Authority Pari e dispare
"DA ragazzine credevamo che tutto fosse possibile e che nella vita futura ce la saremmo giocata alla pari con i nostri ex compagni di giochi, maschi. Poi, invece, a un certo punto qualcuno ci ha ricordato brutalmente che eravamo donne e che, quindi, più di tanto non ci potevamo aspettare. Per molte è stato uno shock. Superata la sorpresa, però, molte donne, anche di successo, si sono rese conto che non si poteva più essere sole di fronte a questo problema e che serviva rimboccarsi le maniche.È di nuovo necessario, come in decenni che credevamo passati, allearsi con altre donne e, perché no, stavolta anche con altri uomini consci del problema: troppe sono ancora le disparità tra uomini e donne in Italia sul terreno del lavoro, della carriera e degli stereotipiDa questo è nato il “Comitato Pari o Dispare”, un’Authority (per ora ancora non prevista dalla legge, ma che ha tra i propri obiettivi quello di assumere un ruolo istituzionale) contro le discriminazioni verso le donne nei luoghi di lavoro e nelle carriere, e contro gli stereotipi di genere che dilagano nei mass media. Presidente onoraria la senatrice Emma Bonino, che ha messo insieme donne di tutte le provenienze, politiche e professionali, da Isabella Rauti, Capodipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, a Linda Lanzillotta, deputata del centro-sinistra, a Anna Maria Tarantola, vice direttore della Banca d’Italia.Presidente del Comitato l’economista Fiorella Kostoris che, presentandolo, ha ricordato come la bassa presenza delle donne nel mondo del lavoro tenga l’Italia lontana dal resto dell’Occidente, mentre resta una “forte segregazione orizzontale e verticale: le donne riescono a trovare un impiego soprattutto in settori con minore status sociale e inferiori retribuzioni di quelli maschili e in ogni caso è difficile che raggiungano posizioni davvero apicali. Tutto questo mentre altrove si va nella direzione opposta e si diffonde la consapevolezza dell’importanza che l’economia attribuisce al ruolo delle donne all’esterno della famiglia e nella creazione del benessere sociale. Insomma, Paesi come l’Italia sono fra quelli che otterrebbero dall’aumento dell’occupazione femminile il massimo vantaggio in termini di equità, di efficienza e di sviluppo”.A presentare l’iniziativa è stato Giuliano Amato, che ha fatto da padrone di casa, in qualità di presidente dell’Enciclopedia Italiana, e ha testimoniato la difficoltà delle donne nel battere gli stereotipi proprio quando devono assumere posti di responsabilità: “Gli uomini ha detto riconoscono una certa autorità solo alla propria madre, e finché sono piccoli. Dopo non riescono più ad accettarla”. Ecco perché poi, una donna che deve gestire altre persone è sempre esposta a critiche o di scarsa autorevolezza o, al contrario, di eccessiva durezza, perché il suo ruolo comunque non è previsto nell’immaginario collettivo. Insomma, come fa, sbaglia, e lo sappiamo un po’ tutte, soprattutto in Italia, il Paese della mamma.Il Comitato dovrà un po’ rompere le scatole. Vigilare, indagare. Cercare di capire, per esempio, quando c’è da fare una nomina, perché non sia stata scelta una donna o perché la percentuale di donne in certi organismi resti indecentemente bassa. Il Comitato si propone anche di tenere d’occhio i media e non a caso fa appello alle direttore, poche, di giornali e telegiornali. E tra i propri obiettivi il Comitato parla di “merito” e di “innovazione”, due temi sui quali le donne sono particolarmente sensibili: sarà che quando la competizione è equa, o quando c’è da sostenere un esame o un concorso, le donne se la cavano meglio degli uomini. O sarà, come ha ricordato la Lanzillotta, che le donne sono implicitamente “eversive” perché svecchiano i posti di lavoro, portando spesso novità organizzative e efficienza. Il Comitato inoltre vuole stimolare la promozione di politiche a favore delle donne, come la disponibilità di servizi e incentivi al lavoro, che liberino energie e permettano alle donne di dare tutto il loro contributo professionale, senza rinunciare a fare dei figli. In Italia oggi lavora meno di una donna su due, e nello stesso tempo abbiamo uno dei tassi di fertilità più bassi del mondo. Un paradosso micidiale. Ecco perché Emma Bonino, che è anche candidata a governatore nel Lazio, ha risposto a chi glielo ha chiesto di non essere favorevole al tanto sbandierato “quoziente familiare”: «Non è una mia questione ideologica, ma inserire oggi in Italia, in un panorama di assenza di servizi, il quoziente familiare, significa bloccare ulteriormente le donne a casa. Bisogna invece farsi carico dell’assistenza e della cura con misure che consentano di dare maggiori spazi alle donne». Insomma, seguendo lo slogan, le donne in Italia nascono pari, come effettivamente dice la legge, ma poi crescono “dispare”, e questo non fa bene a nessuno, né alle donne né agli uomini.RIPRODUZIONE RISERVATA "