domenica 25 marzo 2007

MA L'OCCUPAZIONE AUMENTA... DOMANDE ANTIPATICHE

Farò arrabbiare qualcuno, pazienza. Faccio la giornalista in un grande giornale, il Messaggero. Mi sono occupata di cronaca e di economia. Ho fatto il capo delle Cronache nazionali. Mi occupo di mercato del lavoro da un po' e devo dire che sono stata spinta a cominciare da tutto il gran parlare e dalle lamentele sui precari. In Francia, stessa cosa. Fammi andare a vedere che cosa vivono questi poveracci....mi sono detta.
Anch'io in fondo ne sapevo qualcosa di ricerca del lavoro, perché negli anni Ottanta, quando mi sono laureata e mi sono messa a cercare un lavoro, non si scherzava. I dati ufficiali parlavano di un tasso di disoccupazione intorno all'11%. E lì è rimasto inchiodato per parecchio tempo. Secondo l'Ocse la disoccupazione giovanile in Italia era al 35,5% nel 1987, poi è scesa gradualmente dal 1997 , per arrivare nel 2003 al 29,7%. Oops, sono dati che riguardano giovani tra i 15 e i 24 anni. Forse "troppo" giovani per lavorare? Gli ultimi dati del dipartimenti del Lavoro Usa dicono che in Italia nel 2005 la disoccupazione giovanile è ancora alta: 21% tra i 20 e i 24 anni, e quasi 37% tra i 15 e i 20. Altissima, va detto. Però è scesa, no? Allora la prima domanda è: come mai la disoccupazione giovanile oggi è scesa rispetto a 10 e a 20 anni fa?
I precari. In Italia i lavoratori con contratto a termine (fonte Eurostat )sono circa due milioni, il 12,3% . Qualcuno aggiunge nel calcolo anche una parte di lavoratori autonomi. Si arriverebbe a 3 milioni 800 mila. Ma questa è una statistica non comparabile con gli altri paesi. Teniamoci al lavoro a termine: in Spagna è il 33,3%. Esagerati. La media europea comunque è il 14,5%. Negli Stati Uniti ovviamente non si può calcolare, perché qualunque lavoro può essere terminato in qualunque momento, compatibilmente con gli accordi tra le parti, quindi non c'è distinzione tra tempo indeterminato e a termine . In tutto il mondo la flessibilità è certamente in aumento. Molti analisti sostengono che è il risultato della globalizzazione. La domanda è : perché l'Italia non dovrebbe essere coinvolta dal processo di flessibilizzazione del lavoro?
I laureati. L'Italia ha solo l'11% di laureati sul totale della popolazione. Negli Usa, dove per frequentare l'università e prendere una laurea si spendono decine di migliaia di dollari, sono il 39%. In Francia i laureati sono il 24%, in Irlanda il 28%, in Gran Bretagna il 29%, in Portogallo il 16% (sempre più di noi). E' vero che la laurea non è una garanzia in Italia. E' vero che spesso le aziende preferiscono un bravo diplomato a un normale laureato. In questo forse più che in qualunque altra cosa, si segnala l'arretratezza del nostro tessuto economico, dell'incapacità delle aziende di investire sul capitale umano. Ma domandiamoci anche: è adeguata la formazione scolastica, universitaria e post-universitaria al mercato del lavoro?
Quando si esce da scienze dalla comunicazione e non si ha un'idea precisa del lavoro che si pensa di andare a fare, che cosa ci si può aspettare? Già. Ma vedo che si lamentano anche molti ingegneri. Sicuramente anche per loro il titolo di studio si è svalutato. Però, sento parlare di neolaureati a 28 anni! ventotto anni. Si è fuori da qualunque statitica sul mercato del lavoro dei giovani. E' chiaro che le aziende vanno a cercare chi, a quell'età, ha almeno un paio di anni di esperienza, magari dei master di specializzazione, dei corsi all'estero. Non sareste un po' diffidenti se doveste assumere un dipendente che ci ha messo 9 anni a laurearsi?
Va aggiunto che non solo negli ultimi tre mesi i posti di lavoro sono aumentati di 333 mila unità, ma negli ultimi sei anni, dal Duemila a oggi, il numero dei lavoratori è cresciuto da circa 20 milioni a oltre 23 milioni. E' sempre molto poco. In Italia il tasso di occupazione è del 44,9 per cento. Praticamente lavora un adulto su due. Tra le donne solo una su tre, e questo è un record negativo vero, perché la media europea delle donne lavoratrici è il 50% (per gli uomini uil 64,7%). Ma in Italia ci sono 3 milioni e 600 mila lavoratori "in nero", che sfuggono completamente alle statistiche. Allora qui le domande sono due: perché non si parla mai dei lavoratori in nero? E, ammesso che una buona parte dei nuovi lavori siano precari, è meglio un lavoro precario, oppure un lavoro in nero, oppure nessun lavoro?
Queste sono le domande che sicuramente vi faranno arrabbiare, ma credo che almeno facciano riflettere. Certamente il mercato del lavoro da noi è orribile, così come è sciagurata la formazione e la mancanza di canali di accesso al lavoro. Per non parlare della condizione tutta particolare che si vive in molte parti del Sud, là dove forse c'è la vera disoccupazione. Tutto questo lo sappiamo e sarà faticosissimo cambiarlo. Ma dobbiamo riflettere. Perché se non rischiamo di andare nella direzione sbagliata. Questo per ora è tutto. Prossimamente vorrei parlare di due argomenti: 1) il tipo di laurea (ingegneri, filosofi, matematici?) rispetto al mercato del lavoro. 2) i lavoratori che le aziende cercano disperatamente e non trovano.

8 commenti:

L'Ingegnere pentito ha detto...

Ciao, innanzitutto complimenti per il blog.

Io vedo due principali problemi, che hanno portato a questa situazione.

1) imprese che in realtà sono troppo piccole e dove eccessive competenze non servono, perchè in realtà hanno bisogno di uno che sa fare un pò di tutto. D'altra parte anche le grosse aziende non è che poi brillino..

2) il problema "sociologico" italiano. E' vero, noi italiani siamo più attaccati alla famiglia, alla nostra terra. Ricordo un discorso interessante che mi faceva un mio professore nella sua critica al nuovo ordnamento "3+2": "Vedi..negli USA i superspecialisti vengono utilizzati, e inoltre se uno perde lavoro, non ha problemi a trasferirsi da New York a Los Angeles, per continuare a fare quel suo lavoro per cui è un superspecialista. In Italia l'Università ha finora dato una cultura generalista, perchè in realtà il laureato preferisce lavorare vicino a casa, c'è la mamma, il cibo, gli amici, il sole..e, se non abiti in zone ricche di lavoro, è difficile trovare nella tua zona un altro lavoro dove rivendere la tua superspecializzazione. Per questo da noi è meglio essere generalisti..sei più rivendibile".

Quanto il problema è colpa dell'Università e quanto colpa della società e della politica?

Io non me la sentirei di dare la colpa ai laureati, poco coraggiosi e lamentosi. Tempo fa parlai assieme a dei ricercatori francesi: si lamentavano che i dottorandi prendessero solo 1600€, come i neolaureati. E dopo cinque anni prendono 3000€. Quando abbiamo spiegato loro che un dottorando italiano percepisce 800€, e che un neolaureato prende sui 1000€ se è fortunato e che 3000 li prendi dopo cinque anni solo se sei dirigente, ci hanno quasi chiesto scusa.

Ovviamente il costo della vita è più o meno simile al nostro..gli affitti anche..

Poi d'altra parte credo che, per sopperire ai problemi, in Italia la laurea è stata vista sempre più come un parcheggio e si sono trasferiti i problemi della disoccupazione all'interno della famiglia stessa: se in altri paesi a 22 anni sono già indipendenti, qui è IMPOSSIBILE (a meno di essere ricco in partenza).
Certo, le aziende adesso sono più contente di avere 23 enni laureati: fan fare loro le stesse cose dei laureati vecchio ordinamento. ma essendo giovani, possono anche essere mantenuti dalle loro famiglie per cinque anni. Quindi non si ribellano se sono pagati poco..ci pensa mammà..

In questo modo si è instaurata una concorrenza tra vecchi e nuovi laureati, ma verso il basso, solo basata sullo stipendio, perchè se a te non va bene, quel lavoro (sempre meno impegnativo) lo faccio fare ad un altro neolaureato. Una volta invece il neolareato doveva fare la gavetta e imparare il più possibile per fare le scarpe al suo capo..

scusa la fretta con cui ho editato il post, ma sono in premura.

L'Ingegnere pentito ha detto...

d'altra parte ti dò ragione sul fatto che l'università dovrebbe essere più selettiva, specie all'ingresso.

In Finlandia l'università è gratuita. Addirittura gli studenti vengono pagati. Il test d'ingresso però è molto selettivo, proprio per scremare chi ha veramente voglia di studiare da chi vuole iscriversi solo per avere il sussidio che permette di pagarti l'affitto.

D'altra parte uno dei problemi maggiori degli Italiani è la lingua. In Finlandia la vecchietta che ti vende il pane sa parlare l'inglese tranquillamente. I giovani spesso sanno tre lingue. Da noi l'inglese lo sanno in pochi e male. All'univesrità fino a pochi anni fa non era obbligatorio provare la conoscenza di una lingua straniera, in molte facoltà.

Il problema è, a mio parere, che la nostra società, a causa del deficit che abbiamo, non riesce più a fare investimenti veri sui giovani, mentre li fa solo sulla famiglia, che è la rete di salvataggio dei giovani..e poi un sacco di soldi vanno nell'annoso problema delle pensioni..

Comunque, ritornando all'università, la laurea italiana V.O. all'estero è sempre stata ben valutata. Il problema è che qui non abbiamo possibilità di tenere i migliori..

Mr. Turbo ha detto...

C'è un altro problemi di cui poco si parla.
L'Italia è tra le ultime come stipendi per i laureati, ma anche tra le prime in europa per quanto riguarda gli ingaggi milionari dei VIP della TV.

Vogliamo parlarne?!

Mr. Turbo ha detto...

Aggiungo un ultima cosa!
Fino a pochissimi anni fa, laurearsi in Ingegneria nei tempi ufficiali era praticamente impossibile.
Quando io mi sono laureato la media era di nove anni e mezzo e per riuscire a mettercene solo 7 ho dovuto sudare sette camicie (N.b. Mi sono laureato nel lontano 2003).
Mi sembrava di aver stabilito un nuovo record del mondo di velocità.
Per i miei compagni ero un genio.
Adesso sembra cosa da tutti,ma fino a pochissimi anni fa (vedi v.o.) l'ingegneria (almeno a l'Aquila) era veramente difficilissima e solo i migliori riuscivano a superare il primo anno! Non sto scherzando.

E' vero che cosi gli ingegneri si laureavano di solito ad almeno 28 anni,ma poi trovano subitissimo lavoro ed a tempo indeterminato (lavori di responsabilità) quindi le cose funzionavano!!

Voglio dire: l'Italia un ottima università ce l'aveva sul serio,ma ha preferito distruggerla con una riforma orrenda...

Adesso i ragazzi si laureano prestissimo, fanno l'università a razzo, ma a cosa gli serve se poi devono restare per anni disoccupati?

Io sono daccordo con Pentito.
Nell'università italiana dovrebbero mettere dei test di ingresso veramente difficili ( come in USA) e far entrare solo i veri talenti..
Qui invece sembra si voglia far fare l'università proprio a tutti... anzi, oggi lo stato sembra voler convincere anche i più asini che l'università ormai è anche alla loro portata... ed è proprio questo il problema...

angela padrone ha detto...

Sì, Turbo, sono d'accordo sui test d'ingresso eccetera. Purtroppo la stranezza è che noi abbiamo così pochi laureati che mettere troppe barriere all'ingresso sembra un controsenso. Ma magari servirebbero a motivare di più quelli che si iscrivono? Come il prezzo: più è alto, più dà valore al prodotto, più il consumatore smania per comprare (a volte)

Mr. Turbo ha detto...

I laureati non si prendono al kg come la frutta!
L'Italia ha un tessuto industriale diverso da quello degli altri paesi europei, ci sono più "impresucce" e meno multinazionali.
Prababilmente è proprio per questo che l'Italia ha bisogno di meno laureati degli altri paesi europei.

Ora io non so esattamente come stiano le cose, le mie sono solo supposizioni, quello che però è chiaro è che qui in Italia ci sono molti più laureati di quelli che servono.

E questo spiega tutto.
Spiega perchè i laureati sono cosi sotto pagati e sotto richiesti (c'è più offerta che domanda) e spiega perchè tutte le statistiche di questo mondo non renderanno mai giustizia alla situazione italiana attuale.

Un salutone.

Mr. Turbo ha detto...

Scusa vorrei aggiungere un ultima cosa.

Io mi sono laureato giovanissimo, nel 2003, quindi 4 anni fa ..e considera che adesso ho ancora 29 anni!! Non sono mai stato uno scarso!!

Ho lavorato a progetto un paio di anni, nel 2003/2005 qualcosa si trovava ancora, poi più nulla.

E' tantissimo ormai che sto disoccupato e ogni anno che passa diventa sempre più difficile per via dell'esercito di nuovi laureati ( e nuovi disoccupati) che le università sfornano ogni anno.

Che facciamo? Ci mettiamo a sfornare laureati a tonnellate (anche se stiamo già pieni) solo per battere il record della Germania e vantarci con le statistiche?!?

Anonimo ha detto...

La media ad ingegneria ai miei tempi ( anche io laurea VO a Milano nel 2003 ) era 7-8 anni, 8 anni circa per ingegneria elettronica che era senza dubbio la più tosta. Voti bassi ( 80-82 su 100 in media ) rispetto ad altre facoltà dove i 110 e lode fioccavano.
Fatto sta che anche in caso di un impiego a progetto o a tempo det. o stage su una microarea di un settore inerente al corso di laurea non garantisce esperienza sufficiente ad essere assunti da un'altra impresa nello stesso settore. Quindi se prendiamo il settore "elettromagnetismo, propagazione e compatibilità e.m." se hai "progettato" o hai partecipato alla sperimentazione di alcune tratte di ponti radio e poi perdi il lavoro difficilmente sarai agevolato rispetto ad un neolaureato (sfruttabile e magari stagista ) nell'inserimento in un'impresa specializzata nel progetto di antenne ( una delle poche che ancora progettano ) però più facilmente in una che si occupa di misure e.m. in camere semianecoiche ( queste sono ancora meno : e se in quel momento sono a posto con il personale ? ).
Per non parlare del rivestimento di ruoli commerciali o di gestione ed amministrazione per cui ormai gli ingegneri gestionali hanno una corsia preferenziale di inserimento ( anche i vecchi diplomi universitari gestionali sono validi, tre diplomati gestionali che conosco, tra l'altro parecchio scarsi con il solo diploma o laurea breve hanno cominciato con stipendi rispettivamente da 1400, 1600 e 1200 come addetto alla gestione di un magazzino, merchandiser per la PanXXXXic ed impiegato )- Città : Milano , però.

Quindi nel nostro settore della ingegneria elettronica e dell'informazione o uno riesce ad inserirsi nell'IT/ICT e quindi è sfruttato, però acquista competenze e diventa rivendibile o ha la fortuna , per merito o spintarella , di entrare in una grande azienda oppure rischia grosso.

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