lunedì 20 agosto 2007

IL CALL CENTER DI FEDORA? UN SACCO DI RISATE

Il call center è tante cose, è un luogo della nostra realtà, non certo solo quell'intrico di luoghi comuni che spesso si legge. Può essere anche uno spunto per sorridere. E Fedora in questo è insuperabile. Leggete il suo blog Ilcallcenter e divertitevi. Questa invece è la storia di Fedora. Mi ha colpita e commossa. In più Fedora è nata nel mio stesso giorno: il 19 giugno. Bello, no?


"Fedora è il nome di mia nonna scomparsa tanti anni fa, e l’ho adottato per ovvie ragioni di precauzione nel lavoro che attualmente svolgo. Da bimba volevo fare la ballerina, ma non essendo filiforme ed eterea come una farfalla mi convinsi a lasciar perdere e mi indirizzai verso il mio secondo desiderio: girare il mondo e parlare le lingue straniere.
A soli 7 anni mi muovevo con i mezzi pubblici e andavo a prendere mia madre che lavorava in un albergo. Mentre aspettavo che la mamma finisse il suo turno, me ne stavo seduta ad ascoltare i fotomodelli americani che bivaccavano nella hall.Imparai così bene a pronunciare correttamente i fonemi (cosa che non saprei più riprodurre) che a scuola mi spacciai per “inglese” allo scopo di attirare l’attenzione dei miei compagni.
Buzzurra e maschiaccia non sopportavo di giocare con le femminucce perchè le consideravo delle pappamolle, e i maschi li picchiavo tutti i santi giorni. Finché, devo dire finalmente, qualcuno me le diede di santa ragione. Mi braccarono in tre sulla strada di ritorno da scuola e da quel giorno ritenni opportuno iniziare a giocare con le femmine a un due tre stella, all'elastico e alla corda. Le “bambine” per permettermi di giocare, mi facevano pagare pegno chiedendomi di parlare “in inglese” e a me non pareva vero di poter fare sfoggio di qualcosa che gli altri non conoscevano.
Ma si sa che le bugie hanno le gambe corte, e un giorno una bimba più intelligente di me, all’uscita da scuola, chiese a mio padre “Ma sua figlia è inglese?” e lui rispose “No, è cinese!”Volevo sprofondare dalla vergogna.E da quel giorno decisi che avrei studiato lingue ma non avrei detto più bugie. E così fu.
L'AMORE PER LE LINGUE E IL TURISMO
Ai tempi dei miei studi non esistevano le facoltà di comunicazione e scienze turistiche che ancora oggi sento come un tassello mancante per la mia formazione completa. Frequentai l'istituto Tecnico per il turismo e dopo la maturità mi iscrissi di nascosto alla famiglia agli esami di selezione per la scuola interpreti Silvio Pellico di Milano. Li superai brillantemente con inserimento direttamente al secondo anno, ma la scuola era privata e il costo annuale decisamente eccessivo per la mia famiglia.Con grande rammarico fui costretta a rinunciare ma non mi perdetti d’animo e cominciai a scrivere a tutte le agenzie di incentives trovando subito lavoro in una nota Agenzia di Incentive di Milano, tutt'ora operativa.Diventai un'esperta di viaggi, incentives, comunicazione, business travel, eventi, conventions e congressi. Ebbi l’opportunità di girare il mondo anche con residenze all'estero per mesi.Ho vissuto tre anni in Grecia, dove credo di aver trovato le mie vere origini. Lì mi sono sentita a casa come in nessun altro posto. Un giorno vi ritornerò, forse da vecchia, chissà.
Per molti anni mi sono dedicata alla libera professione lavorando come capo area per diverse agenzie, selezionando gli staff che poi ho gestito in Egitto, Grecia ecc. Mi sono dedicata anche all'organizzazione di viaggi accessibili per persone disabili. Quest’ultimo aspetto del mio lavoro è stato fonte di grande soddisfazione sia professionale che morale. Leggere la felicità che sprizza dagli occhi di un ragazzo, bloccato su una carrozzina, che può esaudire il sogno impensabile di partire per un safari in sud africa, mi ha ripagato abbondantemente delle fatiche organizzative.
LE RAGIONI, E LE DISFATTE, DEL CUORE
Ma la vita personale, quella intima dei sentimenti, non mi è stata benigna.Una scelta sbagliata, un uomo insensibile, forse le mie fragilità a lungo represse, mi hanno fatto cadere in un vortice di depressione che a fatica ho superato dopo 3 anni, ma che ancora oggi devo tenere sotto controllo senza mai abbassare la guardia.
In questo periodo tetro sono uscita dal giro del lavoro. Rientrata dopo qualche tempo, ho faticato a restarci. Troppo faticoso, troppe apparenze senza sostanza. Mi sono fatta forza e ho imparato a gestirli. Il bisogno di lavorare, per guadagnare, per dimostrare a me stessa che sono in gamba mi ha dato sempre dato la spinta a non mollare mai. Così, travestita di sorrisi, ho continuato. Ma non dura. Forse sono cambiata io o forse i tempi, fatto sta che non riesco ad adattarmi all’ambiente che ruota intorno a questo lavoro. Mi sembra tutto falso, abbagliante, luccicante di lustrini ma pieno di nulla.
Ho un grande amore. Il mio gatto.Un amore che dura da 23 anni. Non me la sento più di lasciarlo da solo, è stanco e pieno di acciacchi.Pensare di lasciarlo due giorni da solo per me è insopportabile.
Ed ecco la decisione: rispondo ad alcune inserzioni, solo quelle che indicano la sede di lavoro, abbastanza vicina a casa e mi rispondono quasi immediatamente.
UN CONTRATTO DI DUE MESI
Un test attitudinale, un colloquio, una presentazione all'azienda, un altro test attitudinale in sede, un colloquio con la psicologa e un altro test psicologico sulla personalità.L'iscrizione al corso interno di 15 giorni, un esame finale e finalmente il primo giorno di lavoro con un contratto a tempo di 2 mesi.
Alla fine dei due mesi, penultimo giorno di lavoro, ormai convinta che non avrebbero rinnovato il contratto, ricevo una chiamata che mi informa che mi avrebbero fatto una proposta per lavorare direttamente con l'azienda (e non più con l'interinale). Vengo assunta a tempo determinato per 6 mesi e, alla scadenza, per un altro anno che scadrà il prossimo 18 febbraio 2008.Quella è la data definitiva, come la chiamiamo noi, del “dentro o fuori” e visto e considerato la mia tenera età (39 compiuti il 19 giugno), e considerato il fatto che non assumono più, probabilmente resterò a casa e dovrò pensare di partire per qualche paese straniero come capo centro (sebbene non penso che potrà essere fattibile perchè dovrei abbandonare il mio vecchio gatto che ha bisogno di me in questi suoi ultimi anni, lustri, decenni di vita).
Attualmente gestisco anche i flussi di chiamate dei clienti Alto Valore. Credo che su questo incarico abbia inciso la mia esperienza di lavoro a contatto con personaggi e manager capricciosi, inclusi i loro budget miliardari, con operazioni ad altissimo rischio commerciale, che si sa, alterano il valore delle cose decuplicandolo.Ogni tanto, seduta alla mia postazione, mi sento un pesce fuor d'acqua, ma sono testarda e non mollo.Certo non è il massimo, considerato che mi sembra di aver fatto un salto all’indietro, ma attualmente mi sta bene e preferisco guardare gli aspetti positivi che questo lavoro mi offre piuttosto che fare recriminazioni sterili e inutili.
IL LAVORO NEL CALL CENTER
Il mio luogo di lavoro è confortevole anche se si potrebbe sempre migliorare.Ci sono molte regole che trovo necessarie per la buona convivenza e un rendimento maggiore. E' vero che la severità e la mancanza di flessibilità negli orari ai quali siamo tenuti potrebbe essere fastidiosa, ma ritengo che sia un ottimo modo per garantire l'ordine. Siamo in tanti e non è possibile fare deroghe su deroghe. I giovani imparano così a essere puntuali e precisi, allenamento dovuto e non una schiavitù come qualcuno pensa. I miei colleghi non sono tutti italiani e provengono dai luoghi più disparati: Egitto, Marocco, Spagna, Sud America… Alcuni dei miei capi potrebbero anche essere miei figli e alcuni colleghi sono già nonni. La selezione è ferrea. Siamo controllati scrupolosamente in tutto quello che facciamo allo scopo di migliorare la qualità del servizio. Cosa che condivido avendo gestito per un anno e mezzo un piccolo call center di recupero crediti.Spesso chi telefona crede che tra una chiamata e l'altra ci siano stereo, balli sui tavoli mentre i telefoni squillano all'impazzata. In realtà sono le solite dicerie di gente poco informata o in malafede. Restiamo sempre in postazione e in cuffia. Non sono ammesse riviste, non si mangia in postazione, ci si deve vestire in modo decoroso. Le pause sono preventivamente stabilite e ogni variazione deve essere segnalata ai coordinatori. E' umano che tra una chiamata e l'altra tra colleghi ci scappi una chiacchierata ma mai a scapito del cliente che telefona e che ha la precedenza assoluta su tutto. Periodicamente si frequentano dei corsi di aggiornamento obbligatori in orario di lavoro che permettono di essere in linea con le direttive aziendali ma soprattutto per darci un feed back di come stanno andando le cose. Il tutto con test finale e generalità di chi lo compila.Tutti noi dobbiamo essere preparati e non possiamo permetterci di non restare al passo con gli altri.
Un lavoro serio e per molti versi divertente.Io mi diverto tra i numerosi applicativi, più scopro cose che non conosco e più imparo. Quando a freddo ripenso alle mille domande tutte diverse che mi pongono i clienti mi stupisco del fatto che a tutte riesco a trovare una risposta e una risoluzione a volte con l'aiuto di un coordinatore.
PRONTO, CHI PARLA?
Le chiamate che arrivano sono le più variegate. Confesso che essendo abituata a trattare con un certo tipo di persone, preferisco comunque il capriccioso ma signore, rispetto al cafone arrogante. Almeno nel primo caso posso sperare di cogliere un velo di intelligenza, nell’altro invece devo essere particolarmente carica e reattiva per sfondare il muro della stupidità.L'impegno a trattare con certi clienti mi porta spesso ad avere mal di testa, ma il più delle volte riesco a gestirli senza “sforare” in comportamenti poco professionali. Fortunatamente i maleducati non sono molti. Il più delle volte i clienti sono persone per bene che ringraziano e con qualcuno ci scappa pure la risata.Ecco, è proprio questo il lato più bello del mio lavoro. Sentire magari che una persona è angosciata da qualcosa o magari ha poco credito (e chissà quando può fare una ricarica perchè non se la può permettere in quel momento) e spiegare che invece non è come crede risolvendogli un problema piccolo ma allo stesso tempo enorme per lui, per me è come dare un pezzetto di paradiso a chi ne ha bisogno.Non sarà nulla in questo mondo consumistico, ma per me è moltissimo.

Nel tempo libero mi dedico al mio gatto Mas e alla mia cricetina Polpetta, che ho dovuto far operare per un tumore maligno che me l'avrebbe portata via in quindici giorni, mi diverto a creare template e a sognare la mia futura azienda di cui fatico a vedere una possibilità di realizzazioneMa si sa, i sogni son duri a morire e per fortuna non mi abbandonano. Guai se non ne avessi."

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissima Angela!
mamma mia.. mi sento in imbarazzo!!
Grazie davvero!
non ho parole...

Fedora ;)

Loud ha detto...

Più rileggo questo post e più mi fa riflettere... soprattutto sulla vicenda del lavoro interinale sfruttato come periodo di prova e poi l'assunzione diretta a tempo determinato, rinnovabile una volta sola come legge vuole, anch'essa per fini un po' diversi di quelli della ratio di legge (quindi elusa), con il risultato consueto: gente di nuovo a casa e in cerca di occupazione.
Dopo l'attimo di tristezza portato da questa riflessione, rinnovo la mia convinzione che il problema stia nel vincolo matrimoniale tra datore di lavoro e lavoratore nei rapporti a tempo indeterminato, vincolo che spaventa i datori e alla fine frega i lavoratori: sì, tutela quelli già a tempo indeterminato, ma mette in difficoltà le new entry di questo mercato del lavoro.
Ma riflessione non può fermarsi. E nemmeno il legislatore.
Luca Lodi

Anonimo ha detto...

Cara Angela,
qualcuno mi ha fatto collegare il tuo blog al mio compleanno e mi sono ricordata che siamo nate lo stesso giorno.
Per cui anche se un po' in ritardo, ma sinceramente:

TI FACCIO I MIEI AUGURI DI BUONISSIMO COMPLEANNO!

W I GEMELLI! ;)

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