La Sfida delle imprenditrici di Verona
Le imprenditrici di Verona si sono fatte una bellissima festa e mi hanno invitato a partecipare. Non poteva esserci niente di meglio: si è parlato e scherzato di noi, dei nostri lavori, dei nostri progetti, delle nostre vite, dei nostri disastri. Una serata incredibile, in un antico palazzo di Verona, palazzo Giusti, circondaato da giardini storici che dovrò tornare a visitare prima o poi (visto che ieri sera con il buio non ho potuto), con tante donne belle, energiche, piene di esperienza e di energia, e pochi uomini, una volta tanto, contenti di partecipare a un evento nel quale però non erano protagonisti.
"Leggendo il tuo libro ho avuto l'impressione che ogni capitolo parlasse di un mio problema, ognuno infilava un argomento su cui spesso avevo riflettuto, ma non avevo mai messo tutto insieme", è stato uno dei complimenti che mi hanno riempita d'orgoglio. "Questo libro parla di noi", mi ha detto un'altra, e nulla poteva rendermi più felice.
Tutto è nato da una fulminea decisione di Matilde Poggi (nella foto), mamma di una splendida ragazza dall'aspetto rinascimentale, e imprenditrice del vino, che ha sentito me a Radio Uno parlare del mio libro "La sfida degli outsider". In un baleno ha deciso di comprarlo, leggerlo (mica poteva fidarsi solo delle parola lanciate nell'aria dalla radio!) e quindi lo ha proposto al Comitato per l'Imprenditoria femminile, che aveva già organizzato la festa-convegno di ieri sera. Il comitato ha comprato un certo numero di copie e ha distribuito il libro alle presenti, che così lo hanno potuto discutere, sapendo di che cosa si trattava.
A Verona le donne lavorano tutte. E tanto. Ancora più che in altre parti d'Italia, forse, stanno sempre lì a inventarsi qualcosa, a pensare progetti nuovi, a sviluppare qualche impresa. E ieri sera ho visto chi sfoderava il suo "progetto" dalla borsa per discuterne, per farlo vedere. Non voglio svelarlo. Se e quando vorranno, lo potranno fare loro, anche qui su questo blog, se ne avranno il tempo.
Perché tra le cose che mi hanno detto, discutendo per esempio del discorso sul tempo che faccio nella Sfida degli Outsider, c'è che loro sono ancora molto al di sopra della media del tempo lavorato dalle italiane (che già segna un record in Occidente). Ma sono solo medie, mi sono giustificata. E voi perché non obbligate i vostri mariti e compagni a darsi da fare, a farsi carico di qualcsa, per ridurre un po' il vostro temepo di lavoro? Eh, difficile, dicono le signore che non si arrendono. Però progettano viaggi di vacanza a Parigi e intanto lavorano senza sosta e con il sorriso sulle labbra. Parlano tanto di sé, dei propri figli, ma il loro lavoro non vale meno di quello di tanti imprenditori, anzi. Se penso ache cosa sarebbe un'analoga riunione di imprenditori uomini, in giacca e cravatta, mi viene la tristezza e mi dispiace per loro. E' ora che imparino però dalle donne!
Voglio qui salutare e ringraziare in particolare Graziella Tabacchi, che oltre alla sua attività si occupa anche di politica e dei nipotini. Voglio citare Alessia Rotta (nella foto), instancabile e poliedrica comunicatrice dal sorriso irresistibile anche quando è stanca, e poi le donne che hanno parlato. Prima fra tutte la prefetta, Perla Stancari, che ha strappato applausi e bis come una rockstar. Poi la senatrice Cinzia Bonfrisco (nella foto in alto), con la quale se ci fossimo messe d'accordo prima non saremmo riuscite ad andare tanto di comune accordo. E poi Lia Sartori, deputata europea, e Donata Gottardi, giuslavorista. Con loro abbiamo forse seminato qualcosa che va oltre la serata e le discussioni di ieri. Lo spero, perché in questi casi ho veramente la sensazione che raccogliere idee e diffonderle con un libro abbia veramente un valore
2 commenti:
Caro Gianlu, non mi contrappongo affatto. Diciamo che anzi ho "scoperto" un certo tipo di donne negli ultimi anni...e sono stanca del monopolio di certi uomini. Se per caso avrai modo di leggere il libro, credo che si capisca. grazie a presto
Caso Cucchi: la cartina tornasole di una dirigenza incapace!
Sono stati reintegrati, nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini, i tre medici indagati per omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni, arrestato il 15 ottobre scorso dai carabinieri per detenzione di droga e deceduto una settimana dopo nell'ospedale romano. La decisione "ibrida" di trasferire i tre medici in un altro ospedale era stata adottata il 18 novembre scorso dalla direzione sanitaria del nosococomio, che con quel procedimento aveva deciso di prendere le debite distanze dall'accaduto, trasferendo d'ufficio i tre medici senza far valere la benchè minima "presunzione d'innocenza": un principio del diritto penale secondo il quale un imputato è innocente fino a prova contraria! Non sarebbe stato più giusto aspettare gli esiti dell'indagine giudiziaria per stabilire eventuali colpe e se colpe c'erano perchè il trasferimento e non il licenziamento? Comunque, se la decisione del "trasferimento" è stata affrettata e profondamente sbagliata, pure quella di oggi - che lo "revoca" - arriva in maniera altrettanto "discutibile"! Tant'è. Il reintegro è stato deciso dal direttore generale dell'Asl Rmb, Flori Degrassi. Riguarda Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario, ed i medici Stefania Cordi e Rosita Caponnetti. Nel provvedimento appositamente emesso, si leggono le risultanze dell'indagine interna effettuata dalla Uoc Risk Management aziendale che nella relazione depositata il 30 novembre 2009 ha concluso: "Il gruppo audit ha individuato nel carattere improvviso e inatteso del decesso, in rapporto alle condizioni generali del paziente, l'elemento dell'avversità in oggetto delle indagini. L'analisi non ha messo in luce, sul piano organizzativo e procedurale, alcun particolare elemento relativo ad azioni e/o omissioni da parte del personale sanitario con nesso diretto causa-effetto con l'evento avverso in questione. Contestualizza e configura pertanto l'oggetto dell'indagine sotto il profilo dell'evento non prevenibile". È davvero sconcertante l'operato della Asl che prima condanna, poi assolve i suoi dipendenti in maniera del tutto arbitraria, chiude la propria inchiesta interna, ancor prima di quella penale e, oltretutto, sostiene che la morte di Cucchi sarebbe stata "improvvisa e inattesa". Ma, allora, cosa dovrebbe fare un ospedale se non prevenire un decesso e individuarne le cause? Nessuno vuole provvedimenti punitivi nei confronti dei medici prima che si concludano le indagini e quindi il processo. È evidente, tuttavia, che anche in questo caso, come in altri mille che passano inosservati in altrettante corsie d'ospedale, ma pure tra le scrivanie e le scartoffie della P.A. in senso lato, si è tristestemente misurato il peso di una classe dirigente a dir poco "leggera"! Ancora una volta, dobbiamo denunciare una dirigenza assai "confusa" e poco "preparata"!
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