mercoledì 21 novembre 2007

IL "LAVORO" NON PIACE PIU'?


Ho già avanzato in passato l'idea che negli ultimi anni in Occidente si sia diffuso un distacco da quella che era una volta "l'etica del lavoro" a favore di una nuova "etica del tempo libero": E' un'idea un po' provocatoria, in un periodo nel quale si parla di lavorare di più, nel quale alcuni orari di lavoro si allungano e si dilatano anche nelle serate e nei weekend, nel quale si lavora anche da casa o dalla vacanza con computer, palmari e cellulari.



In questa direzione sembra andare, sotto forma di interrogativo, il numero in edicola di "è lavoro", l'inserto di Avvenire. Francesco Riccardi scrive: l'impressione è che "il lavoro piaccia sempre meno. Nel senso che viene rifiutato perché considerato non all'altezza delle proprie aspirazioni e (legittime) attese, soprattutto da coloro che hanno raggiunto livelli di istruzione mediamente più elevati...Il lavoro ha sempre avuto aspetti alienanti o frustranti, ma nei decenni passati rappresentava al tempo stesso lo strumento principe dell'affermazione della propria identità, del proprio ruolo all'interno della società. Oggi solo alcune professioni, nel sentire comune, sono in grado di definire un'identità personale".



Intorno a questa "suggestione" ovviamente il ragionamento è complesso. perché tanti salteranno su a dire che questo per loro non è vero, che anzi ci sono discriminazioni e barriere all'accesso. E infatti Riccardi parla anche di questo. Però, nell'epoca della società "liquida" (cfr Zygmunt Bauman) e dell'individuo dall'identità mutevole, c'è anche il sentimento di tanti giovani che non si sentono più definiti dal lavoro. O comunque non hanno bisogno del lavoro per "vivere", ma solo per sopravvivere. Sarà vero?

10 commenti:

Unknown ha detto...

Problema oltremodo complesso.

E' vero che le aspirazioni di chi ha "studiato" (secondo lui/lei) saranno anche legittime.

Ma di amministratori delegati in azienda ce n'è uno, di direttore generale uno, di direttori centrali qualcuno nelle aziende più grandi, manager qualcuno in più...
Impiegati magari qualche centinaio
Operai magari qualche migliaio

E' vero che è meglio fare l'amministratore delegato che l'operaio.
Ma i posti sono scarsi.

La verità è che finché i genitori mantengono i figli a fare poco o nulla piuttosto che vederli lavorare (mio figlio mica può fare l'operaio) manca anche la motivazione economica.

Si è persa soprattutto la voglia di impegnarsi per un futuro migliore, pensando che impegni e sacrifici di oggi saranno (se sono in gamba) ripagati in futuro.
Si vuol partire dall'alto.

Non abbiamo più fame.
E gli affamati ci passeranno sopra.
noi daremo vita ad una generazione di affamati.
Avremo il caos o ripartiremo tipo dopoguerra?

Ladypiterpan ha detto...

Ciao Angela,
pur essendo d'accordo con quello che dice "l'imprenditore", leggiamoci l'ultimo rapporto Isfol. Una nota particolarmente interessante del rapporto, riguarda l’insoddisfazione del lavoro da parte di chi lo svolge. Il lavoratore si sente immobile, deluso e impoverito; soprattutto da prospettive di crescita, stimoli e realizzazioni professionali.
Non mi meraviglio, allora, che non abbiamo più bisogno del lavoro per vivere, ma solo per sopravvivere…
Anna

Anonimo ha detto...

Non condivido molto le tesi dell'Imprenditore. Direi che la fame spesso ce la fanno passare proprio quei due o tre in cima alla piramide (posizioni alle quali non aspira certo un neolaureato, suvvia) e che esiste per fortuna anche il lavoro autonomo. C'è poi una questione legata all'organizzazione del lavoro, sempre meno "sotto comando", o alla diffusione del precariato (due elementi che disgregano l'identità del lavoratore), ai salari d'ingresso bassi, al rapporto vita-lavoro che peggiora, allo stato sociale che è pieno di falle, all'incapacità delle imprese di delineare percorsi e/o retribuzioni variabili e/o premi.
Ci sono mille variabili. Metterla sul piano della fame è forse troppo riduttivo quando si parla di motivazioni. Non siamo più in epoca industriale: il rapporto impiegati/operai non è più uno a dieci. Nel mondo dei servizi c'è per fortuna maggiore dinamicità per i kopftarbeit, ma se rimaniamo alla visione degli anni 20 non andiamo molto lontano.

Unknown ha detto...

Come spesso accade per brevità (ma io sono anche un provocatore) si estremizza.
Assicuro di non avere mentalità anni 20 (sarei fallito o starei per farlo).

Ciò non toglie che a fronte di gente insoddisfatta in una azienda dove vi assicuro che si premia il merito anche in modo economico oltre che di percorsi di carriera, tra la proattività dichiarata e che si dice di volere e quella dei comportamenti c'è un abisso.

Moltissimi dicono di voler "crescere" e avere più responsabilità (di solito si paga di più per quello) pochi si comportano coerentemente per farlo.
Purtroppo.
Visto che la crescita aziendale deriva anche e soprattutto dalla crescita di chi ci lavora.

Gli stipendi di ingresso sono da fame, vero, ma assicuro che fatti due conti chi deve prendere un minimo di responsabilità nei primi tempi lo stipendio non se lo guadagna. La sua produttività è infima.
E per i livellamenti prendetevela con i sindacati, non con noi.

Anonimo ha detto...

Io gradirei sapere una cosa?
come si permette questa "giornalista" di nome Padrone...e già il nome è tutto un programma...di dire che il precariato,gli stage,i contratti a termine sono le strade attraverso cui tanti giovani ce la fanno?????
Ma lei cosa ne sa??? Lei che non ha mai vissuto e mai vivrà quello che milioni di giovani vivono ora!!!! Farebbe molto meglio a non parlare!!farebbe più bella figura!!!
L'unica cosa vera sono i fatti:
Tasso di disoccupazione in Italia 7,8%. Ireland 4,4%. France 9,7%
Occupazione, percentuale della popolazione attiva in Italia: 44,9%. UK 60%. France 51%.
Tasso di disoccupazione giovanile (20-24 anni) in Italia: 21,1%. EU-15 media: 15,5%

...come può ben vedere siamo ultimi!!!!in tutto!!!!!ergo...
...W i Grillo
...W i Travaglio

Unknown ha detto...

Manca un W il Duce
e un W la USSR
che tutto vedono e a tutto provvedono :-)

basterebbe leggere il libro della "giornalista" per sapere che ne sa e guardare i "fatti" non con le fette di salame sugli occhi.
Se vuoi un sistema come quello irlandese siamo prontissimi a sottoscriverlo, come categoria!

E poi via, scherzare sul nome è veramente degno dei seguaci di Grillo.

Ladypiterpan ha detto...

Belle le fette di salame!
E ci credo che lo sottoscrivi il sistema irlandese, non a caso molte aziende farmaceutiche (che la sanno mooolto lunga) stanno portando tutto in Irlanda...
Forse l'anonimo o è un pò confuso o si è contraddetto!
Anna

Anonimo ha detto...

Io non pretendo di essere amministratore o general manager da neolaureato,ho sempre cercato di fare qualche lavoretto surante gli studi,a 18 anni ho fatto il magazziniere in estate per pagarmi la patente.Io non pretendo di partire dall'alto,ma permettetemi di ridere in faccia a chi mi offre uno stage retribuito con 300 euro.Il lavoro ,per quanto bassa possa essere la mansione, va retribuito!
Fare la gavetta non vuol dire lavorare gratis,altrimenti sarebbe sinonimo di volontariato.

Anonimo ha detto...

Teorie&Filosofie, del salame sugli occhi.
Non ho capito bene chi ha il salame ..se l'imprenditore o l'operaio o il manager.
Stando così l'Italia mi sembra che il salame ce lo abbiamo tutti, se ci atteniamo ai fatti e non alle statistiche (addomesticate&interpretate)
l'Italia è un classico paese con il salame sugli occhi..il guaio è che crediamo ancora alla befana e a babbo natale..qualcuno se ne è accorto.. ed ecco i risultati
ciao Meccatronico

Anonimo ha detto...

Iniziamo la nostra lista:

@l'imprenditore:
come lui già sa, abbiamo molto spesso idee comuni.
In particolare, è molto tempo che anche noi diciamo che il tema della "fame" è uno di quelli più interessanti.
Si può concordare i toto con quello che dice qui.

@dario:
la fame non è tanto quella degli operai, o meglio non solo.
La fame è invece quella che spinge gli imprenditori.
Sovente non è fame legata al mangiare spicciolo, ma è fame di produrre qualcosa, è estro creativo, è voglia di incidere nella società lasciando qualcosa di bello.
Questa è la fame che ravvisiamo in tanti ragazzi che interpretano bene la flessibilità, e questa è la fame che non ravvisiamo in tante stakastagiste della situazione che vivono di luoghi comuni ma soprattutto non producono ma usano.

@anonimo - commento critico su angela:
la flessibilità, la realizzazioni dei sogni, l'esistenza di ideali e il loro perseguirli, gli stage formativi, ecco le vere strade attraverso cui farcela.
Non certo posti a tempo indeterminato in "Teti" della situazione che come ci insegna il buon tragico Fantozzi, servono spesso per chattare con il pc, o per giocare a freccette con il collega di scrivania.
Poi sul giudicare come vive certa gente, e come è arrivata ad essere quel che è, se fossi in te starei molto attento e penserei bene prima di parlare a vanvera.
Infine, sulle % ...

... scritte cosi e decontestualizzate, non hanno alcun senso. Se le contestualizzi - sempre che tu ne sia capace beninteso - potresti avere moltoe sorprese.
Magari essere per noi imprenditori in irlanda e pagare quelle tasse ... un sogno.

@benny:
non ridere in faccia a chi ti offre stage retribuiti a 300 euro.
Forse ti sta offrendo quello che vale il tuo cv - bada non ti offendere, parliamo senza averlo mai visto e quindi in maniera astratta.
Il lavoro va retribuito, dici bene.
Lo stage non prevede retribuzione, a meno di precisi accordi e motivazioni che diano un senso a questa.
Uno stagista che si presenta chiedendo il rimborso spese in generale viene scartato a priori proprio per la supponenza che da questo gesto, non tanto per la cifra in se. Le aziende non amano coloro che non vogliono imparare.
Fare la "gavetta" vuol dire andare ad imparare, e non credo che per imparare un mestiere si debba anche essere pagati, sarebbe un vero controsenso.

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