lunedì 7 maggio 2007

ASPETTO UN URLO...MA SENTO SOLO LAMENTI


(Updated)
Vorrei sentire un urlo, un ruggito: "Non ci sto". Ma non sento nulla. Solo flebili lamenti.
Oggi vari giornali si occupano dei cosiddetti "giovani", categoria che va dai quindicenni agli over 35. E già qui c'è qualcosa che non va.
Comunque.... Repubblica dice che i ragazzi sono "sospesi", e punta soprattutto su quella fetta, non maggioritaria per fortuna, ma sicuramente rilevante, di ragazzi che lasciano la scuola prima del diploma. Circa il 20%. Di loro si dice che sono stressati dalla scuola, stanchi per i lavori precari, si direbbe complessivamente un po' depressi, anche se in cima ai loro sogni c'é "una vita serena". Penso che i pensionati siano più frizzanti e anche più salutarmente incazzati.
Sulla Stampa i loro fratelli maggiori che vanno all'università vengono definiti fannulloni e senza ambizioni. Si dedicano alle belle lettere, finiscono l'università, in media, quando sono in vista della trentina. E in fondo preferirebbero studiare indefinitamente.
Sto esagerando, spero, ma sarebbe normale che questa generazione sognasse di cambiare le cose, si ribellasse a una logica loro imposta dalla pubblicità, zeppa di luoghi comuni, intrisa di svenevolezza. E mi fa arrabbiare immaginare quelli che annuiranno leggendo l'intervista ad Aldo Nove a Repubblica , nella quale parla di "una generazione che ha subito il furto del futuro...Come potrebbero i ragazzi che hanno 16 anni essere ottimisti?" Ottimisti? Ma quando mai i sedicenni sono stati ottimisti? I sedicenni hanno sempre sognato di costruirsi un futuro diverso, lo hanno spesso strappato a morsi. Il "giovane Werther" dell'omonimo libro sui "Dolori..." in confronto era un rivoluzionario! E poi qualcuno mi ha rimproverato perché ho osato suggerire che forse si è instaurata un'etica dominante del tempo libero, che ha tolto a tanti la voglia di cambiare, di sforzarsi, anche di soffrire un po'.
Vorrei additare a chi ha qualche sprazzo di interesse per la realtà l'esempio di una cinquantenne come Ségolène Royal, che almeno oggi merita di essere ricordata. Ha perso. Ma ha sorriso, con una grinta, una forza, una capacità di soffrire sovrumana e ha detto: "Non finisce qui". Segnalo il bel pezzo su di lei (e sulle donne) di Lucia Annunziata.
Per approfondimenti sulla "Generazione connessa" leggere qui.

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