martedì 22 dicembre 2009

"Siamo tutti outsider?" di Michel Martone


Vi regalo un estratto della presentazione di Michel Martone al mio libro La Sfida degli Outsider. Per chi vuole leggerla tutta c'è sempre il libro, che si può anche comprare online qui accanto.
"(...) Una società nella quale prosperano gli insider, di fronte alla crisi economica, può anche avere l’impressione di poter sopravvivere sacrificando ulteriormente gli outsider. Ma poi rapidamente declina fino alla stagflazione. Perché, se i primi a impoverirsi sono gli outsider, che già hanno poco e in genere sono donne e giovani, poi, inevitabilmente, la crisi contagia l’intero sistema.
Basta guardare i dati sull’occupazione 2008-2009 richiamati nelle sue considerazioni finali dal governatore della Banca d’Italia. Quando arriva la crisi economica, i primi a rimetterci sono i neolaureati, perché le imprese smettono di assumere. Poi, cominciano a perdere il posto di lavoro anche i più tipici degli
outsider, ovvero i lavoratori precari, che immediatamente
riducono i loro consumi, perché non hanno ammortizzatori sociali. Così l’economia rallenta ulteriormente e, dopo un po’, cominciano a diffondersi i licenziamenti collettivi degli insider, ovvero di quei lavoratori che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato e sono assistiti dall’articolo 18, che
però non vale a scongiurare le riduzioni di personale per motivi economici. Conseguentemente aumentano la precarietà, il lavoro nero e la disoccupazione, i consumi si riducono ulteriormente e il sistema entra in recessione. Quando il sistema entra in recessione, gli outsider, che siano disoccupati, precari o neolaureati, cominciano ad arrabbiarsi, perché vedono che
altre categorie di lavoratori possono contare su ammortizzatori
sociali ben più generosi, mentre a loro viene negata persino la speranza di un’occupazione a tempo indeterminato. E se non trovano i canali per riscattarsi dalla propria condizione attraverso l’impegno e il merito, è facile che diventino violenti, prima verbalmente e poi, magari, persino fisicamente. E così
la crisi economica, che in origine doveva colpire solo gli outsider, contagia l’intera società.
Il pericolo oggi è quanto mai attuale, visto che l’Italia registra il più basso tasso di mobilità sociale dei paesi occidentali, s’impoverisce giorno dopo giorno ma, ciononostante, non trova il coraggio di adottare quelle riforme di cui si discute da decenni. Riforme, come quella degli ammortizzatori sociali o del mercato
del lavoro, e liberalizzazioni, dalle professioni ai servizi pubblici locali, che Angela Padrone, coraggiosa sostenitrice del riformismo nostrano, ripropone con forza nelle pagine conclusive del libro, per abbattere quei muri e quelle barriere che, costringendo le donne e i giovani ai margini della nostra economia, compromettono il futuro del nostro paese."

martedì 8 dicembre 2009

Il mondo di Arnald



Qui in Rete molti già conosceranno Arnald. E' l'uomo delle vignette.


Come altri amici del Web Arnald ha trasformato le sue ansie lavorative in un fattore creativo. Ha testardamente lavorato ai testi, che gli sono più congeniali, poi ai disegni. E' partito con delle figure che erano solo dei pretesti, dei pupazzetti neri poco attraenti, anche se le battute erano sempre fulminanti. Poi sono nati i personaggi con le buste di carta in testa, sotto le quali si indovinano ragazzi e ragazze , anzi ultimamente direi più ragazze che ragazzi.E posso svelare ai suoi fans che Arnald sta pensando a una evoluzione, grazie a una collaborazione con un disegnatore che porterà probabilmente nuova energia ai personaggi. Ma non corriamo avanti.


Dopo il blog , sul quale continua a sfornare vignette senza tregua, e dopo aver trovato ospitalità su vari altri siti, Arnald è approdato al libro, il caro vecchio libro di carta che nonostante tutto, resta l'oggetto del desiderio di tutti. "Diversamente occupati", Edizioni Angelo Guerini e Associati, 13,50 euro, contiene una vignetta per pagina, una più esilarante e sorprendente dell'altra. Anche se Arnald è convinto che il suo bersaglio sia il precariato nel lavoro, io sono convinta che senza rendersene conto lui vada molto oltre. Basta vedere la vignetta della copertina: "I miei genitori guadagnano più di me", dice la ragazza con il bicchiere in mano. E l'altra, un po' annoiata: "E perché non se ne vanno a vivere da soli?". Un concentrato di significati e di descrizioni sul mondo dei giovani, delle famiglie italiane, e della nostra esperienza quotidiana. C'è un intero mondo in quelle due battute. Ecco perché con le vignette di Arnald io mi diverto tanto, anche quando non le condivido.

domenica 6 dicembre 2009

Intervista su Dillinger.it (La pettinatura da outsider)

La pettinatura era da vera outsider! D'altra parte il tempo manca per certe frivolezze....

Questa l'intervista che mi hanno fatto i ragazzi di Dillinger.it la sera della presentazione del libro! Dopo il corpo a corpo con Brunetta, Bonino, Napoletano e last but not least Michel Martone!

mercoledì 2 dicembre 2009

Donne e giovani fuori dal lavoro



I dati Istat di ottobre sulla disoccupazione sono già abbastanza negativi da far capire quanto sia sottile il ghiaccio su cui pattina il desiderio di ripresa. C’è in questi dati, va detto, anche una nota positiva: la voglia di lavoro degli italiani. Sempre più persone decidono di attivarsi e guadagnarsi da vivere. Ma queste cifre nascondono una realtà ancora peggiore: alcune debolezze profonde che vanno oltre il carattere temporaneo dell’attuale crisi.Innanzitutto il dato buono: sono sempre di più coloro che si mettono alla ricerca di un’occupazione retribuita. Significa che continua la tendenza alla modernizzazione che coinvolge l’Italia e il mondo del lavoro da alcuni anni. Perché è giusto che in un Paese sano, non solo economicamente ma anche dal punto di vista del suo capitale ”sociale”, tutti si muovano sul mercato del lavoro. Significa che qualcuno emerge dal ”nero”, che comunque non ci si accontenta di più di vivere in famiglie monoreddito, e che si perde qualche posizione di rendita. Quindi fatti positivi. Ciò detto, però, sono finite le note dolci. Quelle amare riguardano tre dati: primo, il numero degli occupati, che diminuisce; secondo, si riduce il tasso di occupazione femminile, che già era anni luce lontano dagli altri paesi europei; terzo, aumenta enormemente il tasso di disoccupazione dei più giovani.
Allora, il tasso di occupazione ci parla del nostro mercato del lavoro in un modo particolare, ci descrive un Paese nel quale un terzo degli abitanti, grosso modo, non lavora e non cerca lavoro. A questo di solito si pensa poco. Molti di loro sono pensionati, ma si tratta anche di tantissimi ragazzi, che entrano troppo tardi nel mondo del lavoro, e delle donne, che spesso ne restano fuori o ai margini per tutta la vita.
Questo si connette al secondo dato: il basso tasso di occupazione delle donne. A ottobre 2009 è sceso ancora. Le donne che lavorano sono appena il 46,6 per cento. Ricordiamo che nel resto d’Europa le medie sono vicine al 60 per cento, e che in quei paesi sono più alti anche i tassi di natalità. Quindi, non consoliamoci con la retorica delle mamme italiane, perché da questo punto di vista siamo messi proprio male. E su questo si riflette poco e si agisce ancora meno, se non quando si levano periodici appelli a fare di più ”per la famiglia”, come se le donne non meritassero una tutela ”di per sé”. Va aggiunto che una crescita dell’occupazione delle donne comporterebbe un grande sviluppo dell’economia dei servizi, che da più parti si invoca per modernizzare la nostra economia. L’ultimo dato riguarda i nostri figli. Forse anche loro hanno le loro colpe, forse pascolano troppo a lungo nell’indecisione di cosa fare dopo la scuola e negli anni fuori corso dell’università, ma il loro approccio al mercato del lavoro è probabilmente più incidentato qui in Italia che altrove. Su di loro, e solo su di loro, pesa una flessibilità che dovrebbe essere più equamente distribuita e dotata di ammortizzatori sociali dei quali solo ora si comincia a discutere un po’ di più. Per questo dobbiamo ringraziare la crisi. Ma ancora quello che si fa non basta. E lo vediamo quando si parla dei dipendenti a tempo determinato, collaboratori a progetto, piccole partite Iva e lavoratori autonomi che sono poco tutelati dai soggetti e dagli istituti tradizionali, leggasi sindacati, cassa integrazione o mobilità. Forse partendo da questi semplici dati si potrebbe fare qualcosa di più per affrontare non solo i problemi quantitativi, ma anche la qualità del mondo del lavoro e la qualità della vita dei lavoratori in Italia.

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