venerdì 16 novembre 2007

I TUAREG SI TURANO IL NASO E PROPONGONO LE QUOTE

LINK AGGIORNATI

Un piccolo libro dalle grandi ambizioni, Generazione Tuareg, un libro che unisce visione, brillantezza, coraggio e senso politico. Lo consiglio a tutti: under 30 sfiduciati e pessimisti, e under 50 impantofolati. E soprattutto lo consiglio a chi cerca una bussola, non potendone più di luoghi comuni, di lamentele, di accuse dirette a fantomatici responsabili, che sono sempre gli altri, della "mistica della precarietà", che io stessa cerco di combattere con tutte le mie forze. Non certo per togliere orza ai giovani della generazione "precaria", ma per dargliene, perché come conviene Delzio, il problema del nostro mercato del lavoro, non è l'eccesso di flessibilità. Piuttosto è un'eccesso di rigidità, all'interno della quale la flessibilità viene vissuta come eccezione, come condanna, non supportata da servizi e strutture, a loro volta, flessibili.

Delzio, direttore dei giovani imprenditori di Confindustria, forte di esperienze qualificate e internazionali, si inserisce in quello che ormai è un filone, e ne abbiamo parlato anche su questo blog più di una volta: il filone "più merito, più mercato = più opportunità, più democrazia". Se posso chiosarlo, è il filone che vuole finirla con la credenza, durata anche troppo, che l'appiattimento al livello più basso faccia un favore ai più svantaggiati. Ho già citato qui il libro di Floris, Mal di merito: lo rifaccio per segnalare una pagina sul Messaggero di oggi.

Non è democratico, per esempio, far credere che l'università uguale per tutti, a costi bassissimi, sia una conquista: non è altro che la certificazione della sua inutilità, perché "chi può" farà altro, studierà in posti più prestigiosi, entrerà nel mercato del lavoro per altre strade, lasciando con un palmo di naso chi credeva che bastasse quel suo povero pezzo di carta a conquistare chi sa che cosa."Per cambiare l'Italia - dice Delzio (che ha ambizioni politiche) in una delle ultime pagine del libro - la nostra generazione deve abbandonare definitivamente l'illusione del ritorno all'età dell'oro, la ricerca spasmodica e frustrante delle certezze perdute". E' un passaggio chiave. Ciò che è stato (o che molti credono che sia stato) per fortuna non tornerà più: d'altra parte, ai giovani non piacerebbe neanche un po' quell'Italia anni Sessanta nella quale sono cresciuti i loro padri. Quindi "dobbiamo riaccendere la speranza", dice Delzio: I giovani devono "riaccendere i motori" dico io.

La mia copia del libro Tuareg è piena di sottolineature di diversi colori e di "orecchie" sulle pagine: è l'unico modo per appropriarsi di un libro, e questo dimostra che l'ho trovato veramente ricco di spunti. Molte delle cose che dice sono le stesse che dico io, che diciamo qui ormai da mesi. Voglio sottolineare solo un passaggio, tra i tanti, una nota operativa: "In situazioni di crisi della rappresentanza, di fallimento del mercato della politica, di resistenza culturale, le quote sono l'unico rimedio possibile. Rimangono una soluzione d'emergenza, ma diventano un "male necessario" per avere più giovani in Parlamento. E' necessario stabilirlo per legge..." QUOTE. Questa parola, riferita per decenni alle donne, per molto tempo mi sembrava intollerabile, mi faceva ribrezzo: era il segnale di uno stato di minorità, mi sembrava una misura paternalistica, una "concessione" autoritaria. E, vista la mia tendenza a rifiutare autorità che non siano anche autorevoli, ho sempre avversato questa idea. Ma anche io alla fine ho capitolato: le quote sono l'unico modo, veloce, di rottura, per rovesciare una situazione che in Italia può trascinarsi ancora per decenni, forse per secoli (e non è un modo di dire). Delzio ha ben presente il fatto che, in questo momento, donne e giovani sono accomunati da molti elementi. Entrambi sono portatori di novità, ma non riescono a sfondare il "soffitto di vetro": Quindi, sì alle quote per giovani e donne, e via.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"...entrerà nel mercato del lavoro per altre strade...": questo è il punto che mi fa riflettere maggiormente. Secondo me, dovremmo essere tutti un po' più onesti e meno ipocriti ammettendo che il vero spartiacque, a prescindere da qualsiasi "fiamma" personale, rimane il mero aggancio creato dalla rete famigliare o amicale. Allora, se da un lato la "mistica della precarietà" ha contribuito a confondere le acque è altrettanto vero che questa specie di contro-predica della benifica, potenzile possibilità (neo-liberista) del singolo attore economico alla ricerca di fortuna nell'odierno, allucinante, grottescoo mercato del lavoro mi puzza altrettanto profondamente (comprese, ovviamente, le deliranti affermazioni del signor Delzio).

Anonimo ha detto...

Mi sembra interessantino. Io me lo leggerò. - Arnald

Unknown ha detto...

Beh io ho letto il libro lo ritengo stimolante e utilissimo e penso proprio che anche noi cinquantenni dovremmo "ripensarci" seriamante in favore delle genreazioni successive.. Anzi io imparo assai più cose da gran parte di loro che dalla maggior parte dei miei coetanei...Dovremmo sostenere "laicamente" una crescente presa di potere da parte di giovani e donne attraverso inziative di rottura.
Per ora sto contribuendo a promuovere il libro di dezio , perchè alcuni giovani collaboratori della mia società lo hanno proposto...
What else ?
Ma ho anche altre idee..

Google