giovedì 25 ottobre 2007

FLESSIBILI MA "IN SICUREZZA" IN EUROPA


Come essere precari e contenti? In tanti me lo chiedono, increduli. A parte che il titolo del libro era solo un modo per dire "sveglia, usciamo dai luoghi comuni", il senso del mio lavoro è duplice: da una parte invitare i giovani, singolarmente, a non arrendersi, e a studiare tutte le strade per "salvarsi", trovando un proprio posto nel mondo. Per questo racconto delle storie che possono essere da esempio, da stimolo, che possono dare delle idee. Dall'altra parte, i giovani devono fare un lavoro collettivo: premere perché la loro flessibilità sia ripagata con delle tutele, come in altri paesi, anche più "flessibili" di noi. Per questo si legga il dossier del centro Marco Biagi sulla flexicurity, parola chiave per fare in modo che la flessibilità non sia precariato. In particolare raccomando la lettura delle schede su paesi che si sono già avviati ampiamente sul terreno della flexicurity: dalla Spagna (che ha il 34% di lavoratori a termine, contro il nostro 13%), alla Danimarca, a Irlanda, Olanda, Spagna, Austria. Credo che la discussione dovrebbe partire da questi esempi.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Angela,

ho pensato molto a una cosa in questi giorni. Tu sai che sono laureato in storia, e ti posso dire che ho sempre prestato una grande attenzione alla vita quotidiana del passato.Credo che dalla fine della guerra in poi, l'Europa, e l'Italia in particolare, abbia vissuto un grande momento di diritti civili. Una necessità nata con tutta probabilità da un ventennio di dittatura, da 5 anni di guerra e dalla voglia di mettersi alle spalle un po' di povertà. Ripenso alla malora di Beppe Fenoglio, che ci racconta una ruralità in cui c'era ancora la servitù della gleba, in cui, non c'erano diritti. Io sono cresciuto in questa epoca in cui tutti ci hanno promesso che avremmo vissuto una vita serena, con un lavoro sicuro. Anzi, un lavoro direttamente proporzionale alla qualità dei nostri studi. E ora, i laureati fanno i camerieri, i telefonisti e non so cosa ancora. Cosa dobbiamo fare? Rimboccarci le maniche ok, e lottare per i nostri sogni. Ma cosa dobbiamo chiedere a noi stessi? Dimenticare che la generazione precendente ha avuto tutto e cercare di cavarcela nonostante tutto, o lottare per riavere quello che ci è stato tolto? Quali sono, secondo te, le cose per le quali dobbiamo lottare? Maternità e allattamento (tanto per dire il primo problema)? Oppure dobbiamo chiedere che gli affitti diventino finalmente controllati in modo che una coppia possa mettere su casa senza farsela pagare (quando può) dai genitori? Scusa la lunghezza. - Arnald

angela padrone ha detto...

.....affitti controllati????!!!!
io ho vissuto negli anni dell'equo canone, la legge peggiore dell'italia repubblicana, e non esistevano più le case in affitto. A proposito della generazione che "ha avuto tutto", ti prego leggiti la storia dell'italia e del lavoro (scritto da Tiraboschi) sul volume "Lavoro" della Bocconi, in vendita in edicola con Repubblica

Anonimo ha detto...

Io posso leggermi quello che vuoi, figurati. Sono un lettore da competizione. Anzii, lo farò sicuramente. Ma sai meglio di me cosa succede di questi tempi. I proprietari preferiscono dare la propria casa a duemila cinesi stretti come sarde piuttosto che a una romantica coppietta. E io ti prego di non sottovalutare i privilegi (PRIVILEGI) che le generazione del tempo indeterminato hanno avuto. Insomma, non l'ho inventata io la tredicesima (che non ho), la quattoridcesima (che non ho), ferie pagate (che non ho), malattia pagata (che non ho). Devo continuare? Insomma, sai che sono con te sulla questione precarietà/flessibilità, ma non vorrai farmi credere che si stava peggio quando si stava meglio? Vero? - Arnald

p.s.: ti sei arrabbiata davvero?

angela padrone ha detto...

:-D
figurati se mi arrabbio...
ma perché non parliamo di quello che dovremmo (dovreste) chiedere? Io ho portato l'esempio di altri paesi europei, è di questo ormai che si discute. Noi invece (voi...) vi siete beccati lo scalone. A proposito è un po' che non sento max cosmico, che fine ha fatto?

Anonimo ha detto...

Max, che io sappia sta bene. Stiamo cercando con molti affani, dovuti soprattutto alla ricerca di un locale adatto, di organizzare la serata "diversamente occupati". Appena passa questa pioggia mi rimetterò alla ricerca. A presto Angela. :-) - Arnald

Anonimo ha detto...

Ho finito di leggere il tuo libro. Per prima cosa, è scritto veramente bene, cosa che non guasta per niente. La lettura è piacevole, la tensione è sempre al punto giusto, gli esempi che hai riportato sono un insieme completo, e sono tutte storie interessanti. Infine, il libro è veramente una piacevole punzecchiatura, uno stimolo a darsi da fare. Il libro vale ampiamente il prezzo pagato e sono contento di averlo comprato e letto.

Alessio Maniscalco ha detto...

La flexicurity è un modello di origine danese rilanciato dalla Commissione Europea (tramite la redazione del Libro Verde) per promuovere in Europa un dibattito pubblico sul tema. Tralasciando il silenzio che ha avvolto Palazzo Chigi e che ha comportato un ritardo ingiustificabile rispetto ai termini stabiliti dalla Commissione per redigere la risposta degli stati membri, la «flessicurezza» sposta il sistema di tutele dal rapporto di lavoro al mercato di lavoro con l'adozione di strumenti di sostegno nei periodi di disoccupazione (politiche attive e passive). Sostanzialmente contratti non "blindati" e maggiore tutela nei periodi di non lavoro. Ma chi glielo dice ai sindacati che tutelano prevalentemente gli interessi dei loro iscritti? (ovvero chi già un lavoro ce l'ha e non tanto i disoccupati il cui peso all'interno di essi è marginale).

Alessio Maniscalco ha detto...
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