STORIA DELLA DONNA CHE HA INVENTATO PULCINELLA
Carmela era una giovane artista disoccupata, ora è una brillante imprenditrice napoletana. La sua storia "La donna che ha inventato Pulcinella", l'ho raccontata in Imprese da favola ed è in parte uscita oggi anche sul Mattino di Napoli. Di lei e delle altre parleremo tra l'altro domani, alla convention di Donne Impresa della Confartigianato.
Qui c'è tutto il capitolo:
La donna che ha inventato Pulcinella
Si può inventare Pulcinella a Napoli? Carmela ci è
riuscita. Da sola, senza attaccarsi a tradizioni familiari,
senza ereditare segreti di bottega. Solo con il suo
talento, la sua passione per l’arte e una grande forza
di volontà. Da ragazza sognava di fare la pittrice,
Carmela. Si iscrive all’accademia di Belle Arti. Fa
delle mostre. Ma così non si campa: «Avevo 24 anni,
ho capito che non potevo vivere di arte e pittura.
Non c’era un mercato».
Visto che con le mani ci sa fare e all’accademia
aveva fatto esami sul teatro e sui costumi teatrali,
si avvicina al mondo della commedia dell’arte e
comincia a fabbricare oggetti ispirati alle maschere.
Pulcinella è il suo primo soggetto e diventerà il suo
cavallo di battaglia. Per farlo le bastano della terracotta
e un forno.
Poi decide di andare a Venezia a cercare un mercato
per le sue creazioni. Lì qualcosa realizza, ma
brancola ancora nel buio. «Non avevo idea di come
si calcola un prezzo, non sapevo ancora come
muovermi per trovare i clienti». Quando si prende
abbastanza sul serio entra al Macef di Milano, il
Salone internazionale della casa, dove ci sono anche
acquirenti di altri paesi. «Lì ho realizzato davvero
che un mercato poteva esserci, e attraverso il Macef
ho cominciato a vendere ai negozianti».
A cinque anni dalla fine dell’accademia, Carmela
costituisce la sua azienda, si mette in cerca di
un laboratorio e trova un locale che all’inizio riesce
ad avere in prestito, poi prende in affitto. «Finalmente
ho cominciato a guadagnare», dice, dopo che
per cinque lunghi anni era stata solo una giovane
pittrice disoccupata. Però non aveva mai mollato.
Subito dopo, nel 1996-1997, riesce ad accedere ai
fondi per l’imprenditoria femminile, grazie anche alla
Confartigianato. Cresce, assume un dipendente, gira
per le fiere e comincia a esportare. Gli acquirenti si
materializzano da Taiwan, da Dubai, dalla Russia.
«Quando mi arrivò il primo assegno da Taiwan non
ci volevo credere, mi sembrava impossibile».
Ma a un certo punto, dopo che la Cina, nel 2001,
è entrata nel Wto, subisce l’impatto dei mercati internazionali
e delle produzioni asiatiche a basso prezzo.
Il Macef e altre fiere cominciano a dare spazio ai
prodotti cinesi. Lei però non si è mai ridimensionata:
lavora di più sul mercato italiano, allarga la
gamma dei prodotti, crea una rete per le sue opere
che vende in negozi monomarca, qualcosa di simile
al franchising.
Nel 2003 vince la causa di Pulcinella. La celebre
maschera napoletana è il pezzo forte della sua produzione.
Se Pulcinella è universale, quello plasmato da
Carmela ha una propria riconoscibile personalità e si
fa apprezzare dagli acquirenti. Ma attrae gli imitatori,
che cominciano a copiarlo e a venderlo. Questa è
concorrenza sleale, si infuria Carmela, che si rivolge
al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. E il tribunale
le dà ragione: i Pulcinella della Giostra delle
Metamorfosi – il suo marchio – sono opere originali
e, come tali, meritano tutela. Gli imitatori devono
inventarsi qualcos’altro.
«Adesso ho 5 operai qualificati e 9 apprendisti e
il mio problema è che non trovo manodopera, perciò
non riesco a soddisfare le richieste dei clienti».
Per lei, come per altri artigiani, il reclutamento del
personale spesso è il principale ostacolo alla crescita
dell’attività. Per formare un apprendista servono 54
mesi, 4 anni e mezzo. Sono pochissimi i giovani che
hanno voglia di imbarcarsi in un’avventura del genere
dove, all’inizio, si guadagna poco, non più di 500
euro al mese. Per chi ce la fa, però, le soddisfazioni
ci sono, tanto è vero che 3 dei suoi operai qualificati
si sono poi voluti mettere in proprio e sono diventati
a loro volta imprenditori, anche se il legame con
Carmela e il suo laboratorio non si interrompe: lei
resta la signora dei loro Pulcinella, delle loro terrecotte.
E anche per lei è una grande soddisfazione
vedere i suoi «ragazzi», che avevano cominciato con
lei a 16 anni, ora trentenni, diventare abili artigiani
e imprenditori autonomi.
Ora la crisi l’ha toccata soprattutto perché i suoi
acquirenti hanno cominciato ad allungare i tempi dei
pagamenti. Ma per lei la difficoltà maggiore è soddisfare
la grande richiesta: «Non abbiamo concorrenti,
perché la nostra scelta è la qualità e l’unicità», dice
passando dall’io al noi, da capitana d’azienda. «Il
mercato del bello, anche quando è costoso, c’è sempre.
Tutti noi abbiamo bisogno del bello. Nei miei
pezzi io riporto un po’ il barocco siciliano, il Capodimonte,
le ceramiche vietresi, i bassorilievi lignei
umbri. All’inizio è stata una scelta istintiva. Adesso
invece c’è uno studio, seguo anche le tendenze della
moda e dell’arredamento. Non è più come una volta,
oggi non puoi non essere informato».
La grande forza di Carmela è anche la forza della
sua azienda. «Non mi posso mai assentare. Basta un
giorno, a volte, per perdere i riferimenti». Perciò
99
passa le giornate con il camice, in fabbrica, gira tra
i banchi da lavoro. «Controllo sempre la qualità,
motivo i ragazzi». Il tempo però non le basta, le difficoltà
sono a ogni angolo: «Un anno fa ho cambiato
sede e ho avuto l’impressione che tutto improvvisamente
andasse a rotoli, che avevo fatto il passo più
lungo della gamba». Ora si sta riprendendo. Ma se
l’azienda è robusta e la famiglia la sostiene (il suo
compagno è il suo primo collaboratore), non tutto è
sempre possibile: «Un figlio è il massimo che mi sono
potuta concedere, anche se avrei voluto una famiglia
più numerosa». E qui, tra tanta determinazione, la
voce di Carmela si abbassa di tono e diventa un
sussurro. Ma è solo un attimo di debolezza.
Carmela Vitullo -Napoli -giostrametamorfosi@iol.it
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