domenica 29 aprile 2007

IL 1° MAGGIO, TERMINE DELLA SANATORIA PER LA STABILIZZAZIONE DEI COLLABORATORI A PROGETTO FITTIZI


Se il lavoro "a collaborazione" è solo un travestimento, dal primo maggio dovrà essere trasformato in lavoro dipendente. Lo prevede l'ultima legge finanziaria, che aveva dato quattro mesi di tempo ai datori di lavoro per mettersi in regola. Ad avviare la battaglia contro le collaborazioni fittizie era stata, già nell'estate 2006, la circolare del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, dedicata al lavoro nei call center. La manovra per il 2007, poi, ha previsto un vero e proprio "condono" per tutti i datori e la possibilità, per i lavoratori, di vedere trasformato un rapporto parasubordinato in assunzione. Per beneficiare della sanatoria, i datori dovevano stipulare un accordo sindacale aziendale o territoriale, che stabilisse la trasformazione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro subordinato della durata di almeno due anni. L'accordo fa scattare, poi, gli atti di conciliazione individuale, sottoscritti dai lavoratori, dai quali scaturiscono i diritti retributivi, contributivi e risarcitori e al tempo stesso si precludono eventuali accertamenti fiscali per il periodo trascorso come "finti" collaboratori. Al datore spetta, però, l'obbligo di versare all'Inps anche un contributo straordinario integrativo pari alla metà della quota di contributi a proprio carico nel periodo della collaborazione "regolarizzata". Scaduto il termine del 30 aprile, non ci saranno più deroghe. I datori che hanno simulato un rapporto dipendente formalizzandolo con un contratto di collaborazione, e che non avranno aderito alla "sanatoria", incorreranno nelle sanzioni previste dalla legge. Gli ispettori del lavoro, potranno verificare l'eventuale carattere di autonomia dell'attività svolta (e la sussistenza di un reale progetto) o, al contrario, la sostanziale natura di lavoro dipendente. In quest'ultimo caso, procedendo al disconoscimento del contratto "fittizio" e alla ricostruzione del rapporto in forma subordinata. Oltre ad assumere il lavoratore, il datore dovrà pagare le sanzioni e le eventuali differenze retributive e contributive. Ma a rischiare sanzioni è anche il lavoratore, se si dimostra che ha concorso a simulare il rapporto fittizio. A fare da "apripista" sono stati gli accordi stipulati dai call center Atesia, nei quali sono previste, e in parte sono già state realizzate, assunzioni di 16 mila lavoratori che prima figuravano come co.co.pro.. Non tutte sono a tempo indeterminato: anzi, la maggior parte sono part time e a termine. Rappresentano però una stabilizzazione, auspicata probabilmente dalla maggior parte dei lavoratori.

venerdì 27 aprile 2007

IL MERITO E I PREMI FARSA


E' giusto incentivare i lavoratori pubblici in base alla produttività. E credo che ciò interessi anche chi lavora nel settore privato e/o chi un lavoro ancora non ce l'ha: solo un sistema complessivo di incentivi e di penalizzazioni, infatti, può rendere più equo il mercato del lavoro e può, lentamente, introdurre una generale cultura del merito (anche se in Italia ne siamo lontani anni luce).
Io stessa ho lavorato per due anni al ministero delle Finanze quasi venti anni fa, e mi ricordo che mensilmente andavamo a ritirare "l'incentivo", una specie di mancetta mensile che in realtà era commisurata solo alla presenza. Ora, 20 anni dopo, si è siglato un nuovo contratto del pubblico impiego, che ripropone gli incentivi alla produttività. Come fanno notare Tito Boeri e Pietro Ichino nell'ultimo articolo su lavoce.info "La parodia dei premi al merito", visto che il premio di produttività è anche retroattivo, non si capisce come possa incentivare alcunché. Si tratterebbe insomma, del solito premiuccio dato a tutti : per la presenza. Passano gli anni e non cambia niente. E poi cerchiamo di insegnare ai giovani che deve essere premiato il merito...

giovedì 26 aprile 2007

I GIOVANI: NON AVREMO LA PENSIONE


La metà dei giovani italiani pensa che molto difficilmente avrà una pensione. Oltre il 60% è angustiato da questo argomento e quasi il 22% è sicuro che al momento della vecchiaia non avrà nessun assegno di pensione. C'è poi un gruppetto ottimista, il 16%, che non è interessato al tema. Questo è il frutto di un sondaggio di Confcommercio presentato all'inizio di aprile, ad un convegno ad Arezzo. Conclusione: il sistema pensionistico italiano ha bisogno di una vigorosa riforma, in tempi rapidi. Quanto poi all'innalzamento dell'età, a fronte di una maggioranza che ritiene giusto andare in pensione a 60 anni, c'è comunque un buon 30% che è favorevole ad un'età più alta: tra i 61 e i 65 anni. Avendo di fronte un'aspettativa di vita ben oltre gli 80 anni, è abbastanza ragionevole.

martedì 24 aprile 2007

GENERAZIONE "Y" AL LAVORO: PREGI E DIFETTI


In Italia, come anche in altri paesi europei (ma non tutti, in un prossimo post vedremo perché), la disoccupazione giovanile è "il doppio" di quella media della società. In Italia la percentuale di giovani senza lavoro viene stimata intorno al 25%, mentre la media della disoccupazione sul totale della popolazione attiva è sotto il 7%. La cifra è impressionante. Va solo specificato che per "giovani" nelle statistiche di tutto il mondo, si intende persone tra i 15 e i 24, massimo 25 anni. Purtroppo in Italia alla mancanza di lavoro per i giovani si "aggiunge" la scarsa disponibilità dei giovanissimi al lavoro, credo per motivi storici e culturali. Comunque, in una ricerca appena pubblicata da Adecco Institute nel bollettino della fondazione Marco Biagi, c'è un interessante specchietto su pregi e difetti della generazione Y (nati dal 1979 in poi- La copertina di Newsweek che vedete è del 1999!):
Pregi:


  1. imparano velocemente

  2. amano la tecnologia

  3. hanno un'alta stima di sé

  4. sono favorevoli allo studio

  5. sono orientati al risultato

  6. sono socialmente consapevoli

Però questo spesso significa che hanno uno scarso attaccamento al lavoro, hanno bisogno di essere seguiti e controllati, vogliono avere "tutto e subito"


Difetti:

  1. nell'espressione scritta

  2. nella capacità di comunicazione

  3. nel lavoro di gruppo

  4. nelle abilità interpersonali

  5. nel rispetto degli orari di lavoro e nei comportamenti appropriati in ufficio

  6. nelle capacità di gestire gli affari

Questo comporta che all'inizio sul lavoro ci siano delle difficoltà di adattamento, che a volte è difficile guidarli e che c'è uno sfasamento nelle reciproche aspettative tra il giovane e l'azienda.

lunedì 23 aprile 2007

SALVATI DALLE DONNE


" Gli uomini sono convinti di governare il mondo. E hanno ragione". Così comincia un articolo dell' Economist (per chi non l'avesse capito una delle mie letture preferite) che stavo leggendo distrattamente ieri sera a mezzanotte meno cinque, mentre preparavo un piatto di rigatoni al tonno (con aglio, olio, rosmarino e ventresca di tonno; mi raccomando niente pomodoro). L'articolo proseguiva raccontando come, in effetti, gli uomini abbiano la maggior parte del potere politico, siano pagati più delle donne, e detengano i posti migliori. Eppure, se le donne lavorassero di più, il mondo potrebbe essere molto più ricco. Lo dimostra lo studio di un economista di Goldman Sachs (istituzione, credo, non particolarmente femminista) Kevin Daly: se le donne avessero dei lavori retribuiti allo stesso livello degli uomini, il Pil dell'America aumenterebbe del 9%, e quello dell'Europa del 13%.
Tra un rigatone e l'altro, annaffiato da vino bianco freddo, già pensavo di riprendere l'articolo, accostandolo alla proposta di Ichino e Alesina sulla riduzione delle tasse alle donne. Ma ecco che il giornalista dell'Economist (anonimo rigorosamente, alla faccia di noi giornalisti dal mega ego) incalzava: il basso tasso di impiego delle donne non è solo una questione di scelta, ma di convenienza. Tanto che due economisti italiani, Alberto Alesina e Andrea Ichino (chi si risente) hanno suggerito di ridurre la tassazione del lavoro femminile del 32%.
L'Economist spiega che questo provvedimento, oltre a rendere la società più giusta, e ad aumentare il prodotto interno lordo, aiuterebbe a combattere gli effetti devastanti dell'invecchiamento della popolazione (che rischia di far esplodere l'equilibrio del mercato del lavoro di qui a qualche anno: vedi il sito "una vita in più" ).
Ora, il mercato spagnolo è quello che si sta muovendo di più. Italia e Giappone invece vanno al rallentatore. Forse perché, almeno da noi, le idee conservatrici sono ugualmente distribuite e super rappresentate in tutte le fasce della popolazione, giovane o anziana, a destra e a sinistra. Conclusione dell'Economist: "Men run the world's economies; but it may be up to women to rescue them". Che significa: donne salvateci voi, anche se noi cercheremo di impedirvelo in tutti i modi!
Va aggiunto, per i miei lettori che già si preoccupano che così i lavori a disposizione degli uomini diminuiscano, che se più persone lavorano, e quindi guadagnano, si creano nuovi posti di lavoro, più persone consumano e quindi spendono, nascono nuovi posti di lavoro, e così via. E tutti ne dovrebbero beneficiare.
Va aggiunto anche che, nei paesi in cui le donne lavorano di più, nascono più figli: praticamente in tutti gli altri paesi europei, visto che l'Italia ha il record negativo delle donne che lavorano e anche quello delle donne che fanno meno figli.

ps: Alberto Alesina e Andrea Ichino sono due uomini, ma hanno studiato e lavorato all'estero.

domenica 22 aprile 2007

RITA LEVI MONTALCINI, 98 ANNI DISTRATTAMENTE...


Non si è fatta "smontare" dalla cultura maschilista imperante, dalle leggi razziali sotto il fascismo, da un padre autoritario. Ha perso il posto da assistente universitaria. Eppure è andata avanti, e non si ferma neanche ora che ha 98 anni. "Al mio compleanno non ci bado, non l'ho mai festeggiato", dice e le si può credere. Ha sempre avuto cose più importanti cui dedicarsi. Capisco che gli "esempi" sono un genere desueto. Ma tanto di cappello! Comunque sull'Ansa potete leggere di più sulla ricorrenza e su quello che lei dice e pensa sui giovani, per i quali, dice, è molto preoccupata. Grazie Rita

sabato 21 aprile 2007

DONNE CHE LAVORANO


Questo è un post sul lavoro, giusto? Bè, oggi ho letto un post in un sito molto carino, che si chiama "sorelle d'italia". Racconta semplicemente la giornata tipo di una donna. normale, come me, come tante. Perché, indipendentemente da chi sei e che lavoro fai, la conclusione è: torno a casa con le buste della spesa, due borse mie (una normale, che pesa tre chili per la roba che mi porto appresso) e l'altra altri due chili e mezzo con altre carte e oggetti vari che, nel tempo, ho capito che mi potevano servire durante la giornata. Entro, e trovo lo zaino di mia figlia buttato nell'ingresso, come una trappola. Al buio evito per un pelo una caduta rovinosa. In cucina i piatti aspettano di essere messi in lavastoviglie. Sono le 23,30. Neanche tanto tardi. La scelta è: mangiare qualcosa (tempo perso, e poi devo stare attenta a non abboffarmi), finire quel lavoro che ho lasciato indietro (ma certo sono un po' stanca), oppure dedicarmi al libro che mi sto tirando appresso da dieci giorni. Trovo bigliettini di mia figlia sul letto: ricordati di darmi i soldi per le foto di scuola, l'autorizzazione per la gita...e domani mattina mi spieghi matematica che non ho capito: ecco questa è la pagina, studiatela prima. Allora ok, non leggo il mio libro, studio matematica! ... Se i giornali chiudessero almeno un'ora prima...!
Due cose:
1) ma che credete, che gli uomini abbiano sempre fatto una vita tranquilla? Anche loro sono sommersi, però hanno di solito una moglie che li aiuta!
2) è poco dignitoso che in questo serissimo blog sul lavoro si parli di questo ? Non credo. Anche questi sono problemi del lavoro, forse più irrisolvibili di altri. Comunque credo che di tanto in tanto riprenderò il discorso.

venerdì 20 aprile 2007

VIOLAZIONI DELLA LEGGE BIAGI ALLA FIERA DI MILANO


Mi riallaccio ai post sulle Iene: la legge Biagi ha l'obiettivo di tutelare i lavoratori più deboli, o per lo meno ci prova. Peccato che spesso venga ignorata e che, a furia di parlarne male, sia sia fatta una fama negativa. A Milano invece, nel caso che riporto qui, è stata applicata, ed è scattata un'operazione che ha scoperchiato una situazione di sfruttamento e di lavoro nero: 313 impiegati "inesistenti". Nove società coinvolte. La Guardia di Finanza ha fatto la conferenza stampa solo oggi, ma i fatti risalgono a settembre:
MILANO, 20 APR - Gli investigatori della Guardia di Finanza avevano fatto scattare il loro blitz durante due delle manifestazioni più attese e affollate alla nuova Fiera di Rho, il Micam e il Mipel, il 21 settembre scorso. Bloccati gli ingressi, identificati tutti gli addetti alla viabilità interna della Fiera, ricostruiti in seguito tutti i rapporti di lavoro in questo settore - appaltato ad una importante azienda romana di service -, i militari del comando provinciale della Gdf hanno scoperto ben 313 lavoratori in nero. Si tratta di lavoratori italiani e stranieri, in parte dipendenti dell'azienda romana, gli altri "somministrati" alla "capomaglia" da altre nove società di lavoro in affitto, tutte lombarde. Sei euro e cinquanta centesimi l'ora la retribuzione netta dei lavoratori che - secondo i risultati delle indagini - erano impiegati con orari di lavoro definiti «massacranti». «In qualche caso - hanno detto gli investigatori - con turni di servizio che hanno superato le 20 ore consecutive». Questo piccolo esercito di lavoratori erano 'All Blacks' (per citare il nome dato dai militari all'operazione), cioè non esistevano letteralmente nel libro paga e nel libro matricola dell'azienda titolare del servizio: 308 totalmente in nero, 5 irregolari nel senso dell'evasione dei contributi previdenziali. Da una parte - fanno notare gli investigatori - erano applicate specie contrattuali che violano il dettato della cosiddetta Legge Biagi. Dall'altra l'evasione: per l'Inps non esisteva nessuno di questi lavoratori, così come nessuno esisteva per il fisco che non ha potuto assoggettare a tassazione almeno 100.000 ore prestate. I rappresentanti delle società coinvolte sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Milano per il reato di somministrazione abusiva di manodopera (vedi bollettino speciale del centro studi Marco Biagi) con l'aggravante della fraudolenza, in violazione dei precetti della Legge Biagi. Il totale dell'ammenda applicata ammonta invece a 700.000 euro. Esclusa ogni responsabilità dell'Ente Fiera Milano. «È solo con l'ultima Finanziaria - spiegano gli investigatori - che le aziende che appaltano settori della propria attività sono tenuti a verificare l'operato di chi assume l'appalto». Intanto la vigilanza degli ingressi e la viabilità interna della Fiera di Rho è ancora affidata alla stessa azienda "capomaglia" pesantemente multata. «Anche il Milan è stato penalizzato di punti, ma sta ancora in Champions League», spiega con una metafora calcistica il generale Rosario Lorusso, comandante provinciale della Gdf di Milano. «Si presume - aggiunge - che, dopo le sanzioni, si siano messi in regola». Da parte sua Fiera Milano ha fatto sapere di aver appreso di queste irregolarità dalla conferenza stampa di oggi e ha ribadito «il proprio impegno a contrastare con la massima determinazione il fenomeno del lavoro illegale» mentre «si riserva di intraprendere tutte le iniziative idonee a tutelare la propria immagine, ritenendosi in primis danneggiata da simili comportamenti». (ANSA).

RISPOSTA SUGLI ISPETTORI DEL LAVORO

Ecco la risposta di lavoce.info all'ispettore del lavoro Fabrizio Del Roscio, che, nel commento al mio post del 17-4, contestava la proposta di Tito Boeri e Pietro Ichino (dal titolo "Ipocrisie bianche") per il rafforzamento degli uffici preposti ai controlli, contro gli infortuni sul lavoro:
"Rispondiamo all'ispettore del lavoro. Il trasferimento non deve necessariamente essere fatto a livello dirigenziale. Occorrono anche assistenti degli ispettori che possano gradualmente e sul campo affinare le proprie conoscenze in materia, posto che come collocatori, devono già conoscere la normativa".
Aggiungerei di mio che, ad ogni proposta per risolvere un problema, di solito la risposta è sempre che servono ben altri provvedimenti e che la si fa troppo semplice. E con questa logica, aspettando la palingenesi, di solito non si fa nulla.

giovedì 19 aprile 2007

PRECARI IN CERCA DI QUALITA', dal Messaggero


(dalla prima pagina del Messaggero di oggi)
Si sentono cittadini di serie B, perché hanno un lavoro a termine o un contratto atipico. In effetti, se fossero nati 15-20 anni fa, molti di loro non sarebbero precari. Sarebbero disoccupati. O farebbero un lavoretto in nero. Non sarebbe peggio? Ma questa non è la generazione degli spostati, dei senza prospettive. Il lavoro a termine in tutta Europa è più alto che da noi, in Spagna tocca il top: 33%. In Italia si parla di 13% e in questi anni è aumentato pochissimo. E’ cresciuta invece l’occupazione, ed è diminuita drasticamente la disoccupazione, che tra l’inizio degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 era a due cifre, mentre ora è a un minimo storico: 6,8%. Certo, questo non è più il mondo delle certezze. La ”vita liquida” è un’immagine che non riguarda solo il lavoro, ma anche i rapporti personali, lo stile di vita, la possibilità di muoversi, di cambiare ruolo. Uno dei nostri problemi è, piuttosto, che in Italia ci si muove poco nella scala sociale, sono tornate le ”caste”. E poi sono in pochi disposti a spostarsi da una città all’altra, da una regione all’altra, anche in un altro paese, perché no. Sentiamo tante storie di giovani frustrati, delusi, che non hanno un lavoro che li soddisfi, o che li faccia sentire ”tranquilli”. Li capiamo. Tutti noi dobbiamo capirli e soprattutto dobbiamo aiutare questo Paese a sviluppare un mercato del lavoro più dinamico, più trasparente, che dia a tutti delle vere, delle grandi opportunità. In questi giorni si parla di ammortizzatori sociali: finalmente. La flessibilità crescerà, ma un sistema di ”flexicurity” la renderebbe più accettabile. Ma questo significa anche puntare sulla qualità: la qualità della formazione è la chiave della crescita dei singoli e di tutto il paese. Per alcune lauree, come ingegneria e chimica, l’offerta di lavoro supera il numero dei laureati disponibili.
E poi ricordiamoci che le più svantaggiate, ancora, sul mercato del lavoro, sono le donne. Abbiamo un livello di occupazione femminile infimo, da vergognarsi di fronte all’Europa. In questi giorni due giovani economisti (Andrea Ichino e Alberto Alesina) hanno proposto di incentivarla con agevolazioni fiscali per il lavoro femminile (e un inasprimento per quello maschile): lo so, è impopolare. Ma per essere troppo popolari a volte si sbaglia.

martedì 17 aprile 2007

CHI TROPPO E CHI NIENTE: MORTI BIANCHE E LAVORATORI INTOCCABILI


Un giorno di aprile muoiono quattro lavoratori (purtroppo nella media) e il capo dello Stato tuona contro le morti bianche. Risultato, tutti a dire: ci vuole una legge. Risultato bis: servono più ispettori del lavoro.
Che le cose non siano così semplici lo si poteva sospettare subito. Chiunque sa che la normativa sulla sicurezza sul lavoro è copiosa e stratificata, come minimo complessa. Molte imprese risolvono il problema semplicemente ignorandola. Non tutte, ovvio. Ma parecchie. Quindi basterebbe che ci fosse senso civico, rispetto della vita, timore dei controlli, controlli veri e, alla fine, multe certe.
Il sito www.lavoce.info pubblica oggi un'analisi di Boeri e di Ichino dal titolo "Ipocrisie bianche". Oltre alle considerazioni di cui sopra, rivela un dettaglio molto interessante: quando furono ridimensionati gli uffici di collocamento, grazie alla legge Treu, il personale avrebbe potuto essere utilizzato negli ispettorati del lavoro. Trasferimento solo di ufficio, si badi, non geografico, perché molte carenze negli ispettorati del lavoro ci sono ( a quante scrive lavoce) proprio nel Mezzogiorno, dove c'erano uffici di collocamento sovradimensionati. Cosa è successo? Niente, perché gli impiegati non si possono trasferire se non sono d'accordo. Risultato: lavoro nero, niente controlli, pochi ispettori, e altri non ne saranno assunti perché già ci sono esuberi. Ichino e Boeri propongono ora un premio una tantum per quelli che saranno traferiti (senza aspettare che dicano sì). Conclusione, che mi sento di sposare: "Con o senza "premio", dalla rapidità con cui questa operazione verrà concordata e attuata da sindacati e governo - assai più che dalla rapidità con cui verrà emanata l'ennesima legge sulla materia - si vedrà se e quanto la lotta contro gli infortuni sul lavoro costituisca davvero, per i primi e per il secondo, una priorità assoluta".

domenica 15 aprile 2007

TASSE PIU' LEGGERE PER LE DONNE? UNA GENIALE FOLLIA


L'Italia è spesso il paese dei record negativi. Come nel caso delle donne: sono poche quelle che lavorano (appena il 39%, ben lontano dalle medie europee oltre il 50% e dall'obiettivo di Lisbona, al 60%, ma anche dalla Spagna che a quanto pare ha fatto un balzo al 59%), poche quelle elette in Parlamento (il 14% al Senato, il 17% alla Camera, mentre in altri paesi europei, compresa la Spagna, sono al 36%) poche quelle che riescono a conquistare posti di responsabilità. Non parliamo poi del comando. Nei giornali, specchio deformato da cui molti di noi guardano la realtà, sembra di vedere tante donne. Ma appena ci si guarda intorno alle riunioni nella stanza dei bottoni, per non parlare dei vertici veri e propri, le donne come per magia scompaiono. Se qualcuna di noi faticosamente riesce a farsi avanti, può stare certa che basterà un uomo anche mediocre per rendere tutto più difficile. Io credo che ormai dobbiamo arrenderci: vanno intraprese politiche attive per rimediare a queste carenze, dal basso e dall'alto. Dall'alto, non c'è altro metodo che quello delle quote, e credo che sarà l'unica soluzione possibile per almeno un'altra generazione. Dal basso, bisogna incentivare le donne a lavorare di più e i datori di lavoro ad assumerle.
Ho letto la proposta di Andrea Ichino e Alberto Alesina sul Sole 24 Ore del 27 marzo e ho letto ieri la loro risposta a chi gli poneva delle obiezioni. La sostanza è semplice: alziamo le tasse agli uomini e abbassiamole alle donne. Trovo assoluamente celestiale che questa idea venga da due uomini, che quindi non possono essere accusati, come accadrebbe ad una donna, di ridicolo veterofemminismo. Lo svolgimento della proposta prende in considerazione l'elasticità dell'offerta di lavoro (più rigida per gli uomini e più variabile per le donne), il che significa che gli uomini continueranno a lavorare nella stessa misura anche se gli alzate un po' le tasse, mentre sull'occupazione femminile questo sarebbe un incentivo sufficiente ed efficace a cambiare le decisioni, dei singoli e delle imprese. E tutto ciò a costo zero per il bilancio dello Stato. Alesina ed Ichino nel pezzo sul Sole di ieri rispondono a tutte le obiezioni, confutandone la fondatezza. Addirittura si spingono (dimostrando un amore quasi folle per il pensiero razionale, ma sono due studiosi che si sono formati ad Harvard e al Mit negli Usa, cosa possono capire?) fino a dire che all'interno della maggior parte delle famiglie avverrebbe una compensazione delle perdite, per cui gli individui effettivamente penalizzati sarebbero pochissimi. E il guadagno per la collettività grande. Purtroppo però nessuno ha avuto il coraggio di porre loro l'obiezione principe: ma come vi permettete di alzare le tasse a me, uomo, per favorire le donne? Ma che siete matti? Che fine fa la mia dignità? Addirittura, se ne beneficia mia moglie, è ancora peggio: che figura ci faccio? Non solo lei lavorerà in casa e fuori (e me lo rinfaccerà), ma in più il mio stipendio si ridurrà. Il mio potere "contrattuale" nella famiglia sarà eroso, forse sgretolato... Insomma, l'obiezione di base è : "giù le mani dai sacrosanti privilegi degli uomini", altro che rigidità della domanda o dell'offerta, cuneo fiscale, base imponibile e aliquote. E' un'idea intollerabile per gli uomini! E a questa obiezione è molto più difficile rispondere.

sabato 14 aprile 2007

"MI SERVE UN LAVORO, ANCHE IL PIU' SCHIFOSO" DISSE IL RE DELLE TELECOMUNICAZIONI


A chi cerca un lavoro, o arranca ai primi gradini della sua carriera, con uno stipendio che non arriva ai famigerati mille euro, potrebbe non interessare il ritratto del boss di At&t, letto oggi sul Foglio. Forse non siete intrigati dal caso Telecom, dalla finanza, dalle acquisizioni di aziende, dai giri vorticosi di miliardi, dai dilemmi della "governance" e neanche dalle vicende di Tronchetti Provera. Quindi potreste aver saltato l'articolo di Ugo Bertone, dal titolo "Il Tex winner". Eppure, a partire dalla fine della penultima colonna della pagina, anche per gli aspiranti o delusi milleuristi c'è qualcosa di utile sugli inizi di questo ex ragazzo, figlio di un dipendente delle ferrovie:
"Nel 1963 , un anno prima del diploma alla Texas Tech University (...) Ed Whitacre era entrato per una sostituzione estiva alla Sothwestern Bell di Dallas. Il contratto finiva ad ottobre, ma Big Ed ("sembrava uno zuccone - confessa un suo compagno di scuola a Business Week - non avrei scommesso un dollaro sulla sua carriera) implorò in ogni modo la società perché lo tenessero, a qualsiasi condizione. "Mi serve un lavoro - si limitò a dire - anche il più schifoso". Furono di parola. Lo mandarono a Lubbock, terra di mandrie e di vecchi pali del telegrafo, a fare il lavoro più umile, a contare i cavi del telefono".
In quegli anni trovare un lavoro molto meno umile, per un laureato o anche per quasi laureato, non era di solito tanto difficile. Neanche in Italia. Eppure...
Quanto poi mr. Whitacre possa migliorare il destino di telecom, dei telefoni italiani e dei nostri collegamenti internet...è completamente un altro discorso, aperto a più di un dubbio: i più critici possono leggere qui.

giovedì 12 aprile 2007

IL CENTRO MARCO BIAGI, LE IENE E PETROLINI...




Ne ho parlato ampiamente già lo scorso 29 marzo. Le Iene, nella loro trasmissione del 26 avevano attaccato la legge Biagi, colpevole a loro dire di consentire indegne forme di sfruttamento, addirittura di caporalato. Due giorni dopo avevo interpellato il giuslavorista Michele Tiraboschi e avevo saputo che stavano studiando una risposta alla trasmissione, che aveva orripilato sia lui sia tutti che i suoi collaboratori del centro Marco Biagi. La cosa in un certo senso tragica è che la legge Biagi è diventata un'espressione di per sé negativa, a prescindere. In realtà, lo si creda o no, è una legge il cui primo obiettivo era tutelare i lavoratori più deboli, regolamentando i lavori atipici. Purtroppo l'Italia è il paese di Petrolini: ricordate la celebre gag in cui l'imperatore Nerone dice una frase e viene applaudito prima ancora che riesca a finirla, e ogni volta prima. Fino a che gli basta dire solo una lettera, aprire appena la bocca per scatenare il riflesso condizionato della folla...
Qui di seguito risporto il lancio Ansa di oggi pomeriggio del centro studi Marco Biagi

MODENA, 12 APR - Il Centro Studi internazionali e comparati Marco Biagi dell'Università di Modena e Reggio Emilia pubblicherà domani, sul sito http://www.fmb.unimore.it/, un dossier sulla somministrazione di lavoro (il vecchio lavoro interinale) e sugli strumenti previsti dalla Legge Biagi a tutela dei lavoratori che svolgano la propria attività alle dipendenze delle agenzie per il lavoro che operano in questo settore. Lo spunto dell'approfondimento - precisa una nota - «nasce da un servizio trasmesso da "Le Iene" lo scorso 26 marzo che raccoglieva le testimonianze di numerosi lavoratori operanti presso l'azienda siciliana di trasporto pubblico 'Interbus' mediante reiterati contratti di somministrazione giornalieri stipulati con una agenzia di lavoro e che, da quanto sembrerebbe risultare dal servizio, darebbero poi luogo a forme sistematiche di sfruttamento del lavoro e di vero e proprio caporalato». Il servizio si concludeva - aggiunge la nota - «con dichiarazioni dei funzionari dell'Ispettorato del lavoro i quali - avallando sostanzialmente la legittimità di tale situazione - dichiaravano, testualmente, che la responsabilità di tali situazioni è da ascrivere alla legge Biagi, rea di aver "distrutto l'Italia" e "sconvolto la vita lavorativa dei lavoratori", tanto da consentire siffatte forme di "caporalato" prassi di sfruttamento dei lavoratori». Il dossier curato dal Centro Studi Marco Biagi, diretto dal prof.Michele Tiraboschi, evidenzierà - conclude il documento - «con ampia e puntuale documentazione e spunti critici come una situazione quale quella rappresentata dal servizio televisivo non possa in alcun modo dirsi conforme al diritto vigente e argomenta, per contro, come la legge Biagi abbia introdotto molti e rigorosi strumenti per reprimere irregolarità, illeciti e frodi con sanzioni penali, civile e amministrative particolarmente gravi e idonee, nei casi più gravi, ad escludere le agenzie di somministrazione che si rendano colpevoli delle condotte sanzionate dalla legge dal mercato del lavoro regolare». (ANSA).

mercoledì 11 aprile 2007

GRILLO SOTTO ACCUSA PER I PRECARI


I precari, i giovani e il lavoro: temi che strappano il facile applauso e su cui Beppe Grillo si esercita ormai da parecchio tempo. Poveri precari, dice Grillo, e lì tutti a spellarsi le mani. Quanto a capire complessità, problemi e soprattutto come i giovani si possono muovere su un difficile mercato del lavoro...certo non è il suo mestiere. Dopodiché, qualche tempo fa leggo su un blog la protesta di un ex collaboratore dello stesso Grillo, Piero Ricca, che racconta sul web come sia stato sfruttato, mantenuto precario (anzi precarissimo) dal suddetto celebre datore di lavoro, e poi scaricato senza tanti complimenti, quando ha insistito per essere regolarizzato. Oggi si può leggere un articolo di Paola Setti su Il Giornale, che riassume tutta la vicenda, sotto il titolo "Io precario, licenziato da Beppe Grillo". Ora, come non condividevo le crociate a senso unico di Grillo, non so neanche se la ragione stia tutta dalla parte di Ricca. Ma, come si vede, vale sempre il principio: chi è senza peccato... Occupiamoci invece di migliorare il mercato del lavoro per i giovani, senza demonizzare flessibilità e precariato.

martedì 10 aprile 2007

SHELLEY SCRIVE: "NEGLI STATI UNITI LA MEDIA E' DI 8-10 LAVORI A TESTA NEL CORSO DELLA VITA"


Shelley, una ragazza americana di cui ho già parlato in un precedente post, mi ha scritto questa lettera sul lavoro negli Stati Uniti:
"Angela, I liked your blog, I am going to try and read it more often so I can practice my Italian. I think it is an interesting topic because it is a completely different situation in the US".
LICENZIAMENTI FACILI
"I am thinking that companies in the US have more freedom in how they set up contracts and what can be used as a legitimate excuse to fire someone. Both of my sisters work for Monsanto and receive wonderful pay and benefits and they have pretty good job security. But if they are not accomplishing their job, which is in their contract, they can be fired! The company must have legitimate cause to fire someone (other than if they are in economic trouble, ex. auto manufacturers and airlines in the US), but it is easy for them to say they simply weren't accomplishing their job. Most people will not sue, because it isn't worth the time or money to fight a company with hundreds of lawyers and all the time in the world. For example, my sister's bosses had no warning (other than they knew they weren't accomplishing their goal) and one Friday afternoon the security guards came in with pink slips(letters of termination) and walked them out of their office. The following Monday their stuff was packed up by someone and mailed to their homes".
INSEGNANTI PIU' TUTELATI
"The only job that I can think of that has a tenure system that makes it hard to get fired is a teacher. After teaching in the same school for a few years a teacher receives tenure, which can be difficult to get, but once a teacher is tenured it is almost impossible to fire them. It is hard to fire a teacher because it is almost impossible to track the abilities of a teacher, because maybe it is the students that are stupid and the teacher is not to blame".
UNA MEDIA DI 8-10 LAVORI A TESTA
"I think if you look at statistics in the US the average person will have around 8-10 jobs in a lifetime. I looked for a legitimate site to quote this from, but I gave up, the web is so loaded with crap it is hard to get actual legitimate sources. It is part of the American culture not to have job security as much as it is part of yours to have tenure. I don't know if it is good or bad, but it does drive people to actually work at their job and accomplish the goals the company sets forth for them. Which can't be bad. Well, I sort of went on a rant...hehe".

venerdì 6 aprile 2007

PRECARI, CONCORSI E GAMBE TAGLIATE


Il ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, ha annunciato che nell'anno 2007-8 saranno "messi a ruolo" (che bello questo linguaggio!) 50 mila docenti precari e 10 mila non docenti. Fioroni ha voluto sottolineare che i precari che saranno stabilizzati sono "docenti vincitori di concorsi che da anni insegnano nelle nostre scuole senza mai aver interrotto il proprio rapporto di lavoro".
Il ministro ha sentito il bisogno di fare questa precisazione perché, evidentemente, sa che qualcuno ha da eccepire sulle stabilizzazioni senza concorso (tanto più che ultimamente si sta, a parole, riscoprendo il "merito"). Io sono una di quelli che eccepisce. Intanto vorrei sapere se questi precari-vincitori sono vincitori di cattedre (e allora perché non sono già di ruolo?) oppure sono "abilitati", o semplicemente "idonei". In questo caso vorrei raccontare che anche la sottoscritta (in una sua precedente vita) fece uno dei rarissimi concorsi nella scuola, ottenendo senza sforzi eccessivi l'abilitazione alle classi di "storia e filosofia" nelle scuole superiori e "italiano, storia e geografia" nelle medie. Allora però già lavoravo, poi ho intrapreso la strada del giornalismo, e la mia abilitazione è finita lì.
Ma io vorrei sapere: quanti brillanti e motivati laureati, usciti dalle nostre università negli ultimi anni, aspirerebbero a fare gli insegnanti? Quanti di questi vedrebbero questo bistrattatissimo lavoro non solo come un ripiego ma come un'impresa (valorosa) cui dedicare energie? Bè, la stabilizzazione dei vecchi precari (mi dispiace dirlo perché mi farò come al solito dei nemici) taglia brutalmente le gambe a questi "giovani". Così una nuova generazione di laureati perderà le loro "belle speranze", e potranno gridare come sempre "governo ladro".

martedì 3 aprile 2007

LAUREATI, ALMENO SALVATEVI L'ANIMA




Laureati, troppo pochi e poco richiesti. Vedo che molti si scornano e si arrovellano su questo. E hanno ragione, perché è proprio la fotografia dell'Italia. Abbiamo il tasso più basso di laureati dell'Occidente, e al tempo stesso il più alto tasso di disoccupazione tra gli stessi laureati. In Gran Bretagna solo 1,7% dei laureati è disoccupato tra i 25 e i 29 anni. Negli Usa, i laureati disoccupati sono il 2,4% (stessa fascia d'età). In Germania il 3,8%, in Francia il 7,8, in Spagna, il 14%. Da noi, con pochissimi laureati, il 18,9% non lavora. [dati Istat 2005]. C'è qualcosa che non va.
Dopodiché, molti si laureano probabilmente nelle materie sbagliate. Io credo, è vero, che si debba seguire la propria vocazione. Se c'è, se è forte, si può perseguire anche il mestiere più difficile del mondo. Chi vuol fare l'astronauta a tutti i costi, ed è disposto a sacrifici enormi, è bene che ci provi. Male che vada, lavorerà lo stesso all'ente spaziale, o finirà nell'aeronautica militare. Ma...chi non sa bene cosa vuole, è meglio che si iscriva in una facoltà che garantisce un certo lavoro, non a lettere o scienze della comunicazione!
Spulciate la ricerca che fa ogni anno il Sistema Excelsior, consultando le imprese italiane. Cosa cercano? Al primo posto ci sono tecnici di amministrazione e contabilità, poi agenti di vendita e rappresentanti di commercio, disegnatori tecnici e progettisti, tecnici dei progressi, programmazione e qualità, tecnici di ingegneria meccanica, tecnici di ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni, ingegneri meccanici, ingegneri civili, tecnici di scienze chimiche e fisiche.
E le lauree più ricercate? Ai primi posti ci sono quelle a indirizzo economico, ingegneria, l'indirizzo sanitario e paramedico, indirizzo chimico e farmaceutico, poi le altre.
Poi, se proprio vogliamo esagerare, scopriamo che ci sono dei mestieri “introvabili”. Excelsior sono anni che li battezza così: sono lavori che fanno disperare i direttori del personale, perché difficili da reperire.
E' vero che negli anni sono diminuiti. Comunque, chi non ha la vocazione della laurea, si può dedicare a un bel mestiere specialistico, e se è bravo non avrà problemi di disoccupazione. Gli introvabili vanno dagli esperti legali agli ingegneri meccanici, dagli infermieri agli operatori di apparecchiature mediche.
In precedenti ricerche Excelsior venivano nominati come introvabili anche falegnami, sarti, parrucchieri, idraulici, ma capisco che non tutti hanno la vocazione.

domenica 1 aprile 2007

I CONSIGLI DI "TIME" A CHI CERCA LAVORO



"Sono stato a una jobfair e a un certo punto una ragazza mi ha consegnato il suo curriculum vitae: con orrore ho notato che era spillato! Erano due pagine!. Ecco l'errore capitale di chi presenta il suo cv!..." Questo inizio esilarante, letto nel blog di una giornalista di "Time" (la rivista americana), è consigliato a tutti quelli che cercano lavoro. L'articolo è in inglese, e certo non lo tradurrò qui; D'altra parte chi cerca lavoro e non sa leggere questo articolo, come nel gioco dell'oca, dovrà tornare al via e studiare un po' della ostica lingua (non ostrica: ostica). Naturalmente non lo prenderei per oro colato, anzi: alcune affermazioni sono discutibili e sicuramente ognuno di noi ci troverà qualcosa da ridire. Ma leggerlo può servire.
(link all'articolo cliccando sul titolo di questo post)

Riassumerò solo i consigli finali:


...............COSA FARE .............

  • indicare con chiarezza le esaperienze passate
  • riassumere le conoscenze specialistiche e di sistemi software
  • usare le parole chiave se si risponde a un annuncio
  • indicare la conoscenza delle lingue
  • fare riferimento ad attività sociali e civiche con specifiche organizzazioni

..............COSA NON FARE...........

  • no a date "precise": mesi e anni sono sufficienti
  • niente dettagli irrilevanti su hobby e vita personale
  • non "abbellite" i vostri studi e le esperienze di lavoro
  • non usate gergo professionale e abbreviazioni
  • non indicate referenze
  • non dilungatevi sui vostri obiettivi
  • non usate frasi lunghe. Meglio affermazioni telegrafiche

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