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venerdì 4 aprile 2008

UN ANNO DOPO: ECCO I RISULTATI


E' passato un anno da quando ho iniziato a tenere questo blog. Per "festeggiare" pubblico il commento che mi ha lasciato uno dei giovani iscritti a un master in alta formazione a Modena, dei quali avevo parlato in uno dei miei primi post "Pamela, Stefano, Sergio e la legge Biagi" . Sergio accenna a quest'anno come una grande esperienza e crescita. Ci fa capire che anche il lavoro va bene, ma non scende in dettagli. Lancio qui un appello perché mi contatti, anche privatamente: ne vorremmo sapere di più. Comunque, per gli scettici...


Aggiungo qui il link alla Bacheca della Fondazione Biagi (di cui vedete due immagini sopra), che offre delle opportunità di stage interessanti, di formazione, di specializzazione e esperienze in Italia e all'estero: vista la splendida esperienza di altri laureati, credo che veda la pena di esplorare, anche per chi risiede in altre città. e riporto in fondo al post il riferimento a un'offerta di stage in particolare segnalata dall'ufficio di Placement della Fondazione, con tutti i recapiti utili.

Ecco il commento di Sergio:
"Beh...ragazzi è passato un anno dal mio ultimo post!Bilancio...direi positivo!!!,,,e sicuramente non per lo stipendio ma per quello che questa splendida esperienza(sicuramente fortunata per me, ma anche per qualche altro collega)mi ha insegnato in termini professionali ma sicuramente anche di vita!!..ho conosciuto tante persone e da queste anche quelle che lontane dai miei ideali o modi di fare ho veramente imparato tanto!!..oggi la situazione del nostro Paese sicuramente non è brillante, ma paradossalmente vi posso garantire che a noi il destino ha offerto un'opportunità!!...nonostante gli eventi che hanno segnato quest'anno della mia vita (cambiare città, perdere una persona speciale con cui sono cresciuto affrontando tutti i duri anni di università e del cammino di crescita)posso dire con fermezza che quest'esperienza mi ha formato, mi ha fatto CRESCERE!...buona vita a tutti e come una persona speciale con cui ora non condivido più la mia vita mi scrisse nella lettera della dedica per la mia laurea: SE TU PUOI SOGNARE PUOI REALIZZARE!!!
Ciao Sergio C:"
E ecco l'opportunità di stage:
Rif.S9
Il servizio placement della Scuola internazionale di alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro di ADAPT - Fondazione Marco Biagi segnala un’opportunità di stage nell’ambito della certificazione, seguito da un percorso di alta formazione presso un’importante organizzazione operante a livello internazionale. Caratteristiche:- attività principali: collaborazione e supporto allo sviluppo dell’integrazione tra la certificazione dei contratti di lavoro e la certificazione nell’ambito della qualità, dell’ambiente e della sicurezza, della responsabilità sociale e della comunicazione sociale;- obiettivo: conoscenza e acquisizione delle competenze professionali nell’area indicata;- formazione richiesta: Laurea in materie giuridiche o economiche;- luogo: Provincia di Vicenza.In allegato si inviano altre segnalazioni di opportunità di stage e di lavoro, nonché di esperienze di studio e lavoro all’estero, consultabili anche nella sezione " Bacheca" del nostro sito.I candidati sono invitati a prendere visione dell’informativa sulla privacy e ad inviare il loro curriculum vitae (comprensivo del consenso al trattamento dei dati personali) al seguente indirizzo:


csmb@unimore.it, indicando in oggetto il codice di riferimento.


Servizio Placement Scuola di Alta formazione in Relazioni Industriali e di LavoroUniversità degli studi di Modena e Reggio EmiliaLargo Marco Biagi n. 10, 41100 Modenahttp://www.fmb.unimore.it/


mercoledì 19 marzo 2008

BIAGI, SEI ANNI DOPO






Sei anni fa qualcuno si arrogava il diritto di uccidere un uomo: Marco Biagi. Un uomo che studiava il diritto del lavoro, un uomo che si ispirava a dottrine cristiane e socialiste, uno studioso che però aveva a cuore non solo le teorie ma le condizioni concrete dei giovani, dei lavoratori e del Paese in cui viveva.

Oggi a Modena, alla Fondazione che gli è stata intitolata, presso la facoltà dell'Università dove Biagi lavorava, non solo è stato ricordato Biagi, ma anche tutto il lavoro che i suoi allievi e la Fondazione hanno fatto in suo nome. Il rettore dell'Università ha ricordato che l'ateneo sforna ogni anno oltre tremila laureati e per molti di loro rappresenta anche un valido punto di riferimento e di accompagnamento nel mondo del lavoro. Cioè, proprio ciò che Biagi riteneva fondamentale per battere la disoccupazione e l'incertezza: il percorso studio-lavoro.
Alla Fondazione Biagi c'è stata la commemorazione , ma si è discusso anche di mercato del lavoro e in particolare di quello che viene considerato il più grosso problema del nostro mercato del lavoro: la scarsa presenza e lo scarso peso delle donne.
Domani l'allievo di Marco Biagi e animatore della Fondazione , il professor Michele Tiraboschi, pubblicherà sul Messaggero una lettera-ricordo del suo maestro. Non è un testo retorico, bensì una dichiarazione di affetto, con l'orgoglio per il lavoro iniziato allora e continuato in questi anni. Domani metterò il link qui. Ricordo anche, a chi vuole documentarsi, il link al sito di Adapt, legato alla Fondazione Marco Biagi: è una vera miniera di informazioni e idee.

lunedì 6 agosto 2007

L'ALTO APPRENDISTATO PER IL LAVORO: E' ORA DI PRESENTARE LE DOMANDE


Specializzarsi e trovare un lavoro già all'università. E' uno dei percorsi privilegiati, previsti dalla legge Biagi e poco applicati. L'idea è che la scuola, l'università, dovrebbero essere i canali migliori per l'inserimento dei giovani nel mercato. Le tradizionali roccaforti del sapere "puro" dovrebbero "imparare" che tipo di profili professionali cercano le imprese, e riuscire a formare giovani che rispondano a queste richieste. E' quello che la legge chiama "alto apprendistato". Ne ho già parlato, in uno dei primi post di questo blog, intitolato "Pamela, Stefano, Sergio e la legge Biagi", e in un articolo uscito sul Messaggero il 22 marzo 2007 "Iscritti al master e già assunti grazie alla legge Biagi".

Quando ho incontrato quei ragazzi che facevano un master di alta formazione all'università di Modena e che avevano cominciato a fare esperienza di lavoro nei bar, nei self service delle aziende che poi li avrebbero assunti, li ho quasi invidiati. I loro lavoretti estivi, il loro periodo a lavare i piatti non era solo "una esperienza", come quella che molti di noi hanno fatto nella propria vita (durante una vacanza dopo la scuola io spennavo tacchini e impacchettavo carne surgelata in una fabbrica nel Nord dell'Inghilterra). Ma era "l'esperienza" necessaria al loro futuro lavoro. E tanto peggio per chi non lo aveva capito e aveva rifiutato quel posto, credendo che fosse troppo poco per un laureato.

Ora l'Università di Modena e il centro Marco Biagi fanno una nuova selezione, per reclutare giovani laureati, da inserire poi nella direzione del personale di aziende di livello nazionale e internazionale, attraverso percorsi di "alta formazione in alternanza", come prevede la legge. Le candidature vanno inviate, da quello che mi risulta, entro il 28 agosto all'indirizzo mail: csmb@unimore.it. Le selezioni dovrebbero tenersi il prossimo 3 settembre a Modena. Allo stesso indirizzo si può scrivere per avere informazioni su questo e altri master e sui programmi per altri corsi di alta formazione dell'università. Certo, non tutti riusciranno ad entrare, ma conoscere questo tipo di master e cercarli nelle università di tutte le regioni italiane può fare una enorme differenza nella vita di chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro alle migliori condizioni. Per ora solo cinque regioni hanno attivato a pieno regime le iniziative di alto apprendistato (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna e provincia di Bolzano). Altre però ci stanno lavorando e, se gli studenti si informeranno e faranno pressioni, probabilmente potrebbero accelerare la creazione di inziative analoghe. A chi è interessato ad approfondire il tema (sia per iscriversi, sia per imparare qualcosa su quello che prevede la legge Biagi sull'apprendistato, come Arnaldo che ne ha parlato sul suo blog) raccomando la lettura di un intero dossier del centro Adapt (Newsletter in edizione speciale n. 20 del 4 giugno 2007, nella quale troverete anche un commento di Michele Tiraboschi, sempre particolarmente attento ai percorsi scuola-lavoro come antidoto al precariato): le sperimentazioni di alto apprendistato sono oltre 60 in tutta Italia, di cui 40 già avviate, altre in corso di realizzazione. Si parla finora solo di 650 giovani coinvolti, in una sperimentazione che ne prevedeva un migliaio. Io la mia parte l'ho già fatta, raccontando l'esperienza del gruppetto iscritto a Modena, proveniente da varie regioni, ma sarebbe bello se arrivassero anche altre testimonianze.

giovedì 12 luglio 2007

"CARO GRILLO, SONO UNO STUDENTE PRECARIO..."


Mi prendo una tregua dal tormentone-scalone per segnalare una lettera pubblicata su uno degli ultimi bollettini on line della Fondazione Marco Biagi. E' indirizzata a Beppe Grillo. E l'ha scritta uno studente precario, che non si riconosce nella visione apocalittica, ma al tempo stesso conformistica, del vostro tribuno del popolo.
"Gentile sig. Grillo,
mi permetto di scriverle dopo aver letto il Suo intervento, introduzione al libro “Schiavi Moderni”, pubblicato anche sul Bollettino ADAPT, della Fondazione Marco Biagi...
Sono uno studente di quasi 30 anni; ho lavorato (da prima della laurea) sempre con contratti di
collaborazione (alcuni dei quali, peraltro, anche ben remunerati), tuttora - dopo una scuola di
specializzazione triennale ed un dottorato - sto continuando il mio “apprendistato” in università; ed ho subito anch’io l’umiliazione di vedere respinta una richiesta di finanziamento per l’acquisto di un’auto perché “lavoratore precario”. La cosa curiosa è che ho dovuto chiedere ad un amico (insegnante presso una scuola statale) che guadagnava circa la metà del mio compenso di garantire la solvibilità, e solo con il suo intervento ho potuto accedere al finanziamento…
Ecco, da questa vicenda dell’auto emerge un punto della questione che a me sembra sottovalutato: a fronte di cambiamenti sociali ed economici del lavoro (i cambiamenti giuridici dirò poi che non sono così rilevanti) non sono corrisposti analoghi cambiamenti sociali ed economici di ogni altra branca della società: e soprattutto non è cambiata la cultura. Per cui continuano (le banche, i nostri genitori, gli intellettuali, di molti dei quali pur apprezzo il fervore, perché sono persone sincere come Lei, che si atteggiano a difensori di noi giovani) a trattare i nostri lavori come non lavoro: si è innescata una psicologica “trappola della precarietà”,
la cui unica via di uscita per ognuno di noi sembra essere il comodo “posto statale”, magari al comune, così non saremo costretti a fare troppa strada e potremo tornare a pranzo a casa.
Per anni mio padre, a fronte delle esperienze lavorative (tutte molto belle, a mio giudizio) che ho
vissuto, ha continuato a dirmi: “sì, è molto bello quello che fai... ma che ne pensi di fare qualche concorso, così il 27 del mese hai la certezza di una goccia continua?”. Solo qualche tempo fa, affrontando la questione in maniera un po’ più decisa, gli ho fatto presente che era per me umiliante questa sua continua solfa, che implicava un postulato, e cioè che possa dirmi professionalmente realizzato solo se raggiungo l’agognato “posto fisso”.
Questo solo io so: che lavorare, magari non con tutto l’apparato di tutela previsto per il lavoro
subordinato a tempo indeterminato in una grande impresa o al comune, è sicuramente meglio che non lavorare. E che anche lavorando come lavoratore a progetto o co.co.co. non mi è impedito di esprimere le mie capacità e la mia personalità.
Mi permetto poi, senza voler entrare nel merito, far notare che il lavoro parasubordinato non è stato inventato dalla riforma Biagi; che di esso c’è traccia in provvedimenti che risalgono agli anni ’60; che è dal 1995 che sono “esplose” le co.co.co; che la riforma Biagi ha sicuramente introdotto dei vincoli (poi si potrà dire che sono troppi o pochi, ma sicuramente ha introdotto dei vincoli e delle garanzie); che è quanto meno approssimativo (come Lei dice: absit iniuria verbis!) che “la Legge Biagi ha introdotto in Italia il precariato”; che la fuga dalla subordinazione è proporzionale alla rigidità del tipo (tanto più si “blinda” il rapporto di lavoro subordinato tanto più si cerca di evadere dalla onerosità - non solo o non tanto economica - che il tipo ex 2094 c.c. implica). A me sembra che appuntare l’attenzione sul precariato (parola che ultimamente con stupore ho visto comparire anche nelle leggi dello stato) in alcuni ha il solo fine di esacerbare gli animi, contribuendo a diffondere quel meccanismo della trappola della precarietà di cui
dicevo. Piuttosto, è opportuno che ci si inizi ad educare sul valore del lavoro, a percepirlo come possibilità e capacità di costruzione, ad iniziare a sentire il lavoro per quello che è, e cioè espressione della propria personalità o - come dice la nostra Costituzione - “attività o funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società”. Invece, sembra che taluni vogliano dire che questa possibilità sia condizionata solo ad alcuni modi.
Da ultimo, mi permetto di farLe notare che il vero sfruttamento di certe tipologie avviene in maniera veramente odiosa nel pubblico impiego, allo scopo di aggirare i vincoli alle assunzioni che da qualche anno son sempre inseriti in finanziaria; poi, in genere, dopo qualche anno di sfruttamento dei co.co.co. di turno, vengono banditi dei concorsi loro riservati, con ulteriore fraudolenta violazione dell’obbligo costituzionale di assumere tramite concorso. Con l’effetto poi che chi è assunto così, dopo aver superato un periodo di prova che dura anni (e non sei mesi, come direbbe la legge), si trova spesso rancoroso e già sfiduciato…
Inoltre, i lavori “non standard” sono particolarmente diffusi tra quei datori di lavoro il cui
committente è (a volte esclusivamente) l’ente pubblico, che impone come criteri per le commesse quello del minore costo: e le imprese labour intensive, per vincere le gare di appalto abbattono il costo più rilevante, ossia quello del lavoro, anche per preservarsi dalla improvvisa cessazione dell’incarico. Ed io, nella mia pur breve esperienza, non ho mai visto un capitolato d’appalto che imponga determinati standard della qualità del lavoro: evidentemente, certi contratti di lavoro convengono anche (o forse soprattutto) all’appaltante ente
pubblico.
Quindi, forse, gli strali che pur giustamente scaglia, andrebbero indirizzati altrove.
Perdoni questa mia; Le assicuro che non è mero esercizio di stile, è solo che, come dicevo dianzi,
culturalmente c’è qualcosa da cambiare nella percezione di cosa sia il lavoro, cosa sia lavorare (e Glielo dice uno che quando aveva 16 anni non ha disdegnato di fare il manovale, e durante l’università ha di continuo lavorato per mantenersi agli studi); volevo – direi quasi con pudore – esprimerLe il mo fastidio per una certa maniera di parlare del lavoro (e del lavoro degli studiosi che hanno contribuito a redigere la riforma Biagi) e suggerirLe una riflessione secondo un’altra visione prospettica.
Prenda questa mia paginetta come un (umile) tentativo di amicizia…"
…Vincenzo P.



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