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lunedì 9 marzo 2009

Se il papà si lamenta del pupo

Finalmente qualcuno che ci ha provato, e che si lamenta. Non ne potevo più di quegli uomini che si vantano di aver fatto tutto quello che c'è da fare in casa quando sono nati i figli e di continuare sempre a dedicarsi a figli e attività casalinghe, dividendo a metà i compiti con la loro compagna. Oppure, più modestamente, dichiarano di "aiutare". Ma qui entriamo nel patetico.
No, Angelo Mellone, collaboratore del Messaggero e del Giornale, su quest'ultimo quotidiano fa il pianto greco, ma onesto, del padre moderno, costretto ad essere efficiente, flessibile e frizzante sul lavoro e, al tempo stesso, a fare il padre a tempo pieno."Sceglie cioè - parole sue - l'impossibile conciliazione tra paternità, famiglia e carriera". Impossibile in teoria ma, nei fatti, possibile per forza, a meno di non pensare a un'estinzione della specie (O alla solita moglie che decide di "dedicare" la sua vita ai figli, e al marito. Tranne poi accorgersi, giustamente, che non è in grado di capirne le esigenze, e tranne poi, più tardi, rinfacciare loro di aver sacrificato per loro la propria vita. Inutilmente).
Per non ispirarsi solo alla sua autobiografia, Mellone ci parla di libri, e in particolare cita il personaggio di un romanzo, "Fai la nanna, nannina" di Gianluca Berardi, Mondadori. Lo definisce "un personaggio vagamente wagneriano, guardato con commiserazione dai coetanei (...) il padre postcontemporaneo lotta quotidianamente per il trionfo della sua volontà". Soffre, ma non si arrende, e lavora come un disperato anche se reduce da nottate in bianco e ore e ore di gioco con i Lego.
E qui il sorriso già si allarga sul viso di qualunque mamma e/o donna , non solo postcontemporanea.
"Se non dormi non produci idee, se non produci idee non guadagni", è il punto fermo e il grido di dolore del nostro eroe. Ma và?! Attenzione, che qualcuno potrebbe perfino rinfacciargli, come spesso capita alle donne: ma no, che dici, se hai le idee e sei bravo, vedrai che ce la fai, nessuno ti discrimina. Già.
Secondo grido di dolore dell'aspirante padre perfetto: non basta mai, nessuno ti riconosce lo sforzo immane, in casa resta l'insoddisfazione. E qui credo che il sorriso sul viso delle donne si può tramutare in una bella risata liberatoria, visto che a loro questo è sempre capitato. ..."nonostante tutto quello che faccio". Ma la parte migliore non è la conclusione dell'ancora poco esperto Angelo Mellone: "Insomma se vuoi fare il padre post contemporaneo (...)che concilia tra paternità e lavoro creativo, professione & pannolini, preparati ad essere un misconosciuto in casa e un incompreso in trasferta". No, il punto non è questo.
Il veleno sta in una frasetta che l'ignaro pronuncia, una frase furba: "A lui, a noi (poveri maschi, ndr) non è concesso alcun congedo, non esitono i cinque mesi di licenza poppate". Ah! Qui c'è la ritorsione, il tentativo di dire alle donne che fanno, in fondo ciò che devono e che gli è riconosciuto dalla società con il congedo maternità. Ma le cose non stanno così. Intanto, il congedo di paternità lo possono prendere anche i padri. Se non lo fanno, è perché 1) non lo sanno, 2)non ci pensano, 3)si vergognano.
E poi vorrei rivelare al neo padre sofferente, che quei primi mesi sono proprio il meno. Anzi, proprio niente, rispetto a quello che lo aspetta, mano a mano che il figlio cresce. Dopo, anche dopo anni, viene il bello e non ci sono congedi che tengano.
Comunque lo dobbiamo tutte ringraziare: l'unico modo per fare in modo che qualcosa cambi è che tutti, ma proprio tutti, si accorgano di quanto costano quegli sforzi "wagneriani". E che tutti comincino a farli..

martedì 1 luglio 2008

CULLE VUOTE, PADRI ASSENTI


L’Europa ha le culle vuote, scrive il NewYork Time Magazine di questa settimana. L’America si preoccupa per il vecchio continente e studia la situazione di un enorme territorio dove la natalità è bassa, la mortalità anche, l’invecchiamento veloce e, in fondo, l’immigrazione non è certo sufficiente a mantenere i livelli di popolazione, nonché il vecchio sistema di welfare state funzionante. L’analisi maturalmente va anche più in profondità e si nota come ci siano grandi differenze tra un paese e l’altro d’Europa. Tanto per fare degli esempi (non a caso), l’Italia ha il tasso di natalità più basso d’Europa, mentre l’Olanda per esempio sta molto meglio. Da che cosa dipende? Alcuni studi hanno notato la correlazione tra il basso tasso di attività delle donne sul mercato del lavoro e il basso tasso di natalità: infatti l’Italia è anche il paese d’Europa nel quale le donne lavorano meno fuori di casa. Però tra i due fenomeni c’è certamente una correlazione, non è detto però che ci sia un rapporto diretto di causa ed effetto. Lo stesso articolo del NYTM nota che non solo in Italia l’aiuto alle famiglie (in termini di asili nido, bonus e quant’altro) è più basso che in altri paesi, ma c’è un altro fattore cruciale.Il punto chiave è che quando nasce un bambino, la cura e la responsabilità di questo bambino è tutto sulle spalle della madre. Tranne rare e lodevoli eccezioni, i genitori non si dividono alla pari i compiti domestici e di cura. Ecco perché un secondo figlio, anche se la madre lavora (e quindi ci sarebbero in teroria i soldi per mantenerlo), diventa un carico di lavoro insopportabile, tutto sulle spalle delle donne. In Olanda, invece, tanto per continuare nell’esempio, oltre alla ampia diffusione del part-time, i padri si fanno carico di una bella fetta di compiti di cura. Conclusione dell'Economist: serve più flessibilità del mondo del lavoro, ma serve anche che i padri cambino di più i pannolini. ”Non sembra difficile (it doesn't sound like rocket science), ma le vecchie abitudini sono dure a morire". Chiosa di un lettore: ”Sembra che i macho italiani abbiano sempre meno rampolli di cui andare fieri.

mercoledì 23 aprile 2008

UNO STIPENDIO PER I PADRI?




Vergogna. Vergogna profonda. E’ il sentimento che provo, quasi più della rabbia, di fronte al pezzo scritto oggi da Michele Brambilla sulla prima pagina del Giornale, con un titolo al quale una mano pietosa ha messo un punto interrogativo: ”Uno stipendio alle mamme?” Ma lui il punto interrogativo si intuisce che non ce lo avrebbe messo.
Comincia con un ”Noi mariti e padri di famiglia...”, dal quale si capisce che anche il signor Brambilla ha una famiglia e dei figli. Allora, senza fare tanti giri di parole, invece di stare ad analizzare le sue argomentazioni, che sinceramente trovo di interesse sotto zero (anzi mi stupisce e, ripeto, mi vergogno di appartenere alla stessa razza animale di chi pensa cosa simili) vorrei chiedere al signor Brambilla: ma perché lui non fa il padre e non se ne sta a casa a badare ai suoi bambini (onestamente dispiace mettere di mezzo degli innocenti, che sicuramente non sarebbero felici di questa soluzione, però...)invece di fare il giornalista? Non sarà che gli piace pavoneggiarsi con la sua firma su un grande giornale? Ama il suo lavoro? Ha una passione? Vuole guadagnare un bello stipendio? Gli piace dire a amici e conoscenti che è editorialista? Vuole semplicemente sentirsi parte attiva della società?. Assurdo: crescere dei figli è molto più importante e gratificante. O no? Non suona molto meglio la parola ”padre”, invece che giornalista, o se è per questo, falegname, impiegato, ingegnere?



Michele Brambilla è un ”padre”, questo è importante, il resto è inutile. Lui dovrebbe essere d’accordo. Dopo che lui avrà fatto questa ”libera scelta”, lo invito a chiedere anche lo stipendio per pulire e rassettare. E allora, solo allora, potremmo riparlarne. Comunque, io tutelerei anche lui, e perciò sarei contraria anche allora, perché temo che dopo sei mesi della sua meravigliosa vita di ”padre” stipendiato e a tempo pieno, di fronte ai mucchi di panni sporchi, di piatti da mettere in lavastoglie, di calzini da raccattare dalla stanza dei ragazzi, di giornate di solitudine e di deserto intellettuale, senza neanche la speranza di prendere un bel caffè al bar vicino alla redazione con i colleghi, potrebbe avere delle crisi depressive.



PS: Brambilla giustamente dice che è inutile pensare a uno stripendio alle donne, basterebbero sostanziosi sgravi fiscali ai padri di famiglia maschi, quando la moglie sta a casa. Infatti. Infatti tutto il mondo parla di come incentivare il lavoro delle donne, magari con sgravi fiscali sul reddito femminile. Ecco perché il famoso quoziente fiscale familiare taglia le gambe alle donne, che grazie a mariti come lui fanno una fatica pazzesca a lavorare e magari si sentono anche in colpa. Ecco perché è una schifezza.

martedì 20 novembre 2007

I VERI MASCHI SONO I "MAMMI"





Se ne vedono e sentono sempre di più: uomini che si occupano dei bebè, che prendono i congedi per paternità, che fanno le pulizie, che giocano con le figlie, che fanno le stesse cose delle mamme. Tra i padri celebri, se ne vedono anche all'estero: tipo Milliband, il ministro degli Esteri britannico, che ha preso il congedo di paternità nonostante gli impegni intarnazionali. E' successo anche nel governo di Berlino. In Italia, ma non solo, la domanda sotterranea è: ma questi padri non finiranno per essere un po' meno maschi"?


Se lo chiede anche il settimanale Time, con un bell'articolo pubblicato nell'ultimo numero, Fatherhood 2.0 , che è come dire Paternità 2.0. E la domanda, di fronte ai padri-mammi, si trasforma in un'altra: cosa significa essere un uomo oggigiorno? Si è modificata l'idea di mascolinità?
La risposta di Time, settimanale prima di tutto americano, è che sì, gli uomini sono cambiati, non solo i padri. Sono cambiati in meglio. E questi loro cambiamenti , questo allontaamento dalla vecchia idea di "maschio", li aiuta sul lavoro, nel matrimonio nei rapporti con i bambini...e li fa sentire meglio, sia fisicamente che mentalmente.
Due possbili svantaggi: 1) sempre di più madri e padri tengono più al rapporto con i figli che a quello fra di loro; 2) non sempre le aziende sono pronte ad accettare questi nuovi padri, che non mettono il lavoro davanti a tutto, e alcuni uomini sono ancora riluttanti nel prendere dei congedi per paternità.
Tutto questo negli Stati Uniti.
In Italia, paese dei "veri maschi" e delle "super mamme", siamo ancora più lontani. Però, se è vero che la vera rivoluzione, dopo quella delle donne, ora la stanno facendo i nuovi maschi,...bè può essere molto interessante. Anche perché vale la pena di riflettere su questo punto chiave: se anche i padri sacrificassero un po' il lavoro per i figli, le madri sarebbero automaticamente meno svantaggiate!

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