domenica 29 giugno 2008

LAVORO, UN PATTO DI RESPONSABILITA'



Mentre il governo si dibatte nella tormenta dei problemi della giustizia (?) mi sembra utile mantenere lo sguardo sui problemi concreti di cui continuano ad occuparsi i comuni mortali e, per fortuna, anche qualche ministro. Sul Messaggero di oggi c'è un'intervista al ministro del Welfare e Lavoro, Maurizio Sacconi, che vale la pena di leggere. Il cappello generale è quello di una sorta di "patto" che Sacconi vorrebbe proporre alle cosiddette "parti sociali" (imprenditori e sindacati) per uscire dalle strettoie salariali e di crescita: uno scambio tra meno tasse e più produttività. Questa è già la filosofia della detassazione degli straordinari, e vedremo quali effetti concreti avrà. Chiaro che anche i lavoratori, sulla produttività, più di tanto non possono fare se i datori di lavoro non mettono in atti sistemi di innovazione e anche di misurazione della produttività stessa. A meno che non si parli solo di fabbriche e sia possibile quantificare i pezzi lavorati. Ma anche questo oggi è un po' vecchio stile.
Mi sembra degno di nota un passaggio dell'intervista (fatta dal collega Luciano Costantini): "Parlerei - dice Sacconi - di una forma di gestione condivisa non dell'impresa ma di tutto ciò che riguarda il lavoro e il lavoratore. Ancora, di diritto alla formazione, di diritto del lavoratore a essere accompagnato quando deve cercare un nuovo posto, di diritto alla sanità e alla previdenza integrativa. Gli organismi bilaterale si devono occupare ogni giorno di come rendere i posti di lavoro sicuri e di come fare al meglio formazione in azienda" Io non credo che siano solo parole. Sacconi è una persona esperta, che diceva queste cose anche prima di diventare ministro. Mi chiedo però se la nostra società, lavoratori e aziende comprese siano pronti per fare questo salto di qualità, che sarebe molto importante e che implica un concetto che ha poca circolazione in Italia, ma che nei luoghi di lavoro stranieri è comune, il concetto di responsabilità. Vedremo.





Segnalo anche, per la stessa serie "occupiamoci delle cose che ci riguardano da vicino", l'intervista sul Giornale al ministro della pubblica amministrazione e innovazione, Renato Brunetta. Un'altra delle menti più competenti di questo governo. Brunetta va avanti nella sua operazione trasparenza e presto metterà a disposizione di tutti altri dati e liste sulle spese per consulenze delle amministrazioni pubbliche. Speriamo che in noi non subentri una anestesia da informazione. Anche in questo caso, Brunetta non cita il concetto, ma secondo me emerge chiaramente: un'etica della responsabilità nella Pa, dai dirigenti agli uscieri, potrebbe fare miracoli.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Opinione: il segreto è eliminare la parola pretesa.

Un diritto non è una pretesa, perchè se diventa una pretesa, allora non ci siamo.

Una nuova e finalmente moderna visione dei concetti di diritto, dovere, responsabilità, produttività.

La responsabilità condivisa è forse l'unica strada possibile - come applicarla?

E' un bel dibattito.

:-)

Anonimo ha detto...

Uno spera sempre di aver letto male, ma poi se deve ricredere: meno tasse in cambio di maggiore produttività?!
C'è un po' di confusione (del tutto voluta) sui soggetti implicati in questo ragionamento. Dunque, facciamo un po’ di chiarezza su chi fa o non fa che cosa: il lavoratore lavora di più, la produzione aumenta, i ricavi dell’impresa aumentano, ma l’impresa non aumenta gli stipendi; interviene invece lo Stato, abbassando le tasse su una parte del lavoro e tagliando il welfare che viene riveduto e corretto in chiave privatistico/mutualistica eliminando definitivamente i già scarsi elementi di universalità esistenti. I guadagni dei lavoratori, peraltro non ripartiti equamente, ma a seconda delle convenienze delle imprese, verranno utilizzati dai lavoratori fortunati per pagarsi le prestazioni sociali delle quali lo Stato si lava le mani occupandosi invece degli affari della borghesia: come ad esempio modificare lo stato di diritto per evitare le condanne di uomini di affari spregiudicati, ecc. Per i lavoratori meno fortunati ci sarà, immagino, la carità.
Insomma un bello stato liberale, come quello di un secolo e mezzo fa, prima dell’invenzione dello “stato sociale”, con un welfare residuale corretto da una buona dose di corporativismo in stile fascista che piacerà tanto ad Alleanza nazionale.
Altro che modernità! La visione di Sacconi è ottocentesca...

Anonimo ha detto...

Ma no, dai, è una visione settecentesca ... è la tua quella ottocentesca ... non quella di sacconi!

:-)))))

Un abbraccio

Unknown ha detto...

Secondo me la detassazione straordinari è stata da moltissimi equivocata.
non comporta un aumento della produttività (c'è una curva di rendimento calante dopo le otto ore) ma aiuta moltissimo nella flessibilità necessaria alle aziende a fronteggiare gli alti e basi di mercato favorendo la volontà di fare straordinario da parte dei collaboratori.


Per quello che riguarda l'articolo l'etica della responsabilità di ognuno per la sua parte: imprenditori e collaboratori per non parlare di pa, è quello che ci ha portato alla situazione disastrosa in cui siamo.
La produttività dipende dagli imprenditori che devono investire e dai collaboratori che devono aiutare ad aumentarla (con idee e contributi) e applicarsi per mantenerla.

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