STIRATRICI PRECARIE? MAGARI...PER LORO IL LAVORO E' NERO
Ci sono lavoratrici che prendono 356 euro per un mese in fabbrica, a cucire e stirare pantaloni. E c'è chi lavora da casa, cuce scarpe e guadagna un euro e 20 centesimi a paio. In nero. Sono per lo più donne del Sud. Per loro la legge Biagi è un oggetto misterioso: flessibilità, part time, contratti a progetto o a tempo determinato sarebbero un sogno, altro che. Invece hanno esperienza solo di sfruttamento, in un ambiente e in un territorio che per le stesse imprese è una giungla. La loro, sì, è terribile incertezza, precarietà, violazione di diritti. Tutte cose che, come si vede, esistevano ed esistono ancora proprio dove non viene applicata la legge, che la si voglia chiamare legge sulla flessibilità buona, o semplicemente legge del lavoro. Le storie raccontate da Maria Lombardi e il mio commento "Flessibilità contro lavoro nero" li potete leggere sul Messaggero di oggi.
Aggiungerò, forse provocatoriamente, che troppo spesso la precarietà è lamentata da persone che per loro fortuna vivono ben lontane da questo tipo di problemi. (Nella foto "Le stiratrici" di Degas)
Aggiungerò, forse provocatoriamente, che troppo spesso la precarietà è lamentata da persone che per loro fortuna vivono ben lontane da questo tipo di problemi. (Nella foto "Le stiratrici" di Degas)
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