FORMAZIONE CONTINUA E LAVORATORI OBSOLETI (E GIORNALISTI)
Alcune mie amiche si occupano di formazione sul lavoro. E proprio ieri una mia cara amica ;-) era di ritorno da un piccolo periodo di formazione. Se non lo facesse le sue competenze a poco a poco diventerebbero vecchie e presto non sarebbe più all'altezza di quello che l'azienda le chiede. In un mondo flessibile, in continuo cambiamento, nessuno si può permettere di riposarsi sugli allori. Quello che abbiamo studiato tanti anni fa non basta. Dopo pochi anni è sfumato o comunque obsoleto. Bisogna studiare tutta la vita. E questo vale dall'idraulico al chirurgo. Per non parlare dei giornalisti. Siamo nell'età della conoscenza!
Proprio ieri l'Istat ha diffuso uno studio sulla partecipazione degli adulti ad attività formative. Si parte con ottimismo, perché il primo dato è che nel 2006 il 41% delle persone con più di 18 anni ha effettuato almeno un'attività di formazione. Però, a ben guardare, si scopre che i corsi di studio sono seguiti, come è logico, soprattutto dai giovanissimi. Poi ci sono i corsi di formazione, rivolti più specificamente al lavoro, seguiti dal 16 %. Anche qui, ovvio che siano seguiti soprattutto dai più giovani. Importante, nella ricerca dell'Istat le attività di autoformazione, che riguardano il 35% delle persone. Si tratta di cose come andare a vendere un film in lingua originale...per carità, molto bello e utile ma è un po' poco.
Insomma, se la formazione è importante prima di entrare nel mercato del lavoro (e spesso non adeguata), ancora di più lo sarebbe durante il resto della vita. A volte si parla di cinquantenni che si trovano fuori dal mercato del lavoro. Se vivevano nella convinzione che studiare e formarsi non gli servisse più sono stati male informati. In altri paesi la formazione obbligatoria fa parte dei sisteni di ricollocazione dei lavoratori nel mercato. Purtroppo la verità è che di formazione e aggiornamento se ne fa poco. L'Europa, all'interno della cosiddetta Strategia di Lisbona, si è data come obiettivo la "formazione continua" : dovrebbe impegnare il 12,5% delle persone, ma da noi in Italia impegna solo una percentuale tra il 4 e il 5%. E naturalmente con fortissimi squilibri geografici, per cui queste attività si concentrano in certe zone del Nord.
Solo una piccola nota quasi autobiografica: la maggior parte dei giornalisti dispone per contratto della possibilità di accedere a forme di "aggiornamento". Pochissimi ne approfittano per seguire corsi o fare ricerche. Nel migliore dei casi si fa un viaggio che avrà un blando effetto sulla "conoscenza del mondo " del giornalista in questione. Pochissimi di noi, invece, sono in grado di districarsi con competenza in un uso del computer che vada al di là delle operazioni più banali. Io stessa, tenendo questo blog, mi sono trovata alle prese con operazioni e sigle francamente misteriose come feed, api, rank, o altra roba ancora più incomprensibile, nella quale mi muovo a tento come una sordomuta, con grandi sforzi e perdite di tempo. Sarebbe assurdo fare una settimana di aggiornamento per imparare qualcosa di importante alla svelta? Quando i giornali non potranno più fare a meno di un uso competente di internet (e già siamo molto vicini) quanti di noi saranno lavoratori totalmente obsoleti? (E magari con la puzza sotto al naso?) Sembra uno scherzo ma non lo è.
3 commenti:
Già, io mi sono appena laureato e già mi devo aggiornare (soprattutto per quanto riguarda i software, ma non solo).
Sarebbe interessante fare una ricerca sulla qualità dei corsi di formazione. Nel mio campo (l'architettura), a quanto ho potuto vedere i più interessanti sono quelli organizzati dalle aziende sui propri prodotti - ovviamente hanno tutto l'interesse a fare dei corsi utili per chi vi partecipa. Quelli organizzati da strutture di formazione (private o pubbliche) nella maggior parte dei casi mi sembrano invece fatti piuttosto male.
Già Marco,
mi associo anche io a quello che dici riguardo i corsi. Succede anche a me che quelli organizzati dalla mia azienda sono migliori. Sono una che piace fare dei corsi formativi anche al di fuori dell'ambito aziendale, proprio per non essere di parte. Non c'è, purtroppo, paragone...
Considerata la velocità dei cambiamenti attuali, o si cavalca l'onda, aggiornandosi continuamente, o si è fuori dall'ambito lavorativo.
Bisogna essere "flessibili" anche in questo...
Anna
Parole sante ragazzi.
:-)
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