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lunedì 21 luglio 2008

I SALDI E L'ANIMA DEL COMMERCIO



In Italia si piange sui saldi flop. La conclusione è che gli italiani si sentono poveri, la crisi incombe, il disastro è vicino. Ma avete provato ad avvicinarvi a qualche negozio del centro di Roma, anche se con i saldi? Tutti noi abbiamo gli armadi pieni di vestiti pagati troppo, e spesso passati di moda. Io ormai mi faccio attirare un po' solo dalle bancarelle...e poi l'Irlanda.


In Irlanda ho comprato moltissimo, senza volerlo! Si entra nei negozi del centro e ci sono prezzi incredibili: dai 2 ai 20 euro a pezzo. Poi , magari, quando arrivi alla cassa, ti fanno un altro po' di sconto.


Ho passato un pomeriggio in un magazzino continuando a prendere roba bellissima e a buttarla dentro una sacca con una voluttà consumistica pazzesca: magliette, pantaloni, biancheria intima, calzini (bellissimi, a righe, disegni, colorati, di cotone, perfetti), felpe, giacche, impermeabili (faceva freddo e non avevo niente di pesante). Alla fine ho speso 100 (dicasi cento) euro. In un altro negozio un giorno ho comprato un paio di occhiali da sole e una maglietta, tutto scontato: credevo di spendete sui 18 euro. Alla cassa ho speso 9,75. Ripeto: ovviamente la gente spende, i negozi, benché anche lì si parli di crisi e disoccupazione, lavorano, e sui giornali non ci sono lamentele dei commercianti. Sicuramente qualcuno mi spiegherà che sbaglio.

martedì 15 luglio 2008

INVENTIVA A DUBLINO



Torno or ora dall'Irlanda, dove tra le tante cose (che sicuramente salteranno fuori nei post dell'estate prossimi venturi) ho provato un giorno l'eco cab. Girovagavo alla ricerca dell'autobus giusto o magari di un taxi, per placare le proteste di una figlia troppo stanca per continuare a camminare, dopo una mezza giornata di scarpinate ...vedo in mezzo alla strada questi strani mezzi, che vedete sopra, con la scritta FREE. La mia reazione, da italiana diffidente, era quella di girare al largo (magari mi volevano vendere qualcosa...) e comunque non può essere free. Invece, trascinata da mia figlia mi avvicino e scopro che la corsa, per una qualunque destinazione a Dublino centro, è effettivamente gratis. I turisti sono contenti, gli sponsor dei mezzi anche, la città è meno inquinata, i taxi subiscono un po' di sana concorrenza, i ragazzi che li guidano sono contenti: vengono pagati dagli sponsor, si fanno un sacco di risate, parlano con i turisti, e si tengono in forma, perché la forza motrice sono loro, che pedalano. Fine della corsa, ciao ciao e mille grazie. Una mancetta è gradita ma non obbligatoria. Magari questi sponsor crescessero e riempissero i centri delle città di mezzi del genere, ma non solo....il punto è che molte volte basterebbe un po' più di inventiva e un po' meno di diffidenza, per trovare delle cose nuove, con effetti positivi in molti campi.
A proposito del post precedente, che vi ha intrattenuto e, come vedo, anche appassionato parecchio nella prima metà di luglio, il tema meriterà certamente dei ritorni. In Irlanda, comunque, si fanno più figli che da noi, ma molti di meno di una ventina di anni fa, quando gli irlandesi erano veramente poveri. Allora rimsi impressionata a vedere famiglie con sei sette figli di media. Ora che sono più ricchi il dato è sceso a livelli "europei", ma è sempre avanti a noi. Direi che ne riparleremo

giovedì 25 ottobre 2007

FLESSIBILI MA "IN SICUREZZA" IN EUROPA


Come essere precari e contenti? In tanti me lo chiedono, increduli. A parte che il titolo del libro era solo un modo per dire "sveglia, usciamo dai luoghi comuni", il senso del mio lavoro è duplice: da una parte invitare i giovani, singolarmente, a non arrendersi, e a studiare tutte le strade per "salvarsi", trovando un proprio posto nel mondo. Per questo racconto delle storie che possono essere da esempio, da stimolo, che possono dare delle idee. Dall'altra parte, i giovani devono fare un lavoro collettivo: premere perché la loro flessibilità sia ripagata con delle tutele, come in altri paesi, anche più "flessibili" di noi. Per questo si legga il dossier del centro Marco Biagi sulla flexicurity, parola chiave per fare in modo che la flessibilità non sia precariato. In particolare raccomando la lettura delle schede su paesi che si sono già avviati ampiamente sul terreno della flexicurity: dalla Spagna (che ha il 34% di lavoratori a termine, contro il nostro 13%), alla Danimarca, a Irlanda, Olanda, Spagna, Austria. Credo che la discussione dovrebbe partire da questi esempi.

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