lunedì 8 marzo 2010

Eight of March- A Bit of Anger is not out of Place



di ANGELA PADRONE
«LE aziende con donne in posizioni di comando raggiungono risultati economici migliori di quelle senza una presenza femminile nel top management. Le 500 maggiori multinazionali che vedono almeno tre donne nel loro board hanno avuto un ritorno sull’equity del 16,7%, mentre la media generale delle imprese è dell’11,5%». I numeri, appena diffusi in Italia da una grande azienda di consulenza, la Deloitte, dicono più di tanti discorsi sull’8 marzo. Ci dicono che nella popolazione femminile di tutto il mondo, e anche in Italia, c’è una riserva di talenti, di intelligenza, di capacità di lavoro, di senso di responsabilità, che è poco utilizzata. Quando le si dà spazio, o meglio ancora quando le donne questo spazio riescono a prenderselo, i risultati positivi saltano agli occhi.
Eppure in Italia, più che in altri Paesi, le donne faticano a trovare questo spazio, anche minimo, nella società e nel lavoro, e faticano immensamente a trovare quel di più che anche a loro spetterebbe nella politica, nelle aziende, nella finanza, nella comunicazione, nelle università. Come abbiamo visto dalle poche cifre citate, questi ambiti di responsabilità, oltre che di rappresentanza, non sarebbero solo l’elementare riconoscimento di diritti (che sulla carta sono ben chiari) ma la realizzazione di un interesse generale a utilizzare le risorse migliori, quelle che portano risultati.
Naturalmente, nei singoli casi, questi risultati sono tutti da verificare e da dimostrare. Nessuno certo vorrà che le donne siano mai avvantaggiate in qualche corsa per il potere a prescindere dai loro meriti (tanto più nel Paese del fair play, della correttezza, dell’universale giusto riconoscimento del valore delle persone)! Ma se questo non avviene, qualcosa che non va ci deve essere per forza.
E questo non avviene in Italia, dove le donne sono poche nel mercato del lavoro (meno di una su due), poche in Parlamento (meno di 2 su 10), pochissime nel governo nazionale (3 ministre e con incarichi di secondo piano) e nei governi locali, e sono ancora meno nei Cda delle grandi società (la maggior parte di chi c’è, è perché porta cognomi “importanti”), ai vertici della finanza e perfino ai vertici della grande informazione, nonostante l’esercito di giornaliste che ormai affolla le redazioni e gli schermi tv, e nonostante le trite affermazioni di «quanto siano brave le donne». Che infatti, quando c’è una competizione ad armi pari, un esame, un test di ammissione, un concorso, quasi sempre ottengono risultati migliori dei loro colleghi. Così ormai si laureano più donne che uomini, entrano di più in magistratura, nel notariato, tra i medici, nella pubblica amministrazione. Ma non salgono quasi mai ai piani alti del potere.
Le donne in Italia però vantano anche qualche dato, diciamo così, positivo: affollano cartelloni pubblicitari e trasmissioni televisive trash, mezze nude e armate di sguardo vacuo, se giovani, o di orripilanti ritocchi plastici, se “mature”. Infine, le donne in Italia lavorano mediamente ogni giorno 1 ora e 15 minuti più degli uomini. Mediamente. Il che significa, cari uomini, che se in ufficio avete di fronte una collega single e senza figli che lavora esattamente come voi, la vostra compagna invece lavora probabilmente tre ore al giorno più di voi tra responsabilità pubbliche e private.
Perché accade tutto ciò? Qualcuno dice perché l’Italia ha il culto della Donna (nemica soprattutto delle donne, quelle vere) o meglio ancora della Madre, quella che salva le famiglie senza amore, che aiuta il welfare sgangherato, che attenua la Crisi economica, che si cura di bambini, anziani e maschi adulti (adulti?). Ma qualcuno si è accorto, per caso, che in questo Paese della Grande Madre, le madri, quelle vere, stanno scomparendo? Si fanno sempre meno figli da noi. Siamo il Paese con la più bassa natalità al mondo (soltanto in parte riscattata dagli immigrati, tra le poche speranze della nostra società sfiancata). E quindi, di che cosa stiamo parlando in realtà? Stiamo parlando di un Paese nel quale le donne si fanno quotidianamente mettere i piedi in testa, umiliare, sottovalutare, svergognare, e infine caricare di lavoro come muli (i muli di una volta). Un Paese che, grazie a questo comportamento collettivo e privato, si sta privando della possibilità di uscire da una diffusa depressione psicologica ed economica.
Però anche alle donne va detto qualcosa: care ragazze, quand’è che la smetteremo pure di sentirci in colpa e cominceremo ad essere arrabbiate? O anche: quand’è che col sorriso sulle labbra e tutta la condiscendenza possibile verso i nostri cari compagni, cominceremo a prendere ciò che è nostro e a raddrizzare le situazioni in questo Paese nel quale, bene o male, ci tocca vivere?
Ecco, questo 8 marzo è un buon giorno per cominciare.

(dal Messaggero di oggi, 8 marzo 2010)

translation

March, 8th - A bit of anger is not out of place

"Companies that have women in the top management have better economic results. The 500 biggest companies in the World with at least three women in their boards have an equity return of 16,7%, compared to the average 11,5%". This simple fact, revealed by Deloitte, a consulting company, says more than many analysis about the 8th of march, Women's Day. It shows that among the female population, in Italy as well as in other countries, there are a lot of talented, intelligent, responsible people, largely unexploited. When, and if, these talents find their way to the top, results come fast and they are stunning.
This notwithstanding, in Italy more than everywhere else, women have a lot of troubles making their way through the labour market and through society, and find it immensely difficult to get their right place in politics, in companies, in finance, in the world of media and even in the accademic environment. The data show that higher responsability posts would be not only the rightful reward of their hard work, but it would in the general interest, because it would bear fruits for everybody.
Of course, skills and consequently results, must be weighed in every single case. Certainly nobody would like women to be at an advantage in a race for power, especially in a country where meritocracy is the rule! But if they are consistently at a disadvantage, there must be a serious problem.
This happens in Italy all the time. Women are at a disadvantage on the labour market (less than one woman out of two has a job), in Parlament (less than 2 women out of 10 MP), in the national and local government (there are only 3 ministers in the government, and not the most important ones) in the board of the biggest companies ( and those who sit there are usually there thank to their family names). There are very few women in the finance world and at the top of the media, even though female journalists crowd newspapers and tv news desk, and even though they must often listen to the usual refrain about "how much better women are". Actually, women fare better when there is fair competition, so they graduate more often than men, and with higher grades, and more and more women become judges, notaries, physicians, and get in the civil service. Rarely though, do they attain real power. On the contrary, italian women can "boast" other records: they stare down from big advertising signposts, and they smile in trash tv programmes, more often than not half naked if young, and disfiguered by plastic surgery, if mature. To top it all, it is important to know that italian women work, on average, one hour and 15 minutes more than italian men. On average. Which means, dear men, that if in your office there is a single woman with no children who works exactly the same amount of time as you do, your own spouse is probably working about three hours a day more than yourself.
Why is it so? Some argue that in Italy there is a worship for the mythical figure of The Woman (enemy of real women), or even more of The Mother, who rescues families without love, makes our wrecked welfare work, helps during the Economic Crisis, takes care of children, elderly and adult males (adult, really?). But has anybody happened to take notice of the fact that in Italy, country of Mothers, real mothers are becomin extinct? We don't have children. We have the lowest fertility rate in the world (rescued only by immigrants, the only hope of our depressed society). So, what are we actually talking about?. We are talking about a country where women every day are wronged, humiliated, underestimated, shamed and, beside that all, forced to work harder and harder. And by doing this, this is a country which is denying itself the possibility to get out of a serious economic and social depression.
There is also something to say to women themselves: wake up, girls, stop feeling guilty and start feeling angry. More: when will you start grabbing what you are entitled to, with the broadest smiles on your faces, but determined nonetheless to take thing into your hands and put this country (where, right or wrong, we have to live) on its feet?
Well, today, the 8th of march, is a good day to make a start.

lunedì 8 febbraio 2010

INTERVISTA SU WOMENOMICS

martedì 12 gennaio 2010

Authority Pari e dispare


Ieri è stato presentato il Comitato "Pari e dispare". Presidente onoraria Emma Bonino, presidente Fiorella Kostoris. La presentazione è avvenuta all'Enciclopedia Treccani, padrone di casa benevolo e "benedicente" Giuliano Amato, moderava Myrta Merlino. Questo è l'articolo che ho scritto sul Messaggero del 12-1-2010.

"DA ragazzine credevamo che tutto fosse possibile e che nella vita futura ce la saremmo giocata alla pari con i nostri ex compagni di giochi, maschi. Poi, invece, a un certo punto qualcuno ci ha ricordato brutalmente che eravamo donne e che, quindi, più di tanto non ci potevamo aspettare. Per molte è stato uno shock. Superata la sorpresa, però, molte donne, anche di successo, si sono rese conto che non si poteva più essere sole di fronte a questo problema e che serviva rimboccarsi le maniche.È di nuovo necessario, come in decenni che credevamo passati, allearsi con altre donne e, perché no, stavolta anche con altri uomini consci del problema: troppe sono ancora le disparità tra uomini e donne in Italia sul terreno del lavoro, della carriera e degli stereotipiDa questo è nato il “Comitato Pari o Dispare”, un’Authority (per ora ancora non prevista dalla legge, ma che ha tra i propri obiettivi quello di assumere un ruolo istituzionale) contro le discriminazioni verso le donne nei luoghi di lavoro e nelle carriere, e contro gli stereotipi di genere che dilagano nei mass media. Presidente onoraria la senatrice Emma Bonino, che ha messo insieme donne di tutte le provenienze, politiche e professionali, da Isabella Rauti, Capodipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, a Linda Lanzillotta, deputata del centro-sinistra, a Anna Maria Tarantola, vice direttore della Banca d’Italia.Presidente del Comitato l’economista Fiorella Kostoris che, presentandolo, ha ricordato come la bassa presenza delle donne nel mondo del lavoro tenga l’Italia lontana dal resto dell’Occidente, mentre resta una “forte segregazione orizzontale e verticale: le donne riescono a trovare un impiego soprattutto in settori con minore status sociale e inferiori retribuzioni di quelli maschili e in ogni caso è difficile che raggiungano posizioni davvero apicali. Tutto questo mentre altrove si va nella direzione opposta e si diffonde la consapevolezza dell’importanza che l’economia attribuisce al ruolo delle donne all’esterno della famiglia e nella creazione del benessere sociale. Insomma, Paesi come l’Italia sono fra quelli che otterrebbero dall’aumento dell’occupazione femminile il massimo vantaggio in termini di equità, di efficienza e di sviluppo”.A presentare l’iniziativa è stato Giuliano Amato, che ha fatto da padrone di casa, in qualità di presidente dell’Enciclopedia Italiana, e ha testimoniato la difficoltà delle donne nel battere gli stereotipi proprio quando devono assumere posti di responsabilità: “Gli uomini ha detto riconoscono una certa autorità solo alla propria madre, e finché sono piccoli. Dopo non riescono più ad accettarla”. Ecco perché poi, una donna che deve gestire altre persone è sempre esposta a critiche o di scarsa autorevolezza o, al contrario, di eccessiva durezza, perché il suo ruolo comunque non è previsto nell’immaginario collettivo. Insomma, come fa, sbaglia, e lo sappiamo un po’ tutte, soprattutto in Italia, il Paese della mamma.Il Comitato dovrà un po’ rompere le scatole. Vigilare, indagare. Cercare di capire, per esempio, quando c’è da fare una nomina, perché non sia stata scelta una donna o perché la percentuale di donne in certi organismi resti indecentemente bassa. Il Comitato si propone anche di tenere d’occhio i media e non a caso fa appello alle direttore, poche, di giornali e telegiornali. E tra i propri obiettivi il Comitato parla di “merito” e di “innovazione”, due temi sui quali le donne sono particolarmente sensibili: sarà che quando la competizione è equa, o quando c’è da sostenere un esame o un concorso, le donne se la cavano meglio degli uomini. O sarà, come ha ricordato la Lanzillotta, che le donne sono implicitamente “eversive” perché svecchiano i posti di lavoro, portando spesso novità organizzative e efficienza. Il Comitato inoltre vuole stimolare la promozione di politiche a favore delle donne, come la disponibilità di servizi e incentivi al lavoro, che liberino energie e permettano alle donne di dare tutto il loro contributo professionale, senza rinunciare a fare dei figli. In Italia oggi lavora meno di una donna su due, e nello stesso tempo abbiamo uno dei tassi di fertilità più bassi del mondo. Un paradosso micidiale. Ecco perché Emma Bonino, che è anche candidata a governatore nel Lazio, ha risposto a chi glielo ha chiesto di non essere favorevole al tanto sbandierato “quoziente familiare”: «Non è una mia questione ideologica, ma inserire oggi in Italia, in un panorama di assenza di servizi, il quoziente familiare, significa bloccare ulteriormente le donne a casa. Bisogna invece farsi carico dell’assistenza e della cura con misure che consentano di dare maggiori spazi alle donne». Insomma, seguendo lo slogan, le donne in Italia nascono pari, come effettivamente dice la legge, ma poi crescono “dispare”, e questo non fa bene a nessuno, né alle donne né agli uomini.RIPRODUZIONE RISERVATA "

Google