APPUNTI PER IL PROF MONTI: IL LAVORO DELLE DONNE
In Italia c’è troppa poca gente che lavora. Questo è uno dei più gravi problemi della nostra economia. E’ un dato che ci mette in fondo a tutte le classifiche dei paesi occidentali e che denuncia la nostra debolezza quando poi si tratta di crescita, di solidità, di capacità di fare fronte alle difficoltà, semplicemente di produrre reddito.
Il nostro tasso di occupazione è sotto il 60%: per la precisone, secondo i dati Eurostat del 2010, gli ultimi disponibili, siamo al 56,9%. La media Europea, a 16 o a 27 che sia, è intorno al 65%, e tale è il dato in Francia, mentre in Gran Bretagna è vicino al 70%, così come anche in Germania. Perfino la Spagna ci supera, e perfino la Grecia. Ma se in Italia lavora così poca gente va capito il perché. E la spiegazione, chiara e semplice, sta tutta in una categoria della popolazione: le donne.
Se guardiamo i tassi di occupazione dei soli uomini, infatti, siamo più o meno in linea con gli altri paesi, anche sempre un po’ più in basso. Perfino in Italia gli uomini trovano normale lavorare. E il loro tasso di occupazione nel 2010 è al 67,7%, in forte calo rispetto agli anni precedenti quando era oltre il 70%. La media europea è al 70%. Insomma anche gli uomini in Italia come sappiamo non stanno bene, ma se la cavano.
Le donne invece abbassano drasticamente la media. Infatti abbiamo il tasso più basso di occupazione femminile del mondo occidentale, inchiodato al 46%, dopo che per un paio di anni era arrivato al 47, ma ben lontano dalla media europea del 58-59% e dal tasso di tutti gli altri paesi con cui ci confrontiamo di solito. In Francia il tasso di occupazione femminile è al 59,7%. E ci superano ancora una volta sia la Spagna che la Grecia (sic). Ecco il grosso problema. Chiunque vorrà far crescere l’economia italiana, modernizzarla e dare sicurezza alle famiglie in una prospettiva di lungo termine, dovrà affrontare questo problema. (Anche perché se in una famiglia si perde un lavoro e ce n'è un altro, si soffre sì mna non si finisce sotto i ponti!)
Questo cambiamento naturalmente potrà avvenire in modo indiretto: nel momento in cui la società italiana sarà spinta a crescere e a innovare, anche la partecipazione delle donne al mercato e il loro contributo alla società italiana crescerà e si farà più qualificato. Sarà un processo auspicabile, naturale e inevitabile, ma lento.
Oppure il problema può essere affrontato in modo diretto, cercando di scatenare una reazione positiva, più ampia, concentrata, da cui poi si potranno diramare una serie di conseguenze positive. Sarà tutta l’economia a beneficiarne, ma ci saranno ricadute notevoli anche sulla società e la cultura italiane, se ne discuterà a tavola, a letto, nelle famiglie, in trattoria, negli uffici, in tv.
Il professor Mario Monti in più di un’occasione, soprattutto da quando è iniziata la crisi mondiale che sta affossando l’economia occidentale, ha detto che questa crisi poteva e doveva essere l’occasione per includere gli outsider, riequilibrare la partecipazione degli esclusi al mercato, proprio per rimettere in piedi l'economia e la crescita. Quindi forse affronterà di petto il problema delle donne. Ma perché non concentrare il dibattito pubbblico su questo tema che potrebbe investire le vite personali di tanta gente, e forse cambiarle in meglio?
Le donne in Italia devono fare lavori retribuiti. Tutte, sempre di più. Questo dovrebbe essere l’obiettivo preciso. Ma cosa significa in una famiglia quando ci sono due stipendi invece di uno? Quale enorme differenza ci può essere anche in termini di rapporti personali tra i componenti di quella famiglia? Quali cambiamenti possono avvenire nel mercato quando la domanda cresce per effetto di tante persone in più che lavorano e domandano beni e servizi?
Discutiamone, se vogliamo che qualcosa succeda. Discutiamone pubblicamente, affrontiamo anche coloro che non sono d’accordo (e ci saranno).
Naturalmente si dirà che questo lavoro, questi posti di lavoro, non ci sono, non sono disponibili. Non basta volerli. Si dirà che tutte queste donne, se volessero lavorare diventerebbero automaticamente delle disoccupate, cosa che oggi ”tecnicamente” non sono. Ma tutti gli economisti sanno che questo è solo parzialmente vero e che l’ingresso sul mercato di tante donne che cercano lavoro porterebbe a un circolo virtuoso nel quale aumenterebbero anche i posti di lavoro. E aumenterebbe il benessere delle famiglie.
Gli economisti Alesina e Giavazzi oggi sul Corriere della Sera propongono una misura semplice, che potrebbe andare proprio in questa direzione: incentivare in tutti i modi il lavoro delle donne. Loro propongono imposte ridotte sul lavoro femminile. Una manovra apparentemente semplice, ma che avrebbe conseguenze enormi. Perché non si scatena un dibattito pubblico su questo, nel momento in cui un governo tecnico, (privo si spera in ampia misura di prevenzioni ideologiche) si deve mettere al lavoro? Credo che sarebbe importante anche per il futuro capo del governo Monti, affrontare questo problema e sentirew cosa ne pensa la gente. I mass media per ora sono sordi. Il tema è di quelli che fa solo "colore". Accettiamo ancora questo atteggiamento?