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Chissà se qualcuno si ricorda del
dandy dei nostri giorni, quel Mario che mi scriveva tempo fa raccontando della sua propensione alla pigrizia, ma anche della sua disillusione in Italia e delle sue esperienze in Giappone? Bè, il dandy si è trasformato e mi ha riscritto, per raccontarmi come anche lui ora si sente uno che in qualche modo ce l'ha fatta. Certo, la strada è ancora lunga e Mario-l'ex-dandy dovrà probabilmente trovare nuove svolte, nuove crisi e certo nuovi successi. Ma almeno ora una cosa la sa:
"CE la si può fare, anche quando la mala sorte sembra impegnarsi davvero...Era l'agosto del 2007 quando il mio coinquilino nippo americano salì in camera mia. Al momento stavo spedendo i curriculum in giro per aeroporti e società di servizi irlandesi e scozzesi in cerca di una paciosa sistemazione come attendente multilingue.
La porta si apre e lui "non voglio che te ne vada". "Ok - rispondo io - che si fa?". Scopro così che stavano cercando nuovo personale nella sua compagnia, la più grande agezia di reclutamento/collocamento del Giappone. Si fissa il colloquio col capo del personale e vado. 4 ore la prima intervista con la HR lady e 4 consulenti. Scavalco il gradino e passo al secondo colloquio. 3 ore con tanto di test pratico di cold calling. Scavalco anche questo. Assunto. Grande traguardo, soprattutto perchè il permesso di soggiorno sarebbe scaduto entro 4 settimane e non avevo poi questa sfavillante esperienza lavorativa, a parte un anno e mezzo di tirocinio in un'azienda elettrica di uno zio prossimo alla pensione.
Poco importa, ero appena entrato seriamente nel mondo del lavoro. Qualche mese di attesa per il regolare visto e il 10 ottobre ho preso servizio.Purtroppo il team francese della mia azienda era l'unico alla ricerca di nuovi consulenti, così Charles, Nicolas, Guillaume e Thierry hanno avuto un nuovo collega da maltrattare. Di lì in poi tante nuove scoperte: la gente mente, la gente se ne frega, la gente vuole solo soldi. Così, chiuso nel puro cliché, della compagnia gestita all'americana ho imparato tanto, soprattutto che la vita lavorativa è dura quando c'è lo spauracchio di una email che ti dice di sgomberare la scrivania e di andare via in mezz'ora. Di lì la mia buona sorte mi ha fatto diventare il pupillo del senior consultant più rispettato, che mi ha preso come figlioccio e tirato via dal gruppo transalpino.
Ora nessuno mi può toccare; le ore di lavoro sono sempre undici, dodici al giorno e si fatica. La soddisfazione è però grande, soprattutto quando diventi "residente a Tokyo", quando mamma non ti manda più i soldini per continuare a fingerti studente, quando non hai più la stretta allo stomaco che qualcuno ti possa chiedere "che fai?" e rispondergli che sei un disoccupato. Era questa la mia più grossa paura, ma averla superata è ora il mio più grosso onore.
Me ne sono andato, ho lasciato tanto ma ho trovato una fiera sistemazione, guadagno molto più dei miei amici e ora non vedo l'ora di incontrare qualcuno che mi chieda che faccio.Sono un consulente del lavoro e vivo a Tokyo.Questo è quello che conta ora.
Mario "