Valeria Manieri (vediamo se trovo una foto... non ce l'ho, ma me la procurerò). Ascoltateci numerosi.
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Il tempo libero è uno dei valori fondanti del nostro tempo, anche per disoccupati e precari. Che questa non sia solo una provocazione, lo dimostra l’ultimo emendamento in Finanziaria: il bonus-vacanze. L’onorevole del Pd Leddi Maiola l’ha presentato oggi: dovrebbe essere rivolto alle fasce più deboli ed è destinato anche all’industria del turismo che si vedrebbe arrivare un certo ”flusso” anche in bassa stagione.
Che questo ci dica qualcosa su uno dei nostri valori fondanti è evidente, appena ci si riflette un po’: chi mai avrebbe potuto avere un’idea simile nei decenni passati? Negli anni ’50 e 60 in vacanza ci andava solo chi poteva, e anche per quelli non era un ”must”. Io ricordo lunghe estati da pendolari al mare di Roma, e non eravamo indigenti. Già negli anni 70 e 80 le vacanze , anche da poveri, sono diventate sempre più diffuse. Ma, ancora, anche allora uno studente o andava in campeggio , o andava a lavorare nei campi di fragole, oppure era un bel privilegiato. E se un’estate aveva da fare la tesi o doveva lavorare per il suo futuro, le vacanze passavano tranquillamente in secondo piano. Oggi no. La vacanza è più importante della ciriola. Anche se ancora si protesta per il prezzo del pane, mentre non ho mai sentito nessuno protestare per il prezzo dei viaggi a Sharm (che notoriamente sono ”economici” per chi se li può permettere).
Questi buoni-vacanza non andranno lontano. Rimarranno sicuramente un emendamento effimero e senza soldi. Ma ricordiamocene, perché qualcuno ha osato posare una pietra.
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"Sul lavoro le donne fanno molta più fatica dei loro colleghi maschi ad affermarsi, in termini di stabilità, retribuzione e carriera". Testuale, dall'ultimo rapporto Isfol.
Ciò avviene nonostante le donne studino più degli uomini: nel 2006 il 57,3% dei laureati è costituito da donne. Unico difetto, se lo si può considerare tale: le ragazze continuano a preferire in larga misura lauree del settore umanistico. Questo certamente non sempre le mette alla pari nel mercato del lavoro. Ma i dati chiave sono altri tre:1) molte donne non entrano proprio nel mercato del lavoro, e sono quasi 10 milioni quelle in età lavorativa che non cercano un impiego (il numero degli uomini è circa la metà)
2) in Italia lavora solo il 47% delle donne (l'obiettivo fissato dall'Europa per il 2005 era il 57%)
3) il 67% delle donne ritiene il proprio orario di lavoro troppo lungo e fa fatica a conciliare il lavoro con gli impegni familiari. Insomma, ciò che dovrebbe essere normale (e per gli uomini lo è: cioè avere una vita familiare e anche un lavoro cui dedicarsi) per le donne è sempre il risultato di un doppio salto mortale. Quelle che ci riescono, garantisco, fanno una fatica enorme!
Aggiungo l'appello della campagna dei radicali "Proteggimi di meno, includimi di più", che propone l'innalzamento dell'età pensionabile per le donne, per portarlo alla pari con quello degli uomini. Ecco i due bei video della campagna e il link per firmare l'appello
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Se ne vedono e sentono sempre di più: uomini che si occupano dei bebè, che prendono i congedi per paternità, che fanno le pulizie, che giocano con le figlie, che fanno le stesse cose delle mamme. Tra i padri celebri, se ne vedono anche all'estero: tipo Milliband, il ministro degli Esteri britannico, che ha preso il congedo di paternità nonostante gli impegni intarnazionali. E' successo anche nel governo di Berlino. In Italia, ma non solo, la domanda sotterranea è: ma questi padri non finiranno per essere un po' meno maschi"?
Se lo chiede anche il settimanale Time, con un bell'articolo pubblicato nell'ultimo numero, Fatherhood 2.0 , che è come dire Paternità 2.0. E la domanda, di fronte ai padri-mammi, si trasforma in un'altra: cosa significa essere un uomo oggigiorno? Si è modificata l'idea di mascolinità?
La risposta di Time, settimanale prima di tutto americano, è che sì, gli uomini sono cambiati, non solo i padri. Sono cambiati in meglio. E questi loro cambiamenti , questo allontaamento dalla vecchia idea di "maschio", li aiuta sul lavoro, nel matrimonio nei rapporti con i bambini...e li fa sentire meglio, sia fisicamente che mentalmente.
Due possbili svantaggi: 1) sempre di più madri e padri tengono più al rapporto con i figli che a quello fra di loro; 2) non sempre le aziende sono pronte ad accettare questi nuovi padri, che non mettono il lavoro davanti a tutto, e alcuni uomini sono ancora riluttanti nel prendere dei congedi per paternità.
Tutto questo negli Stati Uniti.
In Italia, paese dei "veri maschi" e delle "super mamme", siamo ancora più lontani. Però, se è vero che la vera rivoluzione, dopo quella delle donne, ora la stanno facendo i nuovi maschi,...bè può essere molto interessante. Anche perché vale la pena di riflettere su questo punto chiave: se anche i padri sacrificassero un po' il lavoro per i figli, le madri sarebbero automaticamente meno svantaggiate!
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