venerdì 13 giugno 2008

ALZARE L'ETA' DELLA PENSIONE PER LE DONNE?


Alzare gradualmente l’età della pensione per le donne non può essere tabù: le donne vivono più degli uomini e, molto spesso, sono proprio loro a voler lavorare oltre i 60 anni, per rimpinguare i loro assegni di vecchiaia, mediamente molto più poveri di quelli degli uomini. L’idea di equiparare l’età pensionabile di donne e uomini, quindi, è in linea di principio giusta. Vista la deriva dei conti del sistema previdenziale italiano, è anche inevitabile. Ma, attenzione, non può piovere sempre sul bagnato. Vanno messe delle condizioni precise: se le donne devono essere ”uguali” di fronte alla pensione, allora vanno rese ”uguali” anche per tutto il resto della loro vita lavorativa. E attualmente così non è. Le donne lavorano, tra ufficio e attività domestica, molte ore più dei loro compagni (75 minuti al giorno di più, in media), e spesso non riescono a fare i figli che desidererebbero perché mille ostacoli vengono frapposti al loro impegno, sul lavoro e fuori: non hanno asili nido a sufficienza (ci sono posti solo per 6 bambini su 100), non hanno a disposizione servizi sociali adeguati, non godono di orari compatibili con una vita extralavoro (come anche gli uomini), non riescono a fare carriera come gli uomini e, non ultimo, non hanno l’appoggio né delle aziende né dei loro compagni, che raramente condividono le incombenze familiari al 50%. Guarda caso l’Italia è il paese con il più basso tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro (46%) e anche con il più basso tasso di fertilità (1,3 figli per donna). Come mai? Perché in Italia il peso caricato sulle spalle delle donne è troppo pesante, mentre le soddisfazioni in termini di remunerazione, promozione sociale, prestigio, sono troppo poche. Allora, se il ministro del Lavoro Sacconi, come sembra, sta studiando il modo di raccogliere la proposta fatta già nella scorsa legislatura da Emma Bonino, di equiparare l’età pensionabile, ben venga. Ma bisogna che lo faccia nello stesso istante in cui alle donne darà gli strumenti per una migliore vita lavorativa. E questo va messo nero su bianco: per ogni milione di euro risparmiato con l’innalzamento dell’età va chiarito in che modo saranno utilizzati quei soldi, quali benefici arriveranno alle donne in età lavorativa. La pensione anticipata per le donne, come ha scritto la professoressa Elsa Fornero, non deve essere una compensazione tardiva per opportunità negate in precedenza. Però , l’elevazione dell’età non può essere nemmeno l’ennesima penalizzazione per quelle donne che tutta la vita hanno già sopportato il doppio carico in casa e fuori.
pubblicato anche sul Messaggero del 12 giugno 2008

6 commenti:

Loud ha detto...

Secondo me non bisogna alzare l'età pensionabile delle donne. Bisogna sì migliorare le condizioni di vita e lavoro, permettere davvero gli orari flessibili, dare strumenti come aisili nido ecc., ma ciò senza alzare l'età pensionabile. Questo perché per molte potrebbe diventare pesante. Ma soprattutto perché in passato la Corte di giustizia aveva ammesso che la distinzione di età pensionabile tra uomini e donne non ostacola il principio della parità di trattamento tra essi, ma è giustificata dal diverso modo di realizzazione dell'attività lavorativa, considerando le difficoltà della donna in termini di carriera e in termini di lavoro extra con il carico familiare.
Dunque, desunto tutto ciò, sono d'accordo sulla ricerca di strumenti di aiuto alle donne ma senza minimamente penalizzarle sul versante dell'età pensionabile.

Luca

angela padrone ha detto...

no, invece io credo che le donne non devono avere privilegi ma la devono anche piantare di farsi carico dei problemi di tutti...e poi anche di dimostrare quanto sono brave! basta. e si cominciassero a far sentire sui posti di lavoro, invece di chiedere scusa e di lavorare il doppio. leggete il post dopo. non se ne può più di questa cultura da trogloditi

Anonimo ha detto...

Ma quante ma saranno mai le donne che arrivano oltre i 60 anni con una carriera di tutto rispetto alle spalle viste le difficoltà ricordate da Luca? E cosa vieterebbe ora a quelle poche di andare in pensione a 65 anni e oltre? Una professionista o una manager magari a 60 anni sono al top della loro carriera, ma una operaia?
Femministe (quelle vere!), fatevi sentire, che qui si tratta, al solito, di un problema di conflitti di classe...

Anonimo ha detto...

Claudio svegliati, l'URSS ha chiuso da un pezzo! Ancora si sentono dire parole come "lotta di classe" ...

:-)

Anonimo ha detto...

Non accetto provocazioni da chi non ha neppure il coraggio di firmarsi col proprio nome.

Anonimo ha detto...

@claudio
per favore, renditi conto che non siamo + negli anni 50 e 60 ...

:-S

Google