martedì 9 ottobre 2007

LETTERA A GRILLO, CONTRO SCHIAVI MODERNI





Gentile Beppe Grillo,

sono una giornalista del Messaggero e ho scritto un libro "Precari e contenti", che le ho inviato affinchè lei lo legga se ne ha tempo e voglia. Conosco il suo libro "Schiavi moderni" e non sono d'accordo con la sua impostazione del problema.
Nel suo libro ci sono storie di giovani e meno giovani che raccontano i loro disagi, le loro difficoltà, i loro drammi. Non li sottovaluto, anzi è proprio perché li sento molto vicini che mi sono messa di nuovo le scarpe da cronista e ho scritto il libro che le dicevo. Perché non credo, e lo dico a posteriori, cioè dopo avere consumato un bel paio di suole, che il precariato oggi sia una nuova "peste bubbonica" come lei scrive, tanto meno poi che sia stata introdotta dalla legge Biagi.
Lei, avendo fatto e facendo ancora credo l'attore, avrà sicuramente cominciato nel più precario dei modi, in anni in cui di legge Biagi nessuno aveva neanche un'idea. Sicuramente avrà dovuto sopportare difficoltà e anche, come tutti noi, umiliazioni. Ha fatto la sua gavetta. Ma con la sua bravura fuori dal comune (che le viene riconosciuta) e quel pizzico di fortuna che tutti noi sempre invochiamo, è riuscito più di altri. Come lei sa meglio di me gli attori rimangono, da sempre, precari tutta la vita. Come quelli che vogliono fare gli scrittori, alcuni dei quali, che hanno poi avuto grande successo, hanno sempre avuto l'abitudine di sopravvivere grazie alle cene scroccate agli amici e ai magnati.
Così anche i giornalisti hanno sempre fatto il lavoro nero in redazione e molti sarebbero stati disposti all'inizio anche a pagare, pur di arrivare a toccare una macchina da scrivere. Io, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, ero tra questi, ma allora gli editori avevano già il terrore degli "abusivi" in redazione, e costringevano i collaboratori a scrivere il loro pezzullo occasionale da casa e poi a portarlo a mano (non esistevano ancora i computer). Ho visto gente fare questa vita per anni, e poi magari non essere assunti. E non esisteva la legge Biagi.
Come lei sa negli anni Ottanta la disoccupazione in Italia era oltre l'11 per cento e tutti noi laureati vivevamo l'incubo della disoccupazione giovanile. Cosa avrei dato allora per un "lavoretto" anche in un call center! Invece, nella fretta di mettere insieme uno stipendio (e in attesa di realizzare le mie più alte ambizioni) lavorai d'estate in una fabbrica in Inghilterra, poi come ragazza alla pari (sempre in Inghilterra), e finii anche a vendere l'Enciclopedia Britannica in Italia. Sa come la vendevamo? Stando in un ufficetto con l'elenco del telefono davanti: telefonavamo a decine di persone il cui nome "ci ispirava". Ogni tanto riuscivamo a strappare telefonicamente un appuntamento e, tra tanti appuntamenti, vendevamo un'enciclopedia...che poi la Britannica non è neanche tanto male. Se non vendevamo niente le nostre giornate di telefonate non valevano neanche un rimborso spese (che non era previsto).
Tanti di noi in quegli anni hanno lavorato anche come abusivi all'università, dove aiutavamo i professori con esami e seminari. Gratis e in nero. Eravamo sfruttati, certo. Io compravo solo libri usati e mai cambi di biancheria. Ma ho passato così uno tra i peridodi più felici della mia vita. Poi ho trovato un lavoro fisso, e ho pianto per mesi perché mi sentivo in gabbia. Sognavo solo di andarmene, anche a costo di lavorare meno e senza garanzie sul futuro. Ci ho messo sei anni (dalla laurea) ad arrivare al Messaggero. Senza raccomandazioni. Ma non ho fatto niente di eccezionale, tutti abbiamo avuto percorsi più o meno tortuosi.
Di tutto ciò parlo nel libro e soprattutto racconto storie di giovani che rappresentano in larga parte degli esempi "positivi". Perché hanno acchiappato, spesso con fatica, le opportunità che ci sono nel mercato del lavoro. Un mercato del lavoro tra i peggiori del mondo occidentale, vorrei dirlo, ripeterlo e sottolinearlo. Ma non per colpa della legge Biagi, che invece ha regolato molte situazioni, e aveva proposto strumenti (in gran parte non attuati) per una maggiore trasparenza e fluidità di un mercato che ha vizi e rigidità antiche. Vogliamo parlare di nepotismo, raccomandazioni, scarsa valorizzazione del merito, del talento? Credo però che rispetto al passato, anche recente, rispetto a 20 anni fa, qualche miglioramento ci sia stato.
La mia personale ambizione sarebbe di contribuire a fare sì che ci possa essere qualche altro miglioramento, qualche opportunità in più, sia per i più bravi (che comunque se la cavano sempre) sia per i meno fortunati. Ecco perché ho scritto quel libro. Ci sono dentro anche tante cose sulle quali qui ovviamente non mi posso dilungare. E non ce ne sono tante altre, che forse avrebbero dovuto esserci, ma che tutti noi trascuriamo, come spiego nella prefazione e anche nelle conclusioni. Perchè allora non ci confrontiamo su queste cose? Perché non legge il libro e mi dice cosa ne pensa?
Distinti saluti
Angela Padrone

15 commenti:

Alessandro ha detto...

Cara Angela,
se non le dispiace le vorrei rispondere io, naturalmente citando parole di beppe grillo. Le leggi approvate in materia di lavoro a tempo determinato non sono sbagliate in partenza. La flessibilita puo essere uno strumento utile per migliorare l'economia. Ma queste devono essere portate avanti assieme ad altre riforme, che assicurino un aumento di posti di lavoro, di miglioramento della mobilita dei lavoratori e di protezione sociale. Il lavoro e' un diritto innegabile nella nostra repubblica. Non si puo far vivere la gente col terrore di ritrovarsi senza futuro, altrimenti lo stesso puo essere usato, poi, come ricatto.

Le linko un vecchio post dal sito di beppe grillo, in cui interviene niente popo di meno che il premio nobel per l'economia (forse dovrebbe scrivere una lettera anche a lui ?)

http://www.beppegrillo.it/2006/04/gli_schiavi_mod_3.html

Augurandole buon lavoro, la saluto

Alessandro Barozzi

Attilio Pifferi ha detto...

Salve,

ho iniziato a leggere il Suo blog e l'ho inserito tra i preferiti. Sicuramente lo visiterò con frequenza.

A presto,
http://attiliopifferi.blogspot.com/

Alessio Maniscalco ha detto...

La flessibilità è lo strumento principe per dinamizzare il mercato del lavoro e già assolve pienamente all'arduo compito di soluzione catalizzatrice del meccanismo occupazionale. E di questo dobbiamo essere grati alla legge Biagi e, qualche anno prima, al pacchetto Treu che ha innescato il processo di liberalizzazione del mercato del lavoro (prima di tale processo il tasso di disoccupazione, nel 1995, era dell’11,1%, mentre nel 2006 è sceso al 6.5%) Per quanto riguarda il problema delle tutele nei confronti dei lavoratori, un sistema di sicurezza sociale come il nostro deve garantire validi strumenti e interventi di sostegno verso quei cittadini che versano in stato di bisogno, attraverso politiche di workfare e tramite una efficiente rete di ammortizzatori sociali: credo che questo sia l'obiettivo che lo Stato sociale deve prefiggersi, invece di fantasticare tentativi di coartazione della flessibilità contrattuale e irrobustimento di quella rigidità negoziale, che ha relegato spesso le generazioni più anziane nel lavoro sommerso.
E perchè non intavolare una discussione su un sistema di distribuzione graduata delle tutele? (Vi ricordate lo "Statuto dei lavori" del Libro Bianco di Marco Biagi?)

www.alessiomaniscalco.blogspot.com

Anonimo ha detto...

Cara Angela,
sono un collega, naturalmente precario.

Premetto che non sono un grillino, ma ho letto la tua lettera e sono rimasto basito.
Per prima cosa precisiamo: tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli '80 i computer già esistevano, infatti la prestigiosa rivista TIME dedicò al Personal Computer la copertina del 1982, come: "Uomo dell'anno".
Forse rammenterai e forse volevi dire che non erano diffusi nelle redazioni dei giornali, soprattutto a Roma.

Nei giornali si entra e si entrava solo per ius familis, per raccomandazione e per conoscenza.
Affermi di averci messo sei anni dalla laurea per entrare al Messaggero. Bene, guarda quanto ci mettono i tuoi colleghi-collaboratori oggi, partendo dai più giovani. Fatti due conti e poi dai una risposta a questa domanda: sebbene oggi il precariato sia del tutto legale, con contratti a termine, sostituzioni, cococo et similari, i tempi di "ingresso", dopo un'ampia e comprovata gavetta, si sono allungati o accorciati?

Non vedere ciò che accade nel proprio giardino è, per me, paradossale.
Non accorgersi che la situazione dei giornali (e dei giornalisti) è nettamente peggiorata dopo l'entrata in vigore delle leggi che legalizzano il precariato vuol dire solo... chiudere gli occhi.
Qualche collaboratore sotto al naso (o meglio: davanti allo schermo), ce l'avrai pur bene anche tu, o no?

Certo: fare il giornalista è sempre meglio che lavorare.
Ma ormai anche questo mestiere è stato masticato dalle fauci del mercato liberista e la prova è il mancato rinnovo del tuo contratto.
Altra prova concreta è la diminuzione degli organici, anche se i giornali si fanno ancora se non di più. Ti consiglio di sfogliare un qualsiasi colophon di qualsiasi rivista, qualsiasi quotidiano o qualsiasi altro prodotto editoriale. Prima sfoglia una testata italiana, poi una estera.
Facilmente noterai lo squilibrio tra i membri della redazione e quelli che sono annoverati con lo squallido "hanno collaborato". All'estero, precariato a parte, non è certo un rapporto così improprio.
Da questo dato si evince come mai la qualità dell'informazione italiana sta precipitando: chi scrive sta per strada a fare la fame, chi impagina sta in redazione a passare lavoro altrui. I primi prendono le briciole e i secondi vivono incatenati al desk: una gabbia d'oro e privilegi, ma pur sempre una prigione.

Questo è ciò che molti economisti, anche quelli che citi spesso sul blog, definisco come: lo spostamento del rischio d'impresa.
Il rischio di impresa, grazie alle leggi che regolamentano il precariato, si è infatti spostato dalle spalle dell'imprenditore (industriale, editore) a quelle del lavoratore, in particolare di quelli parasubordinati, precari e atipici.

Siccome lodi le le leggi che hanno rovinato il nostro mercato del lavoro (pacchetto treu e legge biagi, ma non solo) e siccome noto del rimpianto per il periodo felice di giovane collaboratrice precaria, ti propongo uno scambio: il tuo articolo1 per il mio perenne precariato.
Che ne pensi?

Con stima
Thai Ler Dar Den
(giornalista e precario)

PS: questo acido post non nasconde che concordo con l'idea alla base del tuo libro, ma solo l'idea.
Infatti ritengo che, quando un lavoratore precario si sbatte, trova anche di che mangiare. E aggiungo che la precarietà, se ben sfruttata, permette di prendersi persino alcune libertà, sostantivo che voi dipendenti potete solo sognare la notte.

angela padrone ha detto...

Carissimo Thai, se tu cominci dicendo che negli anni 80 già esistevano i computer, intuisco che vogliamo fare a non capirci: certo che esistevano i computer ma non le email, né esisteva Internet. Io, nel 1989 ci ho messo un anno ad ottenere la linea telefonica a casa. E il pezzo in redazione bisognava portarlo personalmente (che a Roma può essere come forse sai piuttosto pesante); se è per questo si poteva anche dettare ai dimafoni, ma non sempre questi potevano perdere tempo con tutti i collaboratori.
Quanto all'oggi: nei giornali il mercato è praticamente chiuso, da anni. Se ogni tanto qualcuno entra è puro miracolo, ma non è che tutti debbano fare i giornalisti nei giornali...chi ci prova lo fa a suo rischio e pericolo. Se è mosso da una grande passione io mi levo tanto di cappello e gli faccio gli auguri. Io certo non lo consiglierei mai a mia figlia. Quanto alle raccomandazioni, il punto di partenza è che il mercato italiano non è mai, (e sottolineo mai) stato molto in salute...Poi c'è chi cerca di migliorare le cose e chi invece gioca al tanto peggio tanto meglio!

Ladypiterpan ha detto...

Ciao Angela,
Grillo, secondo me,non
si confronterà mai ad personam. Lui è bravo a provocare, mi pare, però, poco propositivo...
Se mi sbaglio, pagherò pegno..
Anna

Anonimo ha detto...

Cara Angela,

come ti avevo già confermato del tuo libro mi era piaciuta molto l'idea di dare una visione diversa dal solito precario bistrattato, altrettanto veritiera e fondata.

Ti vorrei fare però un piccolo appunto contestualmente a questa tua lettera a Grillo. Tu mi sembra che valuti solo delle persone che hanno qualità al di sopra della media: tu, appunto, con la tua esperienza, Grillo ecc. Io stesso lavoro in proprio e senza incensarmi mi ritengo una persona al di sopra della media, per titoli di studio e capacità imprenditoriale.
Ma vedi, Angela, non possiamo fare tutti gli imprenditori.
Se tu, Grillo, io e pochi altri in nome di quello in cui crediamo e che ci piace siamo disposti a immani sacrifici lavorativi e personali, questo non deve diventare la regola di partenza per tutti. I diritti dei lavoratori sono stati una conquista estremamente difficile ma in questi anni stiamo demolendo tutto; io, tu e Grillo possiamo farcela, la maggior parte no. Ma non perché siamo più bravi, più belli o più intraprendenti. Ma solo perché è nell'ordine delle cose che uno nella vita voglia fare anche la parrucchiera, l'operaio, il muratore, il portiere o il metronotte. Dov'è il valore della flessibilità in queste professioni? Una commessa che lavora tre mesi alla volta con un mese senza stipendio in mezzo, dov'è che deve essere precaria e contenta?

Con stima

Fede

Anonimo ha detto...

Ciao Angela,

io sono convinto che Grillo leggerà la tua lettera e anche il libro, perché in fondo è il suo "schiavi moderni" riflesso in uno specchio. DI base dite entrambi la stessa cosa: "Basta precariato". Me lo auguro almeno. Magari ci metterà un po', visto che ormai non avrà più tempo nemmeno per nutrirsi, ma per quanto non concordi con lui su tante cose e modi di fare, è uno che non si tira mai indietro da un confronto. E poi, c'è un altro fattore che vi lega: il web. Mentre molti di quelli che parlano e straparlano di lavoro non ci pensano nemmeno a confrontarsi con la voce del mondo. - Arnald

angela padrone ha detto...

Caro Fede, la flessibilità può fare male e bene a seconda dei singoli casi. Ma ci sono tanti casi nei quali l'alternativa al contratto a termine è la disoccupazione, o il lavoro nero. Questa è la realtà, anche se può non piacere. Quanto alle figure di lavoratori che dici tu, sono quelli che se ne lamentano meno, anche perché sono figure abbastanza richieste. Infine, le conquiste dei lavoratori, è giusto quello che dici, ma oggi in molti casi si sono rovesciate in protezione di privilegi di chi è già "dentro", che finiscono per ritorcersi verso i nuovi arrivati, i precari che stanno "fuori". Nel mio libro, se ti capita di darci un'occhiata, ci sono storie di persone sopra la media, ma anche storie di persone normalissime, una maestra-cameriera, uno stalliere, un laureato in economia e commercio, un magazziniere, niente di che, una ragazza che andava male a scuola, uno studente di ingegneria che fa volontariato e non mette il lavoro in cima ai suoi pensieri...il mondo è bello perché è vario! (o avariato, diceva un mio amico)

Anonimo ha detto...

La situazione nel Paese è grave. Sottoscrivo ciò che ha detto Thai Ler Dar Den (Tyler Durden, Fught Club). Anch'io sono giornalista. Ho inviato moltissime volte il mio cv ai giornali italiani, compreso il Messaggero, vista anche la vicinanza geografica. Ma purtroppo la realtà è una sola. Un giorno incontrai il responsabile marketing di Repubblica. Disse: "In redazione arrivano migliaia di CV ogni giorno. Noi li cestinaimo senza neanche aprirli, perchè se dobbiamo scegliere un redattore, lo scegliamo per cooptazione. Io ho un amico di cui mi fido, lo chiamo e gli dico di mandarmi un redattore bravo. Fine della storia".
Inoltre, qui tutti siamo d'accordo nel porre fine alla precarietà. La Legge Biagi, così com'era stata disegnata, era buona. Ma dobbiamo guardare la realtà di oggi: la 30 è deficitaria, e abusata dai datori di lavoro. Su questo non c'è dubbio. Inutile fare statistiche dicendo che la disoccupazione è scesa al tot% nel mese di...Ci sono contratti che durano solo 3 mesi: è questa occupazione? Non mi sembra.
Infine: ha ragione il premio Nobel Stiglitz, quando afferma che in Italia non c'è lavoro. Aprite un giornale, andate alla sezione Annunci di Lavoro. Troverete: venditori, account, call center. E il resto?

Anonimo ha detto...

Cara Angela, non sono un "grillino", ma quando Grillo organizzerà il V-day dedicato ai giornalisti, ci sarò anch'io e le dedicherò un mio personale e sentito V........o.

Anonimo ha detto...

Ciao Angela,
propongo una riflessione diversa sul tema giovani e precari. In Italia abbondano i giovani o gli anziani? Non rispondo neanche! Allora perchè si parla tanto di declino demografico e poi non si investe sui giovani? Il precariato potrebbe non essere un problema ma se poi è sinonimo di stipendi bassissimi (oggi nel mio settore uno stagista guadagna come un neoassunto di 15 anni fà) e inoltre non prevede alcuna formazione, allora la conclusione mi sembra forte: la nostra società, quindi tutti noi, non stiamo investendo più nel nostro futuro!
Lancio uno spunto di riflessione: ma se i giovani hanno molta voglia di lavorare mentre chi è usurato dall'età ne ha decisamente meno perchè non aprire un dibattito per conciliare questi 2 aspetti? Perchè per esempio non incentivare il lavoro part time dei più anziani che tanto dovranno lavorare sempre più a lungo?
Livio Martucci

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Angela Buongiorno,

Entro subito nel vivo della questione dicendole che mi spiace, a mio modesto avviso, dover rilevare che il suo post per quanto sincero mi sembra più vicino ad uno spot per il suo libro che ad una vera e propria disamina del problema.

La lettera aperta a Grillo sembrerebbe quasi un espediente per catturare l'attenzione di molti vista la popolarità mediatica che il noto comico ha in questo momento.

Premetto che non sono proprio convinto che Grillo sia la soluzione ai problemi e che lo ritengo più bravo e capace quando denuncia una questione spinosa più che quando ritiene di avere la cura alla stessa. Aggiungo anche però che nel caso di questo suo post, almeno per quello che sto per dirle credo, Beppe Grillo e le suie idee siano un aspetto del problema del tutto marginale.

Vede, entrando quindi nel merito della discussione, la realtà è molto più vicina a quella descritta da Thai e di cui parla Massimo.

La legge Maroni (Biagi non ha avuto il tempo neanche di rivederne il testo purtroppo...) se non ha istituito il precariato, ha sicuramente accentuato questo istituto trasformandolo da strumento avente natura eccezionale, o che cmq come tale doveva essere considerato, a strumento ordinario di assunzine dei lavoratori.

Questa è la colpa maggiore di quella legge, aver "regolarizzato" il precariato.

Su una cosa Grillo ha ragione: se prendi un lavoratore per un periodo di tempo determinato, senza quasi diritti o garanzie, lo devi pagare di più e meglio di uno che è sicuro del suo posto e lo sarà per sempre.

Ma ovviamente qui la questione è diversa: il precario è colui che deve essere occupato per un tempo breve o cmq incerto per fare comodo alle imprese e per aiutare l'istat nel far risultare la disoccupazione in calo.

Ed in calo lo è ma non per merito del precariato bensì di coloro che si tolgono dalle liste di collcamento; esseri umani così sfiduciati da arrendersi.

La Ringrazio per lo spazio dedicatomi nel suo blog e per la pazienza (spero) con cui avrà letto fino in fondo quetso commento "fiume"

Daniele Verzetti, Rockpoeta.

angela padrone ha detto...

Caro Livio, credo che le tue riflessioni siano molto fondate. Anche se, sul livello dei compensi di uno stagista è difficile stabilire per legge dei compensi minimi. Credo che chiunque voglia imparare sul serio un lavoro sia disposto a pagare lui ..(come si vede da tanti inutili master a pagamento). L'importante è scegliere il canale la strada giusta. Quanto agli anziani: sono convinta che si debba introdurre una maggiore flessibilità anche nella seconda parte della vita lavorativa e nell'età della pensione. Mi rendo conto che non è facile per le piccole aziende e non è facile far quadrare i conti del sistema pensionistico, però sarebbe giusto lavorarci su. Intorno al 26 ottobre il gruppo w2w e i radicali orgaqnizzano un incontro sull'equiparazione dell'età pensionabile delle donne. Vedremo se lì si parlerà di flessibilità in uscita. Però è un tema molto delicato, e poi si può ritorcere sul lavoratore...

Anonimo ha detto...

Le mie idee al riguardo le ho ben espresse qua: http://zerosilenzio.splinder.com/post/14340157/Il+precariato+non+%C3%A8+la+nutell
Buona lettura,
Lorenzo
http://zerosilenzio.splinder.com/

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