DONNE, SERVE UNA CURA SHOCK PER LA PARITA' SUL LAVORO
Questo è l'ultimo post dell'anno...vi lascio con un tema ponderoso e mi ritiro in eremitaggio per qualche giorno. Tornerò dopo la Befana ;-D
Si discute su come incentivare il lavoro delle donne, visto che la loro partecipazione al mercato del lavoro è in Italia a livelli bassissimi (come ho scritto sul Messaggero del 27/12: da noi lavora il 46% delle donne, contro la media europea del 57%). Una delle proposte sul tavolo è quella degli economisti Alberto Alesina e Andrea Ichino che propongono di abbassare le tasse sui redditi femminili. Questo spingerebe le donne a cercare lavoro fuori di casa e, si presume, gli imprenditori ad assumerle. Per di più, il provvedimento sarebbe a costo zero per le casse dello Stato, perché si calcola che la riduzione della tassazione in percentuale sul reddito, sarebe compensata dalla maggiore produzione di reddito da parte delle donne stesse. In caso di necessità, si potrebero alzare lievemente le tasse sul lavoro degli uomini, ma non dovrebbe essercene bisogno.
Una delle voci più in sintonia con il tema, ma in parziale disaccordo sulla proposta, è il ministro Emma Bonino, che oltre a occuparsi di politiche comunitarie e di moltri altri temi, si occupa attivamente di donne. "Qualunque donna che abbia una storia di fatica professionale - dice la Bonino - si accorge subito che lo sgravio fiscale propone, forse in modo inconsapevole, un assioma molto maschile e “italiano” e cioè che il lavoro di cura domestico sia sempre e comunque un “affare privato” delle donne. C’è bisogno di una badante o una baby sitter? Aumentiamo il potere d’acquisto delle donne, così se la pagano. Questa proposta potrebbe suggerire che il lavoro di cura sia appannaggio esclusivo delle donne e che debbano essere loro, se necessario, a pagarsi una sostituta. Le buone intenzioni a volte non bastano per evitare di ricadere in vecchi schemi culturali".
Tornano alla carica Alesina, Ichino e Loukas Karabarbounis, con un articolo pubblicato su Vox Europe , portale europeo di economia. Loro difendono la loro proposta di agire attraverso la "leva fiscale" in quanto la considerano la più semplice, efficiente e "neutrale". Fanno l'esempio delle importazioni: per regolarle, in caso di necessità, meglio agire sulle tariffe che sulle quote (cioè sulle quantità). Lo studio si pone esplicitamente tre domande cruciali: 1) perché il lavoro delle donne dipende così tanto dal livello del salario? (Quello degli uomini no: loro vanno a lavorare comunque); 2) come cambierebbe questo comportamento con tasse diverse basate sul sesso? 3) che effetti ci sarebbero all'inerno dell'organizzazione familiare?
Il fulcro di tutto il ragionamento è che le differenze di comportamento rispetto al lavoro esterno nascono all'interno dell'organizzazione familiare e nella divisione dei compiti in casa. Gli uomini vanno a lavorare comunque, indipendentemente dal livello di reddito, perché trovano socialmente inaccettabile rimanere a casa. Le donne, invece, sono soggette a forti pressioni all'interno della famiglia, affinché non vadano a lavorare, e lo faranno solo se il guadagno è "convincente". Solo, cioè, se il salario supera le spese necessarie per trovare un aiuto in casa e/o una baby sitter. La divisone dei compiti di cura, così, risulta sbilanciata, con il carico principale sulle spalle delle donne.
"Se la società valuta il lavoro delle donne tanto quanto quello degli uomini, allora la divisione dei compiti all'interno della famiglia deve essere più bilanciata, più paritaria", scrivono i tre studiosi. Ed ecco che la riduzione delle tasse sui loro redditi dà alle donne un "potere di contrattazione" in più. Le rende più forti: poiché il mio reddito è meno tassato, mi conviene andare a lavorare, quindi, marito caro, dividiamoci equamente le pulizie, le faccende e la cura dei bambini. Questa sarebbe la conseguenza desiderata della riduzione delle tasse per incentivare il lavoro femminile.
Se ne potrebbe concludere che, naturalmente, asili nido, servizi sociali e congedi parentali per gli uomini nascerebbero proprio grazie a questo spostamento dei rapporti di forza, ottenuto attraverso il prezzo: sul mercato ci sarebe una maggiore domanda di asili nido (tanto per fare un esempio) e gli asili nido sorgerebbero come funghi.
Ma, in pratica, nulla impedisce che le politiche affermative, chieste dalla Bonino, e cioè l'intervento dello Stato per offrire questi servizi, si affianchino a un intervento fiscale. Un "doppio attacco" al problema potrebbe aiutare a sgretolare le resistenze e affrontarlo in modo più veloce ed efficiente.
1 commento:
Dal lato degli imprenditori, quella di Ichino sarebbe probabilmente una proposta ben accetta, andando verso direzioni che già stiamo cercando di prendere tutti quanti da alcuni anni a questa parte.
Un saluto.
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