LA SCUOLA BOCCIA. EVVIVA...O NO?
E' raddoppiato il numero dei bocciati agli esami di maturità. Vedo in redazione facce quasi soddisfatte, altri sono preoccupati per i loro rampolli che magari la affronteranno l'anno prossimo. Poi magari arrivano notizie di ragazzi "ingiustamente" bocciati. Prima si parla di meritocrazia, poi i genitori si arrabbiano, Mi è difficile orientarmi in questo bailamme. Sono a favore del merito. Ma l'aumento delle bocciature è un segno di maggiore severità e serietà? O è perché gli alunni sono così poco interessati alla scuola che vanno proprio male? O magari sono gli insegnanti che non valgono un gran che e quindi, quando i loro alunni vengono interrogati dai famosi commissari esterni, vanno male? Il ministro dice: "Ora l'esame è più serio". Ma devo confessare che io, che ho una figlia che sta per cominciare la prima media, tremo: ho paura che la scuola non le insegni molto, non le dia entusiasmo e competenza, non pretenda abbastanza nel modo giusto. A giugno ho raccontato QUI e su OPS dei pasticci fatti in alcuni istituti romani agli esami di maturità con i privatisti....insomma, vorrei essere rassicurata da questa scuola, ma alla fine di luglio non so neanche in che sezione andrà mia figlia e con quali orari. E per ora sono solo preoccupata.
7 commenti:
Penso sia venuto il momento che noi genitori incominciamo a entrare nell'ordine d'idee di mettere in conto che: la nostra scuola in generale e quasi sicuramente superiori ed università possono essere DANNOSE per i nostri figli.
Sabato scorso (28u.s.) ho appreso dai quotidiani i nuovi metodi del governo per entrare nel mondo universitario...(chiudendo la stalla quando i buoi son già scappati da... 38anni!)
L'argomento mi tocca sul vivo. Reputo infatti che la "meritocrazia" sia l'unico vero valore di cui tenere conto. Ma il problema è chi stabilisce il "merito"? In quale modo?
Sigmund Freud affermava che esistono tre mestieri difficili: insegnante, politico e terapeuta.
Alzi la mano chi, nel corso dell’iter scolastico, non si è imbattuto in qualche docente con un gran talento di far passare la voglia di studiare e mandare all’aria tutti i libri?
Per questo parlano molto chiaro i numeri delle statistiche sulla popolazione degli studenti all’Università.
-percentuale di studenti che interrompono gli studi prima della laurea: 25%;
-percentuale di studenti che si laureano nei tempi previsti: 14,5%;
-percentuale di studenti fuori corso: 43% (di cui: 32% sfora di 2anni; per il 40% il ritardo è di 5anni; il 28% supera i 5anni!)
Sono tutti scansafatiche? Certo, una fetta considerevole lo sarà. C’è sempre qualcuno che “prova” ad iscriversi all’università! È anche vera la diffidenza verso le statistiche che Trilussa ha spiegato benissimo con il sonetto del pollo-e-mezzo! Ma inequivocabilmente ci indicano un trend!
Chi diventa professore, poi, subisce quello stesso meccanismo secondo il quale per gli psichiatri, un bambino vittima di violenze e maltrattamenti diventerà un padre violento. Inconsciamente vorrà far subire ad altri quanto lui stesso ha subìto!
Se infine si aggiunge la crisi di panico che si scatena quando ci si “accomoda” sulla sedia per essere interrogato, la frittata è bell’e fatta!
Io a malapena ricordavo il mio nome, cognome e il luogo dove mi trovavo! Venivo valutato non per quello che sapevo, ma per quello che riuscivo “a far credere” di sapere. E questo per molti studenti è un dramma. Un criterio valutativo, ahimè, affidato a ciò che “sembra”, non a ciò che “è”! È come giudicare una persona, stando affacciati alla finestra, in conformità a come è vestita o all’auto che guida. Ovvero la solita vecchia storia (ma quanto mai in vigore) dell’ESSERE e dell’APPARIRE.
Ecco perchè mi puzzano un po' i "25punti" di bonus per entrare nel mondo universitario derivanti dal voto di maturità! E se il voto di maturità (o esame di stato come lo chiamano adesso) non riveli la mia vera preparazione?
Qualche volta in sede d’esame mi è stato detto dal professore finto-accomodante: “mettiti nei nostri panni!”. Ma vede, mentre io professore non lo sono mai stato, loro, invece, sono stati necessariamente studenti. Pertanto, io non posso mettermi nei loro panni, mentre loro possono (e devono, o dovrebbero) mettersi nei nostri panni!
Ritengo di poter affermare che, per superare brillantemente un esame, oggi come oggi, non occorra tanto sapere ma soprattutto “saper vendere bene la propria merce”! Io, invece, a causa della mia emozione, con una preparazione eccellente ero costretto a ritornare a casa e senza voto nel libretto.
Ma le storture cominciano ben prima dell’università.
Daniel Pennac nel suo “Come un romanzo” afferma che il verbo “leggere” non gradisce l’imperativo. Come d’altronde il verbo “amare”, “sognare”, “studiare”…
Questo concetto però non è stato colto da chi s’interessa di Istruzione (di ogni ordine e grado!). L’amore per la lettura e per lo studio segue le stesse regole dell’amore tra due persone.
Proviamo ad immaginare questa scena:
“AMAMI!” . Possiamo forse imporre un sentimento? Certo che no! Bisogna invece creare le condizioni per “amarsi”. Il ragazzo (o la ragazza) deve mettere in atto una serie di azioni e comportamenti affinché il ragazzo (o la ragazza) decida spontaneamente di amarlo…
Il meccanismo non è assolutamente differente per l’amore per lo studio o per la lettura.
Occorre stimolare lo studente a leggere quel romanzo, quella poesia.
Nelle scuole i più grandi capolavori della letteratura vengono sottoposti a torture atroci con l’obbligo della lettura.
Capolavori come l’Eneide, l’Odissea, la Divina Commedia, i Promessi Sposi infilati nel tritacarne dei commenti e delle versioni in prosa di torme di studenti, trasformati in filastrocche degne di una recita di Natale: “eifusiccomeimmobile-datoilmortalsospiro-stettelaspogliaimmemore-orbaditantospiro”.
Proviamo poi a chiedere a questi studenti cosa volesse dire il Manzoni con quelle parole!!!
Non si insegna ad assaporare il senso della bellezza di una poesia. “Interrogato sulla poesia”. Che contraddizione! Come dire: obbligato ad amare! Ecco come uccidere la poesia! A scuola ci si va per prendere un voto. Tutto questo è agghiacciante.
Se entro in una libreria, girando fra gli scaffali verrò attratto dalle copertine o dal titolo di qualche volume (ecco che ancora si ripresenta una similitudine con l’amore tra due persone: se vedo una bella ragazza, prima di sapere se è intelligente, simpatica, oca, svampita, rimarrò attratto dall’aspetto fisico) quindi lo sfoglierò e verificherò se anche nei contenuti sommari è avvincente come la copertina.
Avete presente la copertina o il titolo di un libro di testo universitario? Provate a ricordare qualche titolo. “Lezioni di…”, “Manuale di….”
E le copertine? Non si va oltre il grigio, beige, e bianco con al centro il titolo…
Volete la controprova? Prendete un classico in uso nelle scuole secondarie (l’Eneide, l’Odissea, la Divina Commedia, i Promessi Sposi) e lo stesso classico comprato in una libreria…
Nel secondo caso la copertina sarà molto più spartana, austera, triste: lo studente non deve divertirsi!
Quei libri sono ideati col solo ed unico scopo di essere studiati (…non letti!) dallo studente.
Quel libro non serve allo studente per approfondire la propria conoscenza ma solo per consentirgli/le di superare l’esame.
“Molti libri sono stati scritti non tanto perché leggendoli venga trasmesso il sapere dell’autore, bensì per far sapere quanto grande fosse il sapere dell’autore”. Questa potrebbe essere la posizione di uno studente frustrato, invece è l’opinione di un certo Wolfgang Johannes Goethe.
La quasi totalità dei libri parte dal presupposto: “IO SO E SCRIVO, TU NON SAI E STUDIA!”
I libri letti liberamente danno libertà. (talvolta mi son soffermato sul termine latino di “libro” e “libero”? forse sarà una coincidenza ma entrambi sono “liber”) Un libro regala sempre la patente di fantasia al lettore. Immagina la scena, integra la descrizione di quel paesaggio, dei lineamenti di quel personaggio, con particolari differenti per ogni lettore.
Forse le copertine grigie, i titoli asettici servono come agenti di polizia per sequestrare quella patente di fantasia. A scuola la fantasia non può e non deve esistere!
Il tasto dolente però è l’università!
Qualche anno fa Stenio Solinas ne “il Giornale” fece un’interessante inchiesta sulle università da cui scaturirono elementi molto interessanti: oramai le università sono solo “stazioni per i professori, dove tra un treno (o un aereo) e l’altro svolgono lezioni, e nelle quali gli studenti cercano di intercettarli ...“al volo”.
Possiamo forse parlare di “trasmissione di sapere”?? certo che no. I professori sono rimasti all’epoca di “Lascia o Raddoppia?”.
Perché io, studente, devo essere valutato per ciò che riesco a dimostrare di sapere in una manciata di minuti e non per ciò che effettivamente io so??
E poi, un esame di maturità sfortunato, mi deve precludere il "bonus" di 25punti?
Immaginiamo di trovarci all’aeroporto di Stansted (Londra) per uno scalo tecnico e che la sosta si protragga per 7/8ore. Decidiamo quindi di approfittare per arrivare a Londra!
Visitare Londra in 8ore? Impossibile! Però possiamo affidarci ad un taxi e farci un “giro panoramico”. Certo, non potremmo fermarci in nessun luogo. Vedremo tutto dal taxi. Oppure potremmo affittare un elicottero (utopisticamente per i comuni mortali, ma come esempio può essere funzionale!) per una visione panoramica. Anche in questo caso, non potremmo vedere dettagliatamente nessun luogo, ma avremmo una visione globale della città inglese. Se poi Londra ci colpirà e vorremmo visitarla meglio… beh, allora dovremmo fermarci almeno per una settimana.
Allo stesso modo, per un esame. Impossibile conoscere e verificare in dettaglio la preparazione di uno studente in pochi minuti. Dobbiamo optare per la “visita in taxi” o “la visione panoramica dall’elicottero”.
Per una “visita accurata”, ovvero una verifica approfondita della preparazione dello studente, non resta che elaborare l’equivalente del soggiorno di una settimana, che nel nostro caso può essere una tesina, delle verifiche lungo l’intero corso delle lezioni…
Ma col taxi possiamo avere “intoppi”: ad esempio il traffico. Allo stesso modo, possiamo trovare “traffico” nell’esame! Ovvero l’ansia, il panico, lo stress che può impedire allo studente di dimostrare ciò che effettivamente sa!
Ripetere è molto facile (lo fanno anche i bimbi alla scuola materna con le poesie), ben diverso è “sapere”… e gli studenti (volponescamente!) si sono adeguati a questo metodo di studio! Il target è solo superare l’esame, non conoscere la materia.
Il combustibile non è la voglia di sapere, ma la speranza di trovare il modo di “far credere di sapere”…
È il cane che si morde la coda. Negli insegnanti manca il sacro fuoco della trasmissione del sapere, e come giusto corollario, gli studenti manca il sacro fuoco della voglia di sapere.
Se gli insegnanti fossero animati dalla passione per la materia, parlerebbero con trasporto e con fervore scatenando interesse negli studenti. Le lezioni sarebbero coinvolgenti e il tempo della lezione volerebbe…
Invece al di qua della cattedra c’è il trasporto tipico dell’impiegato statale che aspetta (come il rag. Ugo Fantozzi) l’ora di uscita; al di là della cattedra non potrà che avere come risposta una serie di sbadigli!
Forse mi son lasciato prendere la mano... ma l'argomento -come già detto- mi tocca sul vivo.
Non son riuscito ad essere sintetico e pertanto la ringrazio della sua pazienza se è arrivato a leggere fin qui!
Ora non posso che concludere con un’altra frase di Wolfgang Johannes Goethe: “TUTTO QUELLO CHE SO, NON L’HO IMPARATO A SCUOLA!”
cordialmente
VINCENZO MANGIONE-Sassari
Ragazzi, che verve che ha Vincenzo...! Per chi non lo sapesse, Vincenzo Mangione è uno dei precari intervistati nel mio libro. Uno di quelli meno "contenti", devo dire, e ha le sue ragioni.
Comunque, caro Vincenzo, benvenuto nel blog!
A Piero Viscardi: è terribile quello che dici, io non riesco a rassegnarmi. Nell'ultimo anno mia figlia ha trovato un'insegnante che l'ha fatta appassionare alla matematica...e ho visto mia figlia trasformarsi sotto i mei occhi. Adesso va in prima media e non so cosa troverà...perché guai a chiedere informazioni sugli insegnanti! "Tutti gli insegnanti sono bravi", no? per principio
...ma su questo tema potremmo parlare per mesi
a.
Angela, ormai la cosa più sensata da fare è quella di chiudere dall'oggi al domani scuole ed università e liberare quelle risorse per forme alternative di istruzione e formazione che tengono anche conto della necessità di affinare la nostra formazione durante tutto l'arco della nostra vita.
Poiché questo non è fattibile quello che possiamo fare è creare dei qualcosa che si affianchino al mondo della scuola e università e così ne limitino i danni fin da subito.
Continuare a vivere nella convinzione che il nostro sistema scolastico formativo sia un valore ci aprirà le porte a terribili delusioni di cui adesso come adesso possiamo solo intravederne le consueguenze.
Abbasso la squola!!
Viva l'intelligenza nostra e dei nostri figli!
Ma non si può lasciare ai genitori questa immane responsabilità! Anche perché essere guidati dai genitori non aiuta a maturare. Questo è il contrario della democrazia, che dovrebbe dare a tutti uguali opportunità e premiare i migliori. Mi dispiace, non mi arrendo
a.
Angela, tu scrivi "...dovrebbe dare a tutti uguali opportunità..."
Quel "dovrebbe" mi fa pensare che anche tu sei dell'avviso che adesso il nostro sistema scolastico formativo NON da a tutti uguali opportunità...
Angela, a cosa non ti arrendi??
I docenti sono essi stessi genitori e potrebbero allearsi con i genitori degli alunni per rilanciare dal di fuori il mondo della scuola&C.
Prendere atto che il nostro sistema scolastico formativo è già un cadavere in putrefazione non è questo sì un atto di coraggio e maturità??
piero
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