LE PENSIONI, LE DONNE E L'AUTOCRITICA DEGLI UOMINI (MA QUANDO?)
”Forse noi uomini dovremmo fare un po’ di autocritica. Finora abbiamo costretto le donne a farci da badanti, da infermiere e da baby sitter. E’ ora che le cose cambino”. E se la fa un uomo, questa riflessione finisce per avere un peso, ahimé, maggiore. Il ministro Renato Brunetta lo ha dichiarato, giustificando la sua scelta di allinearsi il prima possibile alla sentenza della Corte di Giustizia Europea sull’equiparazione dell’età pensionabile per le donne nella pubblica amministrazione.
L’età della pensione anticipata per le donne è una doppia fregatura. Fa diventare le donne più povere. E le rinchiude nel loro ruolo di dispensatrici di welfare gratuito. Viceversa, spingere le donne a lavorare di più sul mercato, significa riequilibrare i ruoli di cura in famiglia, spingere gli uomini a occuparsi di più di figli, genitori anziani (e anche di se stessi), e garantire alle donne livelli di reddito più alti. Significa anche, un passo più in là, garantire una maggiore crescita alla ricchezza del Paese, una crescita dei posti di lavoro nei servizi, una crescita del tasso di natalità (che infatti è più alto nei paesi dove le donne lavorano di più) e alla fine più libertà per tutti.
Ecco perché le donne dovrebbero essere le prime a chiede l’innalzamento dell’età pensionabile. Ma. Ma, con i soldi risparmiati, devono pretendere che sia agevolata la vita delle famiglie e quindi reso più facile il lavoro delle donne stesse. Questo significa: asili nido, assistenza agli anziani, congedi parentali per gli uomini, e azioni positive per agevolare il lavoro delle donne nelle aziende. Siamo pronti per questo. C’è poco da fare: Brunetta sembra di sì, ma per ora non sono molti quelli che lo seguono fino in fondo.