Luca ha raccontato di quando, finita l’università, pensava di fare l’avvocato. Un avvocato di diritto internazionale, un avvocato d’affari, roba forte, mica un avvocato qualunque, uno che aveva studiato alla Columbia
University. E invece lo chiamarono dall’Italia e finì ad occuparsi di macchine. Certo, non macchine qualunque: si trattava di Ferrari, e lui è Luca
Cordero di
Montezemolo, oggi presidente di Confindustria. La sua esperienza non è esattamente riproducibile, ma la sua voglia di dare una carica agli studenti che aveva di fronte stamattina era evidente.
Montezemolo ha parlato all’inaugurazione dell’anno accademico all’università di Modena, nell’Auditorium della Fondazione Marco
Biagi, che lo aveva invitato. Poco prima aveva concluso un discorso sul merito come fattore principale di giustizia e di innovazione sociale ed economica. Aveva invitato ad abbandonare gli
ideologismi e a difendere la legge
Biagi, che ha svecchiato le rigidità del mondo del lavoro e ha fatto scendere la disoccupazione. Aveva parlato dell’esigenza di dotare l’Italia di ammortizzatori sociali, per difendere anche i lavoratori più svantaggiati dalla flessibilità. E soprattutto aveva rivolto un pensiero al governo, che dopo aver concluso il protocollo sul
welfare ora si trova di fronte a 500 emendamenti in Parlamento.
Montezemolo ha esortato il governo a difendere quell’accordo. “Se verrà modificato sarà un attentato alla pratica della concertazione” ha detto, anche se nessuno vuole togliere al Parlamento la sua sovranità. Ma sarebbe grave dare un colpo alla
concertazione, che oggi va ripresa e rinnovata: “si trasformerebbe la
concertazione in un inutile gioco di società. E non si può umiliare
ol ruolo negoziale delle parti sociali”.
Ma, detto tutto ciò,
Montezemolo ha chiuso il discorso scritto e ha cominciato a solleticare l’uditorio: tutti ragazzi e ragazze. Ha chiesto delle domande e ha quasi costretto una bella bionda a chiedere qualcosa…che poi è stata anche una domanda giusta, sullo scarso appeal delle facoltà scientifiche, dove si iscrivono troppo pochi studenti. “Studiate – ha esortato
Montezemolo, anche se ci sarebbe stato da chiedergli quanto studioso fosse lui a 20 anni – studiate, ma non solo sui libri – ha aggiunto -. Leggete l’
Herald Tribune, che non parla di politici e delle loro dichiarazioni, ma è una finestra sul mondo. Studiate quello che vi sta intorno, siate curiosi, andate in
gito. Fatevi una fidanzata straniera. Non pensiate che l’università debba
ssere condominiale, muovetevi, apriteli alle sfide. Abbiate coraggio, e pretendete che chi è bravo venga messo in condizioni di vincere”.
Alla fine della seconda parte gli applausi non erano formali, qualche futuro manager domani potrà ricordare di essere stato galvanizzato anche da un discorso così…
Qualcun altro dirà: e gli altri? I meno fortunati? Chi non è tanto bravo, chi non studia in facoltà prestigiose, chi non si chiama
Montezemolo? Ricette in tasca credo che non ne abbia nessuno. Ma in tanti ormai stanno battendo sul tasto della meritocrazia: leggete un bel libro del giornalista
Giovanni Floris “Mal di merito”. Anche lui non vede altra strada, proprio per i più svantaggiati. Per chi vuole salire più in alto dei propri genitori, per chi vuole realizzare i propri sogni: cercare di essere più bravo. Fortunato quel Paese che riesce a premiare i migliori, soprattutto se non si chiamano Luca
Cordero di
Montezemolo. L’Italia, come ci racconta
Floris per circa 200 pagine, per ora ci riesce pochissimo.