venerdì 24 agosto 2007

LAVORO A CHIAMATA, TUTTI NE PARLANO...



Nell'accordo sul welfare siglato tra governo e sindacati c'è l'abolizione del lavoro a chiamata, bestia nera di coloro che mettono la flessibilità tout court sotto l'etichetta del precariato. Ora, di tutti i tipi di lavoro temporaneo, il lavoro a chiamata risulta essere poco utilizzato, quindi la sua abolizione non inciderà un granché sulla vita della maggioranza dei precari italiani. Su di esso si dispone di pochissimi dati, ma lavoce.info tenta un primo bilancio, analizzando le cifre che riguardano una regione-campione, il Veneto. Risulta che questo tipo di contratto viene usato soprattutto nel settore alberghiero, nella ristorazione e nei servizi turistici e culturali, dove tradizionalmente si creano esigenze di lavoro temporaneo, stagionale, a volte anche per periodi brevissimi, e per supplire a improvvise carenze di personale. Dalle cifre risulta che i lavoratori chiamati in questo modo sono soprattutto giovani sotto i 25 anni e donne, oltre il 60%, in massima parte senza precedenti esperienze. La domanda, dal punto di vista delle aziende è: se questo contratto risponde a delle esigenze particolari, di attività non continuative, è davvero giusto abolirlo? La domanda dal punto di vista del lavoratore, invece, è sostanzialmente: queste persone, che comunque hanno potuto trovare una attività saltuaria, saranno ora assunte con contratti diversi, più vantaggiosi? o non rischiano piuttosto di ricadere nel vecchio sistema del lavoro nero (o nella disoccupazione)? Per ora una risposta con forti dati di fatto sembra che nessuno sia in grado o voglia darla.

1 commento:

hermansji ha detto...

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