mercoledì 7 novembre 2007

I MASTER SERVONO VERAMENTE?






Spesso si sente dire: ho un master, io! Il mio amico Max Cosmico, nel suo "Mille euro blues" canta: "Ho una laurea e un Mba (Master in Business Administration)" Eppure, non sempre chi lo dice è molto soddisfatto dei risultati di questi master. Perché ? Ma allora si potrebbe invece dire che il master non serve a niente? La verità è che non si può generalizzare: come per la laurea, il pezzo di carta, tanto caro a una tradizione italica, non basta. Bisogna vedere la qualità dello studio che si è fatto, dove, con chi, con quali risultati. Le ricerche di Almalaurea sull'utilità occupazionale dei master non danno risultati chiari: a volte, in alcuni settori, il master aumenta le probabilità di lavoro; in altre non fa differenza; in altre ancora si può dire che può essere anche dannoso, perché rimanda ancora di più l'ingresso sul mercato del lavoro.

Sull'inserto di Avvenire di oggi ,"è lavoro", c'è un bell'articolo di Mauro cereda sui "Masterizzati del Sud", dal quale risulta che la maggior parte dei giovani laureati che frequenta master al Nord, proviene dal Sud. Da una parte è una scelta giusta, perché ovviamente chi ha studiato in aree più svantaggiate pensa di fare un buon investimento lavorativo andando al Nord. Ma l'importante, non si finirà mai di dirlo, è valutare l'istituzione che propone il master, i possibili sbocchi occupazionali, capire se ci sono aziende coinvolte (che quindi possono avere interesse ad assumere chi ne esce con buoni risultati). L'articolo conclude: un master ben fatto è garanzia di occupazione".

Ma, aggiungerei, un master mal fatto è peggio che inutile: provoca solo frustrazione, fa spendere soldi e crea aspettative che rischiano di andare deluse.

15 commenti:

arnald ha detto...

Allora Angela,

io un master ce l'ho e, come in tutte le cose, la differenza la fanno davvero le persone. Io sono stato fortunato. I miei soldi, non pochi, credo di averli spesi bene. Ma concordo con te sul fatto che spesso e volentieri sono solo una perdita di tempo. Come per i normali consumi, cercare feedback in rete non fa mai male. - Arnald

arnald ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

Mio padre mi ha sempre detto "Imparati un mestiere".
L'ho imparato un mestiere, ed ora, nonostante la giovane età e con solo un diplomino in tasca, mi capita di fare da tutor a ingegneri più grandi di me.
Eh, la vecchia scuola.
In gamba!
Ale

Anonimo ha detto...

I master servono solamente ed unicamente a inserirsi tramite stage in determinati contesti. Se si capita al posto giusto nel momento giusto, quello stage potrà essere trasfomato in co.pro.
ALTRIMENTI...a nulla servono!
Basta solo informarsi sudli pseudodocenti che insegnano...

Anonimo ha detto...

Quello dei master si è trasformato col tempo in un vero business: gli istituti formativi anche più scalcinati hanno esteso la loro offerta formativa creando costosi master improvvisati. Per quel che mi riguarda, ho frequentato un master prestigioso, di un altrettanto prestigioso istituto milanese. Il vero problema è che esiste un eccesso di offerta formativa postuniversitaria a fronte di una domanda limitata: i nostri mediocri imprenditorucoli italiani avrebbero bisogno di masterizzati come il pane, ma sono ignoranti e non capiscono le potenzialità e il valore di un masterizzato per la loro azienda. Spesso gli imprenditori non sanno neppure cosa sia un master...non a caso quel grandissimo artista dice nella sua canzone "un M..che??".
Max

Loud ha detto...

Sono d'accordo carissima Angela.

Posso aggiungere una cosa? Certo che posso :)
Vorrei anche far presente che i giovani (alcuni miei coetanei, altri più giovani) devono smetterla di scegliere un corso di laurea o master sulla base del titolo.
Scelgono un corso di studi in base al titolo, prima ancora di guardare le materie e gli sbocchi professionali! E' assurdo.
Con tutte le lauree inventate oggi, e i master, gli studi servono solo per arricchire le conoscenze, poi la differenza non la fa tanto il titolo quanto la persona! Presentarsi in un posto di lavoro con la pretesa di essere assunti perché si ha quel pezzo di carta non è sufficiente. Bisogna dimostrare di aver scelto quel corso di studi perché si intendeva fare una determinata professione, o comunque spendere le consocenze in un determinato settore, e dimostrare di aver voglia di fare/imparare/lavorare/collaborare.

Troppo spesso sento miei amici che mi dicono "preferisco la specialistica in ... perché il titolo del corso mi ispira di piu", magari posso fare la professione di...
Senza capire che anche con un altro corso può fare la stessa professione.

Questi sono i veri bamboccioni.

Ragazzi, un po' di grinta in quello che si fa. Studiare, imparare, mettere in pratica e voglia di fare, di lavorare.
Non solo di trovare il posto che più confà al titolo di studio. Diamine!

Luca

P.S. scusami lo sfogo, ma ne sento troppi di amici e compagni che ragionano cosi o che si lamentano senza sapersi "vendere" sul mercato del lavoro e soprattutto senza aver capito una cicca di quello che hanno studiato (manco collegano le norme, non sanno cercarle, non sanno interpretarle, nulla di nulla!!!) Sigh!
Impareranno, certo, ma un minimo di partenza di vuole. Forse manca loro la passione per quello che hanno studiato (alcuni lo ammettono pure).

Anonimo ha detto...

Bravo Loud, è proprio questo il problema. Purtroppo da un lato chi organizza i master ha tutto l'interesse a convincerti che il master sia indispensabile e, bisogna dirlo, moltissime famiglie ancora oggi hanno in testa il modello che forse aveva senso decenni fa (studia tanto, esci con ottimi voti e troverai subito un lavoro ben pagato e socialmente prestigioso) ma che ora non funziona più.
Così poi uno si trova pieno di pezzi di carta e pretende che in virtù dei titoli che ha il lavoro arrivi presto, ben pagato, fisso e ovviamente attinente a quel che si è studiato.
E' ovvio che uno ha tutto il diritto di desiderare il lavoro per cui ha studiato, ma molta gente ancora non ha capito che per averlo i corsi e i master sono solo un passo, e non certo quello definitivo. Finché non ci si mette in testa che quel che conta non è la carta che si può sventolare ma è la persona che deve imparare a fare marketing di se stessa non se ne uscirà facilmente.

Unknown ha detto...

Caro Max, c'è un altro problema.
Che gli imprenditoruncoli italiani se riescono a fare ancora gli imprenditoruncoli magari non sanno usare i termini inglesi ma sanno fare il loro mestiere.

I masterizzati sanno i termini inglesi ma dall'alto della loro supponenza spesso non hanno la minima idea di come funziona un'azienda.

Ad esempio che se un prodotto non si vende la colpa non sempre è del cliente.
Il mondo è pieno di gente che si chiede come mai la gente non capisce che il suo prodotto è il migliore.

Anonimo ha detto...

Caro imprenditore, con tutto il rispetto, proprio nel leggere il tuo commento trovo conferma del mio pensiero. Intravedo nelle tue parole una sorta di pregiudizio, tipico appunto degli imprenditori italiani, nei confronti dei masterizzati: la vostra percezione è quella di un "bamboccione" supponente e figlio di papà, imbottito di inutili inglesismi, di nozioni tipicamente da "markettaro" e di concezioni dell'azienda completamente staccate dalla realtà. Non è sempre così. O meglio, non è più così. Un buon master oggi ti insegna a "sporcarti le mani" con i processi e con tutto ciò che sta dietro alla produzione di un bene/servizio, facendoti fare numerose esperienze in azienda e a contatto con i veri problemi dell'imprenditore. Non so con quanti candidati masterizzati tu abbia avuto modo di colloquiare, ma ti assicuro che la percezione del masterizzato che hai tu probabilmente andava bene per il masterizzato-tipo degli anni '90 (se non addirittura '80).
Credimi, siamo tutti dalla stessa parte e tutti vogliamo un'azienda che funzioni, che sia vitale, che sia innovativa, che investa e in cui i collaboratori siano felici di lavorare.
Del caso specifico di cui parli (credere che il proprio prodotto sia sempre migliore) è una cosa che constato spesso con gli imprenditori con cui lavoro (nei panni di consulente), per cui mi piacerebbe parlarne con te magari anche in altra sede.
Anyway...opssss...comunque sia, ti auguro un buon lavoro e grazie per gli stimoli!
Max

Unknown ha detto...

Ti assicuro che (purtroppo) c'è ancora moltissima supponenza dei laureati "bene" (università prestigiose, master ecc) verso la piccola impresa da 50 persone tipo la mia.
E non parlo di 100 anni fa. Parlo di attualità.
Se poi sei in provincia e non a Milano, non parliamone. La mosca bianca accetta di venire da te. Anche se parti già sapendo che al 90% ti molla appena trova un posto migliore.

Amerei trovare nei giovani le cose che dici, ma sono rare.

il discorso prodotto era applicabile anche a chi si propone da masterizzato, naturalmente.

E da noi (oltre 80% export dappertutto) si lavora più in lingua che in italiano, ma non ho mai amato i paroloni avendo la terza media.

Poi ben vengano i masterizzati che si sporcano le mani.

Anonimo ha detto...

Rieccomi! Probabilmente di laureati "bene" supponenti e con la puzza sotto al naso rispetto alle piccole imprese se ne troveranno (per fortuna) sempre meno con i tempi che corrono, soprattutto nell'ambito delle nuove generazioni che, spero, abbiano imparato gli errori della mia generazione (credere che ottimi titoli di studio ti spalanchino le porte nel mondo delle grandi aziende). In generale io me la prendo con la classe imprenditoriale media italiana, ma so che non tutti sono "imprenditorucoli". Ho visto il tuo blog e ho subito capito che sei un imprenditore "evoluto" (non un imprenditorucolo!), solo a giudicare dalla profondità e dalla qualità dei tuoi link (anch'io leggo spesso minimarketing!). Rispetto all'inglese, detesto chi abusa di certi termini (del tipo "essere skillati", su questo ho scritto anche una canzone - "Manager Veronica" - che ti invito ad ascoltare sul mio sito: www.myspace.com/maxcosmico) ma in molti casi l'inglese va considerato come un semplice linguaggio tecnico (un pò come il latino per la zoologia, ecc.). Però, ahimè, anche gli imprenditori come te sono delle mosche bianche! Tornerò a visitare spesso il tuo blog, a presto e buon businesssss! :-)
Max

Coordinatore editoriale ha detto...

Io sono profondamente contrario alla moda del master. Il più delle volte è assolutamente inutile dal punto di vista della formazione, riproponendo le stesse materie già studiate all'università (e a volte anche gli stessi professori). L'unica utilità è lo stage quasi sempre obbligatorio. Ma non potrebbero fare prima gli stage già all'università invece di far spendere soldi su soldi alle famiglie dei giovani?

Sonia ha detto...

Per me il master e' stato uno strumento per reindirizzare la mia carriera. Concordo con chi dice che rischia solo di essere una perdita di tempo e soldi. Nel mio caso ha fatto decisamente la differenza il diventare molto selettiva nelle ricerche, prendendo imformazioni molto accurate sui corsi. La strategia di dedicare le mie energie solo ai siti più specializzati per laureati con alcuni anni d'esperienza nel mio caso mi ha premiato. Ho giocato il tutto per tutto puntando su un executive master tipo questi e, con tanta fatica e remar contro corrente ho raggiunto i miei obiettivi. Sonia

Unknown ha detto...

I master italiani (quelli dopo la laurea) sono inutili e non servono a niente, se non a spendere energie, tempo e soldi. Vi spiego perché. In tutto il mondo esistono Bachelor (laurea normale) e master's (laurea magistrale) degree. Altri titoli o altri master dopo queste lauree sono solo in più e non hanno nessun valore internazionale. Il master's degree, che è una specializzazione post-laurea, già ti deve permettere di prepararti al meglio per il mondo del lavoro perché è questo il suo scopo (se poi non lo fa questo è colpa della preparazione universitaria dei docenti italiani). Il Master italiano avrebbe solo senso dopo la laurea base italiana o la vecchia laurea quinquennale (equiparabile alla nuova laurea triennale) che ha bisogno di una specializzazione post-laurea. Infine quindi dico che l'azienda può richiedere la partecipazione ad un master di un laureato, per inserirlo meglio nel posto di lavoro, ma questo periodo di apprendistato dovrebbe essere retribuito con un normale stipendio lavorativo, altrimenti sarebbe solo una presa in giro.
I laureati che cercano posto di lavoro, come me, devono essere umili è vero ma, questo non vuol dire che non si debba pensare ai soldi e al futuro professionale. In fin dei conti non si vive di aria. Vedo fin troppi imprenditori italiani che appena sentono parlare di assunzione e stipendio ti iniziano a guardare male.

Anonimo ha detto...

Ma fammi capire una cosa, mi rivolgo a colui che ha fermamente sostenuto che i master di primo livello siano sostanzialmente inutili. Se io, dopo una laurea triennale in infermieristica decido di fare un master che mi permetta di specializzarmi in stomaterapia ed uroriabilitazione,secondo te, sto ancora buttando i miei soldi ? Vorrei capire perchè qua noto che tutti spendono soldi per master che sostanzialmente non danno nessun riscontro a livello pratico, solo che nelle laurea sanitarie il discorso cambia almeno a livello teorico. Se qualcuno ha una qualche esperienza in merito, potrebbe darmi una qualche delucidazione ?

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